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Autore: gattaccionero87    13/12/2011    0 recensioni
Visto che al giorno d'oggi tutto si muove al ritmo dei computer, sarebbe anacronistico pensare alla Morta ancora con il cappuccio nero e la falce nella mano.
Per facilitare la comprensione ho suddiviso in paragrafi corsivi e normali.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Restò parecchi di secondi a valutare la conseguenza a cui il semplice movimento dei tendini della propria mano avrebbe portato.
Passava velocemente dall’esitazione alla decisione, dal dispiacersi per quello sconosciuto al senso di responsabilità a cui la richiamava il proprio compito.
 
Come ogni giorno, si sedette sulla sua panchina preferita, leggermente all’ombra, con il suo quotidiano sotto braccio pronto ad essere sfogliato.
Con un accenno di sorriso e il chinar del capo salutava i passanti che era ormai solito vedere passare giornalmente davanti a sé, chi portava a spasso il cane, chi tagliava per il parco per andare a lavoro o semplicemente chi passeggiava in cerca di un po’ di ombra al riparo dal caldo sole di luglio.
 
Sbattendo violentemente le palpebre e scuotendo impercettibilmente il capo, si riscosse da quel vortice di indecisioni, non senza un certo stupore verso sé stessa al pensiero di come avesse poco prima osato titubare anche solo per qualche secondo.
Menù  --> Chiudi sessione  --> Arresta il sistema.
Il mouse schioccò il celeberrimo rumore plastificato che emetteva ogni qual volta che uno dei suoi tasti veniva premuto.
Il monitor si oscurò e si re-illuminò istantaneamente in una grossa scritta.
Disconnessione in corso. Si prega di non spegnere.
 
Si mise gli occhiali da lettura e fece per aprire il giornale, quando all’improvviso un indescrivibile e lancinante dolore lo prese al torace. Un dolore da togliere il fiato, che si irradiava dal petto alla schiena, al collo, al braccio sinistro.
Poteva giurare che ad ogni tentato respiro una lama incandescente gli venisse rigirata nel costato e il puro dolore si facesse strada in ogni suo capillare.
Fece per alzarsi ma crollò impotente sulle sue ginocchia; impaurito, avrebbe voluto gridare aiuto per attirare l’attenzione, ma inspirare per poter dare il giusto fiato alle parole era un indescrivibile supplizio, tutto quello che riuscì a formulare era un sommesso rantolo.
 
Con le braccia incrociate, le gambe sensualmente accavallate e la schiena comodamente appoggiata allo schienale della poltroncina, sbadigliò senza distogliere gli occhi dallo schermo, attendendo che gli eventi si evolvessero da sé.
La scritta sul monitor cambiò, secondo copione, come tutte le altre volte.
Arresto del sistema in corso.
Gli angoli delle sue carnose labbra si piegarono impercettibilmente in un invisibile e sadico sorriso.
 
Le poche forze che gli rimasero vennero meno. L’ultima cosa che la sua appannata e confusa vista gli diede occasione di percepire furono i contorni di una persona che correva agitatamente verso di lui, forse urlando qualcosa.
Poi il respiro gli venne a mancare, e in un ultimo singhiozzo perse i sensi.
 
Sbuffò, diede una veloce occhiata al suo orologio da polso.
*Ma quanto ci mette? Dev’essere un osso duro questo qua. Si dia una mossa, il signorino, che la lista di oggi è ancora lunga* pensò, lasciando trapelare una leggera irrequietezza mentre giocava con una ciocca dei suoi biondi capelli.
 
L’ambulanza sfrecciava a sirene spiegate nel traffico cittadino, mentre le vetture che trovava sul suo cammino si aprivano a lisca di pesce ai lati della carreggiata per lasciarle continuare senza intoppi la folle corsa verso il più vicino ospedale dotato di pronto soccorso e terapia intensiva.
Al suo interno, mentre un paramedico gli premeva la mascherina per l’ossigenazione sul viso con una mano e con l’altra teneva fermo il piccolo monitor traballante dal quale non staccava lo sguardo per non perdere neanche una delle possibili variazioni dell’oramai piatto elettrocardiogramma, l’altro faceva sobbalzare il suo corpo sotto le scosse del defibrillatore.
 
Il monitor si spense definitivamente.
Sollevò gli occhi al cielo con il fare di chi ringrazia il termine di un’attesa fin troppo lunga.
 
Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto di far riprendere a battere il cuore, il paramedico rimise a posto i magneti del defibrillatore, non senza un velo di scoramento ed impotenza nei suoi occhi.
“E’ andato. Arrivati al pronto soccorso il medico di turno ne ufficializzerà il decesso.”
“L’ondata di caldo di questi giorni sta facendo una strage tra i cardiopatici” aggiunse l’altro, nel tentativo di rincuorare entrambi di fronte all’ineluttabilità del decesso.
 
Arrivò la mezzanotte.
Finalmente poteva permettersi di alzarsi da quella poltroncina e prendersi cinque minuti di agognata pausa dopo una lunga giornata.
Ma non più di cinque.
La Morte è troppo indispensabile a questo mondo per poter prendersi la libertà di oziare.
   
 
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