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Autore: Briseide    18/12/2011    4 recensioni
Post-Hogwarts. Pansy Parkinson e un matrimonio che non vuole da organizzare.
Blaise Zabini intorno a lei a renderle difficile il compito.
Millicent Bullstrode a rendere difficile il compito di Blaise Zabini.
E Draco Malfoy, che di sparire nel cassetto dei ricordi non vuole proprio saperne.
STORIA COMPLETA [revisione in corso]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Millicent Bullstrode | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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The way we were
XVIII
Ricomposizione

 

Io non ho detto loro di te
ma essi videro che ti lavavi nelle mie pupille
[Nizar Qabbani]

 

Era primavera, quando Draco tornò da lei, undici anni dopo. Lo vide riflesso nel vetro della finestra, nella sua camera da letto. La guardava negli occhi, con uno sguardo indecifrabile, il suo volto solcato dalle gocce della pioggia appena conclusa. Sembrava vero, pensò Pansy, perdendo il proprio cuore. Sembrava vero, ad ogni incontro. Giorni prima, lo aveva visto bere alla fontana della piazza, in città. Il riflesso del sole primaverile sui suoi capelli biondi l’aveva richiamata dal libro che stava leggendo sulla panchina in marmo. Allora aveva sollevato gli occhi dalle righe del libro, da parole francesi che le rimandavano una melodia a lei comunque, per sempre, estranea. Aveva posato lo sguardo sulla nuca di Draco, e lo aveva fissato fino a quando non aveva soddisfatto la sua sete. Fino a quando aveva accettato che non fosse Draco.

Anche la notte prima, era tornato da lei. Aveva fatto l’amore con lui tutta la notte. Al mattino, aveva ancora il suo respiro addosso, vicino all’orecchio. Aveva portato le mani sul proprio ventre, nel punto esatto in cui lui aveva poggiato le labbra. Era rimasta nel letto, cercandolo tra le lenzuola. La avvolse un buon profumo di bucato ai fiori di Provenza. Non era il suo odore. Allora aveva chiuso gli occhi, ed era rimasta a letto, fino a quando aveva accettato che quella notte non fosse mai esistita.

Ora lo incontrava di nuovo, nel vetro della finestra. Sembrava vero, come in tutti gli altri incontri. Questa volta non si era fatto la barba, e sembrava più adulto. Questa volta la guardava con occhi diversi, meno ardenti, più cauti. Sembrava che non volesse spogliarla, che non avesse il coraggio di toccarla. Nei loro incontri, Draco occupava sempre lo spazio come se fosse suo, come se gli spettasse. Anche se era solo lo spazio della sua immaginazione, uno spazio che lei sola gli metteva a disposizione. Eppure lui appariva, dando per scontato di esserci sempre stato. Ma questa volta, la guardava aspettandosi qualcosa da lei. Pansy lo trovò ugualmente molto bello, ma di una bellezza diversa. Aveva negli occhi uno sguardo dolente. E aveva qualcosa sul viso, pensò lei. Quell’aria dolente la rintracciò nelle rughe che aveva sulla fronte. Quelle rughe che erano anche le sue rughe. Sei invecchiato anche tu, insieme al mio pensiero di te. Ma non glielo disse. Perché quando appoggiò la mano sullo stipite della porta, il bottone che aveva sul polsino della giacca urtò il legno, e fece rumore. Fece rumore. Un suono secco. Dichiarativo. Parlò a Pansy, e le disse che anche lei era invecchiata. Le rughe sulla fronte erano il segno degli anni, non solo delle pieghe che aveva nel cuore. Il rumore le ricordò che anche lei era invecchiata, come l’uomo che adesso era nella sua stanza. Che si era appoggiato allo stipite perché quella fissità gli aveva fatto perdere l’equilibrio. Perché era stanco delle ore di viaggio, del viaggio in treno che gli aveva rovinato la piega del vestito, proprio come succede alle persone reali.

Lui si era mosso, ma le gocce di pioggia erano rimaste immobili al loro posto, appese al vetro della finestra della sua camera da letto. In attesa che il sole le asciugasse. Non erano più sul volto di Draco.

Pansy si voltò lentamente. Lo cercò, appoggiato a quello stipite. Per un attimo, le sembrò di trovarci Lucius Malfoy, il giorno in cui era apparso nel salone di Malfoy Manor. Solo allora comprese come Draco si fosse sentito, quel giorno. L’incredulità che superava qualsiasi speranza. Il timore di una felicità sbagliata. Il bottone sul polsino della sua giacca aveva fatto rumore.

“Ciao, Pans.” Disse lui. La sua voce era roca e la gola chiusa. Ciao, Pans, le disse, “sono in ritardo per il tè.”

 

*

Il serpente che non può cambiare pelle, muore.
[F. Nietzsche]

 

“Sento uno sbatter d’ali” esordì Blaise d’un tratto, inserendosi perfettamente nel momentaneo silenzio della stanza. Pansy gli riservò un’occhiata serafica, accompagnata da un ammorbidirsi delle labbra quando sentì Draco tendersi al suo fianco. Il cielo scuro alle loro spalle rimaneva imperturbabile, privo di gufi all’orizzonte.

“Sei senza ritegno” commentò Blaise, allungando i piedi sulla sedia lì di fronte.

“Taci” replicò l’altro, senza preoccuparsi di stare al gioco o piegarsi ad un po’ di autoironia.

“Perché non mandi un falchetto al Magnifico Preside? Almeno metteremmo fine a questa dilaniante attesa.”

Draco serrò i denti,  chinandosi verso il tavolino basso con l’intento di versarsi ancora da bere. Nel farlo il suo gomito urtò la bottiglia poggiata all’angolo del tavolo, fu questione di un attimo che a Blaise non sfuggì, notò con quello che avrebbe potuto definire un insensato compiacimento il modo in cui con la mano Pansy si sostenne  al braccio con cui repentinamente Draco l’aveva allontanata dal brandy e dai vetri della bottiglia. Qualcosa in quella sintonia ritrovata, e nei gesti attenti e discreti che entrambi si rivolgevano, lo fecero sentire in pace, come ai vecchi tempi. Come se l’ordine si fosse ricostituito, anche se con un certo ritardo e ad un prezzo che qualcuno più sano di mente e meno autolesionista di uno Slytherin avrebbe valutato come troppo alto.
“Sai Blaise, forse ti sfugge il fatto che non sono affari tuoi” lo apostrofò Draco dopo aver ordinato alla bottiglia di ricomporsi, per quanto vuota.
“Mi riguarda eccome, e non fingerò di non essere offeso. È pur sempre il mio figlioccio.”
Draco e Pansy lo guardarono con limpido stupore e Blaise cercò di non esserne sopraffatto.
“Ovviamente mi riservo unicamente gli aspetti goliardici e diseducativi del ruolo.”
Gli altri due sembrarono rilassarsi. Blaise ne sorrise. Come se l’ordine si fosse ricostituito.
Come se Pansy non avesse atteso undici anni per riavere il proprio compagno di vita. Come se non avesse sprecato undici anni della sua vita ad accudire il pallido rimpianto di lui. Come se Blaise non avesse passato tutto quel tempo a fare i conti con la propria ombra, a non averne timore, ad accettarla come parte di sé, a renderla una compagna di strada e non l’orrore di morte che cercava di divorarlo ad ogni passo.
Diede un’occhiata a Pansy e Draco, seduti sul divano in una casa in Provenza. Si chiese se davvero potesse funzionare. Se per caso tutti loro non stessero cercando di ignorare l’irrimediabilità delle loro esistenze, se per caso non fossero già morti, a un qualche punto delle loro vite, e adesso stessero lì come fantasmi che giocano ad essere vivi.
Poi Draco si voltò leggermente, sporgendo il collo a controllare per l’ennesima volta che un gufo arrivasse con la lettera in cui suo figlio gli comunicava di essere stato smistato in Slytherin, e nel voltarsi concluse quel gesto lasciando scivolare il braccio sulle spalle di Pansy. Quei due gesti, legati tra loro, sembrarono chiudere il cerchio. Blaise comprese davvero che quel giorno Draco era padre e compagno. Che dentro di sé aveva fatto abbastanza spazio. Che era riuscito a mettere nell’angolo gli orrori e gli errori, accettando di non potersene liberare ma di poter imparare a conviverci. Si accorse che nei suoi gesti l’arroganza era stata sostituita dalla fermezza. Non aveva più niente da dimostrare, a quel punto, solo molto da dare.
“Finirà di certo in Slytherin” disse, guardando anche lui il cielo scuro lì fuori.
Draco annuì, fingendo che non avesse importanza. Eppure ne aveva, e molta, anche se non lo avrebbe detto ad alta voce, neanche a Blaise e a Pansy.
“Sì” asserì, anche se non ne era per niente certo, ma ci sperava. Sperava che suo figlio fosse uno Slytherin, che in qualche modo continuasse ciò che lui era stato ma trovando la propria strada, la propria chiave interpretativa di quel miscuglio di leggi non scritte e codice d’onore. Sentiva che, in qualche modo, Scorpius era stato il frutto della propria rinascita, perché lo aveva concepito con tanto amore, anche se non era indirizzato verso la donna nel cui ventre lo stava depositando. Avrebbe trovato la sua strada, pensò Draco, e avrebbe restituito alla Casa l’originaria dignità che la sua, la loro, generazione le aveva strappato.

*

If you must cling to someone
now and forever
let it be me
[Bob Dylan, Let it be me]

 

C’erano cose di cui era difficile discutere. Pansy e Draco non ne parlarono mai esplicitamente, se non attraverso commenti a mezza voce o silenzi molto eloquenti. Quello che non riuscivano a dirsi, presero l’abitudine di scriverselo. Capitava che Draco trovasse un foglietto spiegazzato in cui Pansy aveva scritto con una grafia minuscola qualche pensiero che le rimaneva imprigionato in gola. Draco doveva strizzare gli occhi per riuscire a leggere quelle parole, timide e indecise, ma nella loro fragilità tremula, sincere.

Penso che dovresti far sapere ad Astoria dove sei.

Non gli chiese mai con quali parole avesse lasciato Malfoy Manor. Non volle sapere se il maniero fosse rimasto ad Astoria, per questioni legali, o se lei avesse preferito tornare nella casa materna, in cerca di un guscio abbastanza robusto dove celare il matrimonio fallito. Non domandò mai a Draco se Astoria avesse opposto resistenza, se avesse posto condizioni, quante e quali. Sapeva quanto bastava: che se Draco era tornato da lei, di certo Astoria non gli aveva imposto di sacrificare Scorpius.
In seguito a quel biglietto, Draco tornò a Londra per cinque giorni. Al suo ritorno, Pansy era intenta a distogliere Blaise dall’idea di licenziarsi, di nuovo, dalla Gringott. Lui la cercò, le baciò una tempia e andò a farsi una doccia. E Pansy seppe che quella calma piena e avvolgente che sentiva dentro di sé, chiudeva anche quel capitolo.


Draco trovò il coraggio di parlarle di sua madre solo dopo un anno. Una sera, riaccese la luce che Pansy aveva spento, e guardando il soffitto, disse: “Ho incontrato tua madre.” La testa di Pansy si volse spontanea verso l’armadio in cui aveva conservato la lettera che sua madre le aveva scritto, il giorno in cui aveva lasciato Londra. Draco attese immobile che gli concedesse l’opportunità di andare avanti. Le lasciò il tempo di recuperare il ricordo di sua madre, di ritornare figlia.
“Quando?” prese tempo lei, mentre pensava al profumo di sua madre, alla vita di solitudine cui l’aveva lasciata con suo padre, ora che non aveva più una figlia a cui raccontare la menzogna di un uomo che in verità non era stato un marito.
“Quando sono andato a parlare con Astoria.”
Pansy cercò lo sguardo di Draco. Vide solo il suo profilo affilato.
“E l’hai incontrata? Per caso?”
Non c’era accusa né rabbia nella sua voce. Draco, in ogni caso, non aveva creduto che fosse stato possibile mentirle.
“Sono andato a cercarla.”
Pansy non distingueva più tanto bene il suo profilo, tutto le divenne confuso. Si alzò, assumendo una posizione seduta, perché il respiro era di colpo pesante da sostenere. Sua madre, che non era stata accogliente, con lei. Che l’aveva resa uno specchio, in cui esercitarsi nell’arte del tessere menzogne sulla propria vita. Sua madre, che forse l’aveva resa a sua volta incapace di essere madre. Di colpo ebbe nostalgia di lei.
“Perché?” riuscì a chiedere, in un soffio di voce. Solo allora Draco si tirò su di colpo, lasciando perdere il soffitto e voltandosi verso di lei, al suono della sua voce, che era flebile e piena di dolore. E forse i suoi occhi, che non poteva vedere, nascosti dai capelli, erano pieni di lacrime, e lei era piena di domande a cui non avrebbe saputo rispondere, perché da quel rapporto era sempre stato escluso. Forse non avrebbe dovuto permettersi, lo aveva pensato subito, nel momento in cui aveva avuto di fronte quella donna. Forse avrebbe dovuto scrivere anche lui un biglietto a Pansy.
“Per farle sapere dov’eri.”
Anche la sua voce era un sussurro spezzato, cercava di contenere già delle scuse. Ma Pansy non disse niente, annuì e basta. La mano di Draco raggiunse il suo collo, e sostenne il peso della sua tristezza. Pansy lo lasciò fare, assalita da una nostalgia antica per qualcosa che in realtà non aveva avuto. Non le mancava, forse, la donna che l’aveva ospitata dentro di sé e che aveva condiviso con lei un percorso di vita conflittuale e distanziante. Le mancava la madre che non aveva avuto, e quella che lei non sarebbe stata.

Draco non allontanò la mano che aveva sul suo collo, e rimase con lei a celebrare quella perdita.

 

*

Cambia el rumbo el caminante
aunque esto le cause daño
y así como todo cambia
que yo cambie no es extraño
[
Julio Numhauser, Todo cambia]*

 

Blaise impiegò mezza giornata per radunare tutte le sue cose, quando decise di lasciare la Provenza. Nel riporre i suoi oggetti nel baule gli parve lampante, illuminante, di essere sempre stato pronto, in realtà. Doveva solo riconoscere che il momento fosse giunto. Si chiese se anche Pansy, oltre al proprio subconscio, se ne fosse accorta. Se avesse solo finto, come lui sembrava chiederle, sempre inconsciamente, di credere che si trattasse solo della sua proverbiale mania dell’ordine.
Se niente di Blaise era disseminato per la casa era solo perché preferiva che ogni cosa fosse al suo posto. E così, per tutto quel tempo, dov’era stato? Aveva lasciato quasi tutto nel baule in attesa di capire quale fosse il suo, di posto.
Quando Pansy e Draco rientrarono in casa, inciamparono uno dopo l’altro nel baule che Blaise aveva, appositamente, lasciato all’ingresso.
Pansy lo guardò cercando quanto meno di sorridere ma non le riuscì molto bene. Blaise la perdonò subito. Qualcosa in lui fu commosso da quella gelosia, dallo slancio egoistico con cui Pansy sembrò per un attimo decisa a tenerlo lì con loro. Draco invece spostava irrequieto lo sguardo dal baule al suo migliore amico, aspettandosi chiarimenti che potesse deliberatamente ignorare sollevando una qualche polemica inutile al solo scopo di trattenerlo il più possibile in quella stanza.
O forse no.
Forse anche lui, in quei secondi che Pansy occupò a ricordare a se stessa di averlo sempre saputo, di essere preparata e di averlo già accettato, anche Draco in quei secondi comprese che avrebbe dovuto lasciarlo andare, per poterlo avere per sempre al suo fianco.
“Sono giunto alla conclusione che Londra mi manca” comunicò Blaise, con un sorriso.
Pansy si riservò di pensare che in parte gli mancasse anche Daphne, e, soprattutto, in un modo tutto suo e per ragioni che nessuno di loro avrebbe fatto meglio a sondare, che gli mancasse anche Millicent. Allo stesso modo in cui mancava a lei. Non in maniera lancinante, come una ferita sempre aperta, ma in modo dolce e blando, come era Milli nel rapporto con loro.

Draco lasciò che fosse Pansy la prima ad abbracciarlo, perché in fondo in tutti quegli anni lui non c’era stato, non aveva preso parte alla complicata opera di ricostruzione, anzi, con la sua assenza forse ne aveva aggravato i lavori. Ma fu lui ad accompagnare Blaise alla stazione, perché smaterializzarsi avrebbe tolto ad entrambi il pretesto per fare quell’ultimo percorso insieme.
Lungo la strada si distrassero in commenti reprensibili sulle donne francesi, si persero e discussero per ritrovare la strada, si offesero e si fecero promesse che forse per la prima volta sarebbero stati in grado di mantenere. Poi furono costretti a salutarsi, consci che non era un congedo come la prima volta, perché in realtà, adesso, tutti e tre si erano appena ritrovati.

 

Fine.

Mi fa un pò impressione dirlo, ma è finita davvero.
In conclusione, direi solo che vi ringrazio, per aver - cercato, se non altro XD - di seguire questa storia. Credo che con questa si sia più o meno concluso anche il mio percorso con Harry Potter, inizio a non avere più memoria di certi dettagli importanti dei sette libri, il che lo interpreto come un segno, una sorta di passaggio obbligato ^^ Anche se Draco e Pansy rimarranno sempre l'incarnazione scritta della mia speranza che davvero nella vita ogni serpente possa cambiare la sua pelle. 
Insomma grazie a tutti quelli che hanno seguito, in qualsiasi forma abbiano scelto, questa storia, a chi l'ha anche recensita (soprattutto Entreri e sweetchiara, che anche se non l'hanno saputo formalmente sono state un punto fermo nelle crisi d'ispirazione ^^) e a chi si è fermato a leggerla. Beh, chiudo qui, perchè sono un pò Slytherin anch'io e con certe cose non ci so fare. Magari ci "leggeremo" ancora, ma nella sezione originali :D


* La versione più famosa - e a mio parere bella - è quella di Mercedes Sosa ma l'autore primo è stato Numhauser.
Cambia direzione il viandante,
sebbene questo lo danneggi,
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.

  
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