Sabrina Paso stava camminando
lentamente fra la neve, era stremata, il freddo le aveva spaccato tutte le
mani, le guance scarne e incavate, erano rosse e secche, per coprirsi non aveva
nulla, se non addosso quella misera tuta di cotone a righe. Un soldato le
intimò di fermarsi. Tremante, un po’ per il freddo e un po’ per la paura si
fermò. Lentamente verso di lei vide arrivare un uomo in giacca e cravatta, il
cappello in testa, fece un po’ di fatica a riconoscerlo, ma quando le fu vicino
non ebbe dubbi.
Era Fabio Paris!
Un impeto di rabbia la invase,
ma non aveva forze per ribellarsi e rimase cheta, nello stesso punto dove si
trovava da quando l’aveva accompagnata il soldato.
“Ciao Sabrina! Finalmente ti
vedo …” disse l’uomo tenendo le mani nelle tasche
La donna deglutì.
“Mi spiace di vederti così,
non mi ero raccomandato altro che ti trattassero bene …”
“Cosa vuol dire?” chiese lei
“Vuol dire, che quando ti ho
fatta prendere con tuo marito, non volevo certo che ti trattassero in questo
modo, io volevo solo allontanarti un po’ da Giulietta …”
“Ma perché lo hai fatto!
Perché? Io non ti ho mai fatto nulla di male …”
L’uomo rise.
“Perché volevo che Giulietta
non avesse più nessuno su cui appoggiarsi! Se era sola, non poteva far altro
che correre da me!” rivelò l’uomo
“spero con tutto il cuore che
non sia andata così!”
“Ed è qui che ti sbagli! –
fece un passo lasciando l’orma sulla neve bianca –lei è corsa subito da me, mi
è grata, infinitamente grata, che non ha neppure il coraggio di tornare dal suo
grande amore … dovresti vederla, così innamorata di lui, ma così legata a me, è
davvero speciale, ho avuto la conferma, che potrà stare con me tutta la vita,
ma adesso vista la sua premura nei miei confronti voglio farle un regalo, ti
riporto a casa, così si deciderà a sposarmi … e poi dovresti vedere com’è dolce
il tuo bambino … mi chiama zio … mi adora” una risata cinica
Sabrina lanciò un urlo:
“NO! Mio figlio, non può
essere, tu non puoi …”
“Certo che posso, ha vissuto
con me in questi ultimi anni … l’ho cresciuto, l’ho vestito, gli ho dato da
mangiare, l’ho messo a dormire …”
Un dolore al petto per
Sabrina.
Una fitta lancinante e
insopportabile.
Cadde a terra in ginocchio
dicendo:
“Tu le hai tolto l’amore di
sua madre …”
Piangendo cadde sdraiata a
terra. Un riverbero di sole le accarezzò il volto per posarsi sulla lacrima che
le stava incastonata fra le ciglia.
Chiese perdono.
Perdono a Dio, se in quel
momento il suo cuore era pieno d’odio.
Chiese perdono.
Perdono alla Mamma Celeste,
che era sopravvissuta al dolore della morte di suo figlio, mentre lei non
riusciva a vivere, sapendo che le era stato tolto l’affetto del suo bambino da
un essere indegno.
Poco distante Giulietta aveva
assistito alla scena, arrivò correndo. Nella corsa perse il suo cappello rosso,
che pareva una chiazza di sangue fra il candore della neve. Il silenzio
regnava. Surreale. Si accasciò su Sabrina. Doveva essere uno dei giorni più
belli della sua vita, ed invece si era trasformato in un incubo. Fabio era la
causa di tutto il suo dolore, aveva sentito abbastanza per capire tutto. Le sue
lacrime cadevano copiose, bagnando il volto della cugina.
“Non lasciarmi. Non ora che ti
ho ritrovata” disse Giulietta singhiozzando
La cugina poté solo guardarla
e nulla più. Il suo cuore era ormai spezzato dal dolore. Riuscì solo a donarle un’ultima carezza sul
volto per poi far ricadere la mano inerme sul suo corpo smunto.
“no … non può essere, non
lasciarmi, ho bisogno di te, ho fatto tanto per ritrovarti ed ora tu mi lasci
così” ondeggiava avanti e indietro, in un moto perpetuo, come se fosse fuori
dal mondo, estranea a tutto ciò che stesse accadendo:
“Non è come pensi !” disse
Paris toccandole una spalla
“Non toccarmi! Assassino”
l’uomo indietreggiò a quelle parole, per la prima volta in vita sua sentì il
suo cuore palpitare e stringersi dal dolore.
Alessandro arrivò lì, e vide
Giulietta piangere. Nonostante sua madre fosse irriconoscibile la guardò, e
disse alla zia:
“Così farai male alla mamma”
Guardandolo non seppe che
dire, e Federico disse:
“La mamma ha smesso di
soffrire …” lo prese in braccio e se lo strinse al petto mentre Giulietta
piangeva. Accarezzava la cugina e la copriva, si tolse il giubbotto rosso e lo
mise su di lei mentre con l’alito cercava di scaldarle la pelle e sussurrava:
“Quanto freddo hai patito?
Quanto? Non preoccuparti, adesso andremo a casa … ti accendo il fuoco e ti
scaldi” con la mano le accarezzò anche la nuca priva dei suoi capelli e
proseguì:
“Oh cresceranno i capelli, ti
darò uno dei miei cappelli …” era divenuto un pianto laconico. Poco distante
Inès li guardava; Federico con Alessandro in braccio, Giulietta seduta sulla
neve, incurante dei suoi abiti che si stavano inzuppando, e in piedi a
guardarli vi era Fabio, che silenzioso li guardava. Una guardia in divisa verde
era al fianco della donna argentina, fece alcuni passi in avanti e disse :
“è lei!”
Corse da Giulietta e la
strattonò, tirandola per un braccio per farla alzare, ma lei rimaneva
avvinghiata al corpo di Sabrina, fu Fabio che chiese:
“Cosa cercate da lei?
Lasciatela stare!”
“Quella donna, ci ha detto che
è un’ebrea …”
“Non lo è!” rispose secco
l’uomo e si voltò verso di lei, e le
disse:
“Hai ragione tu! Forse io e te
siamo fatti della stessa pasta, potremmo stare insieme, peccato che il mio
cuore abbia deciso di battere per un’altra”
A quelle parole Giulietta
sollevò il capo e disse:
“Perché mi fai questo?”
“Perché tu non meriti l’amore
di questi due uomini! E io voglio che tu sparisca per sempre”
“Visto? Abbiamo usato gli
stessi mezzi per raggiungere il nostro scopo!” la voce di Paris era carica di
amarezza, ma Giulietta disse stanca:
“No Inès, tu sei diversa, ne
sono certa, l’amore non è questo! L’amore non è togliere, ma è dare,
incondizionatamente, guarda Fabio, mi ha tolto tutto, mi ha lasciata sola per
far si che avessi bisogno di lui … oh cosa credi che io possa provare per lui?
Gratitudine, provavo solo gratitudine, ma l’amore è un’altra cosa … salvati se
puoi …” smise di parlare, non ne aveva più voglia. Aveva solo voglia di
piangere, non le importava più di nulla; il soldato incredulo guardò Paris e
poi l’ambasciatore Argentino, fu quest’ultimo che disse:
“Vai c’è stato un errore”.
Inès con gli occhi pieni di
lacrime scappò via.
Fabio si accasciò su
Giulietta:
“Perdonami, non doveva
succedere tutto questo …”
“Va via …” riuscì a
bisbigliare
“Ma …” tentò di obbiettare
“Ti ha detto di andartene … ed
è ancora buona, se fosse stato per me …” non completò la frase, Alessandro
stringendosi a lui gli chiese di smetterla.
I suoi grandi occhi neri erano
stati chiari e decisi. Non era tempo per recriminare. Lentamente si allontanò
da loro, senza poter staccare gli occhi da Giulietta che piangeva stringeva la
cugina oramai priva di vita, con il corpo segnato da atroci sofferenze. Fabio Paris per la prima volta in vita sua
sentì nascere un senso di vuoto e smarrimento nel petto. Una gran voglia di
piangere si impadronì di lui, ma non una lacrima scese dai suoi grandi occhi
verdi. Desiderò la morte, ma anche questa forse era fin troppo poco per lui.
Guardando Giulietta piangere capì tutto il male che le aveva fatto in quegli
anni. Capì che aveva sbagliato tutto nella sua vita. A testa china si scontrò
per un istante con Inès che era rimasta lì impalata, non la guardò che per un
attimo. Prima di sparire nel nulla.
La mano piccola e fredda di Alessandro accarezzò i neri capelli della zia e disse:
“La mamma non sarebbe contenta
di vederti piangere …”
La donna non rispose, si morse
il labbro e si asciugò le lacrime col dorso della mano, fu allora Federico che
disse:
“Mi spiace … se solo fossi arrivato
prima …”
“Già, se solo fossi arrivato
prima … chissà, forse sarebbe ancora viva, oppure no, non lo sapremo mai”
rispose Giulietta senza sollevare lo sguardo, poi aggiunse, parlando come se
Sabrina potesse sentirla “avrei solo voluto poterti parlare ancora una volta,
avrei voluto farti vedere Alessandro, sei tu che dovresti crescerlo! Io non
sono la mamma … tu hai scelto me come mamma di tuo figlio … perché? Perché? Mi
manchi Sabrina, torna da me … ti prego … io che faccio adesso da sola? Sola
capisci?” tutte quelle domande salirono al cielo plumbeo, e Alessandro,
stringendola le disse:
“Ha scelto te, come mia
seconda mamma, perché sapeva che non avrebbe potuto scegliere di meglio, ha
scelto te come mia seconda mamma perché sapeva che mi avresti amato tanto
quanto lei, poi non ti ha lasciato sola, ci sono io …”
Quelle parole le scaldarono il
cuore, ma non le spensero il dolore che aveva dentro, e fu sempre il piccolo
che disse:
“Zia, non piangere più … non
possiamo fare più niente per lei, ha smesso di soffrire, è andata in cielo, da
Gesù! Non ti ricordi? Tu stessa mi hai detto che tutte le persone buone quando
muoiono vanno da lui …
Andiamo, non piangere …”
Aveva ragione . non c’era più
niente da fare. Federico le passò un fazzoletto bianco e l’aiuto ad asciugarsi
le lacrime. Inès guardandoli provò dolore e pena per se stessa. Mai nessuna
l’aveva amata in quel modo, e mai lei aveva amato con quella stessa intensità.
Con un gesto della mano chiamò due soldati e li mandò da loro:
“Sono la futura moglie dell’ambasciatore,
andate e aiutate quella ragazza, deve seppellire il corpo della sorella, voglio
che sia dignitoso” sapeva bene che era la cugina, ma per il legame che avevano
parevano due sorelle; fatto questo tornò nella pensione dove alloggiava.
Le ciminiere emettevano fumo
grigio ed un forte odore acre; Paris, era in piedi accanto ad una delle capanne
dove probabilmente aveva dormito Sabrina, e osservava ciò che accadeva. Aveva
sentito tanti racconti, ma mai aveva visto cosa accadeva realmente. Grazie al
suo tedesco capì che i militari gridavano:
“Tutti a fare la doccia”
Ma dopo non vedeva uscire
nessuno. In quel momento capì cosa accadeva davvero, quello doveva essere una delle docce a gas, dove
venivano gasati i prigionieri, e successivamente venivano bruciati. Al pensiero
gli salì la nausea.
Vomitò.
Un altro plotone in arrivo.
Si presentò:
“Sono Fabio Paris, mi hanno
appena comunicato che questi ebrei devono essere portati nell’altra doccia!” la
sua voce era dura come un tempo. Inflessibile.
“Noi non ne sappiamo nulla”
contestarono i soldati di fronte a lui
“Per non incorrere in sbagli e
punizioni io vi consiglio di andare a chiedere”
I giovani militanti si
consultarono. Ed effettivamente aveva ragione lui. Si allontanarono. Fu in quel
momento che Paris diede un’occhiata a quanti erano.
Solo un centinaio.
Ma poco gli importava, per
quanto poco facesse tutto serviva, anche una goccia nel mare serve a riempirlo,
pensò:
“Seguitemi” urlò
Abituati com’erano ad eseguire
gli ordini, ubbidirono senza farsi domande.
A mani nude cercò di aprire il
filo spinato che avvolgeva l’intero campo. Non poté far altro che aprire un
piccolo buco, si mise in mezzo, tenendolo aperto tra le gambe e la schiena.
Velocemente li vide passare uno dietro l’altro, con un’energia che credevano di
aver perso, era forza della speranza, la speranza, che potessero davvero
scampare a quel posto orribile; fra di essi Fabio riconobbe un volto.
Era Gabriele, il marito di
Sabrina.
Non ebbe il coraggio di
guardarlo negli occhi.
Né lo fermò.
Lo vide andare via.
Non gli disse nulla, vide
nell’uomo il luccichio della felicità, e non volle togliergliela.
Era l’ultimo della fila.
I soldati tornarono. Li videro
scappare e iniziarono a mitragliare all’impazzata. Fabio si voltò un istante e
vide cadere a terra proprio lui. In quel momento i suoi occhi piansero tutte le
lacrime che non aveva versato in vita sua.
“Traditore!” gli gridarono i
militari
Paris si alzò in piedi.
Alto e fiero, come mai lo fu
in vita sua.
Molte erano le persone che
aveva affossato, e che per colpa sua erano morte. Finalmente aveva capito di
aver sbagliato. Finalmente si era pentito di tutto quello che aveva fatto nella
sua vita. Aveva fallito in tutto,aveva pensato di poter ottenere anche l’amore
con i soldi ed il potere, ma non era stato così. Ad insegnarglielo era stata
lei:
GIULIETTA.
Il suo pensiero volò a lei.
Non avrebbe mai saputo che
alla fine si era pentito sul serio.
Non avrebbe mai saputo che
l’aveva amata sul serio.
I colpi di mitragliatrice lo
raggiunsero nel petto. Freddi e taglienti lo trapassarono. Lasciandolo privo di
vita. Pareva una macchia sul candore della neve che avvolgeva quel luogo.
Fra risa e sputi, dei tedeschi
finì la vita di Paris.
Giulietta era tornata nella
casa dove viveva con sua madre. Le ci volle poco per risistemarla e farla
tornare calda e avvolgente.
La primavera era appena
iniziata. La neve polacca sembrava un lontano ricordo, eppure nel suo cuore era
forte il dolore per gli avvenimenti appena passati.
Avevano seppellito Sabrina
nello stesso cimitero di sua madre. Così avrebbe potuto andarla a trovare
facilmente. Ad accompagnarla a Roma erano stati Federico ed Inès; proprio
quest’ultima prima di lasciarla la strinse a se, priva di rancore e rabbia, e
le sussurrò all’orecchio:
“Perdonami se sono stata
cattiva con te … se posso fare qualcosa per rimediare …”
Effettivamente una cosa c’era
…
Le chiese di portare con se
Donna Adelina, non le importava di quanto male le avesse fatto, ma sapeva con
assoluta certezza che nessuna donna meritava di vivere senza il figlio accanto.
Fu esaudita.
Il saluto più doloroso lo
diede a Federico.
Sapeva che sarebbe stata
l’ultima volta che lo avrebbe visto in vita sua. Lo strinse forte a se
inspirando il suo profumo più forte che poté, quasi come a volerne fare scorta.
Lui le baciò le mani, e con il labbiale le disse:
“ti amo e ti amerò sempre …
sarai la mia camelia”
Giulietta rispose con gli
occhi. Per loro non era più tempo. Avevano perso la loro occasione, con la
morte nel cuore si dissero addio.
Quella mattina il fuoco era
acceso, come sempre. Sulla cucina vi era una pentola dove ribolliva lo stufato
per il pranzo. Giulietta cuciva. Aveva imparato quando era ragazzina, ed adesso
manteneva lei e Alessandro con quei lavori di sartoria; il nipotino le diceva
sempre:
“Diventerai una grande sarta!
Ne sono certo” e lei poteva sorridere di cuore. La radio stava trasmettendo
notizie importanti, si parlava ancora della guerra:
GLI AMERICANI SONO ARRIVATI
NEL CAMPO DÌ CONCENTRAMENTO DÌ AUSCHIWZT
…
Poi non poté udire più nulla,
un enorme frastuono veniva dalla strada; grida di gioia e di motori, si
affacciò alla finestra e vide i carri armati sfilare per le vie della città.
La guerra era davvero finita.
Erano gli americani che erano arrivati a liberare l’Italia. Un pianto di gioia
e liberazione. Era come se un senso di pace si infondesse in Giulietta che
aveva vissuto pienamente quella guerra. La porta di casa si spalancò:
“Zia! Zia! Guarda!” era
Alessandro che festante mostrava qualcosa di nuovo, e pieno di entusiasmo
disse:
“Me lo ha dato un soldato
americano! Ha la pelle come l’ebano, ma un sorriso bianco … come la tua pelle!
Mi ha dato questo, mi ha fatto vedere che lo devo mettere in bocca e lo devo
masticare … l’ho fatto! Sa di caramella! Solo che non finisce … mi ripeteva
solo chewingum!”
Giulietta lo guardava felice.
Vederlo così le faceva passare tutta la tristezza che aveva nel cuore, poi il
nipote le disse:
“Dai zia, vai a farti bella,
vieni fuori, ci sono tutti i miei amici …”
Con un sorriso disparve e fu
nella sua stanza; indossò un abito a fiori. Erano delle camelie rosa che
volteggiavano su un drappo di stoffa bianco.
Aveva visto la stoffa al mercato e non aveva saputo resistere, si era
fatta un vestito, cosa che accadeva raramente, ma sapeva che prima o poi
sarebbe capitata un’occasione speciale. Si guardò allo specchio e fra i
capelli, ormai cresciuti, mise il suo immancabile fermaglio.
Aprì la porta della stanza e
vide la cucina invasa di fiori, rose, gerbere, dalie e altre infinite varietà:
“Questa consegna è per lei!”
disse un garzone
“Ci deve essere stato un
errore” ribatté lei stupita
Ma il ragazzo non attese
risposta e se ne andò.
“Alessandro … perché hai fatto
entrare quel ragazzo?” chiese al nipote
“perché ho promesso, che avrei
fatto di tutto per farti sorridere almeno una volta al giorno, perché ho
promesso che avrei fatto tutto quello che lui mi avrebbe chiesto!”
“Ma hai promesso cosa? E a chi?”
chiese Giulietta senza capire più nulla
“A me!” quella voce … era la
sua! Non poteva sbagliarsi, ne era certa, alzò gli occhi e lo vide sulla soglia
della porta
Federico Sepúlveda.
Aveva un pantalone marrone e
una camicia bianca, la giacca la teneva con due dita. Era bellissimo come
sempre, forse quella volta anche di più. La guardava sorridente, ma prima di
avvicinarsi a lei si accostò ad Alessandro e gli disse:
“Sapevo che avrei potuto
contare su di te! Sapevo che non mi avresti deluso … e ora va a divertirti” il
bimbo gli diede un bacio e rispose:
“E io sapevo che non mi
avresti deluso … che avresti mantenuto le tue promesse …” detto ciò andò fuori
a far festa.
Federico si fece spazio tra i
fiori che lui stesso aveva fatto portare in quella casa e raggiunse Giulietta che lo guardava come se
avesse visto un fantasma, le disse:
“Non guardarmi così …”
“Pensavo che non ti avrei più
rivisto!”
“Io no … non sono così idiota
da commettere lo stesso errore due volte”
“E Inès?”
“Inès … beh io le ho detto che
ti amavo … e che non avrei mai potuto amare nessun’altra che te …”
“E adesso soffre per colpa
mia!” rispose Giulietta
“no, di questo stanne certa
… mi ha chiesto di riaccompagnarla in
argentina e così ho fatto, si è chiusa in convento, dice che vuole pensare e
trovare l’amore più grande che si possa provare, era così felice quando è
entrata che credo proprio che con l’aiuto del Signore lo troverà. E con lei c’è
anche Donna Adelina, chissà magari si addolcisce un po’ … anche se non credo!”
rise, oramai tutto era lontano. Aveva salutato per l’ultima volta la sua terra.
Suo padre era ancora arrabbiato con lui. Pareva lo odiasse per ciò che aveva
fatto, ma sapeva bene che avrebbe capito.
Prima o poi.
Sua madre lo aveva baciato e
benedetto, da sempre ciò che le stava a cuore era la felicità del figlio, e
sapere che dentro era rimasto sempre lo stesso la riempiva d’orgoglio.
“e tu sei tornato per me?”
chiese Giulietta
“Vuoi davvero una risposta?”
“Io … non …”
“Ti amo Giulietta! Ti ho
sempre amata, dal primo momento che ti ho vista, e non voglio certo correre il
rischio di perderti sul serio …”
Le baciò le labbra.
Un bacio d’amore. Il primo
bacio che finalmente racchiudeva la felicità di entrambi. Il primo bacio che
finalmente dopo tanto dolore li avrebbe condotti verso la speranza di un mondo
migliore.
Perché il loro amore era stato
messo a dura prova. La danza del vento, freddo e ostile aveva provato a
separarli, ma dopo il vento c’è sempre il sereno, basta saper aspettare e
credere. E così avevano fatto Federico e Giulietta, avevano aspettato e creduto
nel loro amore fino all’ultimo, cosicché anche il destino avverso si era dovuto
arrendere a quella forza infinita e misteriosa quale è l’amore.
FINE
ANGOLO AUTRICE
Grazie a tutti quelli che hanno seguito questa storia. È con tristezza che pubblico questo ultimo capitolo, mi dispiace lasciare tutti voi che siete stati tanti e soprattutto affettuosi.
Spero di ritrovarvi al più presto!
Un abbraccio e Felice Natale e Anno Nuovo, con affetto
Rospina.