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Autore: M e g a m i    16/12/2011    10 recensioni
Io sono l’uomo che sono solo per merito tuo.
Io ho fiducia in me stesso, in quello che faccio, solo perché so che tu ti fidi di me.
E se tu non hai fiducia in te stessa, questo vuol dire che sono io che non ti sto dimostrando nel modo giusto quanto in realtà mi fidi di te.
E io mi fido di te.
Ciecamente.
Lo capisci questo... Riza?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA: Quanto tempo...! òCò
Chiedo umilmente perdono, ma sono stata impegnatissima con la scuola in questo periodo, e il poco tempo che son riuscita a ritagliarmi, l’ho dedicato a disegnare. Ma tra poco inizieranno le vacanze di Natale (*C*) quindi con ogni probabilità riprenderò in mano anche le due long su D.Gray-man e Fairy Tail. :’D
Però questa one shot la volevo proprio pubblicare. Anche perché avevo iniziato a scriverla un po’ di tempo fa, quando non avevo ancora un account qui su EFP. E niente, l’avevo lasciata incompiuta. Ma il mio amore spropositato verso il RoyAi, mi ha spinta a finirla.

Così eccola qui. *-*
Preciso subito, TROVO INGUARDABILE ROY COI BAFFETTI, e Riza la preferisco di gran lunga coi capelli lunghi. Quindi, anche se questa fic è ambientata dopo la fine della storia di FMA, ho deciso di lasciarli come erano prima che lui diventasse Fuhrer.

E niente... buona lettura! ♥

PS: Il titolo ovviamente è ispirato al disastro di proposta di Ed a Winry... *v*

 
 
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Io sono l’uomo che sono solo per merito tuo.
Io ho fiducia in me stesso, in quello che faccio, solo perché so che tu ti fidi di me.
E se tu non hai fiducia in te stessa, questo vuol dire che sono io che non ti sto dimostrando nel modo giusto quanto in realtà mi fidi di te.
E io mi fido di te.
Ciecamente.
Lo capisci questo... Riza?
 
 
   « E’ stata una bella cerimonia, non trova? ».
   Roy Mustang alzò lo sguardo verso Riza Hawkeye, accennando a un sorriso. Erano seduti ad un tavolo, piuttosto lontano dalla pista da ballo, su cui i due giovani novelli sposi si stavano ancora trattenendo, esibendosi in un lento strascicato, lei quasi aggrappandosi alle sue spalle, con in mano le scarpette bianche in raso, lui, felice di essere abbastanza alto da riuscire a sorreggerla come si deve.
   La sala del ricevimento era praticamente vuota. Molti degli invitati erano già tornati a casa, solo i parenti e gli amici più stretti erano rimasti. Amici più stretti tra i quali loro due.
   « Sì, tutto è stato organizzato nel modo giusto. I fioristi, soprattutto, hanno fatto un ottimo lavoro. », rispose Riza, guardando distrattamente la coppia che ballava.
   Roy scoppiò a ridere, attirando su di se lo sguardo di una delle guardie del corpo che ormai lo seguivano ovunque. Tossendo, si ricompose. « Fioristi? Tenente, dov’è finito il suo romanticismo? Non era dell’organizzazione che stavo parlando. », precisò, abbassando il tono di voce.
   Riza distolse lo sguardo dalla pista da ballo alla sua risata, e lo spostò su di lui. « Ah, mi scusi. Sì… sì. E’ stata una bella cerimonia. Edward e Winry sembravano davvero… felici. »
   Già, felici. Le venne in mente la prima volta che li aveva incontrati, a quanto aveva ammirato il coraggio di Edward Elric, e a come aveva pensato che Winry Rockbell le ricordasse un po’ se stessa da giovane, prima della morte di suo padre e della guerra di Ishival. Le venne in mente anche la volta in cui aveva parlato con Edward dei suoi sentimenti per quella che era da poco diventata sua moglie, e le scappò un sorriso, mentre tornava a guardarli.
   Roy rimase in silenzio per qualche secondo. La sua attenzione non era catturata dalla coppia di sposi, ma piuttosto dall’espressione della donna di fronte a lui. Dopo tutti quegli anni, avrebbe dovuto farci l’abitudine, si disse. Eppure vederla sorridere in quel modo era qualcosa che ogni volta, immancabilmente, lo riempiva di un calore tanto differente da quello delle sue fiamme.
   « Le piacerebbe essere così felice? », le chiese, sporgendosi sul tavolo verso di lei.
   « Di cosa sta parlando? »
   Roy sorrise ancora, per poi tirarsi indietro e darsi un’aria distaccata, mettendosi più comodo sulla sedia. « Ci ho pensato molto, sa? E devo confessare che a me non dispiacerebbe. Ora che sono finalmente diventato Führer, sento il bisogno di avere al mio fianco una buona moglie con cui dividere questa responsabilità e allietare le mie giornate. »
   Riza rimase impassibile, mentre lo ascoltava, guardandolo negli occhi. Solo la sua freddezza, le permetteva di rimanere lucida. Ma non tanto da continuare a sostenere il suo sguardo. « … Capisco. Se non ha già in mente qualcuno, potrei prepararle una lista delle possibili candid-… »
   « Oh, no, non ce n’è bisogno. Ho già in mente una persona che sarebbe più che adatta. », la interruppe lui, coprendosi la bocca con la mano, per nascondere un altro sorriso.
   « Bene. Mi fa piacere sentire che almeno sulle questioni di cuore è più che diligente. », rispose lei, pungente, con lo sguardo fisso su un punto indistinto.
   « Non vuole sapere di chi si tratta? »
   « Non credo che siano affari che mi riguardano. », replicò ancora, ostinandosi a non volerlo guardare.
   Roy non poteva negare di starsi divertendo. La guardava, e trovava quel suo lato così testardo e ligio al dovere anche in un momento come quello davvero divertente.
   Si sporse di nuovo sul tavolo, appoggiando la testa alla mano. « Andiamo, tenente. La smetta di fare la finta tonta. E’ troppo sveglia per permetterselo. », e a quel punto Riza lo fulminò, facendolo sorridere ancora. « Vuole davvero farmi credere che non ha capito che sto parlando di lei? »
   Lei distolse per l’ennesima volta lo sguardo. « ... L’ho capito benissimo. Ma la sto deliberatamente ignorando. »
   « E perché mai? »
   « Perché credo che gran parte di questo discorso sia dettato dall’alcool. », replicò, facendo un cenno verso il bicchiere vuoto davanti a lui.
   « Ho bevuto solo un po’ di spumante, tenete. Sono più che lucido, e sono anche serio. Le sto chiedendo di sposarmi. Non mi sembra carino ignorarmi così. O forse è perché intende rifiutare la mia proposta? »
   Ecco, l’aveva detto. Così, senza neanche un po’ di tatto o di riguardo. Così, come se le stesse chiedendo l’ora.
   Da bambina, suo padre l’aveva sempre trattata con indifferenza, se non con brutalità. Più di una volta aveva immaginato se stessa come una principessa, prigioniera di un mago cattivo. Sognava di essere liberata dal principe azzurro, come ogni bambina. Sognava una proposta di matrimonio con un anello luccicante.
   Poi il mago cattivo era morto.
   Poi c’era stata Ishival, e i suoi sogni ingenui e infantili si erano infranti, no ogni cosa in cui aveva creduto e riposto speranza, era esplosa in mille pezzi, come le case colpite dalle bombe.
   E ora il suo principe azzurro era diventato comandante supremo.
   Ormai non pensava più all’amore. Per tutti quei dieci anni che aveva passato al suo fianco, aveva cercato di convincersi di questo. Dieci faticosi, lunghi anni, in cui gli era stata vicina, più di chiunque altro, in cui l’aveva sostenuto o scosso quando ne aveva avuto bisogno. Ormai non pensava più all’amore, perché quello che c’era tra di loro era un legame ancora più profondo. Di totale fiducia, di rispetto reciproco.
Eppure qualcosa era cambiato. Quel loro rapporto si era incrinato. Riza sentiva che si stava creando una specie di vuoto tra di loro, avvertiva come un senso di lontananza. Lei non riusciva più a tenere il suo passo. Non riusciva più... a stare al suo fianco.
   « Ho... bisogno di rifletterci su. »
   « Riflettiamoci insieme, allora. Analizziamo i fatti. Ormai ci conosciamo da più di dieci anni, e conosciamo anche pregi e difetti di uno e dell’altra come le nostre tasche. In più lei è un mio sottoposto, la mia segretaria personale, e capisce bene cosa comporti la mia posizione attuale, non sarebbe una moglie dalle mille pretese impossibili. Senza contare il fatto che sposarmi e metter su famiglia, gioverebbe molto alla mia immagine di Fuhrer, e sono più che sicuro che lei saprebbe essere all’altezza di quest’immagine. »
   Riza strinse il vestito nei pugni che aveva serrato sulle gambe.
   « E per ultima cosa, la più importante: sarei un buon marito. Continuerei ad amarla e a rispettarla come ho fatto in questi ultimi dieci anni, per tutto il resto della mia vita. »
   Chiuse gli occhi. Non voleva sentire, non quelle parole. E soprattutto non voleva vedere il suo sguardo sincero mentre le diceva.
« Allora, cosa mi risponde? »
S’impose di prendere fiato e rimanere calma.
   « Ha… ha proposto degli argomenti molto convincenti. Ma non è una decisione che posso prendere alla leggera. Come ha detto lei, si tratterebbe di diventare la… moglie del Führer. »
   « La cosa la spaventa? »
   « Non è quello che intendevo. »
   « Cosa intendeva, allora? »
   Come poteva spiegargli qualcosa che non capiva bene nemmeno lei stessa?
   « La prego di rifletterci su anche lei, signore. », sviò la domanda.
   Roy ora non sorrideva più. Non si era aspettato quella reazione. Certo, non si era neanche aspettato che lei gli buttasse le braccia al collo ed esclamasse “sì!”. La conosceva fin troppo bene per pensare una cosa del genere. Eppure non capiva. Non capiva perché anche se aveva detto “ho bisogno di rifletterci su”, il suo viso esprimeva un chiaro “no”.
   Era da un po’ di tempo a quella parte, ormai, che la sentiva sempre più distante. Fredda.
   No, non capiva. Non riusciva proprio a capire cosa le stesse passando per la testa, a lei, che conosceva quasi meglio di se stesso. Se solo l’avesse guardato negli occhi, forse, ci sarebbe arrivato. Tra loro non c’era mai stato bisogno di troppe parole. Era per questo, allora, che continuava ad evitare il suo sguardo?
   ... Cosa non vuoi che veda?
   « Non cambierò idea, se questo è quello che ti preoccupa… Riza. », sussurrò a bassa voce, tentando di sfiorarle la mano, che lei ritrasse di scatto.
   « Non sono ancora sua moglie. Non mi sembra il caso di prendersi tutta questa confidenza e chiamarmi per nome. »  
   Non sapeva neanche come rispondere a quella freddezza. E’ vero, Riza era sempre piuttosto fredda nei suoi confronti. Ma lo guardava sempre negli occhi. Sempre. Così che lui poteva capire se fosse realmente offesa, o se invece stesse solo scherzando.
   « Ha ragione, mi scusi. Stavo solo pensando che Riza Mustang suona davvero bene, non trova? », provò a sdrammatizzare. Si rendeva conto anche lui che in quel momento non era la cosa migliore. Ma che altro poteva fare? Per quanto potesse non capire, in fondo, quella freddezza, quel rifiuto, lo ferivano.
   « La prego di smetterla. »
   « Di fare cosa? »
   « Di prendermi in giro. »
   « E’ questo che la impensierisce tanto? Crede che le mie intenzioni non siano serie? »
Riza si lasciò andare a un sospiro, chiudendo ancora gli occhi.
   « La conosco, signor Mustang. L’ho vista con decine di donne. E’ proprio il fatto che sia così... serio che mi preoccupa. »
   « Ha un’alta considerazione di me, vedo. », tentò di buttare ancora sullo scherzo.
   « Fin troppo alta. Ora, se vuole scusarmi, sono stanca. Mettere i tacchi mi distrugge. », si limitò a dire, alzandosi dalla sedia e prendendo il cappotto che una delle guardie del corpo di Roy le stava prontamente porgendo.
   Guardie del corpo, eh...?
   Una volta la tutela della sua incolumità era affidata solo a lei. Sì, una volta erano solo “loro due contro il mondo”, si poteva dire.

   E adesso, invece, quel mondo dipendeva da Roy.
   No, dal Comandante Supremo Mustang.
   « Riza. », la chiamò lui, alzandosi.
   « Cosa vuole? », gli rispose, senza neanche voltarsi.
   « Pensaci su. Ti prego. »
 
 
   La pioggia picchiettava leggera sulle finestre del suo ufficio. Pioggia che non lo aiutava affatto a sentirsi meglio. Dentro di lui si agitavano una serie di emozioni, che, almeno mentre si trovava lì, nella sede del Commando Centrale, doveva tenere a freno. Un Fuhrer che si strappava i capelli dal nervosismo non sarebbe stato visto di buon occhio.
   E pure quell’infinità di documenti che doveva firmare entro mezzogiorno non erano per niente di aiuto. E lui che aveva pensato che la quantità di scartoffie sarebbe diminuita, una volta lasciato il ruolo di colonnello...
   « Sto aspettando una risposta, tenente. », se ne uscì di punto in bianco, ostentando una calma e un’indifferenza che non provava affatto, mentre batteva sulla scrivania per allineare una pila di fogli.
   Riza si bloccò con la mano a mezz’aria, rischiando quasi di far cadere i certificati che stava pinzando. Poi lanciò un’occhiata ad Jean Havoc e Heymans Breda che stavano entrando proprio in quel momento nell’ufficio per ritirare i documenti appena firmati.
   « Le avevo detto che ho bisogno di tempo. », gli rispose, cercando di non farsi sentire dai due ufficiali, ma senza risultato.
   « Tenente, non si posticipa il lavoro! Perché non prende esempio dalla dedizione del nostro stimatissimo Führer? », li canzonò Havoc, con un mezzo sorriso per evitare che la sigaretta che teneva tra le labbra gli cadesse, mentre allungava una mano per prendere i fogli.
   « Stia attento, sottotenente Havoc. Potrei condannarla all’ergastolo per questo affronto. », asserì Roy, sbattendoglieli sul palmo aperto.
   « Certo, certo. », sorrise ancora lui, sarcastico.
   Roy aspettò finché i due ufficiali non ebbero ritirato tutto quello che dovevano prendere, poi incrociò le mani sulla scrivania, ed alzò lo sguardo verso di lei.
   « Sono passati tre giorni. Non le sono bastati per prendere una decisione? »
  Riza rimaneva in silenzio, senza dare cenno di voler replicare, e continuando a pinzare fogli.
   « Voglio una risposta, adesso. Le giuro che l’accetterò senza fare storie, qualunque essa sia. E se fosse negativa, le giuro che non insisterò oltre. »
Riza posò l’ultimo fascicolo sul tavolo, imponendo alla sua voce di non tremare.
   « Allora la prego di non insistere. »
   « E’ un no, quindi? »
   « E’ un no. »
   « Capisco. Va bene. Può… può andare ora. »
 
 
   E’ proprio vero che i cani sono i migliori amici dell’uomo. E sono talmente intelligenti che riescono a capire quando siamo tristi, e cercano pure di consolarci.
  Era questo che pensava Riza seduta sul tappeto del suo salotto, mentre accarezzava con dolcezza la testa di Black Hayate, posata sulla sua coscia.
   Lasciò cadere indietro la testa, poggiandola sul sedile del divano. Il fermaglio le faceva male, così se lo sfilò, facendo cadere i lunghi capelli biondi sulle spalle. Continuando ad accarezzare Hayate, volse lo sguardo verso la finestra, che incorniciava un cielo scuro e uno sfondo di edifici confuso dalla pioggia. Era stanca, ancora più stanca di dopo una missione finita in sparatoria. Voleva solo chiudere gli occhi ed addormentarsi. Forse, così, quando si fosse risvegliata, tutto sarebbe stato come prima...
   Poi, all’improvviso, un suono acuto e fastidioso la fece sobbalzare. Suono che dovette ripetersi altre due volte, prima che lei fosse abbastanza lucida da capire che si trattava del campanello. Hayate le leccava una mano, scodinzolando, quasi incitandola ad andare ad aprire. Così, controvoglia, si tirò su e si trascinò fino alla porta, e ne aprì uno spiraglio, senza togliere il catenaccio.
   « Cosa... cosa diavolo ci fa qui? »
   Roy era appoggiato allo stipite, che respirava a fatica come se avesse appena finito di correre. Cosa che non era neanche poi tanto lontana dalla realtà, visto che era letteralmente scappato dalle guardie del corpo che lo avevano tampinato anche quando aveva detto che sarebbe andato a prendere delle sigarette che non avrebbe fumato neanche.
   « Le… le avevo giurato che non avrei insistito oltre. Mi dispiace, ma non riesco a rispettare questa promessa... », ansimò, guardandola con un sorriso triste.
Riza rimase a fissarlo, mentre piano piano le saliva un nodo alla gola. Non sopportava di vederlo ridotto in quello stato. E non sopportava di esserne lei la causa.
Strinse forte la maniglia della porta, poi la chiuse per togliere il catenaccio.
   « E-... entri, è fradicio. », lo invitò, aprendo del tutto la porta e facendosi da parte per farlo passare.
   Roy si lasciò cadere sul divano, posando i gomiti sulle ginocchia e coprendosi il viso con una mano, che poi si passò tra i capelli umidi di pioggia.
   « Voglio sapere perché, Riza. Almeno questo me lo devi... », mormorò tra i denti.
   « Non credo di... doverle niente, signore. », gli rispose, porgendogli un asciugamano. Roy alzò lo sguardo verso di lei, lasciandosi andare ad un altro sorriso malinconico.
   « No, hai ragione. Scusami. Sono venuto qui, ti ho costretta a farmi entrare in casa tua, e adesso pretendo pure di farti parlare. Sono solo un uomo patetico. Un uomo inutile. Sta piovendo, no? Non sei tu a dirmi sempre che sono inutile quando piove? »
   Riza si lasciò cadere sul divano, al suo fianco, trattenendo un sospiro, mentre lui si metteva l’asciugamano attorno al collo.
   « Dimmi perché, ti prego. C’è… c’è forse un altro? »
   Che cos’altro poteva pensare, infondo? Riza era bella, anche più che bella, e non solo esteriormente. Era fin troppo facile innamorarsi di lei, Roy lo sapeva bene. Era troppo presuntuoso pensare che avrebbe sprecato la vita ad aspettarlo...
   « Un-…? Ma che domande mi fa?! Crede sul serio che abbia il tempo di andare in giro a sedurre uomini?! », esclamò Riza, indignata dall’assurdità di quella frase.
   « Allora è perché non mi ami. »
   ... O forse in realtà non l’aveva mai perso un secondo ad aspettarlo, ed era stato lui a fraintendere tutte le parole che non si erano mai detti se non con qualche sguardo in tutti quei dieci anni passati insieme.
   Non aveva fatto che pensare a questo, negli ultimi tre giorni. Forse, se si fosse fatto avanti prima... Eppure nello stesso istante in cui aveva deciso di voler essere il capo di quella nazione, aveva anche deciso che solo quando ci fosse riuscito, le avrebbe chiesto di sposarlo. Solo quando avrebbe avuto qualcosa da offrirle. Solo quando si fosse sentito di meritarla veramente.
   Riza non riusciva più ad evitare il suo sguardo, e neanche le sue domande. Non quando diceva delle sciocchezze come quelle.
   Prese in mano l’asciugamano che ormai Roy aveva abbandonato sulle spalle, e glielo mise in testa, sfregandogli i capelli umidi. Lui continuava a guardarla, impaziente. Con quell’espressione indispettita, le sembrava quasi un bambino. Un bambino che diceva davvero delle enormi sciocchezze.
   « Come… Come potrei non amarti, Roy? », gli sorrise debolmente.
   Roy per un attimo si perse in quelle parole, e in quegli occhi che finalmente lo guardavano, sinceri, mentre dentro sentiva un peso sciogliersi lentamente.
   « E allora sposami. »
   « No. », s’irrigidì Riza, lasciando cadere le mani dalla sua testa.
   « Perché? »
   « Perché no. »
   « “Perché no” non è una risposta. Non l’accetto. », insistette lui, aggrottando le sopracciglia, continuando a non capire.
   Riza sospirò, abbassando lo sguardo. « Roy… ti rendi minimamente conto di quello che mi stai chiedendo? Tu sei a capo di questa nazione. »
   « Quando ti ho chiesto se questo ti spaventava, mi hai detto che non era così. »
   « Non è diventare la mira dei giornalisti, essere seguita giorno e notte da delle guardie del corpo, o la possibilità di presa in ostaggio, che mi spaventa. Ma che cosa succederebbe se per un’azione sbagliata, una parola sbagliata, dovessi rovinare la tua reputazione? Se… se dovessi distruggere il sogno della tua vita? », rispose, tornando a guardarlo.
   Ecco, adesso era tutto chiaro.
   Quasi gli veniva da ridere, per l’assurdità di quella situazione. In fondo, erano davvero simili, loro due. Sempre a preoccuparsi per l’altro, mai pensando a se stessi.
   « E’ questo che ti preoccupa? Di non esserne all’altezza? », sorrise, sfiorandole il viso.
   « Non parlare come se mi stessi compatendo. », s’irrigidì nuovamente.
   « Ti stai preoccupando per una sciocchezza. », affermò, mentre il suo sorriso si allargava.
   « Non è una sciocchezza. », Era lui, quello che ne diceva.
   Appoggiò la fronte contro la sua. « Sì che lo è. Credi che farei tutto questo per una donna che non fosse all’altezza di diventare mia moglie, la moglie del Fuhrer? ».
   Riza sospirò. « Hai una considerazione fin troppo alta di me, Roy. »
   « Ah! Non eri tu quella che ne aveva una troppo alta di me? », ridacchiò lui.
   « Smettila di scherzare. »
   « E’ solo questo che ti preoccupa? »
   « Non dire “solo”. E’ una cosa importante. »
   « E solo per questo sei disposta a sacrificare la mia e la tua felicità? », si scostò, inarcando un sopracciglio.
   Anche Riza si accigliò. « Non sto sacrificando un bel niente. E poi non cambierebbe nulla, no? Le cose continuerebbero a rimanere come sono state fino ad adesso. »
   « No, ti sbagli. Se rifiuti di sposarmi, ti faccio trasferire in un'altra città. »
   « Cos-…?! Mi stai ricattando?! », esclamò lei, stizzita.
   « Non ti sto ricattando. Ma non potrei sopportare di vederti ogni giorno, comportarmi come se nulla fosse, sapendo che non puoi... non vuoi essere mia. »
   « In dieci anni non ti è mai passato per la mente questo pensiero. », mormorò lei, distogliendo lo sguardo.
   « Non è vero. Sono solo stato bravo a non farlo vedere. Ma adesso sono arrivato al limite. Non mi va più di fingere, Riza. », disse, scuotendo la testa. « Non ci riesco neanche. », e le accarezzò la guancia col dorso della mano.
   Inutile negarlo, dopo quella sera non ci sarebbe riuscita neanche lei, neppure con tutto il suo autocontrollo. Erano state dette troppe cose che non potevano più essere rimangiate, o ignorate. E dentro di se, cominciava a rendersi conto che non avrebbe neanche voluto farlo.
   Non voleva lasciare che la sensazione del suo tocco caldo se ne andasse.
   Alzò la mano, esitante, per sfiorare la sua sul proprio viso.
   « Immagino… Immagino che sarà difficile trovare in un'altra città un appartamento a buon mercato come questo. E non me la sento neanche di affrontare le spese e la fatica di un trasloco. »
   « Mi sembrano argomenti molto convincenti. », ripeté le parole che gli aveva detto lei durante il ricevimento.
   « Mh… »
   « E’ un sì, quindi? »
   « … E’ un può darsi. », replicò, indispettita.
   Roy sorrise. « Beh, è un passo avanti. »
 
 
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Chiediamoci che fine abbia fatto il povero Black Hayate...
  
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