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Autore: Elle Sinclaire    15/12/2011    19 recensioni
“Perché c’è un cactus nel forno a microonde?”
Hermione aveva un’espressione confusa e i capelli in disordine; Draco era sdraiato nudo sul divano.
“Cos’è un forno a microonde?”
“Quel coso dove tu hai infilato un cactus, Malfoy.”
L’aveva guardata, sorpreso, e aveva alzato le spalle. “Pensavo fosse il frigorifero.”
Sperava che Hermione gli raccontasse la differenza tra i due aggeggi babbani; gli piaceva come spiegava le cose, con la calma infinita di chi ha a cuore la tua istruzione; una maestrina puntigliosa.
“Ah, ok.” Aveva risposto la ragazza, deludendolo. Poi aveva capito. “Perché ci dovrebbe essere un cactus nel frigorifero?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Perché Draco Malfoy tiene un cactus nel forno a microonde.

A chiunque tenga un cactus in qualsiasi elettrodomestico e
a chiunque abbia ormai più ormoni che neuroni.
 

 

Ricordami di non innamorarmi di te, Draco lo ripeteva ogni giorno.
Hermione rideva e diceva che non ce ne sarebbe stato bisogno. Non sarebbe mai successo. 
Lui allora le prendeva il mento tra le lunghe dita, la fissava intensamente negli occhi e scandiva quattro sillabe. Promettilo
Hermione annuiva, poi lo baciava sulla punta del naso aristocratico e Draco sapeva di non avere più scampo.


Finita la guerra, Hermione voleva cambiare.
Sapeva di non poter rinunciare ai libri né alle calze di lana sotto la gonna sempre troppo lunga, perciò aveva ripiegato su altro: quando era uscita dal parrucchiere babbano, i suoi capelli s’incastonavano in perfetti cerchi viola, su cui il sole rifletteva la luce.
Malfoy l’aveva presa in giro due ore, dopo le quali i capelli di Hermione non erano più cerchi ma spigolose linee rette affette da morbo di Parkinson. Si era guardata allo specchio e aveva giurato a se stessa che Malfoy sarebbe stato suo.
Un giorno o l’altro.


“Perché c’è un cactus nel forno a microonde?”
Hermione aveva un’espressione confusa e i capelli in disordine; Draco era sdraiato nudo sul divano.
“Cos’è un forno a microonde?”
“Quel coso dove tu hai infilato un cactus, Malfoy.”
L’aveva guardata, sorpreso, e aveva alzato le spalle. “Pensavo fosse il frigorifero.”
Sperava che Hermione gli raccontasse la differenza tra i due aggeggi babbani; gli piaceva come spiegava le cose, con la calma infinita di chi ha a cuore la tua istruzione; una maestrina puntigliosa.
“Ah, ok.” Aveva risposto la ragazza, deludendolo. Poi aveva capito. “Perché ci dovrebbe essere un cactus nel frigorifero?”


Alla fine della guerra, Draco non aveva prospettive di futuro né bei ricordi del passato; Lucius era ad Azkaban e la madre aveva cominciato una relazione con Giacinto[1], il giardiniere italiano.
Aveva deciso di andare a vivere da solo; lui e una decina di elfi domestici per pulire, lavare e cucinare. L’appartamento in Cadogan Street era al terzo piano, luminoso e impreziosito dai vecchi mobili portati via dal Manor; la Nona Sinfonia di Beethoven suonava alle ore più impensabili e proveniva dall’appartamento di fronte il suo, di cui non aveva mai visto l’affittuario.
Dopo l’ennesima notte insonne, aveva deciso di lamentarsi; era uscito alle quattro del mattino con la sua vestaglia di seta verde e le babbucce su cui la madre aveva ricamato Attila.
Aveva bussato alla porta; aveva urlato; poi aveva notato il campanello magico sopra la sua testa. La porta si era aperta e Hermione Granger si era mostrata a lui con gli occhi gonfi di sonno e i capelli impegnati in una lotta contro la gravità.
Mezzosangue, spegni la musica, ho sonno, aveva intimato.
Lei aveva riso; sei un mago, insonorizza la casa, aveva risposto prima di sbattergli la porta in faccia. Draco era tornato in casa, si era guardato allo specchio in soggiorno e aveva giurato a se stesso che la Mezzosangue sarebbe stata sua.
Un giorno o l’altro.


A Dicembre, i capelli di Hermione erano già stati biondi, neri e blu elettrico.
Era, ormai, un rito incontrare Malfoy sul pianerottolo e litigare per l’estrosità dei colori; i suoi insulti erano sempre più originali e, spesso, Hermione rideva con lui.
La Vigilia di Natale, i capelli erano rossi e a Draco non piacevano neanche un po’, meglio verdi, aveva detto. Hermione aveva sorriso, dandogli le spalle e aveva promesso che ci avrebbe pensato.
Il biondo non ci aveva creduto, ma poi aveva ghignato.
La mattina dopo, fu il Natale più rumoroso che il Wiltshire[2] avesse mai avuto e Narcissa aveva dovuto insonorizzare le stanze per non sentire le urla della Mezzosangue.

“Malfoy, sei un imbecille!”
“Lo ripeti da stamattina.”
“Ma lo sei!”
“Zitta Granger, sei sotto il vischio.”

“Mi hai schiaffeggiato!”
“Fai tornare i miei capelli normali!”
Draco aveva ghignato e si era sporto di nuovo sulle sue labbra. “Niente più orribili colori?”
Hermione lo aveva schiaffeggiato di nuovo.
“Buon Natale, Furetto.”
I suoi capelli erano tornati rossi.

Ricordami di non innamorarmi di te, le aveva detto Draco, per la prima volta, quel Natale.
Hermione aveva riso e aveva detto che non ce ne sarebbe stato bisogno; non sarebbe mai successo.
Lui le aveva preso il viso tra le dita lunghe e l’aveva fissata intensamente negli occhi, scandendo quattro sillabe. Promettilo.
Hermione aveva annuito e aveva incrociato le dita dietro la schiena, baciandolo sul naso aristocratico. Draco era convinto di non avere scampo.


Il trentuno dicembre, Draco l’aveva invitata a cena con la madre e il nuovo amante, Pato De Higado[3], lo chef madrileno.
Hermione si era lamentata un po’ e alla fine aveva indossato il vestito più rosso che aveva e si era smaterializzata a Malfoy Manor. Draco aveva assottigliato lo sguardo limpido e intimamente orgoglioso, Narcissa era teatralmente svenuta tra le braccia di Pato e l’elfo che le aveva aperto la porta aveva preso a capocciate il muro perché Hermione l’aveva ringraziato.
La cena era a base di piatti tipici francesi e Hermione non smetteva di chiedersi perché uno spagnolo dovesse cucinare Les Rillettes de lapin e non la paella. Narcissa non aveva fatto altro che domandare quando si sarebbero sposati e se avevano già pensato al nome del primogenito, mentre Pato faceva piedino sotto il tavolo a Hermione, leggermente ubriaca.
La ragazza aveva assegnato un nome a tutti i gamberetti da cocktail e poi aveva preteso che Draco picchiasse Pato perché aveva mangiato Harry.
A fine cena, Draco aveva preso a cazzotti l’amante della madre e Narcissa era svenuta di nuovo, mentre un altro elfo aveva preso a capocciate il muro perché la Fondue Bourguignonne[4] era caduta sul pavimento.
Hermione aveva passato la mezzanotte a cercare di curare il taglio sul labbro di Draco, nonostante lei, di labbra, ne vedesse quattro.

“Non doveva andare così la cena.”
“E’ stato divertente, Furetto. Ma scordati che chiamerò mio figlio Hannibal!”
Draco aveva riso e l’aveva baciata. “E tu scordati che io ringrazierò mai un elfo.”

Draco profumava di campi di girasoli d’estate; Hermione li poteva vedere nel giallo dei suoi capelli. Il suo sapore le ricordava i limoni; il suo carattere era acido altrettanto.
Non avrebbe saputo dire quando il platino che aveva a coprirgli la testa avesse smesso di infastidirla, così come non ricordava quando avesse deciso di cospargerlo di un po’ di zucchero. Era successo e ora lo ammirava nascostamente mentre, tranquillo, beveva un thé alle tre del mattino.

“Smettila di fissarmi.”
“Perché c’è un cactus nel forno a microonde?”
“Ti ho già detto che dovrebbe stare nel frigorifero.”
“Perché dovrebbe stare lì?”
“Mi piace che sia lì.”
Hermione lo aveva guardato male ma non si era arresa. “E cosa ci sarebbe di bello, in un cactus in un frigorifero?”

A Draco piaceva giocare ai perché, con Hermione. Potevano continuare all’infinito, senza mai stancarsi l’uno dell’altra, senza mai annoiarsi dei discorsi inconcludenti che facevano.
Si era alzato e le aveva stampato un bacio sul naso. Non aveva scampo.


Draco adorava il corpo di Hermione come tanti anni prima adorava se stesso.
Lo sfiorava sempre, con la punta delle dita come se sul corpo di lei ci fosse un sottile strato di polvere che, con perizia, avrebbe dovuto pulire via.
Era polvere magica, certamente, perché era assuefacente e stupefacente; quando lo diceva a Hermione, lei ridacchiava e lo pregava di non dire mai a un babbano una frase del genere se non voleva essere arrestato seduta stante. Lui non capiva ma non gli importava: non avrebbe mai parlato con nessun babbano.
Era particolarmente attento nella sua pulizia e Hermione, quando chiudeva gli occhi, poteva scorgere, disegnati all’interno delle proprie palpebre, i volti dei loro figli; poteva vedersi vecchia su una sedia a dondolo a ricordare il giorno in cui era stata convinta di sentire le voci provenire dalle pareti, fino a che non aveva scoperto che Draco era nascosto nudo nell’armadio a muro.


Un giorno, dopo aver urlato il suo nome a occhi chiusi e aver immaginato il suo vestito da sposa, gli aveva chiesto perché non le ricordasse più di ricordargli che non doveva innamorarsi di lei.
Perché, ora, abbiamo un cactus nel frigorifero, aveva risposto.
Hermione non aveva avuto cuore di dirgli che era ancora nel forno a microonde e, appena si era addormentato, aveva spostato la pianta nel frigorifero.

“Granger, perché c’è un cactus nel frigorifero?”
Hermione gli aveva tirato contro la padella su cui stava cuocendo le uova della colazione.


“Ustione di secondo grado e leggero trauma cranico; complimenti, Granger, ti sei superata.”
“Perché non mi chiedi più di ricordarti di non innamorarmi di te?”
“Perché poi incroci le dita dietro la schiena, Granger.”
Erano tornati a casa e avevano fatto l’amore e Draco l’aveva sfiorata per toglierle di dosso il sottile strato di polvere magica.


Il giorno dell’Epifania, erano stati invitati a cena da Narcissa e Alfred, maggiordomo e nuovo amante della donna, quasi aveva baciato Draco sotto il vischio.
Hermione, con la scusa che avesse mangiato Ron il gamberetto, gli aveva spaccato un sopracciglio con un pugno.
Il tuo destro è micidiale, Mezzosangue.

“Perché il cactus è di nuovo nel forno a microonde?”
“Perché è bello litigare con te e poi fare l’amore, Furetto.”
 “Cento punti a Grifondoro, Granger. Credo sia impossibile rimanere arrabbiati quando c’è tanta bellezza nel mondo[5].”


“Malfoy, non posso ricordarti di non innamorarti di me. Sarebbe controproducente.”
Draco aveva riso e l’aveva baciata sulla punta del naso e poi sulle labbra; aveva afferrato il suo viso con le lunghe dita e l’aveva guardata intensamente negli occhi luminosi.
Sarebbe comunque troppo tardi, aveva sussurrato, soffiandole via dalla fronte una ciocca di capelli di nuovo castana.

 

 


[1] Nome parlante: il giacinto è un fiore.

[2] Draco è nel Wiltshire per festeggiare il Natale con la madre e Hermione lo raggiunge per lamentarsi; volevo aggiungerlo nel racconto ma poi perdeva in armoniosità (ma quale armoniosità?)

[3] Altro nome parlante: Pato è un nome tipicamente spagnolo e assomiglia, per suoni, alla parola francese Patè; De Higado significa “Di Fegato”. In pratico, ‘sto po’ro cristo si chiama Patè Di Fegato.

[4] A parte la paella che è un piatto tipico spagnolo a base di pesce, non ho idea di cosa siano le altre due ricette.

[5] Cit. da American Beauty.

 

 

**
Ehm. Sì?
*Il cervello di Elle si guarda intorno imbarazzato e poi scappa.* 
Questo è... uhm... Qualcosa che ho scritto stanotte, verso le quattro-le cinque. Cara insonnia! 
Il senso è, non prendetevela con me se la pubblico, perché non volevo farlo.
Ma mi è stato fatto gentilmente notare che la mia dignità è andata persa da tempo.
Vorrei comunque far notare che il mio nonsense si avvicina terribilmente ai film di stampo demenziale francesi, non so, guardatevi RRRrrrr e poi ne riparliamo.
La dedica a inizio capitolo è emblematica.
Oggi è il day19 e c'è un meraviglioso Tom Felton a fare da sfondo agli Smiths che cantano. 
E' la cosa più simile ad un omaggio al Natale che otterrete da me, a meno che non io smetta di dormire per il resto della settimana e allora non assicuro nulla.
Magari riprendo la long, nel frattempo.
Un tempo ero una persona di un certo spessore, cit.
Un bacio,
Elle. 

   
 
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