Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |       
Autore: Ila_Chwan22    17/12/2011    2 recensioni
L'amore si sa è una cosa tanto bella quanto misteriosa da comprendere e chi meglio delle protagoniste di questa storia lo sa meglio!Infatti Jessica Di Belleville e Kanemiya Sayuri sono due ragazze ammirate da tutti per la loro beltà e i loro modi gentili nonché pacati con gli altri ...
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Allora … prima di lasciarvi alla lettura volevo solo dire che l’idea e la storia sono totalmente state partorite dalla mente geniale e creativa di KH4 che ringrazio calorosamente di aver scritto questa piccola opera,io invece mi prendo il merito solo di aver creato l’Oc di One Piece Jessica e postato la storia qui su EFP. 

Maggio.

Quinto mese dell’anno.

Il suo arrivo equivaleva alla dipartita della primavera e all’arrivo della tanto agognata estate. Le tiepide brezze mattutine s'intensificavano e il sole risplendeva con più enfasi, quasi volesse esplodere. Pensare al mare o a tutto ciò che fosse sinonimo di “Fresco”, era un riflesso incondizionato delle menti degli studenti, ancorati ai banchi di scuola come dei carcerati condannati ai lavori forzati. Lo stare chiusi in un’aula, dove il sole picchiava per tutta la mattinata, era un supplizio che non concedeva armistizi o grazie, ma alla cara signorina Jessica Di Belleville, questo non aveva mai pesato più di tanto.

Altre erano le sue attuali preoccupazioni, e di natura molto più complessa delle serie di problemi che il professore di matematica aveva rifilato a tutta la classe. Per lei, il cui andamento scolastico era impeccabile quanto il canto, non esistevano crucci più intricati di quelli del proprio cuore, imprevedibili quanto la causa attorno a cui la sua mente continuava a girare. Non riusciva a porci un ordine logico, perché di logicità, in tutto ciò, non ce n’era traccia. Ne era cosciente, poiché l’essere una ragazza romantica implicava il sapere che l’amore, fra tutte le forze esistenti al mondo, era quella più indescrivibile e irrazionale. Anche “Assurda”, nel suo caso……….

SBADABAM!

Sobbalzando per quel tonfo assordante, la rossa si voltò immediatamente, vedendo rotolare a terra un vassoio circolare, nel mentre un paio di camerieri cercava di aiutare il collega appena rotolato giù dalle scale…..di nuovo.

E’ caduto ancora, sospirò mentalmente lei, con un sorriso dispiaciuto.

Era la terza volta che quel povero ragazzo volava giù dalle scale per colpa del suo aspetto, insieme a qualche altro cliente. Non lo faceva volontariamente, questo mai, ma l’essere una ragazza terribilmente affascinante, con una pelle nivea, un corpo slanciato e una chioma splendente quanto un rubino, comportava un’attenzione smisurata da parte del genere maschile. Non c’era giorno in cui i suoi compagni di classe la riempissero di complimenti, adulazioni, fiori o elogi di ogni genere, e tutto per un saluto o una sua fugace occhiata. Lei, che neppure era una ragazza vanitosa e ricercante l’attenzione, ogni volta finiva per essere accerchiata e adorata come se fosse una dea discesa dall’Olimpo. Qualunque altra sua compagna, al suo posto, avrebbe fatto a pugni pur di avere tutti i riflettori puntati addosso, ma Jessica ne avrebbe fatto volentieri a meno, seppur tra quegli adulatori, ci fosse una persona a cui lei teneva particolarmente…….

Mi basterebbe soltanto lui…, pensò lei, nell’emettere un leggero sospiro.

“Jessica?”

Il venire richiamata alla realtà da quella voce a lei molto familiare, la spronò a volgere i suoi splendidi occhi smeraldini sulla persona che stava aspettando e a cui rivolse un sorriso rincuorato. Fra tutto quello che poteva accorrere in suo aiuto, la proprietaria di quella voce era, poco ma sicuro, la più sperata.

“Ciao, Yu-chan”, fece lei “Ti stavo aspettando.”

Kanemiya Sayuri era la ragazza più gentile e a modo che la rossa avesse mai incontrato in vita sua. Di due anni più grande di lei – seppur l’altezza e il viso la facessero sembrare più piccola -, frequentava l’università della città, la cui sede era collegata alle superiori, alle medie e alle elementari. Dolce ed educata, aveva lunghi capelli castani che le incorniciavano il roseo viso, abbellito da due occhi color cioccolato enfatizzanti la sua graziosità. Una ragazza carina e gentile, nella media, insomma, con un bel sorriso e un modo di fare che a volte lasciava spiazzata la gente con cui aveva a che fare. Il loro incontro era stato casuale, un incontro fortuito, avvenuto quando la più giovane era ancora una matricola e non sapeva come muoversi dentro un liceo così grande e pieno di studenti: la castana l’aveva salvata dalla prima orda di ragazzi che si erano iscritti al club di musica solo per starle vicino. Fra tutte le sue attuali conoscenze, lei era la ragazza con cui si sentiva più a suo agio. Bastava starle vicino per percepire una calma benefica, una tranquillità così candida da risultare irreale, ma non era niente di cui doversi stupire: Sayuri non conosceva neppure la parola “Arrabbiarsi.”

“Perdona il mio ritardo”, le disse lei “Dovevo sbrigare alcune commissioni in facoltà.”

“Ma figurati, non sono arrivata da molto. Scusami tu, piuttosto. Ti ho chiamato in fretta e furia senza neppure pensare alle tue lezioni”, disse la rossa, mortificata.

“Sta tranquilla, è tutto a posto.”

Il loro scusarsi a vicenda era una specie di usanza che precedeva l’entrata in scena dell’argomento principale. Jessica, poi, in quel preciso momento, si sentiva in dovere di farlo: in quel periodo Sayuri era molto impegnata con lo studio, a causa della sessione d’esami estiva, e disturbarla in un momento così cruciale le era sembrato - e le sembrava tutt’ora - una vera cattiveria. Certo, anche lei aveva il suo bel da fare con il corso di musica:  l’insegnante l’aveva letteralmente pregata in ginocchio di partecipare a una serie di recite, dove la componente musicale era di vitale importanza e, per almeno tre volte alla settimana, tornava a casa tardi. Era faticoso, ma gratificante, perché per lei non esisteva nulla di più bello che cantare. Aveva preso questa passione da sua madre, che moriva dalla voglia di vederla sul palcoscenico. Tutto il contrario di suo padre, che si sarebbe piazzato nelle file più alte per fucilare tutti i suoi aspiranti pretendenti.

“Allora, di che cosa volevi parlarmi?” le domandò Sayuri, sedendosi.

“Di questi. Me li ha dati Sanji-kun questa mattina.”

Trafficando per qualche secondo nella cartella, Jessica estrasse e depose sul tavolino quattro biglietti colorati, aventi delle grosse lettere stampate sopra. Nel prenderne uno in mano, Sayuri lo osservò attentamente, come incerta che quel che stava guardando, fosse vero.

“Ma questi sono dei biglietti per l’One Piece Paradise Park”, mormorò poi, tornando a guardare l’amica.

“Proprio quello”, annuì la rossa.

Anche lei era rimasta molto sorpresa, quando il biondo glieli aveva porti dopo il suo solito idillio.

Il One Piece Paradise Park non era un parco dei divertimenti qualsiasi, ma IL parco dei divertimenti per eccellenza. Un posto grandissimo, variopinto, diviso in quattro aree tutte collegate fra di loro: la zona giochi, l’acquario, la cittadella dello shopping e l’area ristorazione. Non andarci almeno una volta nella vita era sinonimo di reato, una verità che era riuscita a convincere una riluttante Nami a scegliere quel posto come meta turistica, per una delle tante gite di gruppo fra amici. Era accaduto durante una domenica dell’anno scorso, giusto per stare tutti insieme, ma da allora, non c’era stata più occasione di ripetere l’esperienza. Al di fuori del fatto che al momento erano tutti un po’ impegnati, i biglietti del parco costavano un occhio della testa e anche mettersi in coda il giorno prima non risolveva nulla, il che portò le due ragazze a chiedersi come fosse riuscito il ragazzo a ottenere ben quattro di quei bei pezzi di carta colorati.

“Mi domando come sia riuscito a procurarseli. So che è difficile anche solo prenotarli”, si domandò per l’appunto Sayuri “Jessica,  non ti ha detto proprio nulla al riguardo?”

“Oltre ai suoi ripetuti elogi, niente”, fu la risposta dell’amica “Mi ha detto solo che questa domenica, al parco, si terrà un concorso speciale e che gli sarebbe….”, e lì arrossì leggermente “Piaciuto andare con me.”

Il solo ricordare quanta felicità avesse provato nell’istante in cui Sanji le aveva dato i biglietti in mano, la spinse ad abbassare gli occhi verso il basso: il cuore non le aveva mai battuto così forte e pensare che il ragazzo che tanto le piaceva,  le aveva chiesto un appuntamento, stava facendo sì che le porte del paradiso si avvicinassero di loro iniziativa. Si, Sanji le piaceva tantissimo, ne era rimasta profondamente colpita sin dal primo incontro, quando lui si era presentato con un enorme mazzo di rose rosse tutte per lei. Da quel momento, non c’era stato giorno in cui lei non avesse sospirato per quell’amore che tanto la confondeva. Ancora oggi non capiva come mai i suoi occhi si fossero posati proprio su di lui, neppure l’avesse fatto volontariamente: era un gentleman, un cuoco provetto, ma anche un marpione con la fissa per tutte le belle donne presenti sulla faccia della terra. Elargiva complimenti a tutte le compagne, incapace di soffermarsi su di una per più di dieci secondi. Un tipo del genere non lo aveva mai incontrato in vita sua. Lei, educata com’era, aveva sempre risposto ai suoi saluti cordialmente, evitando di fare caso agli sproloqui mentali che quel buffo ragazzo dalle sopracciglia attorcigliate le rifilava non appena metteva piede a scuola. Pensava che fosse il suo modo per attirare l’attenzione, ma non era così e, senza sapere come, dopo un po’ di tempo, fu lei a cercarlo con gli occhi. A volte lo guardava distrattamente, d’istinto, senza sapere perché la sua testa si fosse girata nel sentire la voce di lui. Ogni qualvolta se lo ritrovava davanti, il cuore prendeva a batterle velocemente e la sua attenzione si focalizzava su qualche particolare di lui: il sorriso era, senza ombra di dubbio, la cosa che preferiva di gran lunga.

Quando era “Calmo”, poi, sorrideva così…..così…….

Era carino. Tanto carino!

Ossessione amorosa per tutto il gentil sesso a parte, era un ragazzo gentile, disponibile, e Jessica non riusciva fare a meno di pensare quanto lo fosse con lei. Quell’invito poi, l’aveva profondamente colpita: chissà cosa aveva dovuto fare il suo adorato principe per ottenere quei piccoli tesori!

Dal canto suo, Sayuri era perfettamente cosciente di quanto fosse grande il sentimento dell’amica per il ragazzo. Jessica era la ragazza più corteggiata e ammirata del liceo, ma aveva notato fin troppo bene con che occhi guardasse Sanji, e non era un segreto che quest’ultimo la privilegiasse particolarmente. Bastava misurare la lunghezza dei suoi elogi per capire che il ragazzo aveva posto l’adorazione per la rossa sul piedistallo più alto di tutti.

“Perdonami, Jessica, ma non vedo dove stia il problema”, le sorrise dolcemente la più grande, vedendola così impappinata emotivamente “Hai sempre detto che ti sarebbe piaciuto uscire con lui. Ora hai l’occasione per farlo.”

“Lo so, ed è per questo che mi devi aiutare!” esclamò lei “Tu devi venire con me insieme a Ace.”

A quell’affermazione, Sayuri  non mancò di alzare le sopracciglia con fare stupito.

“Come dici? Io e..”

“Tu e Ace”, ripeté la rossa, sventolandole davanti due dei quattro biglietti “Sanji-kun mi ha detto che se volevo, potevo portare un’amica e io ho deciso di invitare te e lui. Questa sarà l’occasione buona perché voi due finalmente vi dichiarate e non provare a dirmi che siete solo amici, perché non ci credo neanche morta!”

Stavolta fu il turno dell’universitaria ad arrossire, e non ci fu modo di impedirlo.

Jessica sorrise compiaciuta, soddisfatta di sé stessa: sebbene fosse una persona dall’indole docile quanto quella di un agnellino, non appena si parlava di questioni amorose che non la riguardavano personalmente, diventava più sicura e decisa. Perfino con Nami si era dimostrata determinata, perché, anche se  non lo ammetteva, era evidente quanto il sole che fosse cotta di Rufy, il fratello minore di Ace. Era sempre stata brava a parlare dell’amore, perché lo riteneva la cosa più dolce e bella di quel mondo e, nel suo parlarne con sincerità, aveva dispensato semplici consigli che avevano reso felici alcuni dei suoi più cari compagni.

Niente di quanto elargito si avvicinava a tattiche pianificate e studiate, figurarsi se qualcosa come l’amore potesse essere pianificato: nutriva un profondo rispetto per quel sentimento, tanto che quando vedeva una coppia d'innamorati, sorrideva col cuore addolcito. Si, per lei l’amore era qualcosa che, per quanto tradotto in mille lingue, avrebbe conservato per sempre la sua magia, ma per Sayuri, la questione era radicalmente diversa. A dispetto delle apparenze, lei era completamente estranea all’innamoramento: non perché non ci credesse, soltanto, non aveva mai avuto occasione di provarlo. Era come una bambina inesperta davanti a un problema troppo complicato per la sua mente e, di conseguenza, finiva sempre per inciampare nei suoi stessi pensieri, senza mai capire se questi fossero realmente veri o una semplice illusione. Sembrava assurdo, perché in qualunque altro contesto immaginabile, la castana manteneva la calma e parlava pacificamente, ma davanti alla persona che suscitava in lei quel miscuglio ingarbugliato di pensieri ed emozioni ingestibili, finiva per perdersi in un bicchiere d’acqua.

Con Portuguese D. Ace, non c’erano mai state chance di vittoria per lei.

Non ricordava il momento preciso in cui aveva realizzato di esserne innamorata: per tanto tempo lo aveva osservato, ci aveva parlato, senza capire bene perché stare con lui fosse diverso che stare con gli altri suoi amici. Aveva pensato a un’amicizia speciale, di quelle che ti aiutano ad affrontare i problemi quotidiani, ma non era stato così. All’ultimo anno di liceo, qualcosa era cambiato nella castana, tanto da confonderla con più incisività. Ace era una persona vivace e scherzosa, e quando le si avvicinava troppo, con quel suo sorrisetto furbesco, le guance di lei si congestionavano senza che ne prendesse subito atto. Si bloccava, spalancando i suoi occhi e percependo i battiti del proprio cuore aumentare spasmodicamente.

Si era domandata tante volte se quello che provava fosse effettivamente amore e seppur si fosse resa conto di non provare più una semplice amicizia per il moro, non riusciva ancora a essere tranquilla e Jessica lo sapeva: vedeva l’amica completamente disorientata e nonostante il sostegno, questa finiva puntualmente per ritrovarsi con le spalle al muro. Lei era certa che i sentimenti di Sayuri fossero sinceri, così com'era certa che il ragazzo nutrisse lo stesso affetto per lei: solo un cieco non avrebbe visto quanto Ace fosse felice, quando le parlava o riusciva a imporporarle le guance. Perfino lei, a stento, si tratteneva dall’abbracciarla!

“Non so se è una buona idea, Jessica”, mormorò lei dubbiosa e con un vago rossore sul viso “Ace ha molto dare fare e poi, non vorrei essere di impiccio nel vostro appuntamento.”

“Ma non è proprio un appuntamento, se ha detto che posso portare qualcuno”, replicò lei, inclinando la testa con una certa vacillanza “E, comunque...mi aiuterebbe tanto se tu venissi.”

Chiedere aiuto non era qualcosa che Jessica faceva spesso, anzi, si poteva dire che era brava a cavarsela con le sue sole forze, ma quando Sanji le aveva porto quei biglietti, tutto raggiante, lei si era ritrovata colta alla sprovvista. Una domenica col suo bel principe era un sogno che si realizzava, ma si chiedeva se da sola sarebbe riuscita a non crollare. Una parte di lei voleva gioire e abbracciare il ragazzo con tutto il suo cuore, ma l’altra, governata dalla razionalità, le imponeva di rallentare e comportarsi come sempre. Quando Sanji le era vicino, la rossa aveva la sensazione di volare via e se succedeva, non era più in grado di tornare con i piedi per terra. Un’uscita con il biondo…sì, voleva assolutamente andarci, ma non da sola, non con qualcuno che fosse già impegnato o che la spingesse a situazioni impensabili. Di quelle, ne aveva i cassetti pieni.

Fra tutti, Sayuri era la sola che stava nella sua stessa situazione, se non peggio, per questo la stava guardando con occhi da tenero cerbiatto. Era certa del suo appoggio emotivo, per questo, se avesse accettato di venire con lei, avrebbe fatto di tutto perché alla fine della giornata, Ace le tenesse la mano come fidanzato. Ci teneva tantissimo che quei due si mettessero insieme, e quella era l’occasione buona perché entrambe provassero a fare il passo decisivo.

Da parte sua, Sayuri, guardando Jessica, provò una gran tenerezza per lei: si vedeva perfettamente che la rossa era innamorata di Sanji, ma, come lei, non era in grado di esprimersi. Benché estremamente popolare, bellissima, e con una voce melodiosa, il cuore della rossa era rivolto unicamente al biondo, le cui sceneggiate amorose nei suoi confronti, erano più elaborate rispetto delle altre. Dal profondo di sé, non si sarebbe mai permessa di negarle il proprio aiuto, ma la prospettiva di stare con Ace, le toglieva il respiro, come se i polmoni le si fossero riempiti di buchi. Da tempo non vedeva il moro, salvo a qualche lezione unita, e le sarebbe piaciuto sapere come stava, se andava tutto bene…si, le solite cose. Lo avrebbe chiamato lei, ma tra l’università e il lavoro all’asilo, le era veramente difficile ritagliarsi dei minuti liberi e di questo se ne rammaricava, perché il ragazzo era veramente importante per lei.

Quei biglietti per il One Piece Paradise Park erano esattamente la boccata d’ossigeno che le occorreva, il perfetto giubbotto di salvataggio per il suo animo confuso, e il rigirarli fra le proprie mani, la indusse a pensare che, dopotutto, era giusto che si mettesse in gioco: non poteva negare il proprio aiuto a Jessica, lei l’aveva sempre sostenuta quando ne aveva bisogno.

“D’accordo, Jessica. Ti accompagno”, le disse.

“Davvero? Oh, Yu-chan, non sai quanto mi rendi felice!” esclamò lei, prendendole le mani “Vedrai che…”

SBADABAM!!

Mancò poco che il gelato portato alle ragazze cadesse giù dal tavolo. Entrambe non si presero la briga di sporgere le loro teste e guardare che cosa fosse successo, perché come udirono delle voci esasperate dal piano terra, i loro presentimenti trovarono il giusto fondamento.

“E con questa fanno quattro”, sospirò Jessica, portandosi una mano alla tempia e sentendosi un po’ in colpa per le cadute che il cameriere continuava a fare per colpa sua. Sarebbe rimasta alquanto sorpresa se quel poveretto non si fosse rotto qualcosa.
 
 
Domenica. Ore 8. 10 del mattino.

“JESSICA-CHWAN! IL TUO SANJI-KUN E’ QUI PER TE!!!”

Ululando la sua presenza a tutte le persone presenti nel raggio di cento chilometri, Sanji turbinò verso Jessica e Sayuri come un piccolo tornado dell’amore. L’entrata del parco dei divertimenti – una enorme piazza circolare – era gremita di gente, tutta presa a fare la fila per i biglietti. Le due ragazze, arrivate con qualche minuto di anticipo, erano rimaste sedute vicino alla fontana, aspettando l’arrivo del moro e del biondo con uno strano peso al cuore. Tensione? Poteva darsi, ma con una bella giornata come quella, con tanto di temperatura piacevole e sole caldo, crucciarsi per problemi scuri quanto la pece non era proprio il caso. In fondo, erano lì per divertirsi, per staccare la spina.

Come il ragazzo stoppò il proprio svolazzare, la rossa inghiottì un consistente groppo di saliva, astenendosi dal mordere le labbra truccate. Il suo bel principe indossava abiti pratici ma eleganti allo stesso tempo: pantaloni e scarpe nere, una camicia bianca sbottonata appena sul collo, una giacca rossa aperta…..non seppe neppure come accidenti fece a non imbambolarsi come al suo solito.

“Ben arrivato, Sanji-kun”, gli disse lei, riscossa da un flebile bisbiglio di Sayuri “Spero tu non abbia avuto problemi ad arrivare.”

“Oh, Jessica-chwan! Eri in ansia perché temevi che non arrivassi?!? Quanto sei cara!!”

Come al solito, aveva travisato le parole della rossa.

“Io non intendevo dire questo….”, cercò di spiegare lei, con le guance rosse. “Ma, comunque, sono felice di vederti.”

Il “Mellorine!” lanciato dalla bocca di Sanji, fu di una potenza tale che, se fosse stata appena più accentuata, avrebbe rotto la barriera del suono. Inevitabilmente, la gran parte delle gente presente, finì per guardarli come se fossero dei disturbatori della quiete pubblica di prima categoria, nonostante di baccano ce ne fosse già in abbondanza. Un imbarazzante momento che si sarebbe dissolto nel giro di pochi secondi, se solo alcune teste maschili non avessero allungato a dismisura i loro colli per scannerizzare Jessica in tutte le sue angolazioni. Non era una novità che il faccino inconsapevolmente appariscente della rossa riscuotesse non poco interesse in chi lo incrociava, per questo la ragazza era grata a Sayuri e alla sua compagnia: anche con indosso un sacco di patate, riusciva sempre a riunire una consistente folla di ammiratori. E dire che non vestiva mai come una passeggiatrice!

Visto il piacevole clima, quel giorno aveva optato per un paio di jeans chiari, una maglietta bianca con spalline sottili, avente delle scritte brillantinate, e ballerine rosse con un accenno di tacco. I lunghi capelli mossi le scendevano lungo la schiena, dando alla sua figura alta e slanciata quella sensualità composta che aveva ereditato da sua madre. Vista la sua mania dell’arricciare le dita in quelle lunghe ciocche scarlatte, non si era mai presa la briga di chiuderli in una coda. Se andava in panico con Sanji, la soluzione era strangolare una delle sue dita con i capelli.

E intanto, il suo bel principe stava ancora cercando di giustiziare a suon di calci i ragazzi che l’avevano guardata con espressioni allupate……

“Non so se fermarlo o lasciarlo fare…”, mormorò lei, conscia di quanto dolore avrebbero provato i malcapitati rimasti, ma anche colpita per come il ragazzo avesse tirato fuori una gelosia di primo ordine tutta per lei.

Sayuri non poté che guardarla con sguardo materno. Sapeva bene che Jessica detestava la violenza, ma lei non si era mai preoccupata del fatto che Sanji potesse dare vita a una carneficina: si era accorta fin da subito che i calci del biondo non stavano andando a segno, e questo non perché avesse una mira pressoché inesistente. Sanji era tanto bravo a cucinare quanto a calciare, ma si stava limitando a incutere terrore in quei ragazzi, proprio per non perdere punti con la sua amatissima rossa. E inoltre, prima di quell’attacco di gelosia, il biondo stava adulando soltanto lei e nessun’altra ragazza, una chiara prova di quanto Jessica avesse un posticino tutto suo nel cuore di lui.

“Non preoccuparti, vedrai che fra un po’ tornerà qui”, la rassicurò lei.

“Lo spero…oh, guarda, sta arrivando Ace!” esclamò l’amica, per poi sventolare il braccio “Ace! Siamo qui!”

L’arrivo del moro costò a Sayuri un bel respiro profondo. Non lo aveva ancora individuato in mezzo a quella folla, ma il comprendere che stava venendo nella loro direzione, le fece ricordare da quanto tempo non lo vedesse. Riusciva sempre a rimanere calma e tranquilla quando parlava con lui, ma iniziava a capitolare quando lui superava la soglia dei quarantadue centimetri, mettendola così con le spalle al muro: si avvicinava con quel suo ghigno sghembo, facendo emergere automaticamente quel rossore che lei non riusciva mai a controllare. La guardava e le parlava con voce scherzosa, facendo capitolare le sue emozioni e le reazioni che il suo corpo tentava disperatamente di sottomettere. Non balbettava, ne cadeva a terra come un sasso: arrossiva col battito cardiaco un po’ più veloce, cercando di calibrare i propri respiri cosicché le parole non rimanessero sospese davanti a quel sorriso tempestato di lentiggini. Per quanto quell’esperienza non le fosse nuova, ogni volta che ci aveva a che fare, le sembrava sempre diversa: non sapeva spiegarlo bene, ma come la bocca di Ace si schiudeva in uno dei suoi sorrisi, ogni residuo di ombra emerso…scompariva nel nulla.

A Sayuri era sempre piaciuto il sorriso di Ace. Non c’era un motivo particolare, ma anche se fosse esistito, non avrebbe mai cercato di comprenderne la natura. Le bastava vedere il ragazzo sereno, tutto qui. Non c’era nulla che potesse alleggerirle il cuore, più del viso solare del moro.

“Ben arrivato, Ace!” lo salutò calorosamente Jessica “Stavamo asp…ma che ti è successo alla guancia?”

Senza neppure avere il tempo di salutarsi come si deve, l’attenzione delle due ragazze si era subito focalizzata sulla guancia destra dell’amico, dove spiccava un rossore piuttosto evidente.

“Niente, solo un piccolo incidente”, rispose lui sorridente, nel mentre si portava una mano dietro la nuca “Mi sarei stupito se non me ne fosse successo almeno uno!”

Uno che non conosceva Ace, avrebbe pensato che quel rossore fosse frutto di uno schiaffo datogli dalla fidanzata, ma la forma circolare della botta non corrispondeva a quella di una mano umana, senza contare che il moro, per quanto grande fosse il fan club che le liceali e le sue compagne universitarie avevano eretto in suo onore, non era occupato sentimentalmente. No, il suo problema non era legato a un’altra persona, ma a quella strana malattia neurologica chiamata Narcolessia: Ace ce l’aveva fin da bambino, era la maledizione che lo vedeva crollare inaspettatamente a terra come un peso morto.
Aveva perso il conto di quante volte la sua faccia fosse finita nel piatto o nella scodella del latte, ma quella mattina, anziché sbattere la fronte sul tavolo, si era addormentato in piedi sull’autobus e come quello aveva frenato, lui si ritrovato spiaccicato contro il vetro del mezzo, esattamente come una mosca.

La cosa suonava un po’ assurda, ma Sayuri poteva confermare pienamente quella spiegazione senza l’ausilio di prove. Ricordava ancora quando le era crollato davanti per la prima volta, non era riuscita a svegliarlo in alcun modo: il fallimento l’aveva vista costretta a portarlo in infermeria e a vedere la sua preoccupazione venir ridotta a un’inutile premura, nell’istante in cui l’infermiera le aveva illustrato il perché il ragazzo si fosse addormentato di punto in bianco. Ne era rimasta colpita, ma nonostante la spiegazione, lei non poteva fare a meno di preoccuparsi per Ace: non aveva controllo su quella sua particolarità e quell’appariscente rossore sul viso, era la prova più evidente.

“Ti fa male? Vuoi del ghiaccio?” gli domandò lei, senza riuscire a trattenere una nota di apprensione.

“No, tranquilla. In confronto ai pugni del nonno, queste sono carezze”, le disse lui tranquillamente.

Poi, stranamente, nel guardarla, inclinò la testa, lasciando che un punto interrogativo comparisse sulla sua testa. Vedendo come gli occhi neri del ragazzo la stessero sondando, la castana emise un flebilissimo sospiro smorzato, confuso per come lui la stesse osservando. Irrimediabilmente, si ritrovò confusa, ma ancor prima di capirne il perché, Ace tornò a sfoggiare il suo solito sorriso storto.

“Che cosa c’è, Ace? Qualcosa non va?” domandò infine lei.

La stava ancora guardando, e lei non capì che cosa avesse notato di tanto interessante, finché lui non alzò l’indice e lo puntò verso i suoi capelli.

“È opera tua, vero, Jessica?”, domandò il ragazzo, rivolgendosi alla rossa.

“Si”, confermò lei, raggiante “Non è un amore?”

Cogliendo il pizzico di orgoglio che l’amica aveva appena mostrato, Sayuri arrivò a comprendere la ragione dello sguardo incuriosito del moro: avendo ospitato Jessica a casa sua – per uno dei loro mini pigiama party notturni -, quest’ultima, per ricambiare la generosità, le aveva acconciato i capelli in due alti e ampi codini, abbelliti con un grazioso fiocchetto bianco e verde acqua chiarissimo, giusto per non stonare con gli abiti indossati: un vestito dello stesso verde del fiocco, superante di poco il ginocchio, munito di un leggero golfino bianco che lasciava un po’ scoperte le spalle e abbinato ai sandali bassi, aperti sulla punta. Un look sobrio, da “Santarellina”, così soleva definirla Donnie, ma perfetto per lei, che preferiva le semplici comodità ai capi stretti e piccoli. La rossa era sempre stata al corrente di questa sua preferenza, per questo aveva deciso di farle quei codini da “Bambina pucciosa”: come la castana le aveva promesso di sostenerla con Sanji, lei avrebbe fatto il possibile perché Ace la vedesse per quello che era realmente. L’importante era rimanere unite, scambiarsi occhiate sostenitrici e cercare di godersi la giornata al meglio. Certo, se solo avessero saputo cosa questa riservava per loro, si sarebbero preparate con doppia attenzione…….
 
 

“Buongiovno, cavissimi spettatovi!!! Avvicinatevi, avvicinatevi!”

La voce di Emporio Ivankov, proprietario dell’One Piece Paradise Park, rimbombò con forza nella piazza principale del parco, senza aver bisogno di amplificatori. Festoni e palloncini riempivano l’ampio spazio già ben decorato dai giardinetti, donando un aspetto ancor più festoso a quel luogo. Doveva star bollendo qualcosa di veramente importante, se erano stati aggiunti così tanti addobbi e per i quattro ragazzi non fu difficile immaginare il perché, visto che la spiegazione stava nelle loro mani. I biglietti di Sanji li avevano fatti entrare da una corsia speciale, senza code o noiose attese, ma con il gradito suggerimento di dirigersi verso il palcoscenico dove il signor Ivankov stava sculettando in maniera alquanto appariscente. Una visione che fece sbiancare il biondo, poiché i gusti di quel tipo, implicavano ciglia lunghissime, labbra colme di trucco e vestiti femminili svolazzanti. Vederlo camminare avanti e indietro sulla piccola costruzione luminescente, con un completo rosa shocking adornato di lustrini sfavillanti, fu una vera e propria sorpresa, che lasciò i presenti alquanto colpiti.

“Benvenuti a tutti quanti!” esclamò una volta che la folla si raggruppò “Mi fa piaceve vedeve tanti bei cavamellini nel mio pavco!”
 
Il perché mettesse la “V” al posto della “R”, era un vero mistero..

“Oggi è un giovno molto pavticolave!” continuò lui “Pevchè chi ha questo biglietto..”, e mostrò il pezzo di carta che solo una ristretta cerchia possedeva “Ha la possibilità di vinceve un pvemio assolutamente unico.”

Mormorii eccitati si fecero largo come un silenzioso brusio d’api.

“Quello che ho ideato, è gioco di coppie molto pavticolave” rivelò poi, battendo la mano su di una grossa palla di plastica trasparente, contenente a sua volta palline di diversi colori “Ciascuna di queste palline contiene un numevo e il nome di una delle mie attvazioni, dove ho nascosto un biglietto d’ovo molto speciale. Il compito delle coppie savà quello di tvovave il lovo biglietto nella giostva assegnata e chi viuscivà a povtavmelo questa seva, vicevevà un pass pevsonale che pevmettevà alla coppia di entvave gvatis nel pavco pev tutto l’anno!”

Una serie di urla eccitate si levò immediatamente in cielo: entrare gratuitamente nel parco più fantastico che fosse mai esistito, era un’occasione più unica e irripetibile, decisamente troppo emozionante per essere trascurata, considerando il fatto che non era mai capitata un’occasione del genere.

“Heehaw! Vedo che siete emozionati, ma non ho ancova finito!” esclamò Ivankov, facendo calare il silenzio “Oltve all’entvata gvatuita, alla coppia vevvà vegalato un buono shopping dei nostvi negozi e, pev solo questa seva, una cena a lume di candela sulla vuota panovamica!”

Questa volta fu impossibile per il proprietario del parco zittire la folla, perché quelle sue aggiunte si erano rivelate un ulteriore incentivo per rendere quel concorso, ancora più eccitante. Mettendo da parte quelle fantastiche giostre colorate per cui la gente era anche disposta ad avere un collasso, i negozi dell’One Piece Paradise Park non si avvicinavano minimamente a quegli stand dove si vendevano peluche, magliette con sopra il logo del parco o giochini di plastica che si rompevano alla prima occasione: lì si parlava di negozi veri, negozi pieni di abiti e accessori per cui ogni ragazza non si sarebbe fatta troppi problemi a spendere la propria paghetta. La cittadella dell’One Piece Paradise Park, sia per la comodità, che per il gusto estetico con cui era stata edificata, era il paradiso per eccellenza per ogni material girl esistente sulla faccia della terra, ma era fin troppo lampante che una montagna di vestiti firmati non potesse battere il terzo premio detto dal signor Ivankov: la ruota panoramica era l’unica delle attrazioni che non fosse stata costruita nell’area giochi, e tutto perché essa veniva utilizzata anche come ristorante. Pranzarci o anche solo salirci nel pomeriggio, era un’impresa impossibile, perché la fila per essa, era la più lunga di tutte quante.

Come premio, era indiscutibilmente il più bello che il signor Ivankov potesse scegliere, ma per chi conosceva quell’uomo eccentrico, sapeva bene che niente di quanto prometteva, poteva essere ottenuto tanto facilmente. Le prove erano nate per essere colme di colpi di scena e attimi pieni di suspence, una caratteristica che aveva sempre trovato un forte consenso nel carattere pazzoide del proprietario del parco, la cui sola capigliatura era assai discutibile.

“Vedo che siete entusiasti e mi fa piaceve, ma badate bene…”, e lì puntò il dito contro la folla “Che le pvove non savanno una passeggiata!”

Come ebbe cambiato tono di voce, la gente stoppò la propria eccitazione, venendo così scandagliata dagli occhi pesantemente truccati del signor Ivankov, che abbozzò un sorrisetto maligno. Se c’era una cosa in cui era maledettamente bravo, era far venire i brividi a chi lo ascoltava, specie a chi aveva già avuto a che fare con le sue prove.

“Vi aspettano pevcovsi molto difficili da supevave, quindi, siate molto attenti, pevchè una volta entvati nel gioco, non potvete più uscivne fino alla fine, Heewhaw!”

E con quell’ultimo avviso – che vide non pochi spettatori deglutire pesantemente - , cominciò a chiamare i fortunati possessori dei biglietti speciali.
 

 
“Sembra che questa volta, il signor Ivankov abbia fatto le cose in grande”, disse Sayuri.

“A me ha fatto un po’ paura”, ammise Jessica “Da quanto mi hanno detto le mie compagne, pochi riescono a vincere i premi che offre.”

Com’erano scesi dal palco, Ace, Sayuri, Sanji e Jessica, si erano messi in un angolo per vedere che numeri avessero pescato. Nel reggere le due palline da loro scelte, entrambe le ragazze non avevano potuto fare a meno di domandarsi che cosa avesse escogitato il proprietario del parco, per rendere quella giornata assolutamente indimenticabile. C’era chi si era ritirato dalla competizione, per paura di finire chissà dove, ma per quanto oscura fosse la natura dei giochi ordita da Emporio Ivankov, nessuna di loro, come i ragazzi, pareva abbastanza intimorita dal gettare la spugna con facilità.

“Non lasciamoci condizionare dalle parole di quel tipo”, si fece avanti il moro “È vero che è un po’ strano, ma questo rimane comunque un gioco e vista l’occasione, non vedo perché dovremmo sprecarla.”

“Ace ha ragione. Che io sappia, nessuno è mai finito all’ospedale”, arrivò Sanji “E POI IO VOGLIO ASSOLUTAMENTE FARE COPPIA CON TE, JESSICA-CHWAN!! VERO CHE AFFRONTERAI QUESTA SFIDA INSIEME A ME?!” aggiunse, nel prendere le mani della ragazza fra le sue, con gli occhi a forma di cuore.

“M-Ma sì….certo”, balbettò lei “Ora…apro la pallina”,  disse poi, liberando le mani dalla presa del biondo.

La ragazza non poté fare a meno di sentirsi tesa, nel mentre cominciava a svitare la parte superiore della piccola sfera colorata: in palio c’era un premio favoloso che , poco ma sicuro, non si sarebbe mai ripresentato una seconda volta e sebbene non fosse una persona competitiva, le sarebbe piaciuto poterlo vincere. Eppure, benché questo fosse meraviglioso, unico e irripetibile, la sua mente era ferma sul fatto che avrebbe passato la giornata con Sanji e che avrebbero affrontato la prova insieme. Le era tremata la mano quando aveva preso dal contenitore la pallina che ora stava aprendo con molta cautela, ma era riuscita a imporsi di stare calma, di non agitarsi: era in gioco e avrebbe fatto del suo meglio per vincere la sfida che la stava aspettando.

Come aprì il piccolo coperchio plastificato, estrasse un foglio ripiegato più volte, per poi aprirlo e leggerci:

“Numero sedici. Il castello delle favole.”

“È una bella attrazione”, disse Sayuri, contenta per l’amica “Spero che la vostra prova non sia troppo dura.”

“Me lo auguro. E voi due dove andrete?” domandò lei.

Compiendo gli stessi movimenti dell’amica, la castana dispiegò il foglio contenuto nella pallina azzurra.

“Dunque, noi abbiamo il numero cinquantasette. La casa degli orrori.”

“La casa degli orrori?” Jessica rabbrividì a quel nome.

Il ricordo itinere alla prima volta che ci era entrata, le balenò immediatamente in testa: quel luogo buio e pieno di vocine sottili e figure mascherate, le aveva fatto così tanta paura da vederla uscire di corsa dalla prima porta di sicurezza capitatale fra le mani. Si ritenne molto fortunata a non doverci andare, ma non poté non provare dispiacere per Sayuri, che avrebbe dovuto affrontarne la versione speciale. Sicuramente, Emporio Ivankov la doveva aver riempita di altri attori, di trappole o sotterfugi vari per renderla ancor più spaventosa di quanto già non fosse esternamente, ma la castana non pareva essere spaventata come lei, al contrario: era serena e composta come sempre.

“Temo che la vostra prova sarà più dura della nostra”, affermò la rossa “Quel posto non mi è mai piaciuto. Chissà cosa ci avrà messo il signor Ivankov…”

“Lo scopriremo soltanto andandoci. Sta tranquilla, Jessica, andrà tutto bene”, la rassicurò la castana.

“Uhm….”

 In realtà, la rossa non era molto convinta.

L’idea di separarsi dalla sua amica non le aggradava, seppur la prospettiva di rimanere con il suo Sanji fosse molto allettante. Se era riuscita a resistere fino a quel momento, lo doveva unicamente a lei, che le aveva tenuto la mano quando serviva, rincuorandola con parole semplici e dolci sorrisi. Anche lei non aveva mancato di darle il giusto appoggio, ma si sarebbe sentita molto più sollevata, se la giostra capitata a Sayuri fosse stata meno paurosa di quella casa: non sapeva bene il perché, ma aveva un brutto presentimento al riguardo…

“Non devi preoccuparti per lei, Jessica”, le disse Ace “Ci penso io a proteggerla. Tu vai pure con Sanji al castello delle favole.”

La fortuna volle che il moro stesse dando le spalle alla castana, perché se l’avesse vista in quel momento, ne avrebbe peggiorato le condizioni emotive: aveva dovuto abbassare la testa, tanto non voleva far vedere il proprio viso, stringendo la pallina svitata in petto con tutte le sue forze. Avvertì le proprie guance surriscaldarsi nel mentre le ultime parole del ragazzo aleggiavano nella sua mente come tanti echi imprendibili. Non le aveva dette ridendo o scherzando: poteva dire, che era stato serio, rassicurante in una maniera tale da cancellare ogni dubbio in Jessica e da lei, ed era stato proprio quel tono a rendere più calcati i battiti del suo cuore. Quello in cui stavano per cimentarsi era un gioco, una semplice attrazione, lui stesso lo aveva detto. E allora perché…perché non riusciva a riprendere il controllo di sé stessa?

Calma, riprendi fiato, si disse mentalmente, inspirando profonde boccate d’ossigeno.

Bastò ripetersi quella frase un paio di volte, perché riuscisse a tornare come prima. Era da tanto che non provava quella sensazione sulla sua pelle, forse da troppo, ma l’effetto era rimasto lo stesso, se non più forte di quanto pensasse: che le parlasse in faccia o meno, Ace riusciva sempre a scombussolarla.
Dalla sua posizione, Jessica tirò un grosso sospiro di sollievo, nel vedere l’amica riprendersi velocemente: ancora un po’ e avrebbe ceduto alla tentazione di andare lì e abbracciarla fino allo sfinimento. Era troppo tenera con le guance rosse, gli occhi lucidi e i lineamenti ammorbiditi! Avrebbe sorriso per quella visione, ma l’avere Ace davanti la fermò prima che la sua bocca si muovesse. Forse si era sbagliata, ma per qualche secondo, i suoi occhi si erano fatti incredibilmente seri….

Vuoi vedere che…?

“Jessica-chwan! Andiamo, mia adorata?”

Prendendo il posto di Ace, Sanji ruppe il pensiero formulato dalla rossa, lasciandolo interrotto a metà e senza conclusione.

“Si, Sanji-kun, arrivo”, gli disse, per poi rivolgersi nuovamente all’altro ragazzo “Mi raccomando, Ace. Ti affido Sayuri”, e fece l’occhiolino a quest’ultima, per augurarle un “Buona fortuna”, che venne ricambiato silenziosamente.

“È in buone mani”, le assicurò lui, sventolando la mano, nel mentre i due si incamminavano per il castello delle favole.

“Buona fortuna, Jessica”, le augurò la castana.

“Anche a voi”, rimandò lei.

Una volta che la rossa e il biondo furono spariti dalla loro visuale, Ace e Sayuri si scambiarono una veloce occhiata complice.

“Che dici, ci avviamo anche noi?” le propose il moro.

“Certo.” 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Ila_Chwan22