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Autore: SunshineEmily    10/12/2011    8 recensioni
SPOILER QUINTA STAGIONE: se non volete sapere, non leggete.
“Chuck! Chuck!”, strilli in preda al panico più totale, le mani premute con forza tra le tue cosce nell’ultimo disperato tentativo di salvare il tuo bambino che, goccia dopo goccia, vedi scivolare via, sempre più lontano da te mentre tra una stilettata e l’altra ti addormenti, o forse più probabilmente svieni, su quel letto di morte che ha il profumo dolce di tuo figlio e la voce di Nate ti rimbomba nella testa.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione
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 Titolo: So much love, so much blood
Autore: SunshineEmily
Personaggi: Blair Waldorf; Chuck Bass; accennati: Nate Archibald; Serena Van Der Woodsen; Dan Humphrey; Louis Grimaldi
Rating: Giallo
Summary:  “Chuck! Chuck!”, strilli in preda al panico più totale, le mani premute con forza tra le tue cosce nell’ultimo disperato tentativo di salvare il tuo bambino che, goccia dopo goccia, vedi scivolare via, sempre più lontano da te mentre tra una stilettata e l’altra ti addormenti, o forse più probabilmente svieni, su quel letto di morte che ha il profumo dolce di tuo figlio e la voce di Nate ti rimbomba nella testa.

 

So much love, so much blood
 

 
“Il ‘noi’ per il quale avrei dovuto combattere quando mi hai chiamato. Il ‘noi’ che non vuol dire solo io e te … ma io, te e il bambino.”

 

Chuck Bass
 

 

Come si erano schiusi quella stessa mattina i petali rosa delle peonie adagiate nell’elegante vaso di cristallo sul tuo comodino, allo stesso modo, lentamente,  dischiudi le palpebre pesanti con fatica mentre senti qualcosa di appiccicoso e caldo scorrere lungo la parte destra del tuo viso sbiadito. Porti con preoccupazione la mano sulla fronte imperlata di sudore e ti accorgi con orrore che stai perdendo sangue, ti  volti verso Chuck con gli occhi umidi quando una fitta atroce al basso ventre ti smorza per un istante il respiro. Dopo i primi secondi, il dolore lacerante ti costringe ad urlare per poi scoppiare in lacrime, terrorizzata, nello scoprire con raccapriccio una grande, immensa macchia di un rosso così sporco che imbratta il sedile in pelle, il tuo vestito con le rose, le calze di seta nere; una macchia che continua imperterrita ad allargarsi mentre il sangue non accenna minimamente a smettere di scorrere.

“Chuck! Chuck!”, strilli in preda al panico più totale, le mani premute con forza tra le tue cosce nell’ultimo disperato tentativo di salvare il tuo bambino che, goccia dopo goccia, vedi scivolare via, sempre più lontano da te mentre tra una stilettata e l’altra ti addormenti, o forse più probabilmente svieni, su quel letto di morte che ha il profumo dolce di tuo figlio e la voce di Nate ti rimbomba nella testa.
 

“Non chiudere gli occhi, ti prego. Resta sveglia, Blair. Resta sveglia.”

Le lenzuola dal colore anonimo si increspano sotto la morsa della tua piccola mano paffuta quando, d’improvviso, sbarri gli occhioni di bambina spaurita che spera sia stato tutto solamente uno scherzo crudele architettato con gran maestria.

La tua utopica speranza si infrange in tanti minuscoli pezzetti che tintinnano striduli sul pavimento della camera, una camera d’ospedale; un ultimo urlo prima di spegnersi per sempre ed incontrare gli occhi spenti di Serena, occhi tristi ma allo stesso tempo riconoscenti, grati a un Dio che spietato ti ha concesso di vivere dopo averti straziato l’anima, un Dio privo di alcuna compassione.

Anche Dio si prende gioco di te, Blair.

“Grazie a Dio.” , farfuglia Serena baciando la tua mano che tiene stretta tra le sue,  quasi abbia paura possa sfuggirle, e bagnandola di piccole gemme acquose, le stesse che ricoprono con una fragile e sottile velatura i tuoi occhi stanchi e amareggiati.

“Chuck?”, soffi in un sussurro quasi impercettibile. Vedi il viso di Serena, sempre raggiante in ogni occasione, rabbuiarsi e il debole sorriso che era riuscito ad incurvarle le labbra rosee qualche secondo prima contrarsi in una smorfia che non sai – non vuoi – decifrare.

“Ha perso molto sangue, Blair. Non sta andando bene.”

“Che significa non sta andando bene? Ho perso molto sangue anche io eppure …”

“Ha una ferita alla tempia: è grave.”

“M- ma non c’è alcun pericolo, o alcuna possibilità che lui, ecco, che lui poss-”

I singhiozzi di Serena riecheggiano superbi tra le quattro pareti di quella stanza che odora di promesse infrante, cuori infranti, vite infrante; ti senti morire ma trovi la forza di porre un’ultima, inutile – lo sai bene che lo è – domanda, riversandovi sopra ogni preghiera, ogni vano desiderio.

“Come sta il mio bambino, Serena? ”

“Blair … ”, ancora lacrime, ancora dolore, ancora sangue, “… mi dispiace tanto.”


 

“Perché?”

Lo urli, non lo domandi, con voce rotta tra un gemito e l’altro, rigagnoli salati ad inumidirti le guance  non più colorite mentre ancora senti scendere sulle tue cosce rigagnoli caldi che lasciano striature rosso scuro.

Sono le due del mattino, Serena è andata via ed hai convinto tua madre e tuo padre, accompagnati dai rispettivi nuovi mariti, ad andare a casa per riposare qualche ora.

Perché tu stai bene, Blair.

Tu sì.

Il russare infantile di Dan riempie la stanza, ormai stanzetta visto l’impressionante numero di peonie rosa di cui è imbottita.

E’ voluto restare lì, accanto a te, e a nulla sono valsi i tuoi insulti e le tue proteste, non ti ha abbandonata, disposto a dormire in un giardino di fiori profumati, seduto su una scomoda sedia e con la testa poggiata su un freddo tavolino di vetro per te.

E’ un amico vero.

Anche Louis è corso subito in ospedale appena appresa la notizia; non hai avuto voglia – o il coraggio? - di vederlo ed hai chiesto a Nate di occuparsene.

Ti ha portato un bouquet di rose bianche che Nate ha poggiato sul tavolino di vetro, quindi supponi sia il medesimo bouquet nel quale Dan ha sprofondato la sua faccia da diversi minuti.

Aggraziatamente sgambetti fuori dal letto, ti infili la vestaglia ed indossi le ciabattine per poi uscire nel corridoio illuminato e deserto.

Nonostante tu sia ancora infuriata con Lui, sai che hai bisogno di Lui e che è l’unico che possa realmente aiutarti, forse.
 
"Sei tu quello che ho sempre voluto; io amo te. Amo tutto di te. Sei tu quello con cui voglio stare per sempre.”
 
Così varchi la soglia della Sua camera, molto più spaziosa della tua, sarà per via della fama del Suo nome che lo segue ovunque, e ti inginocchi davanti a lui, le mani giunte, gli occhi supplichevoli.

“Ti prego, lascialo vivere …”, implori con la voce incrinata che risuona nella Chiesetta silenziosa, rivolta ad un Dio che deve esistere e deve ascoltarti; questa volta sì. Perché questa volta stai mettendo sul piatto da gioco la cosa più importante.

 

“… Ed io rinuncerò a lui, a noi.”

L’amore della tua vita.

 

Fine.

  
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