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Autore: Iria    13/12/2011    3 recensioni
[Cinquanta frasi sulla coppia Heine x Badou]
3 – Spirito.
Il passato era uno spirito ingordo ed affamato più di un maiale: divorava i due giovani, rodendo e masticando con gusto quelle anime già maciullate e sanguinanti; eppure Heine e Badou, ficcando le proprie rispettive armi nella gola di quel porco disgustoso, vantavano di riuscire –anche se forse ancora per poco- a mantenere quella folle lucidità di cui necessitavano per poter trascinare le proprie vite un po’ più avanti di quanto avrebbe voluto la sadica bestia.
*To Rota*
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Badou Nailson, Heine Rammsteiner
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: ~ Hysteria [I’m breaking out, last chance to lose control]
Autore: Iria 
Fandom: Dogs
Personaggi/Claim/Coppia: Heine Rammsteiner, Badou Nails
Generi: Angst, Dark, Introspettivo.
Avvertimenti: Lime, Missing Moments, What if..?, Yaoi.
Rating: Arancione 
Set: Delta
Note: È il mio primo lavoro su questo pairing e mi sono divertita, mettendomi alla prova con questi cinquanta temi..! È la prima volta che faccio una cosa del genere!
Ritengo che Badou ed Heine siano –non una coppia- un’accoppiata davvero complessa da trattare, e spero d’averlo fatto nella maniera più decente possibile.
Non mi sento di mettere l’avvertimentoo OOC, non credo di essere uscita fuori dalla mentalità dei personaggi, eventualmente, spero mi farete sapere!
Questa cosetta qui è tutta dedicata a 
Rota <3, che voleva che scrivessi su ‘sti due e che mi ha sopportato con le mie difficoltà nel mondo del livejournal. u_u’
Titolo ispirato da ‘Hysteria’ dei Muse.
Cinquanta frasi create sui prompt dati dall’iniziativa 1frase su livejournal. =)
Buona lettura!

 

~ Hysteria [I’m breaking out, last chance to lose control]

 


1 – Terra.


«Sei morto..?»
Ogni volta che, inerme, il guercio fissava il corpo di Heine accasciarsi al suolo in un lago di sangue, il cuore arrestava i propri frivoli battiti in una attesa lunga, estenuante, quasi fatale per la sua umana e compresibile vulnerabilità mortale; tuttavia, il cane randagio riverso a terra  grugniva in risposta e Badou, allora, poteva tornare a fumare una sigaretta senza mostrare troppe apperenti preoccupazioni –rivivendo, in verità, il momento in cui un proiettile era stato sin troppo vicino ad una tempia dell’incosciente compare.

2 – Orgoglio.

Badou se ne sbatteva altamente -bhé, più o meno- della propria dignità: se c’era da salvare la pelle, nessuna commissione profumatamente pagata assegnatagli dalla vecchia avrebbe potuto trattenerlo nel pericolo, fatta eccezione per le dannate e sibilanti parole di Heine («Un po’ di orgoglio potrebbe farti bene: smetteresti di finire sempre nella spazzattura.») , alle quali cedeva pur avendo certamente ribattuto con un elgante dito medio ed un bisbiglio («Orgoglio significa anche riconoscere i propri limiti…»), ritrovandosi, infine, a danzare furente fra le scariche dei proiettili nemici.

3 – Spirito.

Il passato era uno spirito ingordo ed affamato più di un maiale: divorava i due giovani, rodendo e masticando con gusto quelle anime già maciullate e sanguinanti; eppure Heine e Badou, ficcando le proprie rispettive armi nella gola di quel porco disgustoso, vantavano di riuscire –anche se forse ancora per poco- a mantenere quella folle lucidità di cui necessitavano per poter trascinare le proprie vite un po’ più avanti di quanto avrebbe voluto la sadica bestia.

4 – Storia.

«Heine, noi non abbiamo iniziato con nessun idilliaco“C’era una volta”, o sbaglio..?»
Il cane randagio fissò per lungo tempo il compagno, il quale aveva parlato con una sfumatura appena amara nella voce; poi sogghignò, osservandone i lineamenti segnati dalla stanchezza, le braccia abbandonate lungo i fianchi a stringere le mitragliette e l’occhio sano cerchiato di blu a contemplare la desolazione tutt’intorno: ah, l’odore acre della polvere da sparo ben si sposava con la deliziosa asprezza del sangue, e spesso quell’ aroma inebriante ed assuefante tesseva strani dubbi e pensieri nella mente del caro Badou...
«Mmh… e tanto meno ti consiglio di aspettarti  un “felici e contenti”: non credo sia contemplabile in questo caso».

5 – Tempo. 

Legato ad una sedia nella semi-oscurità di quel magazzino che odorava di piscio e sangue, Badou aveva perso ogni cognizione: secondi, minuti ed ore si erano fusi nel caos di uno scontro fisico perso in principio e, sparendo nell’ago di una siringa affodantogli nel braccio, aggredirono le sue membra solo una volta che si fu risvegliato, tanto che per il tempo restante non poté fare altro che augurarsi che Heine giungesse il più presto possibile: odiava i mafiosi, le loro mani, il loro nauseante fetore.

6 – Guerra.

Il duo “Capelli Bianchi” ed “Occhio Bendato” conduceva un’estenuante guerra contro un comune nemico di cui entrambi si tacevano reciprocamente l’esistenza e che, no, non era affatto rappresentato da un gruppo di sudici ed incapaci malviventi: già, quel mortale quanto  meschino antagonista era solo la loro miserabile vita.

7 – Tradimento.

Nell’oscurità della calda stanza, Heine spezzava ad una ad una le sigarette di un ignaro Badou che, lì di fianco, dormiva ronfando sonoramente; e poco gli importava se il compare al risveglio avesse strepitato, gridando al vile tradimento e al volgare inganno: il cane randagio era rimasto decisamente disgustato dal sapore della nicotina –ah, eppure, per quanto lo negasse a se stesso, già ne avvertiva l’infame assuefazione.

8 – Sentore.

Badou aveva sigillato l’occhio sano e, come in attesa, si era abbandonato alle vaghe intuizioni dei propri sensi: voleva imparare a conoscere Heine tramite ogni singolo fremito del respiro, tentando –forse inutilmente- di instaurare un dialogo col giovane basato un po’ più su quelle fondamentali sensazioni, piuttosto che sul costante sentore del suo grumoso sangue sulla pelle.

9 – Giovinezza.

In quella città non esisteva luogo in cui i giovani non fossero divorati dalla crudeltà –della vità, del mondo, degli estraei, di loro stessi- ed Heine e Badou non erano ovviamente un’eccezione; anche se, certo, sopravvivevano, ma solo passeggiando sul sottile confine tracciato dai loro cuori caldi e dai corpi –e le anime- ormai consumati: oh, quella era la dannazione della morte, mascherata dal crudele volto di una giovinezza maciullata.

10 – Orme.

Badou sapeva sempre dove trovare Heine: con un pizzico di rassegnazione, stringendo forte una siga tra le labbra, gli bastava semplicemente seguire le orme insaguinate lasciate dalle suole degli anfibi del randagio.

11 – Preda.

Badou sembrava essere la preda perfetta, sia che fossero i malviventi della sua routine a costringerlo in ginocchio a suon di calci –e sberle, e pugni, e forse anche sprangate- sia che fosse semplicemente Heine a trapassarlo con quegli spiritati occhi cremisi.

12 – Stirpe.

Heine, osservando la desolazione di quel mondo sottoraneo, si era spesso domandato se gli uomini potessero essere davvero considerati la stirpe prescelta di Dio; poi fissava Badou –senza neanche ascoltare le sue lagne- agitarsi e chiedergli disperato delle siga, quindi concludeva che il Boss lassù con ogni probabilità avesse decisamente perso il controllo delle sue contestabilissime azioni.

13 – Passi.


Avrebbe potuto riconoscere l’incedere del cane randagio fra mille: passi fermi, sicuri, ben cadenzati e falcate ampie spesso accompagnate dal lieve sgocciolio del sangue –un requiem forse troppo sublime per le insulse anime di quei criminali.  

14 – Rito.

Quando Badou finiva nei pasticci, toccava ad Heine –ovviamente non prima di aver offeso almeno dieci volte la discutibile intelligenza del compagno- tirare il guercio fuori dai guai; quindi, conclusosi tale immancabile rito, si passava all’azione: sfoderate con un ghigno una Mauser ed una Luger bianca, e con un’imprecazione due mitragliette MAC-10 le danze  venivano elegantemente aperte sotto una pioggia di letale piombo  –BANG-BANG!

15 – Vittoria.

Quando videro quei bambini mutanti stretti l’uno contro l’altro, spaventati, tremanti e sporchi , il duo Capelli Bianchi ed Occhio Bendato ebbe, per la prima volta, un comune pensiero: non esisteva alcuna vittoria, lì dove giaceva, a brandelli, l’innocenza.

16 – Languore.

Nella pigra luce del giorno che era appena sorto, Badou si portò le mani al volto, sfinito; al suo fianco Heine dormiva immobile e, per una volta, gli era stato persino concesso il privilegio di osservare il compagno in tutta tranquillità, eppure fu proprio in quell’attimo che la voce di una coscienza decisamente inopportuna parlò con franchezza: 
«Ora dimentica tutto… credi davvero che possa importarvene qualcosa..? Siete solo due bestie stanche, Badou.»

17 – Mortale.


Badou non capì subito cosa stesse accadendo, d’improvviso avvertì solo un gran caldo all’altezza del ventre e fin troppo freddo in tutto il resto del corpo; infatti, si rese perfettamente conto della situazione solo quando le armi tacquero ed Heine –per la prima volta con un’espressione un po’ diversa da quella bestiale che soleva avere- gli si avvicinò: oh, sapeva che sarebbe accaduto presto –morire, già:
«Ehi, zombie… me lo daresti un bacio..?»

18 – Favorito.

Badou non sapeva dire quale profumo preferisse, se quello dolciastro del cioccolato o l’aspra essenza delle siga; poi sorrise: aveva dimenticato di mettere in conto l’odore forte e rugginoso di Heine.

19 – Giardino.

Heine da qualche parte aveva letto che l’universo doveva essere considerato come un “Giardino Selvaggio” di esperienze, sensazioni, eventi; ma il randagio –e Badou con lui- riteneva che il mondo più che possedere la bellezza sublime di un giardino incolto, avesse in realtà le sembianze di una bolgia infernale.

20 – Eros.

«Puzzi di fumo.»
«Hai il sapore del sangue…»
Concedersi l’uno all’altro non fu semplice, tanto meno divertente o privo di inconvenienti: , si fusero come due bestie in calore, lottando con le unghie e con i denti più per ferirsi o per piacere personale piuttosto che per frivolo amore; eppure Badou, lasciando che Heine gli sprofondasse dentro lentamente, comprese di aver perso in partenza contro quell’infido bastardo di Eros.

21 – Canto.

Grida disperate, risate estasiate ed il ritmo sordo delle pallottole che si scagliano contro corpi flaccidi e disgustosi: eccolo il Canto dell’Inferno composto ad arte da due folli demoni esiliati.

22 – Tocco.

Forse fu unicamente un’illusione dovuta al dormiveglia, ma Badou per un solo, misero attimo sentì il tocco esitante del dorso di una gelida mano –poi immediatamente ritratta- su una guancia.

23 – Silenzi.

Il silenzio che seguiva una sparatoria era quanto di più devastante Badou avesse mai udito: gli fischiavano le orecchie e, sempre, teneva l’occhio chiuso fino a quando non avesse avvertito il respiro di Heine tornare a scandire la quiete.

24 – Movenze.

Chinarsi, rialzarsi, scostarsi su uno o sull’altro lato, tendere le braccia e premere il grilletto: semplicemente, le movenze della danza delle pallottole di piombo nella quale tanto eccellevano.

25 – Calore.

Badou strinse a sé il corpo di Heine, lasciandosi cullare dal calore del sangue denso e fresco che imporporava la cute pallida del giovane; e, pochi istanti dopo, avvertì come se quell’abbraccio segreto venisse  debolmente ricambiato, nonostante il gelo continuasse -come sempre- ad avvolgere le sfinite membra del randagio.

26 – Apparizione.

Fra le lingue di fuoco che divoravano il bordello infernale di Melvin Scrooge, Badou d’improvviso intravide gli occhi rossi di Cerbero scrutarlo furenti; allora, nutrendo la fiamma della sua siga con uno dei piccoli tizzoni ardenti danzanti tutt’intorno, ricambiò lo sguardo della bestia, sorridendo di sghembo a quell’apparizione diabolica: 
«Hai perso il controllo, Heine..?»

27 – Inebriare.

Si inebriavano del profumo del sangue, dell’odore del piombo e, Badou in particolare, del pesante calore della nicotina: forse, non riuscivano a rendersi conto che, in solitaria, tale droga avrebbe avuto il semplice e triste aspetto di una follia collassata su se stessa, senza il piacere del condividerne gli effetti devastanti. 

28 – Dita.

Lasciò che le dita di Heine gli sfilassero la benda, concesse loro persino di disegnare il profilo della cicatrice lungo l’occhio; poi, rabbrividì e, gemendo -diavolo, faceva ancora male-, avvertì le parole del randagio come se fossero state un richiamo lontano:
«Voglio che tu tenga entrambi gli occhi aperti, ora.»

29 – Nostalgia.

Tra i due, solo Badou avrebbe potuto provare un pizzico di nostalgia per il passato che aveva vissuto e di cui serbava precisi ricordi in sogni che l’avevano da tempo nauseato, eppure non era mai stato sfiorato –o, almeno, così credeva ciecamente- da una simile sensazione di vuoto –ed Heine gli chiedeva spesso, canzonandolo, come, con tali presupposti, potesse definire quell’inquietudine in termini tanto accurati e sicuri. 

30 – Legame.


Badou ed Heine erano consapevoli che non vi fosse nulla, nulla a legarli; erano divenuti soci quasi per caso e nessuno dei due l’aveva voluto, in verità; quindi, si ritenevano fermamente convinti di poter troncare quella grottesca collaborazione in qualsiasi momento: poveri illusi, stupidi umani.

31 – Erba.


L’erba artificiale di quella città –nei rari parchi dove era stata posta in maniera disordinata e discontinua- appariva ispida al tatto e non aveva nulla della morbidezza dei fili verdi della superficie: già, rappresentava l’ennesima illusione di cui Badou ed Heine non avevano la minima cura e con la quale convivevano con la stessa diffidenza prestata ad ogni singolo, sporco grugno incontrato sul loro impervio cammino.

32 – Sembianze.

Heine e Badou, indubbiamente, consideravano che la pazzia avesse innumerevoli sembianze e che, di certo, loro ne incarvano due aspetti fondamentali: la furia omicidia di un cane bastonato che aveva morso la mano del crudele padrone ed il rancore di una mente ferita che non riusciva, anzi non poteva dimenticare.

33 – Nettare.

Heine gli morse un labbro a sangue, prima assaggiando e quindi leccando il rivolo cremisi scivolato lungo il mento di Badou; poi ritornò alla bocca socchiusa ed ansimante del guercio, succhiandone via con forza, avaro, il prezioso nettare scarlatto – e l’essenza della nicotina fu come un contorno per quel pregiato liquore.

34 – Rossore.

Heine notò che quella volta il rossore su uno zigomo di Badou risultava essere più accentuato del solito –ed il guercio non si sforzava neanche di imprecare in maniera discreta per il dolore-, quindi, preda dell’esasperazione il randagio, schioccando la lingua contro il palato, lanciò dritto sul naso del compagno un impacco di ghiaccio; azione per la quale Badou avrebbe tanto voluto mandarlo galantemente a fanculo, se solo Heine, freddamente, non avesse anticipato ogni sua parola:
«Tappati quella ciminiera ogni tanto… o vuoi che lo faccia io..?»

35 – Possesso.

Affermare che Heine e Badou si amassero, sarebbe stato come offendere Cupido in persona –e, di certo, il signorino in questione non avrebbe mai perdonato una tale mancanza di delicatezza-; semplicemente, quei due si possedevano, strappandosi il respiro, la pelle, il cuore e l’anima vicendevolmente, solo per poter prendere e tenere con sé una prova fondamentale e vitale dell’esistenza dell’altro.

36 – Crepuscolo.

Nelle loro anime marce vigeva un eterno crepuscolo: nessuna  luce all’orizzonte, solo un cielo rosso infinito davanti a loro e, sullo sfondo di un grigio firmamento, tanti cadaveri alle spalle.

37 – Fautore.

Fautore di quel maldestro legame era forse il comune dramma di essere totalmente abbandonati a se stessi nella loro piccola, intima maniera: senza rendersene conto, infatti, si ritrovavano di continuo l’uno di fianco all’altro e, parallelamente, non sfiorandosi mai, risultavano comunque essere un incastro perfetto.

38 – Sfrontatezza.

Qualsiasi fotografo freelance avrebbe dovuto avere una buona dose di quella sfrontatezza in grado di salvargli di volta in volta il culo; e proprio per questo motivo Heine non capiva come Badou non fosse stato ancora ucciso –lui con la sua sfiga, con la sua incapacità di passare inosservato, con la sua poca propensione a confrontarsi verbalmente col nemico attraverso una inesistente e pungente serietà.

39 – Fato.

Decisamente, il fato doveva avere un pessimo senso dell’umorismo, considerando come si era affannato per costruire un tale ammasso informe di personalità –il randagio ed il guercio in affari- e costringerle ad andare avanti insieme contro tutto e tutti –e questa poteva dirsi una bastardata assai più infame del bagnare le siga di Badou.

40 – Labbra.

Era raro che Badou ed Heine discutessero, in quanto il guercio sapeva quanto potesse essere pericoloso il compare con i suoi scatti rabbiosi; eppure, quelle rare volte in cui si ritrovavano ad alitarsi l’uno contro l’altro, sarebbero stati persino in grado di strapparsi le labbra a suon di morsi, pur di zittire l’uno il ringhio dell’altro –pur di assaporarsi meglio.

41 – Pensiero.

Comicamente, il pensiero fisso di Badou -“Siga… dove diavolo sono le mie siga?!”- si contrapponeva a quello rassegnato di Heine -“Ed anche oggi dovrò stendere questo demente schizzato e trascinarlo via.”

42 – Ritorno.

Badou non sapeva cosa lo spingesse a credere che Heine, una volta avventuratosi in un buio corridoio brulicante di criminali senza cervello, avrebbe fatto ritorno: probabilmente, riponeva la propria fiducia solo nell’immensa sfortuna dell’altro che, pur desideroso di morire, continuava a trascinarsi lungo un’inutile vita.

43 – Ferita.

Badou osservò le ferite di Heine sanarsi, poi fissò la propria ancora aperta e sanguinante; quindi gemette, provando –in preda ai tremori- ad accendersi una siga per tentare di cancellare il dolore, e considerò che dovesse fare davvero schifo essere immortale come Heine e comunque avvertire la sofferenza continuare a gridare sin dentro le ossa.

44 – Confine.

I bossoli ancora fumanti segnavano il confine fra il putrido sangue dei malviventi che bagnava la terra sporca e le punte immacolate delle loro scarpe –e con disprezzo, Heine e Badou si tenevano alla larga da quel veleno, ben sapendo quanto fosse tossico.

45 – Furore.

Aveva visto la furia cieca di Heine scatenarsi a causa di quello schifoso collare e, pur essendone rimasto decisamente spaventato, nonostante se la stesse facendo letteralmente addosso, si lanciò sul giovane, bloccandolo con tutto il proprio peso, venendo quindi appena sfiorato da un proiettile partito nello scontro; allora, restò lì fermo col cuore in gola e gonfio di timore, immergendosi nel profondo dell’Inferno urlante degli occhi del randagio, dove la ragione bruciava senza alcuna possibilità di redenzione

46 – Volto.

Gli prese il volto tra le mani, guardando dritto in quel terribile ed immobile oceano scarlatto; quindi, si lasciò sfuggire una lieve risata dalle sfumature isteriche, poggiando la propria fronte sudata contro quella gelida di Heine –oh, , c’era del sangue schiumoso a renderla appicosa, disgustosa, terribilmente molle:
«Piantala di ignorarmi, cane bastardo…»

47 – Candore.

Badou, la prima volta che aveva visto Heine, era rimasto impressionato ed inquietato dal netto contrasto fra il candore della cute del randagio e l’oscurità di quella personalità che il giovane non provava neanche a celare; e tale particolare pareva soprattutto evidenziato dai tratti duri, cupi e feroci delle espressioni del suo viso segnato e sempre più infinitamente stanco.

48 – Vino.

Il vino del “Buon Viaggio” non sembrava particolarmente pregiato, ma di sicuro non scadente, anche se Badou non poteva certo definirsi un esperto in materia: una volta tanto, gli serviva  semplicemente qualcosa di denso e corposo che gli ricordasse anche solo vagamente la consistenza del sangue di quel colabrodo del compare –e che poi, alla fine, vomitasse anche l’anima per il disgusto di quel pesante sapore non era assolutamente importante.

49 – Incisione.

Il sesso di Heine scavava fra le sue carni, infliggendogli  –come avrebbe fatto una lama- ferite forse un po’ più profonde e gravi rispetto a quelle tante che zampillavano sangue; e con tale consapevolezza Badou affondò le unghie nelle spalle ossute del randagio, gridando il proprio piacere e, segretamente, la propria frustrazione: non poteva accettare quell’incisione impressa a fuoco –non poteva più sopportare altre cicatrici.

50 – Lanterna.

La spessa oscurità permetteva ad Heine di godere pienamente delle labbra mugugnanti sotto di sé e le divorava famelico, attraversando con il respiro l’intero profilo del volto dell’altro; quindi, il randagio bloccava la propria corsa giungendo all’occhio sano ed appena schiuso di Badou, dove l’iride verde risplendeva fioca come la fiammella morente di una lanterna:
«Smettila di guardarmi…»

*Owari*

   
 
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