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Autore: Hidden Writer    11/12/2011    3 recensioni
Ok, purtroppo devo ancora proporvi una fanfiction triste...
Scusate...
Ad ogni modo stavolta mi sono concentrato su una coppia che adoro, su cui è difficilissimo scrivere.
Estratto:
Mi perdo nell'oceano dei tuoi occhi, quando mi rendo conto che stanno guardando me.
Non dovrebbe preoccuparmi, ma noto con preoccupazione i tuoi movimenti, il tuo camminare, la tua voce impastata nell'alcool.
A quanto pare sei un po' inebriato.
Cadi per terra con un tonfo.
Ok, sei sbronzo a tutti gli effetti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Calore

 

Sono uscita di nuovo, purtroppo devo mangiare, e il mangiare implica uscire e scucire al supermercato. Non ho molta scelta.

Domani do l'ultimo esame all'università, sono preparatissima, ho studiato fino ad ora. Non mi preoccupa affatto, io sono una veterana dello studio. Al contrario di te.

Tu non hai mai voluto sentire ragioni, sei sempre stato un ribelle, un... punk. Ma so che a te piace essere chiamato così, e non voglio darti queste soddisfazioni. Mi limito a chiamarti traditore, e ne ho tutte le ragioni, tu e quella darkettona.

Mi sono lasciata alle spalle il passato, oramai. Tu sei solo una macchiolina, un'ombra sulla mia vita. E quindi dovesti andartene dalla faccia della Terra.

Purtroppo, come ho studiato al primo anno di Legge, uno dei diritti fondamentali è il diritto alla vita, perciò non posso reclamare la tua morte. Ma spero vivamente di non incontrarti.

Ci sono dei lavori in corso sulla via per arrivare al supermercato, non mi va di farmi ricoprire dalla polvere, posso provare a circonvallare l'edificio, c'è una strada al lato... è buia... isolata...

No, andiamo Court! Fatti coraggio, non sei una ragazzina!

Mi avventuro in quel luogo, faccio diversi metri a vuoto, mi accorgo però che è un vicolo cieco. No, peggio, c'è l'uscita posteriore di un pub, un retrobottega, in pratica. Che schifo.

Naturalmente non c'è un anima, così torno indietro, mi giro di scatto e...

Un momento, non ti avevo chiesto di non tornare?

In tutta quella desolazione dovevo incontrare te?!

Sei barcollante qualche metro più in là, vorrei non farmi notare, ma ti volti nella mia direzione. Vedo un colore che avevo dimenticato da tempo, una gradazione di azzurro unica, che, pur essendo al buio, brilla. Brilla nelle tue iridi.

Mi perdo nell'oceano dei tuoi occhi, quando mi rendo conto che stanno guardando me.

Non dovrebbe allarmarmi, ma noto con preoccupazione i tuoi movimenti, il tuo camminare, la tua voce impastata nell'alcool che dice il mio nome.

A quanto pare sei un po' inebriato.

Cadi per terra con un tonfo.

Ok, sei sbronzo a tutti gli effetti. E non è una buona cosa, visto che io sono sola, al buio, in un vicolo dimenticato da Dio, con questo pazzo ubriaco, e tutto per non avere un po' di polvere addosso. Errore madornale Court, errore madornale.

«Principessa!» Sobbalzo. Mi hai appena chiamato con il nome che odio di più al mondo. Ti sei rialzato, stai camminando verso di me. Tento di scappare, ma inanzi a me c'è un muro. Sento un rumore simile al legno che batte sulla roccia, e noto con orrore che sei svenuto, battendo la testa, che ti sanguina.

Vorrei lasciarti lì dove sei, a farti raccattare da qualcun altro o magari a morire, ma il mio corpo si protende verso te, piano piano...

Riacquisto improvvisamente il controllo del mio corpo e ti do un energico pugno sul ventre, a cui tu non sembri reagire, inizialmente, per lo meno. Mi allontano di scatto, ma la paura si impossessa totalmente di me, vedendo che mi hai bloccato il polso con la mano. Con occhi terrorizzati noto i muscoli che ti gonfiano le braccia e il petto, è impossibile opporre resistenza.

Ti rialzi e mi blocchi contro il tuo petto, tremo al pensiero di ciò che potresti fare da ubriaco, qualunque sciocchezza potrebbe entrarti nella mente, convincerti e... non oso pensarci.

Tento di divincolarmi, ma sto sprecando le mie energie, ma non mi arrendo.

Passano i minuti io provo a scappare, inutilmente, finché non mi accascio nella tua presa. Mi sono arresa, ho abbandonato la battaglia.

Mi accorgo ora che stiamo camminando, io sono ancora stretta a te, non mi importa dove andiamo, per quanto mi riguarda potrei anche andare in una discarica, non avrei la forza di reagire. Chiudo gli occhi.

 

Mi risveglio solo ora, l'orologio segna le ventitré e cinquanta. Non so dove sono, ma non è una stanza d'hotel, tantomeno casa mia, qui è disordinatissimo...

Improvvisamente ricostruisco il mio passato e rivivo quel momento, quei momenti.

Mi alzo di scatto, sono a casa di un criminale!

Noto con piacere che ho ancora tutti i vestiti addosso, a quanto pare non mi hai violentata, sai, da te me lo sarei proprio aspettato. Non mi hai neanche derubata, bene, è ora di dirtene quattro.

Raggiungo l'interruttore della luce a tastoni e lo premo, avanzo per il corridoio sino a raggiungere la tua camera. Stai al letto, dormi.

Strappo via le coperte, ti svegli di soprassalto.

«Courtney?» Esali, affatto impaurito.

«Esatto, mi chiamo così, brutto orco chiodato, e ora mi spieghi come siamo arrivati qui!» Sbraito.

«Beh... eri svenuta, non potevo lasciarti là...» Sei ancora preda dell'alcool, lo sento dalla voce, e dall'odore.

Mi siedo sul letto, accanto a te, forse dovrei ringraziarti, ma non voglio sprecare parole per te.

«Beh... ok, ma non mi sembra un buon motivo per... per...» Mi blocco.

Ora sei più vicino.

Pericolosamente vicino, e continui a strisciare sul letto, nella mia direzione, sento il tuo respiro sul mio collo, vorrei allontanarti, ma mi sento letteralmente paralizzata, è tutto così... così...

Eccitante?

Il pensiero si fa strada molto velocemente, un pensiero affatto casto, un pensiero che ormai non può più essere fermato.

Mi volto e poso le mie labbra sulle tue.

Non mi riconosco più, ho mandato ogni mio principio a puttane, con il mio orgoglio, e purtroppo tu non fai niente per fermarmi, anzi, mi abbracci e ti accosti sempre più a me.

Non riesco a fermarmi, sembra quasi che voglia quella situazione, che non aspetti altro. Mi sento viva come non mai, come se fino ad ora fossi stata segregata in una prigione, e la spiegazione a tutto questo è semplice.

Ho bisogno di te.

Ho bisogno del calore che mi dai, quel calore che percepisci sul mio corpo, quel calore che...

Che si chiama amore, e che io ho rinnegato per anni.

 

Sono le otto del mattino, alle sette dovevo stare all'università per dare l'esame, ma non mi importa. È stata la notte più bella della mia vita, non mi sentivo così felice da tempo, ho ritrovato una serenità perduta, ormai.

Tu non sei lì con me, sento lo scrosciare di una doccia accesa interrompersi, e ti vedo uscire dal bagno, un asciugamano attorno alla vita.

«'giorno.» Mi dici, piuttosto turbato.

«Ciao.» Rispondo dolcemente, il mio sorriso scompare di fronte alla tua espressione.

Preoccupata, triste.

«Che hai?» Mormoro.

Tu scuoti la testa, borbotti un po' di parole, che intendo perfettamente, purtroppo: “Court, tu non puoi stare qui”.

E purtroppo capisco anche il perché, la mia mente riporta a galla ogni singola immagine di te, mano nella mano con lei.

Sento la rabbia montare, mi alzo di scatto. Non mi importa se sono nuda, non mi importa di farti male.

Uno schiaffo risuona nella stanza. Io non sono stata altro che il tuo giocattolo sessuale, quel calore che credevo di darti...

quel calore te l'ha donato l'alcool.

Non io, io sono solo stata vittima dei troppi bicchieri scesi nella tua gola, tu, inebriato e non cosciente, mi hai sfruttata.

Abbassi la testa, le cinque dita sulla tua guancia si arrossano. Una lacrima mi scende giù per la guancia, mi rifiuto di accettarla come segno della mia tristezza, cerco subito un altro motivo valido, senza trovarne.

«Ti prego... io non voglio...» Sussurri.

Mi rivesto, sorda alle tue scuse. Giro i tacchi e attraverso il corridoio. Sento il tuo braccio trattenermi, ma stavolta non ci casco.

«Aspetta!» Mi dici, ma io continuo a camminare, liberandomi dalla tua presa.

«Aspetta, ho detto!» Ti pari davanti a me, bloccando la porta.

Vedo ancora il taglio sulla tua fronte, che la notte prima mi aveva indotto ad aiutarti.

Metto la mano in tasca e ti poso una banconota da cinquanta dollari in mano.

«Tieni! Così la prossima volta l'alcool te lo compri e te lo bevi a casa, invece di andartene in giro!» Strillo.

Ti blocchi, un'espressione inorridita sul volto. Apri la porta e ti scansi, lasciandomi passare.

«Ti amo.» Sussurri mentre attraverso l'uscita.

Arresto di botto la camminata, mi volto, i nostri visi sono ad un centimetro di distanza.

«Anch'io.» mormoro, al limite del pianto.

Tu ti protendi verso di me, ma io indietreggio, rinnegando ancora una volta ciò che potrebbe strapparmi da quell'abisso che mi sta inghiottendo.

«Addio.» Dico allora, e corro via, quasi a voler scappare dalla salvezza.

 

Quante volte avevo sognato quella notte, per poi dimenticarmene e sognarla di nuovo, e nel momento in cui il sogno si è trasformato in realtà ho voluto dimenticare anche quello.

Perché ora che sono riuscita a trasformarlo in realtà è uno dei miei incubi peggiori: io con te, lei con noi.

Non credo che ti perdonerò mai per questo.

Ma non sono sicura di doverti davvero perdonare di qualcosa, in fondo tu mi hai resa felice per una notte, e avresti continuato a farlo, mi avresti strappato dalla mia agonia, prima di cadere nella tristezza più totale.

E non credo che ti incontrerò di nuovo, per poterti dire una sola e semplice parola.

Grazie.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autore

Chiedo perdono, ma ogni tanto devo scrivere qualcosa si triste.

Spero che vi sia piaciuta, spero di schivare eventuale verdura e spero che vi scappi un momentino per recensirla.

Enjoy it!

  
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