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Autore: Halina    15/12/2011    3 recensioni
[Mary Tudor / Eustace Chapuys]
All'ennesimo sogno infranto, Lady Mary sprofonda nello sconforto e nel desiderio di essere amata. Una sola é la persona che può aiutarla a ritrovare la pace.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maria Tudor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aggiornamento : Giugno 2016

Dopo anni e anni (questa cosa risale al 2011) sono ripiombata nel Fandom dei Tudors senza il minimo preavviso (né intenzione), ho riscoperto la dolce malinconia della ChaRy e rimesso le mani su questa ff. Ricordo ancora quando ho iniziato a shippare Mary e Chapuys, da qualche parte tra l’episodio 3 e 4 della Quarta Stagione e ho prodotto questa One-Shot ambientata nella Terza Stagione, dopo la partenza di Philip di Baviera.

Ve la ripropongo dopo un’accurata revisione di refusi, punteggiatura e sintassi ... ma ... il mio spagnolo rimane maccheronico e basato in gran parte su Google Translator. Se qualche provetto linguista passa da qualche parte e inorridisce faccia un fischio e accoglierò a braccia aperte ogni possibile correzione!

In ogni caso, un commento è sempre più che apprezzato! Grazie e buona lettura,

H.

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Como quieras, mi Princesa

Sedeva rigida su un’austera sedia di broccato, le mani in grembo e le bianche dita intrecciate. Sedeva immobile, nessuna espressione sul viso se non il segno lasciato da un lungo pianto, estinto, ma ancora in agguato.

La figura discreta di Susan, prima tra le sue Dame, comparve sulla soglia, unica presenza negli appartamenti deserti: “Vostra Grazia, l’Ambasciatore Imperiale è qui.”

Lady Mary alzò i grandi occhi chiari sulla donna e annuì quasi impercettibile; qualche secondo dopo, Eustace Chapuys comparve al cospetto della sua signora con un’espressione gentile sul viso.

“Eccellenza, - lo accolse Mary con un filo di voce, accennando alla poltrona davanti a sé – accomodatevi, prego.”

L’ambasciatore prese posto con un cenno di ringraziamento, rimanendo a guardare la ragazza in silenzio per qualche istante fino a quando Mary non gli rivolse un’occhiata interrogativa, come esortandolo a parlare.

“Sono venuto per esprimere a Vostra Grazia il mio più sentito rammarico per l’improvvisa partenza di Lord Philip di Baviera.”

Mary inarcò un sopracciglio elegante, scettica: “Rammarico, Eccellenza? Non mi avete mai detto nulla in merito, non credevo approvaste. Perché non mi avete mai dato la vostra opinione?”

“Non avevo nessuna opinione, Vostra …”

“Mentite! - Mary era scattata, battendo con forza un pugno sul bracciolo - Voi avete sempre un’opinione su tutto.”

Chapuys sospirò, posando le mani sulle ginocchia e sporgendosi un poco avanti: “Mia Signora, non ho parlato perché avrei potuto dire solo cose che già sapevate e che non avreste voluto sentirvi dire: che è luterano, che sposandolo avreste perso il sostegno di vostro cugino l’Imperatore senza contare il fatto che avreste dovuto andare a vivere in Germania, rinunciare alla vostra successione al trono e abbracciare una condizione di un grado nettamente inferiore al vostro. Non avrei mai voluto dovervi dire tutto ciò.”

Mentre parlava, Mary aveva chiuso gli occhi, il corpo esile scosso da singhiozzi a malapena repressi e da un tremore violento.

L’ambasciatore continuò piano, affetto traboccante da ogni parola: “Se dovete sapere, lo ammetterò: non avrei approvato le nozze. Ciò nonostante sono profondamente dispiaciuto, non perché non lo sposerete, ma perché voi soffrite, e vedervi piangere è più di quanto possa sopportare.”

“L’unica cosa che vorrei … - la voce di Mary si ruppe in un singhiozzo e lacrime copiose ripresero a rigarle le guance - Vorrei solo essere normale, vorrei essere …  amata.”

Mormorando queste parole si piegò su sé stessa, nascondendo il volto nei palmi delle mani. Prima che il pensiero razionale potesse porre un freno alle azioni, Eustace Chapuys si ritrovò inginocchiato ai piedi della sua signora, stringendo tra le braccia la ragazza disperata, scivolata a terra.

Mary esitò solo un istante prima di nascondere il volto tra il collo e la spalla dell’ambasciatore, aggrappandosi con forza al davanti della sua giubba.

“Mia dolce signora, - le mormorò Chapuys, cullandola dolcemente e accarezzandole i capelli - voi siete molto più che normale, e siete amata. Avete l’amore del popolo inglese, di vostra madre nel cielo, di vostro cugino l’Imperatore e di vostro padre, a modo suo. È impossibile non amarvi, Lady Mary.”

“Voi mi amate, Eustace?”

L’ambasciatore rimase immobile, quasi senza osare respirare, lo sguardo incatenato ai grandi occhi chiari di Mary, che lo guardavano seri dietro un velo di lacrime.

“Madam, io…”

Non riuscì nemmeno a finire di pensare a che cosa dire; Mary gli prese il volto tra le mani, posandogli un umido bacio sulle labbra. Riuscì a mormorare un secondo “madam” prima che lei gli gettasse le braccia al collo, cercando la sua bocca con più convinzione e premendo il proprio corpo contro il suo.

“Mia signora, no!” si ribellò l’uomo, afferrandola sopra i gomiti e allontanandola da sé quanto necessario a guardarla con un’espressione tormentata “Non siete in voi, siete distrutta dal dolore, è Lord Philip che volete. Non me.”

Mary aveva smesso di piangere, chinò per un attimo gli occhi orgogliosi per poi dire piano: “Conoscevo Philip a malapena, e non mi ha dato altro che una sciocca illusione, non provo nulla per lui. Rispondetemi, Eustace. Mi amate?”

L’ambasciatore sospirò, lasciandole le braccia per prenderle le mani tra le sue, incapace di mentirle: “Mia dolce Marìa, ho visto la bimba curiosa e determinata che era in voi divenire una donna bellissima e tenace, con un cuore d’oro e un’anima di ferro. Sono fiero di voi, e siate certa che sempre, sempre, avrete il mio rispetto, la mia fedeltà e … e il mio amore incondizionato, cresciuto ad ogni passo che vi ho visto posare innanzi negli anni.”

Sul viso pallido di Mary fece finalmente capolino l’ombra di un sorriso e la ragazza alzò una mano ad accarezzargli esitante una guancia: “Credo di essere sempre stata innamorata di voi. Da quando ho ricordi, voi siete sempre stato al mio fianco con la vostra pazienza, dolcezza ed eleganza. Mi baceresti?”

Chapuys sobbalzò, dilaniato dal bisogno di alzarsi e andarsene il più possibile lontano da lì prima di fare qualcosa di irreparabile, e dal bisogno altrettanto forte di esaudire ogni suo desiderio: “Siete sicura di volerlo?”

“Non sono mai stata più sicura di nulla nella vita di come ora sono sicura di volerti. Ti prego.”

Chapuys le cinse la nuca con una mano avvicinando i loro visi e posandole sulle labbra un bacio delicato. Lei gli immerse le dita tra i capelli brizzolati, spostandosi in una posizione più comoda a cavallo delle sue gambe. Quando la sentì gemere piano contro le sue labbra e strusciarsi contro di lui fu troppo. Si scostò delicatamente da lei, tirandosi in piedi per poi aiutarla ad alzarsi a sua volta. Doveva andarsene, immediatamente, quando era ancora abbastanza lucido da essere in grado di farlo.

Mosse un paio di passi indietro, verso la porta, ma Mary strinse la presa sulla sua mano, trattenendolo. Lui le rivolse uno sguardo di supplica: “Por favor, María. Esto no puede pasar.” [1]

L’agitazione, la tenerezza, o forse il desiderio che quel momento fosse qualcosa di intimo, lontano da corti e protocollo, avevano fatto scivolare Chapuys nella sua lingua natìa.

Mary sorrise, rispondendo nella stessa lingua: Eustace, estoy cansada de esperar que se mi permita a ser feliz.” [2]

Nuovamente, Chapuys mosse un passo indietro e, nuovamente, Mary lo trattenne.

“La porta...” protestò debolmente.

“Nessuno la aprirà fino al mattino, le mie dame si sono ritirate. Sanno che sono al sicuro con voi.”

Vedendo che ancora l’uomo esitava, Mary gli voltò le spalle: “Mi potreste aiutare?”

Eustace sospirò, capendo immediatamente di aver perso la battaglia contro se stesso. Con gesti delicati, prese a far uscire dalle asole i piccoli bottoncini che tenevano chiuso l’abito nero. Quando Mary sfilò le maniche, la veste cadde a terra lasciandola avvolta solo in una diafana sottoveste.

L’ambasciatore deglutì, seguendola quasi in un sogno quando lei lo prese per mano, conducendolo verso il grande letto della sua camera privata. Si svestì rapidamente dei voluminosi strati esterni del suo abbigliamento, incapace di distogliere lo sguardo da Mary, che aveva gattonato fino al centro del letto, sciogliendosi i capelli.

La fece sdraiare sotto di sé e, sorreggendosi sulle braccia, le accarezzò le lunghe ciocche castane e il corpo caldo, celato ancora da quell’ultima barriera di tessuto. Riprese a baciarla con reverenza mentre, con un fruscio, gli ultimi indumenti venivano gettati a terra. Mary soffocò gemiti di piacere nella spalla di Eustace al suo tocco gentile, schiudendo appena le gambe con i sensi annebbiati dal desiderio.

María, hai pensato ...”

Mary lo zittì posandogli un dito sulle labbra: “Ho pensato a tante di quelle cose che non potrei elencarle prima che venga mattino. Non mi importa di nulla, solo che tu non ti fermi.”

Como quieras, mi Princesa.” [3]

***

Il sole filtrava a sprazzi tra le tende, ma non fu questo a svegliare Eustace Chapuys dal suo beato riposo, fu piuttosto una curiosa sensazione di solletico provocata da fredde dita sottili che solcavano la pelle nuda del suo petto in lente spirali.

Aprì gli occhi, muovendosi piano per non colpire accidentalmente la proprietaria del corpo morbido che gli scaldava piacevolmente il lato sinistro, le gambe intrecciate alle sue, il capo posato sulle sua spalla.

“Buongiorno” il viso radioso di Mary, per un istante, gli tolse il fiato.

“Buongiorno, come stai?” chiese dolcemente, accarezzandole una guancia.

“Mai stata meglio” rispose lei scivolando con un movimento fluido sopra di lui.

 Oi, por la gracia de Dios, María! -[4] rise lui, cingendole la schiena nuda con un braccio - Sono troppo vecchio per affrontare certe cose di primo mattino!”

“Mmm, non si direbbe...” rispose la ragazza inarcando un sopracciglio.

Chapuys le sorrise, posandole un bacio in fronte e facendola delicatamente rotolare al proprio fianco: “Tra poco entreranno le tue dame, non credo sia il caso ci trovino così.”

“No, temo di no” acconsentì Mary di malavoglia, lasciandolo andare. Rimase sollevata su un gomito, osservandolo mentre si rivestiva con aria tranquilla, per poi chiedergli: “Resti? Fai colazione con me?”

Eustace si appoggiò al letto, sporgendosi verso di lei per baciarla e porgerle una camicia da notte: “Ma certo, cara.”

Quando, pochi minuti dopo, Susanna comparve alla porta, trovò un Ambasciatore dai vestiti stropicciati appisolato su una polrona accanto al fuoco ormai spento.

“Eccellenza” mormorò la donna, scuotendolo per un braccio.

L’ambasciatore si svegliò teatralmente, sfregandosi gli occhi con una mano.

“Eccellenza, lady Mary sta meglio?” chiese preoccupata la dama.

Eusace rivolse un sorriso alle pesanti tende che nascondevano la sua Maria alla vista e annuì: “Lo spero. Lo spero davvero.”

 

 

[1] Ti prego, Maria. Questo non può accadere.

[2] Eustace, sono stanca di aspettare che mi sia permesso di essere felice.

[3] Come desideri, mia Principessa

[4] Oh, per la grazia di Dio, Maria!

  
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