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Autore: Jailer    10/12/2011    1 recensioni
Qual è il tuo nome nel buio?
{Stefano Benni}
[Heine][Naoto][Giovanni]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nomen Omen
«Il nome è destino»

 

Qual è il tuo nome nel buio?
{ Stefano Benni – Achille Piè Veloce }

 

Heine.
Anche nel buio.
Heine.
Nel buio.
Heine.
Il buio.

***

La tua vita è solo un impero di cancri e guarigioni. 
Qual è il tuo nome, Heine? Quale era il tuo nome il giorno in cui sei stato incatenato alla rabbia?

Una città che ruggisce sotto la neve: è un inverno che sembra perpetuo, un grigiore fatto di nebbia e rimpianto color lattice.
Se la tua mente non fosse stata plagiata dal vezzo della morte, cane, sapresti che sotto questo cielo gli unici odori che regnano sono smog e polvere da sparo - non necessariamente in quest'ordine.
Ma i tuoi polmoni grondano sangue, e quello è un odore che cancella ogni cosa.
E poi ci sono Bado e le sue maledette sigarette, l'aroma di una rimpianto e di una sconfitta.
-Ti porteranno nella tomba, prima o poi.
-Sarai tu ad uccidermi, in una di quelle tue maledette sparatorie. Non le sigarette.
Il rosso preferisce le siga forti, perché quella spada acre che gli spezza il fiato ha più calore di qualunque altro ricordo sappia portarsi addosso. E più i suoi polmoni sono torbidi, più gli sarà concesso sentirsi a casa sua- come quando la gola guaiva per le sigarette di Dave.
Poi è l'accendino con cui se ne accende una nuova, l'unica luce che sa trafiggere l'iride dell'albino nella notte. Fa un freddo porco e il collare gli gela il colletto della maglia.
-Tu non crepi di freddo vestito così?
-Io non crepo a priori.
Bado mastica una mezza imprecazione ma ritorna a tacere.
Heine ha detto una menzogna - una delle tante -, e si sente un ratto.
Il loro è un sodalizio fatto di disgrazie e ferite malamente curate, si stanno medicando nel modo infantile e orgoglioso dei sopravvissuti. E intanto aspettano.
Un tram che non arriva più per portare le ossa a casa.
Non fanno nemmeno più male.

***

Il nome è qualcosa che hai addosso ed è un cappio sempre pronto a stringersi intorno alla gola.


Dal passato, Naoto ha imparato che ricercare continuità nella vita è sbagliato e che le assenze fanno più male dell'inesorabilità dell'essere. Dal futuro non ha imparato niente, perché sa che futuro è sinonimo di utopia ed è l'agonia di un presente che non arriva mai.
La vita di Naoto è una dimenticanza e un tentativo di ricordare.
Magato una volta le ha detto che saper dimenticare significa salvarsi. La verità è che Naoto non dimentica mai nulla, ed è questo a spaventarla.
-La tua è stata una resurrezione. Ricomincia da capo e vivi per mordere e prevalere.
-Solo i cani lo fanno.
-Solo i cani che sono randagi e non hanno un nome, Naoto.

Fu viscida la sensazione che percorse Naoto –o chi per me.

***

E tu, Giovanni? Tu lo ricordavi, il tuo nome, e piangevi perché avresti voluto dimenticarlo. 
Faceva male, il nome. E faceva male non essere forte.

Giovanni  ha le costole più scoperte di prima,  ma gli occhi sono sempre gli stessi.
Se li mostrasse al mondo più spesso, tutti leggerebbero nel suo sguardo la febbrile impazienza del cane da caccia, la paura della morte e la mortificazione dell'essere succube del branco.
Nessuno si aspetta poi grandi cose da lui. Il suo attendere la grandezza è un'anticamera di smarrimento che non è certo di poter attraversare: il suo ringhiare non è profondo come quello di Heine, non lo è stato mai.
La sua ferocia era ben lungi da quella di Lily, quando il suo nome non lo rammentava ancora.
Giovanni, nel buio, ha saputo solo singhiozzare. E anche nella luce saprebbe farlo meglio di chiunque altro.
Giovannino non ha mai saputo lavare via la sua umanità, nemmeno con il pianto convulso di quell'eternità senza luce. Perché piangere è il modo che hanno gli uomini per scorticare il loro orgoglio e rafforzare il cuore, ma in un progetto come "Kerberus" quanto più uno è umano tanto è un peso.
L'umanità è quella roulette russa per cui a Nill è stata strappata la voce e al reverendo la vista, se solo Giovanni li conoscesse potrebbe consumare la sua frustrazione sulla loro immagine. 
L'umanità è la più pesante delle croci, per un cane.
Ricorda Lily con i contorni sbiaditi e arrabbiati del ricordo, con la paura e la rabbia che incuba il cuore del debole.
Ricorda Heine ed è siero quello che gli avvelena il sangue - qualcuno, quell'astio che ha sempre addosso, lo chiamerebbe voglia di vivere.
-Tanto non mi aspettavo certo chissà cosa.*
La Fruhling ha sulle labbra il veleno delle tarantole e una voce che è il sibilo della vipera. Sono ferite continue quelle che spaccano le labbra di Giovanni in una smorfia e fanno l'anima a brandelli.
Il dolore è quel pizzicore sottopelle che balza addosso all'improvviso e lo fa sentire schifosamente sbagliato. 
Giovannino il piagnucolone, la belva che alimenta a odio e rancore, più che un cane è una mantide che lo sta lacerando pezzo per pezzo dall'interno.
Il suo viso si piega in una smorfia, mentre quella maledetta snocciola la sua miseria.
-Ho capito. Rientro immediatamente... Dottoressa.*
Il suo obbedire è una capitolazione dettata dalla mera passività fedele dei cani. China il capo e vomita rabbia.

***

Il dolore di Bado è nonostante tutto un dolore ordinario, in un mondo come questo.
Ha perso un fratello, un occhio e la sensibilità alla mano.
Ha un passato di cui si ricorda e che, per dimenticare, rinnega emulando il disprezzo.
Heine ha nella schiena la forza sconvolta dell'eroismo.
Ha una memoria appena più spessa del vuoto profondo che c'è nella mente di Naoto.
Naoto ha un solco che le trafigge il seno e le ricorda un passato di cui non ha memoria.
La sua vita è una nebulosa di odio e futuro: il passato, quello lei non lo ha più.
Giovanni è un urlo che si fa latrato.
E l'ultimo respiro prima della disfatta.

---

*Tratto dal manga

Pubblico il primo capitolo, nato mesi fa, anche se non do la certezza di una prosecuzione.
Una fan fiction sul valore del nome e del passato, perché avere un nome proprio significa appartenersi. Perché mi chiedo cosa significhi per Naoto, Heine e Giovanni aver dovuto ricominciare tutto da zero, con un nome non loro.
Bado è armato di passato e nome, ma lui finisce nel manicomio per par condicio. O forse solo perché Dogs non è Dogs senza la sua ciminiera personale.
La velocità della stesura di capitoli successivi, se ci sarà, potrebbe far invidia alla lentezza del pennino del nostro Shiro Miwa –anche se a voi questo non interessa. Sputatemi negli occhi, adesso. Con tutta la forza con cui potete farlo.


   
 
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