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Autore: speranza19    15/12/2011    2 recensioni
Era sulla Tour Eiffel e non era sparito solamente lui.
Era sparito tutto il resto: ogni via, ogni casa, ogni abitante, ogni problema, ogni timore, ogni cosa che aveva in petto.
Parigi, la sua amata Parigi, si era dissolta.
Al suo posto, solo Blaine.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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America is my country and Paris is my home town

“L’America è il mio Paese e Parigi la mia città.”

Blaine non aveva mai compreso il significato di quella celebre citazione di Gertrude Stein fino a quando non si era ritrovato a camminare per le strade di Parigi a riempirsi i polmoni della sua aria speciale e unica, abbracciato a Sebastian, intirizzito dal gelido freddo invernale francese.

Tutto era successo poco dopo aver lasciato Kurt; in lacrime, aveva guidato fino a casa Smythe, aveva bussato alla porta di casa e aveva soffiato con semplicità la notizia al cantante, tra i singhiozzi disperati per aver ferito una persona che aveva amato tanto e il contemporaneo sollievo della fine che gli faceva sentire l’anima leggera come una piuma.

Lo aveva fatto per lui, perché si era innamorato di quel biondino all’apparenza strafottente, sfrontato e presuntuoso, ma in realtà affettuoso e fragile come cristallo. 

Non ce la faceva più a essere diviso. Voleva tornare a sentirsi se stesso, una cosa sola coi propri sentimenti. Insieme a quel ragazzo che gli faceva provare quel maremoto di emozioni incontrollabili, inspiegabili, incomprensibili.

Sebastian lo strinse a sé per calmare i suoi singulti, con quella dolcezza che riteneva con sicurezza estrema di non possedere assolutamente ma che Blaine riusciva sempre a tirargli fuori dall’animo, gli sorrise nell’orecchio e gli sussurrò delicatamente una serie di frasi con il tono di voce più soave dell’universo.

“E’ inutile che restiamo qui, allontaniamoci per un po’. Prepara le valigie. Ti porto a vedere Parigi.”

E così, incuranti di qualsiasi altra cosa che non fosse loro due, dopo poche ore erano già saliti sul primo aereo in partenza da Cincinnati, attraversando l’Oceano per fuggire nella Ville Lumiére.

Assieme, trascorsero lì una manciata di giorni, i più perfetti della loro intera esistenza, girovagando ovunque volessero, non pensando a nient’altro che non fosse la presenza dell’altro di cui nutrirsi.

Ascoltare Sebastian parlare fluentemente francese fu una delle esperienze più vicine all’estasi che Blaine avesse mai provato in vita sua; mangiare un croissant appena sfornato o un thé bollente con le madeleine in qualche bistrot sperduto a Montmartre, discutendo sulla vita dei bohémien e su Toulouse-Lautrec erano piccoli piaceri che si concedevano, viziandosi a vicenda.

Ormai, si erano rinchiusi nella loro bolla privata con gioia, chiudendo le porte al mondo esterno, ai problemi che li avrebbero travolti una volta tornati in Ohio, alle giustificazioni, agli altri che non avrebbero capito il loro legame.

Ma Parigi invece… Parigi li capiva.

Perché quella città incastonata nel nord era semplicemente un luogo magico, intessuto sulla Senna e la sua placida presenza, in bilico tra storia e futuro.

La sua atmosfera era inesprimibile a parole: agrodolce, malinconica, decadente, tragicamente romantica. Tuttavia, anche ricca di fascino oscuro e chiaro allo stesso tempo.

Vita, morte, amore si mischiavano nell’aria, come in un gioco di riflessi.

Blaine e Sebastian passeggiavano tra le rue e le avenue, camminavano tanto, sempre. Interrompevano le loro scarpinate tra musei, monumenti e negozi per darsi un abbraccio, un bacio, circondati da quella meraviglia di posto disegnata da mani divine e imprimere quegli istanti incantevoli nella loro memoria.  

Il ragazzo più alto era una guida eccellente, memore degli anni vissuti lì, dei posti visti, delle cose fatte.

Eppure tutto gli sembrava così irrimediabilmente diverso.

Come cambiava il modo di vedere anche i luoghi più familiari e quotidiani con accanto la persona che più di tutte contava, se ne rendeva conto mentre i giorni gli scivolavano via tra le dita come fogli di carta scostati dal vento.

La cattedrale di Nôtre Dame, con il suo severo stile gotico e i minacciosi gargoyles, che mutava aspetto dal giorno alla notte.

O il cimitero di Père-Lachaise, pieno di tombe di uomini comuni e personalità straordinarie.

Persino Place de la Concorde, ai piedi degli Champs-Élysées. E addirittura l’Arc de Triomphe.

Tutto era differente agli occhi di Sebastian. Più bello, più eccezionale di come lo ricordasse.

L’ultimo brandello di giornata, prima di partire per l’America e tornare alla vita di sempre che avevano accantonato per immergersi in loro e in Parigi, il ragazzo decise di portare il più piccolo nel posto che riteneva più sacro di tutti in città.

Più della boutique di Dior in avenue Montaigne, in cui si era divertito a comprare una sciarpa a Blaine che costava un occhio della testa solo per vederlo arrossire, adorabile come al solito.

Più dell’ingresso del Louvre con Amore e Psiche di Canova a troneggiare superba e candida, rilucente splendore di un abbraccio bloccato, che avevano ammirato per ore senza stancarsi.

Più della tomba di Oscar Wilde, riempita di baci all’inverosimile, eterno riposo del loro scrittore preferito, su cui avevano posato entrambi un fiore commosso.

La Tour Eiffel.

Sebastian adorava quell’ammasso di ferro e bulloni con tutto se stesso.

Gli trasmetteva calma, serenità, perché gli faceva apparire tutto insignificante quando si sporgeva dall’ultimo piano e vedeva le strade, i palazzi, le persone inginocchiarglisi davanti.

Ogni cosa di Parigi lo sopraffaceva ogni volta come se fosse stata la prima e lo faceva sentire piccolo, minuscolo. E beneficiare di quella sensazione era delizioso.

“Mi domandavo se saresti stato in grado di farmi andare via da Paris la prima volta senza salire sulla Torre”- gli chiese Blaine, avvicinandosi e stringendogli le dita.

Sebastian gli si accostò, curioso. Gli smeraldi che aveva incastrati nel viso perfetto e devastante gli brillarono più del solito.

Gli sfiorò il naso, deciso a provare un’ultima cosa prima di partire e tornare dall’altra parte del mondo.

E quando le sue labbra si attaccarono a quelle di Blaine e inspirò il suo calore dal palato, ebbe l‘ultima conferma.

Era sulla Tour Eiffel e non era sparito solamente lui.

Era sparito tutto il resto: ogni via, ogni casa, ogni abitante, ogni problema, ogni timore, ogni cosa che aveva in petto.

Parigi, la sua amata Parigi, si era dissolta.

Al suo posto, solo Blaine.

E quel cuore che gli rimbombava, uno scrigno pronto a rovesciarsi, a svuotarsi e a riempirsi di tutto ciò che l’altro era disposto a dargli.

Interruppero il bacio assieme, i respiri leggermente esagitati, gli occhi puntati l’uno sull’altro.

Il silenzio li aveva stretti, come una sottile coltre di neve.

Sebastian prese la parola, spezzando quell’incantesimo.

“Ti amo”- affermò. E, mentre lo pronunciava, percepiva la verità di quelle due brevi parole che non aveva mai detto a qualcuno prima di quel momento.

Il sorriso più splendente mai visto si disegnò sulle labbra rosse e gonfie di Blaine, contornate da una lieve barba incolta, e contagiò le pietre color terra che gli sfavillavano sul volto.

“Sono scappato a Parigi con te dopo aver lasciato Kurt. Mi sembra quasi superfluo aggiungere che ti amo anche io”- enunciò sereno, come se fosse assolutamente normale essere innamorato della persona che aveva davanti e che gli aveva regalato i giorni più belli mai trascorsi da quando era nato.

Sebastian gli strinse la mano, racchiusa nel guanto di lana nero, e poi fissò Parigi.

Era stata la sua città, il suo più grande amore.

E adesso, con lei, ne aveva trovato un altro ancora più immenso.

***

Sano fluff Seblaine, fa sempre bene un po' di romanticismo parigino, no? *.*
Ringrazio Ile e Cat che l'hanno letta in anteprima, siete due cucciole che vi stritolerei di abbracci... e, come sempre, è dedicata a lei, la mia metà. <3

  
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