MINUETTO
La pioggia
batteva incessantemente sui vetri della finestra della camera.
L’inverno era arrivato con tutta la sua prepotenza e un velo ovattato sembrava
essere sceso sull’intera città. Tutto era addobbato a festa, ovunque c’era frenesia,
i negozi erano animati dalle risate dei clienti che passavano interi pomeriggi
a cercare il regalo ideale. Le feste
erano ormai alle porte.
Le luci dell’albero di Natale del giardino dei vicini illuminavano a
intermittenza il soffitto creando illusori e improbabili sprazzi di colore
sulla vernice bianca.
Lei, i capelli arruffati come al solito trattenuti malamente in una coda fatta
alla bell’e meglio, se ne stava
rannicchiata sul letto, aspettando.
Aspettando lui. Una sua chiamata, un
suo messaggio, un suo biglietto. Un suo segno.
Ogni sera era un’agonia che terminava tra le sue braccia o tra quelle del
Mattino che la trovava ancora sveglia e sempre un po’ più disillusa sempre in
attesa di lui.
Lui, che stava per sposare un’altra per compiacere la volontà di suo padre e,
lei ne era certa, per non perdere la sua eredità.
Perché non s’era mai visto un Malfoy che non navigasse nell’oro e lei sapeva
che di certo lui non sarebbe stato il primo.
Non per un capriccio. Non per un’infatuazione.
Non per lei.
Non per Hermione Granger.
Per prima
cosa sentì il rumore dei suoi passi per le scale.
Il fondo di legno delle pregiate scarpe di vernice nera che portava sempre che
batteva contro il marmo freddo –come le
sue mani quando la toccava-, falcate lunghe e veloci -come i battiti del suo cuore dopo che avevano fatto l’amore-,
andatura cadenzata e controllata -come le
parole che usava con lei e che non riuscivano a mascherare del tutto
l’impazienza che lei leggeva nei suoi occhi-.
La posizione fetale che aveva assunto da quando si era appoggiata sul letto nel
primo pomeriggio, le gambe contro al petto che si alzava e abbassava
ritmicamente, la faceva sentire al sicuro. Protetta, amata.
L’aveva aspettato per buona parte della giornata e ora quasi desiderava che non
venisse. Avrebbe voluto dirgli di andarsene e che non sarebbe certo stata ai
comodi suoi –“porci comodi suoi” come
avrebbe detto Ginny- ma non era una stupida e sapeva fin troppo bene che quando
se lo sarebbe ritrovato davanti, da lì a pochi secondi, non avrebbe avuto la
forza di dirgli di no. Avrebbe voluto
che il cuore le facesse un regalo di Natale e che la smettesse di ribellarsi a
lui in quel modo o, se non altro, avrebbe preferito che il suo corpo, sleale e
traditore, non lo desiderasse così tanto. In quel modo sbagliato, perverso,
malato. Incurabile. Perché lui era la malattia e la cura. Lui era il veleno e
l’antidoto. Lui era il tormento divino e la panacea di tutti i mali.
Lui era il suo effetto placebo dal Natale.
Sentì Draco che inseriva la chiave di casa sua e la serratura scattare poco
dopo. Apparve sulla soglia della porta della camera come un demone venuto dall’Inferno,
bello come un diavolo tentatore, un Mefistofele che avrebbe goduto nel vedere
la sua caduta verso profondissimi abissi nei quali lui l’avrebbe condotta per
mano per poi lasciarla nuovamente sola in attesa del suo ritorno.
I capelli chiarissimi scompigliati del gelido vento dell’inverno lo rendevano
vero e dolorosamente reale, gli occhi grigi rispecchiavano la pioggia che
scrosciava fuori dalla finestra. Le labbra, leggermente screpolate dal freddo,
lasciavano intravedere il bianco perlaceo dei denti, dolore e promessa, offesa
e piacere.
Lo vide togliere la giacca fradicia di pioggia e gettarla senza cura alcuna
verso una sedia lì accanto, lo fissò rapita mentre sfilava il maglione e toglieva
bottone dopo bottone dalle asole liberando il petto glabro che avrebbe già
voluto sentire sotto le sue mani che stringevano ancora le coperte.
Con un passo fu sul letto accanto a lei che, inerme, si fece spogliare.
Attribuì il freddo che sentiva al riscaldamento troppo basso e alla nudità. Le
mani di lui scorrevano lentissime e al tempo stesso veloci sul corpo della
ragazza, risvegliandolo piano, accuratamente, non dimenticando neppure un lembo
di pelle, sfiorando, pizzicando, accarezzando, solleticando con una perizia e
una devozione assoluta.
La maestria indubbia con cui lui muoveva gli arti la portarono in un secondo
all’inferno, mentre lei era certa che le fiamme che sentiva nelle vene le
avrebbero infuocato il sangue, portandola a breve al limite, a implorarlo più e
più volte di farla sua.
Quasi ogni notte quel letto, quelle mura, erano testimoni di scene come quella:
lui che arrivava in silenzio a casa sua, si spogliava e spogliava lei a volte
inerme a volte complice, e poi solo passione, odio, amore, rabbia,
disperazione. Sentimenti affogati nel corpo dell’altro in uno spasmodico volere
di più -dall’altro, da se stessi-, in
un disperato bisogno di non pensare, di non sentire -mentre lei sentiva fin troppo bene i battiti dei loro cuori-, di
non darsi spiegazioni e di non fornire inutili scuse o bugie.
A volte lo trovava ancora nel letto al mattino, quando era ancora buio e lei si
alzava per prepararsi per andare al lavoro. Lui sembrava centellinare quelle
occasioni come un assetato avrebbe fatto con dell’acqua nel deserto. Per una
mattina che lo trovava ancora accanto a sé, ce ne erano altre dieci, cento in
cui il letto era vuoto. A volte ancora caldo del corpo di lui -e lei stringeva al petto il cuscino in un
disperato tentativo di fermare il tempo-, altre gelido per l’assenza.
E vieni a casa mia
quando vuoi nelle notti più che mai
dormi qui te ne vai
sono sempre fatti tuoi
Tanto sai che quassù
male che ti vada avrai
tutta me se ti andrà per una notte
I giorni si
susseguivano tutti uguali, uno dopo l’altro, in una catena di solitudine che
non sarebbe mai stata capace di spezzare.
Se anni prima le avessero detto che si sarebbe trovata in una situazione del
genere con Draco Malfoy, per Draco Malfoy, non ci avrebbe mai
creduto.
Intrattenere una storiella con lui a seguito della rottura con Ronald non
sembrava una così cattiva idea dopo che Draco aveva smesso di insultarla
continuamente e avevano iniziato ad avere un rapporto che, considerati i loro
precedenti, si sarebbe anche potuto definire civile nei limiti dell’inciviltà.
Quello che era seguito poi era stata una sorpresa per entrambi.
La necessità di vedersi, sempre più
spesso, non solo per il sesso, di fare le piccole cose insieme -dormire, mangiare, andare a fare la spesa,
passeggiare nei parchi di mattina presto quando c’era meno gente che avrebbe
potuto vederli insieme- era diventata incontenibile.
Nessuno dei due aveva mai proposto la convivenza ma di fatto era quello che era
successo da quando lei aveva dato a Draco la chiave del suo appartamento senza
mai chiedergliela indietro. Neppure dopo tutto quel tempo e tutto quel dolore.
Nella sua mente riviveva ogni minuto la sera che lui le aveva detto che si
sarebbe sposato secondo la volontà di suo padre. Dopotutto era pur sempre un
Malfoy…
Con quelle parole le aveva conficcato un coltello in pieno petto e già le stava
baciando le labbra come tutte le altre sere, come se niente fosse. E lei non
era stata capace di fermarlo. Non ne
aveva avuto la forza, né la volontà.
Non poteva combattere una guerra contro Draco Malfoy e contro se stessa.
E giorno dopo giorno, arrendendosi sempre di più ai suoi baci e alle sue mani
esperte, erano arrivate le feste Natalizie.
E con esse, la solitudine che cresceva come un abisso dentro di lei di secondo
in secondo.
Sarebbe stato da sciocca anche solo pensare di tentare di soffocare la passione
che provava con lui -per lui-, ma sapeva
che per il suo bene non avrebbe potuto dirgli sempre di sì, con lui che la
amava in quel modo disarmante, estremo, dolcissimo che la faceva sentire
inesperta, fragile e piccola davanti a lui.
La follia
sembrava sempre pronta ad accoglierla tra le sue braccia ossute e spigolose,
regalandole immagini di Draco durante il giorno mentre la sua parte razionale
le ricordava che lui non era lì, a casa con lei. Lui era dalla sua fidanzata.
Che di certo non si chiamava Hermione
Granger…
Illusioni. Non erano altro che illusioni. Forse miraggi di una mente troppo
provata dalla guerra, dalle angherie e dal dolore. Dalla solitudine della
consapevolezza di un futuro senza di lui.
Draco.
Ma sapere di un futuro senza di lui la spingeva a volerne di più nel presente,
di lui e di tutto quello che poteva darle: sesso, amore, odio, rancore,
lacrime, disperazione, dolore. Sentimenti.
Si sarebbe accontentata persino delle bugie.
L’avrebbe atteso forse per sempre, fino a quando una sera non avrebbe più sentito
le chiavi infilate nella porta e la serratura di questa scattare e allora,
forse, avrebbe compreso che lui non sarebbe più tornato. Che lui non era più
suo e non lo sarebbe più stato.
Draco.
Troppo cara la felicità
per la mia ingenuità
continuo ad aspettarti nelle sere
per elemosinare amore
Lei, invece,
sarebbe stata sua per sempre. Non che lui fosse stato il primo, e all’inizio
non credeva neppure che sarebbe stato l’unico. Invece lo era diventato, giorno
dopo giorno, notte dopo notte, bacio dopo bacio, susseguendo carezze a morsi ed
a questi nuove carezze.
L’avrebbe atteso forse per sempre.
Avrebbe tenuto accesa una luce nella notte anche quando fosse andata a
dormire per ricordargli che lei, per lui, ci sarebbe sempre stata.
Non avrebbe cambiato la serratura, così lui sarebbe potuto entrare sempre, in
ogni momento, ogni notte. E lei si sarebbe addormentata ogni notte pensando a
lui e si sarebbe svegliata con lui in testa e il suo nome tra le labbra, e
avrebbe visto la sua ombra svanire al risveglio ricordandole la differenza tra
sogni e realtà.
L’avrebbe atteso forse per sempre.
Forse Draco sarebbe tornato, una volta o due, in una sera buia d’inverno o
in una calda notte d’estate col profumo dei gelsomini nell’aria carica di baci
sudati e di promesse lascive; sarebbe tornato sapendo che Hermione l’avrebbe
atteso forse per sempre, che si sarebbe concessa a lui dieci, cento, mille
volte, incurante che lui dormisse o meno da lei -con lei nel respiro, tra le braccia, sul petto, nel cuore-, certo
che neppure allora avrebbe dovuto darle un motivo della sua partenza o qualora
l’avesse lasciata sola in un letto grande e ancora caldo del loro amore. Con la
sicurezza che lei non si sarebbe immischiata nei fatti suoi, negli affari
personali dei Malfoy, sarebbe passato nel suo appartamento fingendo di donare,
in realtà col solo intento di prendere -come
un’aquila carpisce tra i suoi artigli un usignolo- tutto quello che lei
sarebbe stata in grado di offrigli -la
vittima che offre i polsi alla lama del pugnale del suo carnefice-.
***********
Era quasi surreale vedere le luci degli addobbi dell’albero di Natale del
giardino dei vicini che, entrando dal vetro pulito della finestra, illuminavano
il soffitto della sua camera.
Il rosso e il blu si mischiavano insieme in un abbraccio armonioso e subito
dopo erano seguiti dall’arancione e dal verde.
Le sembrava quasi che anche i decori Natalizi si prendessero gioco di lei.
Nella festa del Natale, dove tutto avrebbe dovuto essere verde e rosso -Serpeverde e Grifondoro-, quelle lucine
le rinfacciavano che invece il verde e il rosso non brillavano insieme -lei e
Draco non stavano insieme-, si inseguivano in una folle rincorsa -come Draco inseguiva lei appena lei
decideva di smettere di inseguire lui- e infine morivano, spegnendosi nel
tentativo di raggiungersi -come si
sentiva morire lei ogni sera mentre nel buio cercava ancora le sue braccia e la
mattina si svegliava sola-.
Se chiudeva gli occhi, Hermione avrebbe anche potuto giurare che non era
passato neppure un istante dal Natale precedente, quando lui era arrivato nel
suo appartamento e l’aveva trovata raggomitolata su se stessa -in se stessa-, quando avevano fatto
l’amore sebbene mancasse meno di una settimana al suo matrimonio con un’altra
donna.
L’orizzonte era sempre più difficile da vedere, prigioniera in una trappola che
si era costruita da sola ma di cui aveva dimenticato -forse volutamente- la soluzione, il modo di sciogliere l’arcano e
ritrovare se stessa -la vecchia Hermione che non si sarebbe
ridotta nel fantasma che era per un uomo che aveva deciso di sposare un’altra-.
La vita stava passando senza che lei se ne accorgesse e il tempo le rubava
furtivo il sonno e la lucidità, facendole credere che non era ancora passato un
giorno da quando Draco non aveva più aperto la porta del suo appartamento. Una
settimana prima del suo matrimonio con una Purosangue. Una donna che non era lei.
Il tempo le scorreva via dalle mani come sabbia, come quella sabbia che lui
le aveva messo nelle mani facendole credere che fosse un dono prezioso ed
eterno -come il suo amore per lei-,
un qualcosa che sarebbe durato per sempre come l’illusione di una prima
giovinezza e di un’innocenza che si accorgeva di non avere più. Era stato Draco
a renderla una donna? O era stata la guerra a farla crescere? O forse la sua
disillusione era sempre stata in lei come un seme in attesa del terreno
fertile, dell’acqua e dei raggi del sole che aveva trovato solo dopo che lui
non era più andato da lei?
E continuo sulla stessa via
sempre ubriaca di malinconia
ora ammetto che la colpa
forse e' solo mia
avrei dovuto perderti e
invece ti ho cercato
Hermione l’aveva
cercato ovunque, in quel letto che senza di lui sembrava enorme, nelle strade
affollate della Londra Babbana e per i vicoli stretti di quella magica, tra i
volti della gente sugli autobus, nei negozi, nei suoi sogni, sulle labbra e
negli occhi di ogni uomo che aveva incontrato nei locali, nei parchi o nei
ristoranti. Ma nessuno sarebbe mai stato
come lui semplicemente perché nessuno era lui.
Aveva cercato il vero amore senza volerlo davvero trovare e non si era stupita
poi più di tanto di trovarsi ancora sola con la mente che vagava verso lui,
immaginando cosa avrebbero fatto insieme se Draco fosse stato lì con lei in
quel momento e non sposato con un’altra.
Chiuse gli occhi immaginando il sorriso che le avrebbe regalato , come di
quelli che le rivolgeva prima che suo padre scegliesse una fidanzata degna al posto suo.
I pensieri vagavano senza logica alcuna, mischiando ricordi e sogni, immagini
passate e altre mai vissute in un collage che rendeva tutto più doloroso.
Come doloroso era stato l’annuncio del suo matrimonio. Ricordava ancora quella
sera. Qualcosa in lei ricordava e non avrebbe dimenticato mai.
Promesse sussurrate con voce setosa e
coltelli che recidono la carne morbida in un colpo solo.
E ti accasci, lentamente. Morendo dentro e fuori.
Le lucine allegre del Natale illuminano a intermittenza il tuo viso cadaverico.
“Perché non sorridi?” sembrano sbeffeggiarti.
Il suo corpo
completamente privo di energie, i capelli crespi lasciati liberi sul cuscino,
le gambe tutt’altro che magre come erano probabilmente quelle della moglie
purosangue che lui aveva sposato, raccolte verso il petto mostravano la sua
disperazione. Completamente sopraffatta dalla sua partenza anche dopo un anno.
I colori delle luci di Natale filtrate dal vetro sembravano riempire per un
istante l’intera stanza per poi farla piombare nell’oscurità. Chiuse gli occhi
cercando sollievo nel buio che sentiva di avere dentro. Le sembrò quasi di
sentire un Minuetto ed immaginò che qualcuno lo stesse suonando per lei -per loro?- mentre con la mente non
riusciva più a distinguere il sogno -Draco-
dalla realtà -lei-.
Forse questa è la vita, si disse. Forse lo pronunciò ad alta voce o forse si
limitò a pensarlo. O magari non lo pensò neppure, le bastava saperlo, che
quella era la vita.
Una vita senza Draco.
E mentre la mente si intorpidiva sempre più e piombava tra le braccia di
Morfeo, in un dormiveglia che la alleviasse dalle ferite di un Natale di
ipocrisia che la circondava, fu sul punto di giurare di aver sentito i passi di
Draco che saliva le scale del suo appartamento per raggiungerla.
L’avrebbe atteso, forse, per sempre.
Angolo dell’autrice
I ringraziamenti non sono mai stati il
mio forte, ma neppure passare le feste di Natale col sorriso stampato in faccia
lo è. Fosse per me mi addormenterei i primi di Dicembre e mi sveglierei a metà
Gennaio: ovviamente non è possibile… Così come non mi è possibile non
ringraziare pepita, splendida
persona che si è offerta di farmi da beta reader per questa one-shot.
Nonostante non sia un’amante sfegatata
di questo particolare periodo dell’anno, quest’anno ho avuto il mio piccolo ‘Miracolo
di Natale: ho ripreso a scrivere dopo quasi un anno di assenza da EFP e anche
le feste incombenti mi sembrano un po’ più sopportabili. Certo, ancora non ci
sono dentro, ma basta l’idea di aver ripreso il coraggio di scrivere a
sollevarmi il morale.
Un grazie infinito a Mirya, persona
stupenda e disponibilissima che per me c’è sempre stata, nei periodi belli e in
quelli un po’ meno belli.
Infine grazie a chi non ringrazio mai
che non si arrabbia per questo e non mette il broncio (per le feste Natalizie
basta il mio, di broncio…)
Grazie a te, lettore, che sei arrivato fin qui. Io, fossi stata in te, mi sarei
fermata molto prima.
Un augurio sincero (e ci tengo a sottolinearlo perché è vero!) di Buon
Natale e felice anno nuovo a tutti voi.
Un piccolo post: il titolo, così come
la storia, riprendono volutamente la canzone “Minuetto” di Mia Martini.