Titolo: Don't
wait up for me
Fandom:
Transformers Prime
Personaggi/coppia: June
Darby, Jack Darby, lieve accenno June/OP
Rating: per tutti,
verde
Conteggio parole:
1617
Avvertimenti: oneshot,
missing moments, generale, commedia
Note: non ho la più
pallida idea del perchè l'abbia scritta, però
avevo voglia di
mettere Jack in difficoltà da dopo aver visto l'episodio
“metal
attraction”. E credo che chiunque abbia sghignazzato alla
scena dei
tacchi (me compresa). Dimenticavo, questa oneshot partecipa
all'iniziativa di Fanworld ossia la “gift boxes
challenge” con il
prompt: Capodanno, “... e l'ultimo dell'anno con chi
vuoi”
Buona lettura a voi!
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In casa Darby c'erano
poche, semplici, regole da seguire.
Mai trasgredire le regole,
e la notte di capodanno ritorno a casa dopo poco la mezzanotte.
Poteva anche sembrare una
filosofia di vita piuttosto rigida – ed in effetti
così lo era –
ma June Darby non faceva tutto questo con lo scopo di limitare la
vita di suo figlio Jack, quanto di proteggerlo il più
possibile.
Era ciò di più caro la
donna possedesse al mondo – era il suo unico figlio
– e non le
andava di commettere lo stesso errore che aveva commesso con il
marito, che quasi sicuramente se aveva lasciato la casa in cui
stavano era per degli sbagli madornali compiuti
dalla stessa
donna. June di questo ne era sicura ormai da anni, anche se non vi
erano prove riguardo a delle sue possibili colpe a riguardo.
Quando ancora Jack era
piccolo erano soliti festeggiare il capodanno presso il circolo
ricreativo della loro cittadina, ma con il passare del tempo quel
piccolo quadretto idilliaco si stava decisamente sgretolando.
Dirlo così poteva anche
sembrare una parola brutta, tuttavia più lui cresceva e
più
giustamente sentiva che almeno il capodanno lo potesse festeggiare
con i propri amici.
La donna doveva
ammetterlo, il suo bambino stava crescendo e a sedici anni la sua
voglia di indipendenza si stava facendo sempre più marcata,
tendendo
ad allontanarsi a poco a poco dalla casa di mamma chioccia. Quindi,
con il cuore in pace June aveva accettato la realtà che per
l'ultima
notte dell'anno il suo Jack avrebbe festeggiato altrove rispetto il
solito posto.
E senza di lei.
Quindi, sotterrando un
lieve dispiacere, perchè non concedersi lo stesso un po' di
divertimento fuori dalla solita routine che da sedici anni
accompagnava ormai la giovane donna?!
Se persino Jack le aveva
consigliato di spassarsela almeno una volta senza troppi preamboli,
per June non restava che lasciarsi alle spalle l'effettiva
realtà
delle cose e divertirsi un po' almeno una sola notte.
Per capodanno mancavano
effettivamente poche ore.
Jack Darby al momento era
impegnato con i preparativi della cena – preparata da lui e
nessuno
lo avrebbe mai detto ma era un ottimo cuoco – prima
dell'arrivo di
Miko e di altri suoi scalmanati amici che gli avrebbero sicuramente
devastato casa improvvisando, nei migliori dei casi, concerti rock di
gruppi bulgari a lui sconosciuti. Esclusa categoricamente la presenza
degli Autobot per motivi di sicurezza mondiale – capodanno
era uno
tra i giorni incui bisognava stare attenti a tutto, pure alla polvere
– quella sera avrebbe festeggiato con compagnia tutta umana.
La promessa fatta alla
madre di mantenere pulita e intatta la casa, già lo sapeva
di
partenza, sarebbe andata a quel paese nel momento stesso in cui i
suoi compagni di classe si sarebbero presentati alla sua porta.
Perlomeno, poteva sperare
che la fin troppo premurosa genitrice si passasse una serata
tranquilla priva di insolite stranezze. Di certo sarebbe stata una
esperienza più emozionante di lui che in quel momento stava
contando
i secondi che restavano all'arrosto per cuocersi dentro il formo
ventilato.
L'idea che Jack si era
fatto per quella serata era una immagine abbastanza consueta di sua
madre che al circolo creativo chiacchierava con le amiche e
sorseggiava spumante italiano con discrezione, salutando l'arrivo
dell'anno nuovo cantando qualche vecchia canzone popolare. Una
visione non molto dissimile da quella che lo aveva accompagnato sin
da bambino ma che presto – per sua sfortuna –
avrebbe avuto uno
stravolgimento totale.
“Tesoro,
hai visto le
mie scarpe nere?!”
dalla camera da letto più
lontana dalla cucina dove si trovava in quel momento l'uomo
di
casa, la voce di June Darby suonava attutita a causa della
porta
socchiusa e di altri rumori che dimostravano quanto fosse al momento
indaffarata nel prepararsi.
Pur non staccando gli
occhi dai fornelli accesi e dal forno ormai pronto per essere spento,
Jack rispose con un'altra domanda alla donna che ancora non era
andata via di casa in uno strano ritardo decisamente poco consueto
seppur accettabile.
“Quali scarpe nere?
Intendi le tennis?!”
quasi distratto dal suono
del timer che preannunciava la fine della cottura impostata in
precedenza, il giovanotto non si accorse del rumore di passi che
avanzavano verso la cucina e si fermavano sulla porta aperta.
Fu solo attraverso il
riflesso del vetro del forno – nel mentre che si accingeva ad
estrarre l'arrosto di pollo per poterlo controllare – che il
giovane Darby vide una figura quasi del tutto aliena ai suoi occhi.
Ci mise infatti qualche
secondo in più a focalizzare che quel riflesso un po' scuro
non era
altri che sua madre in una veste completamente diversa.
Per
istinto trattenne il respiro, e alzandosi velocemente per poi
voltarsi di scatto verso la porta della cucina, i suoi occhi si
sgranarono in un mix perfetto tra stupore e shock oltretutto ben
giustificati.
“No, intendevo le scarpe
nere con il tacco. Ma non fa niente, le ho
già trovate!”
con entusiasmo palpabile,
June Darby ruotò su se stessa per mostrare al figlio ancora
sconvolto le scarpe con il tacco già indossate e in perfetta
tinta
con un tubino nero che lasciava decisamente poco spazio
all'immaginazione. Questo almeno era il parere dello stesso Jack, che
la madre conciata in un modo così... elegante (o forse
sensuale) non
l'aveva mai vista prima d'ora.
Ne l'aveva mai vista con
un filo di trucco sul volto ad essere sinceri, mentre in quel preciso
istante le sue labbra erano tinte di un tenue rosso proveniente molto
probabilmente da un vecchio beauty case che non apriva dalle scuole
superiori.
“Allora... come sto?!”
lo incitò la donna entusiasta, desiderosa come non mai di
essere
apprezzata per quella sua ritrovata giovinezza.
June comunque sapeva cosa
o cosa non mettersi per non apparire ridicola. Non aveva perso il
senso del buon gusto ed era a conoscenza di essersi vestita in un
modo non certo consono ad una serata tra amiche. Era più un
look che
poteva apprezzare una figura maschile oltre che per
se stessa.
“M-m-mamma... ti si
vedono le gambe...”
riuscendo a balbettare
parole comunque piuttosto confuse dato che gli stessi pensieri del
giovane erano confusi, qualcosa di concreto riuscì lo stesso
a
pronunciarlo anche se con molta fatica.
“N-non mi sembra
esattamente il tipo di vestito che si indossa per andare da delle
amiche...”
“Infatti non vado dalle
mie amiche! Pensavo di festeggiare il capodanno in un modo un po'
più... diverso del solito”
il modo in cui pronunciò
le ultime parole suonarono entusiaste in un modo quasi infantile alle
orecchie del povero figlio sconvolto, che affamato di risposte volle
seguire la donna fino nel corridoio dove si fermò per darsi
gli
ultimi ritocchi ad uno specchio a muro.
“Cosa?! Posso sapere con
chi esci almeno?! Voglio dire, tu mi tempesti sempre di domande su
dove vado... con chi vad-”
le domande nervose e quasi
dettate nel panico di Jack, oltre ad essere quasi ignorate dalla
madre, vennero brutalmente interrotte dal suono cupo di un clacson a
lui ben noto.
Un paio di colpi che sia
June che Jack conoscevano assai bene, perchè si trattava del
clacson
di un camion.
Un camion chiamato
Optimus Prime, che stranamente non aveva da salvare il mondo quella
notte.
“Oh bene, in anticipo
per giunta”
senza neppure indugiare
oltre, la donna prese la borsa dal mobiletto vicino alla porta per
dirigersi in tutta sicurezza fuori dalla dimora e da un figlio ora
quasi sull'orlo di una crisi di nervi. Perchè seguendo la
madre fin
fuori dalla porta, e notando il Prime dall'altro lato della strada
nella sua forma veicolare dalle cromature blu e rosse, non poteva
credere che andasse a festeggiare il capodanno con lui. Con un
guerriero votato alla propria missione tanto quanto lo era un
paladino nelle sue giocate a D&D con gli amici. E per tale
motivo
difatti, non propenso a nessun tipo di festeggiamenti o di piacevoli
compagnie.
“Mamma! Come hai fatto a
convincerlo??! E poi perchè non mi hai detto con
chi...”
“Tesoro, non andiamo a
divertirci ma a conoscerci meglio ok?! E poi sai
come si dice
no? A Natale con i tuoi... e l'ultimo dell'anno con chi vuoi”
Se era uno stratagemma di
Optimus per aggirare le severe regole dei Prime, oppure una genuina
volontà di comprendere meglio la natura umana – e
magari per June
assicurarsi pure che suo figlio fosse davvero in
buone mani –
erano tutte opzioni possibili per un Jack senza risposte concrete.
Ciò non toglieva però lo
sconcerto misto ad un filo di istintivo disgusto nel vedere sua madre
comportarsi come una ragazzina al primo appuntamento mentre,
piuttosto entusiasta di salire nella cabina del mezzo e aiutata
nell'impresa dallo stesso Optimus che galantemente l'aiutò
con
l'apposita scaletta, si apprestava a lasciarlo solo salutandolo molto
velocemente e con parole ancora più assurde di tutte quelle
che
aveva sentito poco prima.
“Non
aspettarmi
alzato”
parole quelle, che
rimbombarono violentemente nella testa di un giovane davanti ad un
autentico controsenso della vita – perchè lei
poteva fare tardi
mentre per lui erano guai seri se tardava di un minuto dopo
mezzanotte – mentre provava a riflettere su tutto l'accaduto
rimanendosene sul selciato di casa e ridestandosi solo quando dalla
cucina un violento odore di bruciato non iniziò a
pizzicargli le
narici.
Solo in quel preciso
istante il cervello di Jack si ridestò del tutto, portandolo
ad
accantonare quell'assurda situazione e provvedere immediatamente a
riparare un probabile danno per la cena che si era prefissato di
preparare.
In fin dei conti se sua
madre voleva divertirsi poteva farlo, ma l'indomani Optimus avrebbe
dovuto spiegargli per bene un paio di cosette in un pensiero non
molto dissimile da una ramanzina.