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Autore: DreamWanderer    12/12/2011    0 recensioni
Karen, i suoi pensieri e le sue paure, riguardo a un po' tutto... dagli scontri con lo specchio, alla nostalgia.
Fa parte della saga "Shards & Shades".
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Shards & Shades'
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13. Here.
13.
Here.




Karen’s PoV

Lasciatemi qui.

Lasciatemi qui, sola, come sono anche troppo spesso.
Lasciatemi qui, stanca, non so nemmeno io di cosa. Forse di tutta questa vita vuota, o forse di questo mondo malato e malsano, o forse del mio essere così costantemente seconda.

Lasciatemi qui, triste, per qualcosa che nemmeno io riesco a capire. La voglia di piangere senza motivo a farmi compagnia.

Lasciatemi qui, fredda, a morire di nostalgia per qualcosa di dolce che non ho mai nemmeno conosciuto, ma che vorrei sentire anche un po’ mio.

È una sera come un’altra. Solo una sera di musica e silenzio come un’altra. Una sera d’insonnia come un’altra. Con il mio solito vecchio malessere a farmi compagnia e tante canzoni, alcune giuste, alcune meno, alcune del tutto sbagliate. Una sera con tante storie da scrivere passata invece a leggere.

Una sera come tante altre. Una sera in cui voglio essere lasciata sola.

Lasciatemi qui, stasera.

Una sera in cui io lancio l’ennesimo sguardo al computer, e decido di chiudere la pagina di musica senza osare riaprire internet. Non voglio vedere la mail intasata di notifiche inutili, non voglio vedere la mancanza dell’unico messaggio di cui avrei bisogno in questo momento.

E così rimango immobile davanti alla scrivania, a fissare il monitor nero. Come se potesse accadere un miracolo, come il mio desiderio potesse emergere dallo schermo. Ma non accade nulla, e io chiudo il computer, giro lo sguardo per fissarlo al pavimento.

I miracoli non accadono, mi dico, quasi si trattasse di una lezione che non sono riuscita a imparare da bambina. No, i miracoli non accadono. Di certo non a me.

Volto le spalle alla scrivania e siedo sul letto, anche se il movimento ricorda più un lasciarsi cadere. Sento una stanchezza profonda salirmi da dentro, un senso di sfinimento che sembra volermi succhiare via la forza anche per respirare.

Odio avere il ciclo, è una di quelle poche cose che mi toglie qualunque energia, qualunque voglia di fare, di sognare. Mi lascio sfuggire un sospiro esausto, e anche esasperato, e mi stendo sul materasso. La morbidezza delle coperte soffici, sotto di me, mi rassicura un po’. Allungo stancamente la mano, alla cieca, e trovo immediatamente le casse del mio MP3. Accendo il lettore con un solo gesto, e la musica, già impostata sull’opzione shuffle, parte da sola.

E, a dirla tutta, parte bene: mi offre la canzone giusta, una canzone adatta per consolare l’angoscia che mi sale a spirale nel petto. A volte mi sembra quasi che abbia sviluppato una coscienza propria, questo affarino musicale, mi sembra quasi che mi conosca. È da anni che ce l’ho, anni passati a cambiare una canzone dietro l’altra ogni qual volta il mio umore capriccioso mi rendesse insofferente una particolare canzone. E in tutti questi anni, mi sembra quasi che un semplice pezzo di tecnologia abbia imparato a captare le onde inviate dalle mie emozioni per tararsi esattamente sulle melodie di cui ho bisogno. Ora mi offre note armoniose, note che scivolano immediatamente sul mio dolore, trasformandolo in malinconia, note che scendono immediatamente a riempire il vuoto che sento pulsare fastidiosamente nel mio petto, quel vuoto da cui ho ingenuamente cercato di proteggermi appallottolandomi come una gattina infreddolita.

Sì, ho freddo.

Ho freddo fuori, perché ho il vizio assai discutibile di andare in giro in maglietta. Anche d’inverno, sì, non ci posso fare niente: felpe, maglioni, golfini… mi sento soffocare ogni volta che mi ci avviluppo.

E ho freddo anche dentro, perché la solitudine in questo momento si fa sentire, dolorosa quanto il mal di pancia mensile. Ed è un soffrire talmente sottile, talmente inafferrabile, che nemmeno la musica riesce a lenirlo del tutto.

Lancio una veloce occhiata malinconica al computer spento, poi incasso il capo nelle spalle per accoccolarmi ancora di più su me stessa, in me stessa. Chiudo gli occhi, per impedire alla luce tenue della giornata di sole di riflettersi sulle lacrime che hanno ormai annacquato il mio sguardo, eludendo le mie resistenze.

Perché quando si arriva a lui, io divento improvvisamente fragile. Mi sembra d’indebolirmi tutt’a un tratto, come se la forza a cui mi aggrappo con le unghie e con i denti per sostenere il peso della vita di tutti i giorni scomparisse all’improvviso.

Mi chiudo improvvisamente su me stessa, stringo le mani sulla stoffa della mia maglietta, nascondo il viso tra le braccia. Tremo, e un gemito mi scivola dalle labbra senza che io possa fare niente per soffocarlo, per negarlo anche a me stessa. Sento le labbra stirarsi in una smorfia mentre i ricordi mi esplodono nella mente, annegando ogni altro pensiero presente nella mia testa.

Tanti, troppi ricordi.

Il calore delle sue mani che mi accarezzano i fianchi, la morbidezza dei suoi capelli che mi solleticano appena il collo, l’arroganza dei suoi denti che mi mordono le labbra, l’intensità del suo sguardo che a momenti mi squarcia il cuore, la dolcezza dei suoi sorrisi che nasconde sulla mia pelle, l’impudenza delle sue parole che mi fanno arrossire fino a tendere al color pomodoro maturo.

Annego il viso nel cuscino, incasso le spalle, stringo un braccio al petto e uno al ventre, rannicchio le ginocchia. Lo faccio un po’ per scaldarmi, e un po’ per illudermi che questi semplici gesti possano arginare la tempesta che sento incombere su di me, una tempesta che però mi viene da dentro.

Serro le palpebre, cercando di escludere la luce, per non dover vedere il mondo, per poter sentire la melodia delle mie illusioni.

Mi mordo le labbra, cercando di soppiantare il dolore fisico al dolore che sento in gola, per non lasciarmi andare alla dolcezza delle mie fantasie.

Illusioni. Fantasie. Desideri. Non vivo d’altro, quando sono lontana da lui. Costruisco mille castelli fatti di pensieri tanto meravigliosi quanto irrealizzabili, vivo delle notti tranquille e dense di sogni che la Luna mi regala una volta ogni tanto.

Ormai è buio, ma la mia mente si è inceppata quando fuori c’era ancora luce, quando sono praticamente inciampata in chat, e ci ho trovato Ryan.

Abbiamo chiacchierato un po’, scherzando, raccontando le novità, stuzzicandoci. Staccarsi dal computer è stata la parte difficile, anche se a dirla tutta è stata la precarietà della mia connessione internet a impormi di chiudere. Mi sono divertita molto però a chiacchierare un po’ con lui, è stato bello.

È dopo, che è venuto il dolore.

È bastato sentire in bocca l’amarezza della distanza, per riprendere a stare male. È bastato immaginare il modo in cui mi avrebbe sorriso mentre mi prendeva in giro senza astio, per sentire un battito di dolore propagarsi nel petto. È bastato desiderare di essere tra le sue braccia, per ricominciare a soffrire anche più di prima.

Il fatto di averlo così lontano da tempo mi ha colpita come mai prima d’ora. C’è come una patina a dividerci, e mi è sembrato quasi ritrovarmici invischiata, tanto da non riuscire nemmeno a respirare. Gli ho mandato una mail per dirgli che dovevo scappare visto che la mia connessione non ne voleva sapere di reggere un contatto via chat, e poi ho chiuso tutto.

Sto male, nemmeno il cielo sa quanto sto male, quanto mi torturi non dirgli che mi manca come l’aria, che se potessi volerei da lui anche ora, che mi piacerebbe ricevere una sua visita per portarlo in tutti quei posti che vorrei mostrargli, che soffro in silenzio mentre i ricordi mi scorrono impietosi nella mente, nitidi come luce e taglienti come lame.

Sento di avere bisogno di lui, un bisogno assurdo, quasi sia lui l’elemento che mi manca per trovare il mio posto in questa bella vita a cui mi sento completamente estranea. Perché alla fine è stato lui a farmi sorridere quando io volevo piangere, a chiamarmi bella quando io giudicavo il mio riflesso a malapena passabile, a considerarmi speciale quando io sentenziavo di essere strana e sbagliata, lui a farmi forza quando la mia improvvisa fragilità minacciava di mandarmi in pezzi, ad accarezzarmi quando io mi sarei presa a schiaffi, ad accettare anche la parte più incasinata di me quando io invece mi sarei immediatamente buttata via se solo ne avessi avuto l’occasione, a darmi la spinta giusta quando io tentennavo troppo. Perché mi vuole bene, perché mi vuole ancora nonostante le difficoltà che non ci abbandonano, nonostante la distanza che ci tortura, nonostante la sfortuna che si mette continuamente tra noi.

Io senza di lui non riesco a stare.

Non credo che riuscirò mai a rassegnarmi al ricordo, non credo che smetterò mai di volerlo, non credo che potrò mai dimenticarlo. Dovrei costringermi a staccarmi da lui, dovrei davvero. Ma non posso, non ce la faccio. E nemmeno voglio. Non ancora. A costo di stare male come un cane ancora per un po’.

Il lettore MP3 mi culla con note dolci, parole malinconiche. E io cerco di abbandonarmi senza rimpianti a un sonno senza riposo, ma ricco di una complicità speciale tra musica e sentimenti.

In mente, solo un desiderio, solo una canzone: “wish you were here”.







Angoletto!

Eccoci qui, di nuovo in ritardo, per l'ennesimo capitolo di Shards & Shades. E di nuovo da un treno. Direi che ormai posso cominciare a pianificare gli aggiornamenti a seconda di quando sto sui treni, visto che sembrano essere gli unici momenti in cui riesco a mettermi qui al computer a scrivere queste due righe e a postare i capitoli in santa pace!

La vita è troppo caotica di recente. Sta capitando anche a voi? Tante cosette tutte assieme, un guaio più grosso degli altri, un po' di tensione a casa e a scuola, parecchia stanchezza? Oppure è questa Luna che fa reagire strano qualcosa di storto dentro di me?

Boh. Comunque, torniamo al capitolo che mi sa ch'è meglio ^^'''''''
Ecco qui Ryan, che ritorna a Karen con violenza, con la violenza emotiva che in un certo senso lo contraddistingue. E Karen torna a far la lagna. No, disprezzo per le mie stesse parole a parte dai.... a me questo capitolo piace. L'unica cosa che "odio" di esso è che... beh, è che è sempre attuale. Ancora oggi, mentre io scrivo, la "vera" Karen ancora soffre perché il "vero" Ryan è lontano.
Un'altra cosa. Questo è in un certo senso un capitolo introduttivo al prossimo, che troveremo in "Of Dream and Desire."... sì, torniamo ai sogni a luci rosse, ma per la prima (e forse unica ^^''') volta, sarà Karen a sognare e non Ryan. Il nuovo capitolo è ancora in fase di scrittura, perciò non so quando sarà pronto, ma vedrò di darmi una mossa!

Le ultime raccomandazioni:
1. per chi si fosse perso lo scorso capitolo, visto che è stato pubblicato in una nuova storia, lo trovate qui: "From a Friend's Eye."
2. per chi avesse bisogno di me (curiosità, commenti, scambiare due parole, prendere pasticcini XD) mi trovate qui: DreamWanderer ~EFP


Stay tuned people!
Al prossimo treno
;*
   
 
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