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Autore: Elos    18/12/2011    10 recensioni
- Vieni con me. - gli aveva detto lei. - Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
E il Drago l'aveva saputo anche in quel momento, sì, che lei aveva ragione: solo, era stato troppo vigliacco per poterlo ammettere. [...]

Prima Classificata al concorso "The Indoors Fantasy" indetto da schwarzlight.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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. sei



Raggomitolato nel fondo della sua caverna, il Drago si predispose al sonno. Mentre la grotta si riempiva di luce rossa – tutto quel che del sole e del giorno e del mondo arrivava fin lì, la luce, e c'era quella della sera che trasformava la ragazzina del Male Bianco in una figura d'acqua blu, quella del pomeriggio, densa come l'oro fuso, e poi l'alba, bellissima alba che le faceva i capelli d'argento, le mani viola, una luce pallida e chiara, traslucida – il Drago giacque sul pavimento di roccia con gli occhi chiusi e l'espressione corrucciata.
La luce del mattino gli pareva rossa com'era rosso il sangue degli uomini, rossa com'erano rosse le sue scaglie, come il fuoco. Fuori il mondo bruciava, ma lì, nella sua grotta, il Drago era al sicuro. Avrebbe potuto dormire per il prossimo secolo, si disse, con la speranza di riaprire gli occhi in un mondo leggermente migliore. Un mondo più giusto. Senza umani, magari, un mondo che potesse meglio funzionare per quelli come lui; senza ragazze vendute e re crudeli e cavalieri che una volta c'erano stati e che gli avevano fatto credere che tutto andasse bene, ma tutto non andava bene, proprio no. Anche i cavalieri erano scomparsi. Come i Draghi.
Un mondo senza bambine con il Male Bianco.
Il Drago grugnì e rotolò su un fianco. Nessuna bambina pallida che potesse scavarsi un posticino riparato e caldo da qualche parte nel fondo del suo cuore, per poi sparirsene da un giorno all'altro con una spada in mano. Nessuna bambina pallida che potesse andare a farsi ammazzare. Non l'avrebbe vista morire, si disse. Avrebbe potuto credere e pensare che sarebbe sopravvissuta, che ce l'avrebbe fatta. Ma una parte di lui, pensò il Drago, l'avrebbe saputo. Una parte del Drago avrebbe saputo la verità.
L'aveva guardata andarsene senza cercare di fermarla – perché fermarla, costringerla nella grotta umida e buia e chiusa, l'avrebbe uccisa – e lei sarebbe morta, adesso. Sarebbe morta così.
Il Drago pensò che avrebbe potuto dormire per un paio di secoli. Tenere il muso agli dei, mentre dormiva, per avergli giocato quel brutto scherzo. Si sarebbe svegliato molto, molto, molto più tardi e... e magari non l'avrebbe più ricordata. Magari l'avrebbe scambiata per un sogno.
Il Drago si rigirò sulla pancia. Si sistemò più comodamente: distese le zampe anteriori avanti a sé, s'arrotolò la coda accanto, fece riposare il capo sul punto più morbido del cumulo di monete e gioielleria.
Gettò una rapida occhiata all'apertura della grotta: il cielo fuori era azzurrissimo e mite, adesso, con quel riflesso rosso che avrebbe potuto essere quello del mattino che avanzava così come quello d'un enorme incendio lontano.
Richiuse gli occhi.

Li riaprì.

Si rigirò su un fianco. Le monete sembravano stranamente dure. Spigolose. Quella mattina parevano volerglisi incastrare tra le scaglie qualunque posizione assumesse, ed erano scomode, dannazione. Il Drago sbuffò. Si raggomitolò, serrando ben strette le palpebre, e finalmente, finalmente, finalmente, trovò un buon punto sul quale sdraiarsi.

L'attimo dopo il Drago spalancò di nuovo gli occhi e stridette, frustrato, verso l'apertura della grotta.
Tutta quella luce, dall'altra parte del soffitto di pietra, sembrava irriderlo.

- - -



Il primo ricordo sarebbe stato quello della luce: vista da vicino era ancora più bella, così, azzurra e rossa e limpida, e la luce sapeva di vento, sapeva di cielo. Aveva la tinta pallida delle nuvole bianche che erano l'unico tetto che c'era, là fuori, l'odore mite dell'acqua salata che veniva da molto, molto, molto lontano, ben oltre le montagne, dalle coste del mare.
Il secondo ricordo sarebbe stato quello della terra: niente pietra dura, ondata su ondata di pietrisco franoso o metallo fuso in monete ossidate, ma terra, terra vera, terra viva, morbida e leggermente asciutta e venata d'erba. C'era un oceano d'erba, là fuori, i piccoli rivoli della cima della collina, l'inondazione compatta dei campi in lontananza.
Il terzo ricordo sarebbe stato quello del sole. Nel sole, la ragazzina si stagliò per un attimo come una forma scura e neutra: ma poi si girò ed aveva la luce nei capelli, che erano d'argento vivido e vivo, là fuori, non bianchi né grigi ma argento, e c'erano sfumature rosate tra le ciocche, sfumature rosse negli occhi, e il viso bianco della ragazzina era come uno specchio di cielo, di alba. Il Drago che la vide in piedi sulla cima della collina pensò ai cavalieri, tutti spariti, ma anche la ragazzina aveva un elmo, una spada. Anche la ragazzina andava alla guerra.
C'era qualcosa di strano, nel mondo fuori dalla grotta. Il Drago si accorse di che cos'era con un attimo di ritardo, perché tutte le sue cellule erano state troppo beate e intente, al principio, a godersi la meravigliosa, feroce bellezza di tutto quel che c'era lì, vento e sole e terra e cielo.
- Non c'è nessun incendio. - disse il Drago. - Non c'è niente che stia bruciando.
La ragazzina gli indicò un punto ai piedi della collina: il Drago guardò e vide che effettivamente qualcosa aveva preso fuoco, là sotto, un edificio annerito e contorto dove le fiamme dovevano essersi spente ormai da ore ed ore.
Il Drago aggrottò la fronte:
- Quello non è un villaggio, ragazzina. Quello è un granaio. Conosci la differenza, sì? Villaggio, granaio? Un villaggio, più villaggi, stanno bruciando tutto? Non c'è niente che bruci, là sotto!
La ragazzina non gli rispose.
Il Drago capì. Gli ci volle qualche minuto di profonda, intensa, corrucciata ed irritabile riflessione, ma poi capì.
- Mi hai mentito. Mi hai stramaledettamente mentito.
La ragazzina annuì.
Il Drago ricacciò indietro il desiderio di mangiarsela, spada ed elmo e tutto, e le chiese:
- Perché l'hai fatto?
- Era l'unico modo – gli spiegò lei – per farti uscire fuori di lì.
- Mi hai fatto credere che stessi andando a morire. - l'accusò il Drago. - Mi hai ingannato.
La ragazzina annuì, serenamente:
- Lo so. - E poi, allargando le braccia, spalancandole, quasi volesse abbracciare in un gesto solo tutto il bellissimo mondo che aveva attorno: - Ti dispiace che l'abbia fatto?
Il vento aveva ancora un odore, che era poi quello dell'acqua di mare, e l'erba carezzava il ventre del Drago così come aveva fatto molti e molti e molti anni prima, quando lui ancora percorreva la terra come un Drago libero. L'alba era nata da poco.
Il Drago alzò il capo e l'aria gli passò sopra, sotto, attorno. Dischiuse le ali e queste si riempirono di vento, se ne saturarono: ebbe l'impressione che gli sarebbe bastato smuoverle appena per alzarsi in volo. Tutto il suo corpo cantava e fremeva e si protendeva verso l'alto come una pianta lasciata troppo a lungo al buio.
- La mammana è bruciata in quel granaio. Anche io stavo per bruciare lì dentro, ma poi ho trovato un passaggio tra le travi, sono scappata fuori. Ed ora sto andando davvero dal re. - gli disse la ragazzina. - Puoi venire con me, se vuoi. Possiamo chiedergli perché non è un Buon Re. Possiamo cercare un Buon Re. Possiamo cercare gli altri Draghi, gli altri come te. Magari, poi, le cose saranno un po' più giuste.
Il Drago strisciò un artiglio a terra. Guardò la ragazzina e considerò seriamente l'idea di stritolarla in una zampa, di cacciarsela in bocca, masticarla e poi risputarla. Gli aveva mentito, l'aveva ingannato, l'aveva tirato fuori dalla grotta. L'aveva tirato fuori dalla grotta. Si sarebbe svegliato, il mattino dopo, in un mondo dove il soffitto non era fatto di pietra, sotto a quel cielo limpido e immenso che aveva pensato di non poter più vedere.
Il Drago chiuse gli occhi. Sospirò e, quando li riaprì, la ragazzina era ancora davanti a lui, e non aveva paura, e dopotutto perché no?, pensò il Drago. La nostalgia orrenda che aveva fatto il nido nel suo stomaco per tutti quegli anni ora non c'era più: alla luce dell'alba era come evaporata.
- Molto bene. - disse. Mosse qualche passo in avanti e la ragazzina si spostò per assecondarlo, per seguirlo. Guardò verso di lui, e il Drago vide il sole risplenderle tra le lunghe ciglia bianche. - Facci strada, allora.

Il Drago glielo disse ai piedi della collina.
Lei aveva di nuovo le braccia spalancate in quel gesto che sembrava voler inghiottire il mondo, intero, e non lasciarlo andare più via: davanti al Drago e alla ragazzina la gente del villaggio si era ritratta urlando terrorizzata, lasciandoli passare e affrettandosi per togliersi dalla loro strada. Prima o poi sarebbero arrivati quelli con le torce e i forconi, e poi quelli con le spade, ma per ora li lasciavano in pace, li lasciavano camminare, godersi il momento.
- Penso che ti chiamerò così. - le disse. - Se fossi Drago sarebbe più facile: tutti i Draghi sono Draghi, ma non tutti gli uomini sono come altri uomini.
La ragazzina alzò gli occhi e lo fissò, perplessa.
- Chiamarmi così come?
Era venuta con la prima luce del giorno, senza avere paura, perché non era stata creata per averne. Aveva portato il sole nella grotta e poi fuori dalla grotta. L'alba le passava tra i capelli, era bianca come il cielo d'inverno, rosata ben più che il tramonto offuscato.
- Aurora. - le disse il Drago. - Ti chiamerò Aurora.
La ragazzina sembrò pensarci su.
- Aurora? - ripeté.
- Aurora. - confermò il Drago.
La fronte liscia della bambina del Male Bianco si corrugò.
- Significa qualcosa?
Il Drago sogghignò. Un contadino così coraggioso da tirar fuori la testa dalla porta della sua casupola la ricacciò prontamente all'interno di fronte a quel suono francamente spaventevole, ma il Drago non vi badò. Spinse in avanti con la punta della coda la ragazzina, facendola barcollare lievemente.
- Te lo spiegherò. - le disse poi. - Sappi che sarò sempre lieto di gettare una palata di conoscenza nell'insaziabile pozzo svuotato della tua ignoranza.



- Chiamala Aurora. - disse il cielo al Drago.
E il Drago, sì, il Drago lo fece.








Note: E così è finita - per adesso. Se la ragazzina e il Drago avranno successo o meno, se riusciranno a trovare un Buon Re e a rendere le cose nuovamente giuste, be', questa è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta.

Partiamo con ordine. Ringrazio _bianconiglio_, Lely1441, wari, chimaira, junone, Carmilla Lilith, Tatan, Ray08, dierrevi, TuttaColpaDelCielo, duedicoppe, Loryblackwolf, Sad Little Chrona, che si sono fermati a lasciare una recensione a questa storia.
Ringrazio schwarzlight, senza la quale questa storia non sarebbe mai nata.
Ringrazio tutti voi che avete letto, sperando che a tutti voi sia piaciuta.

E, dato che non sono brava a chiudere una storia e che mi par di capire (oh, ma come l'avrò capito mai? x°D) che è piaciuto a tutti voi:
"E adesso, Draco, senza di te cosa faremo? A chi ci rivolgeremo?"
"Alle stelle, Bowen. Alle stelle."
  
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