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Autore: Avion946    18/12/2011    0 recensioni
Un gruppo di scienziati lavora a lungo attorno ad un progetto che porterà all' umanità nuove possibilità, sviluppo, progreso. L' esperimento a suo modo riesce ma gli effetti non sono proprio quelli sperati.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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futuro2

Un nuovo futuro per l' umanità

 

Quella mattina, uscendo di casa, Martin Peterson sentiva che quello sarebbe stato un giorno davvero speciale. Tutto intorno, il resto del mondo non si rendeva conto che mentre proseguiva per la sua consueta strada, un gruppo di uomini, un gruppo di ingegni, aveva lavorato per anni, sudato per reperire capitali, superando frustrazioni, insuccessi ed alla fine conseguendo i risultati attesi, solo puntando sulle proprie forze, sulle proprie capacità, sulla propria determinazione. Salito sulla sua automobile, attendendo che si scaldasse il motore, Martin osservò un aereo che appena decollato dal vicino aeroporto, stava prendendo quota con i motori a pieno regime. A sinistra, lungo i pontili del porticciolo, le barche ormeggiate si dondolavano al movimento delle onde mentre qualcuno a bordo era impegnato a svolgere pulizie, piccole operazioni di manutenzione o semplicemente sdraiato sul ponte, smaltiva la sbornia dopo l' ennesima festicciola a bordo della notte precedente. Scostandosi dal marciapiede, non poteva non pensare che forse, da lì a poche ore, tutto quello poteva essere cambiato. Le porte del futuro si sarebbero aperte per l' umanità, in una direzione imprevista ed incredibile. Tutti ne avrebbero ricavato un indiscusso vantaggio ed il gruppo di cui faceva parte avrebbe finalmente ricevuto i meritati riconoscimenti per tutto il periodo di stressante e massacrante lavoro e per la costanza con cui si era impegnato per tutto quel tempo. Guidò con infinita prudenza. Ci sarebbe mancato altro che proprio quel giorno mandasse tutto all' aria per una semplice svista o per impazienza. Dodici anni, ci erano voluti per arrivare a quel punto. Giunse al laboratorio dopo circa mezz'ora. Il fabbricato, piuttosto anonimo era un vecchio magazzino che avevano avuto in affitto per una cifra modesta ed era stata la loro base per tutto quel tempo. Piano piano l' avevano attrezzato con tutta la strumentazione necessaria al loro progetto, andando avanti con i calcoli e le prove parziali mentre il loro capo, il prof. Mattias Clark faceva la spola fra gruppi finanziari, grosse società, facoltosi privati e chiunque altro avesse potuto contribuire con un finanziamento per portare avanti il loro sogno. Pian piano, quel semplice magazzino, attrezzato anche con mobilio adeguato e generi di conforto, aveva consentito loro un soggiorno, anche per discreti periodi, per evitare di perdere tempo negli spostamenti, quando un esperimento in corso richiedeva un controllo continuo o quando le loro discussioni circa i risultati di alcuni calcoli, si protraevano per ore ed alla fine, sfiniti, si lasciavano letteralmente cadere sulle brandine poste in una stanza arredata a dormitorio. Avevano anche allestito un fornito cucinino dove preparare pasti d'emergenza o provvedere alla ininterrotta, copiosa preparazione del caffè. La cosa era costata loro famiglia, amici, conoscenze ma ne era di certo valsa la pena ed ora, prossimi al successo, sapevano che avevano fatto bene, che avevano fatto la scelta giusta. Dopo aver suonato alla porta ed essersi fatto riconoscere dal sistema televisivo a circuito chiuso, Martin entrò nell' edificio e percorso un corridoio, superato un altro controllo di sicurezza, arrivò finalmente nel laboratorio. C' erano già tutti gli altri. Il prof Clark , il matematico Henry Turner, gli  ingegneri Katrin Bailey e John Adams, i due tecnici Samuel Cox e Margaret Rivera ed ora lui, scientificamente il meno dotato di tutti, ma forse uno dei principali artefici del progetto, completava quella eccezionale compagnia. La specialità di Martin era quella di rimediare le cose, di trovare la strada per fare qualcosa, per risolvere nelle varie difficoltà. Quando apparentemente il lavoro si arenava, per i più svariati motivi, loro gli spiegavano cosa serviva, cosa non andava e lui modificava gli strumenti, adattava i congegni, reperiva il materiale, trovava le soluzioni alternative e si era reso  prezioso in mille occasioni. Nei primi tempi la sua attività veniva puntigliosamente controllata, specie dai due ingegneri, ma poi avendo dato prova di indiscussa affidabilità nel suo lavoro era diventato piuttosto indipendente. Riusciva anche a risparmiare diversi soldini come la volta in cui, acquistando il cavo d' argento per realizzare la bobina finale del campo, aveva accettato un grado di purezza leggermente più basso valutando, con adeguata tolleranza, che non avrebbe avuto alcun peso sul risultato finale o quando dovendo trovare delle memorie superveloci, era riuscito a reperirle su un' apparecchiatura che l' università con cui collaborava aveva scartato perchè ritenuta non all' altezza degli standard richiesti. Il macchinario al centro del laboratorio era bellissimo. Per chi l'aveva visto crescere giorno per giorno, sviluppandosi per inglobare tutte le specifiche richieste, ogni componente, ogni cavo, ogni strumento aveva la sua storia, dodici anni di storia, di sforzi, di lavoro. Ora era pronto. Quando la sera prima avevano eseguito l' ultima regolazione, era sceso un silenzio irreale, la prima volta in dodici anni, ed erano rimasti così, a guardare attorno ed a osservarsi l' un l'altro quasi increduli di ciò che avevano fatto, di ciò che avevano ottenuto. Erano ormai una squadra affiatata e così legati uno all' altro, da non riuscire a concepire un futuro in cui non apparissero tutti insieme. Ora, senza più indugi, Martin indossò il  camice e immediatamente si tuffò nel suo lavoro. Ognuno sapeva con esattezza cosa fare. A parte lo scalpiccio dei passi, il ticchettare delle tastiere dei computer, il sibilo dei gas di raffreddamento della bobina finale, il crepitio di qualche previsto arco elettrico causato dall' altissimo valore della tensione in gioco, non si sentiva altro suono. Alla fine, ognuno comunicò di essere pronto. Il professor Clark controllò gli ultimi dati, gli ingegneri verificarono che i principali protocolli fossero in azione ed opportunamente allineati, i tecnici controllavano che i parametri fossero nella norma, il matematico verificava i dati che uscivano ad intervalli dalla stampante e Martin alla consolle principale, era l' addetto all'attivazione dei controlli che avrebbero portato avanti l' esperimento. Ora era tutto pronto. Finalmente, il viaggio nel tempo sarebbe stata una realtà. Tutti i test avevano dato esito positivo ed ora si sentivano pronti a scrivere una nuova pagina di storia. Al centro della bobina avevano posto un grosso cristallo di quarzo, un cesto di frutta ed una gabbietta con due cavie da laboratorio. La prova prevista per quel giorno avrebbe spedito quel gruppo di elementi nel futuro, di un' ora. Avrebbero così potuto controllare se ciò che sarebbe stato spedito, avrebbe riportato danni nel salto, specie le due cavie. Ad un segnale del professore, Martin avviò la procedura e continuò ad attivare la sequenza prevista via via che gli ingegneri gli davano l' OK per le fasi successive. Giunti alla sequenza finale, iniziarono a percepire il consueto sibilo dovuto al campo che si formava all' interno della bobina. Il circuito di confinamento del campo funzionava ampiamente nei parametri. Arrivarono gradatamente alla piena potenza. Il sibilo divenne un fischio sempre più intenso e più acuto, quasi insopportabile ma tutto funzionava nella norma. Gli elementi all' interno della bobina cominciarono a smaterializzarsi. Il campo iniziò a pulsare, emettendo una luce bianca ed intensissima, la bobina cominciò a surriscaldarsi. Il circuito di confinamento si trovò a lavorare al limite delle sue capacità. Il gruppo ora osservava il fenomeno con una certa apprensione. Non era mai successo ma era anche vero che mai avevano spinto il campo a questa intensità. La bobina continuava a surriscaldarsi e gli ingegneri che avevano calcolato le specifiche non se ne spiegavano il motivo.  Il prof. Clark gridò a Martin di compensare e questi eseguì all' istante. Le memorie di controllo facevano il possibile per limitare gli effetti. Il campo tornò a regolarizzarsi ma dopo un brevissimo intervallo, divenne ancora più luminoso ed una improvvisa intensa onda di energia si propagò dalla bobina tutto attorno, attraversando le apparecchiature, i membri del gruppo che osservavano il fenomeno ammutoliti dalla sorpresa, le pareti del laboratorio, perdendosi all' orizzonte.

 

Quella mattina, uscendo di casa, Martin Peterson sentiva che quello sarebbe stato un giorno davvero speciale. Tutto intorno, il resto del mondo non si rendeva conto che mentre proseguiva per la sua consueta strada, un gruppo di uomini, un gruppo di ingegni, aveva lavorato per anni, sudato per reperire capitali, superando frustrazioni, insuccessi ed alla fine conseguendo i risultati attesi, solo puntando sulle proprie forze, sulle proprie capacità, sulla propria determinazione. Salito sulla sua automobile, attendendo che si scaldasse il motore, Martin osservò un aereo che appena decollato dal vicino aeroporto, stava prendendo quota con i motori a pieno regime. A sinistra, lungo i pontili del porticciolo, le barche ormeggiate si dondolavano al movimento delle onde mentre qualcuno a bordo era impegnato a svolgere pulizie, piccole operazioni di manutenzione o semplicemente sdraiato sul ponte, smaltiva la sbornia dopo l' ennesima festicciola a bordo della notte precedente. Scostandosi dal marciapiede, non poteva non pensare che forse, da lì a poche ore, tutto quello poteva essere cambiato. Le porte del futuro si sarebbero aperte per l' umanità, in una direzione imprevista ed incredibile. Tutti ne avrebbero ricavato un indiscusso vantaggio ed il gruppo di cui faceva parte avrebbe finalmente ricevuto i meritati riconoscimenti per tutto il periodo di stressante e massacrante lavoro e per la costanza con cui si era impegnato per tutto quel tempo. Guidò con infinita prudenza. Ci sarebbe mancato altro che proprio quel giorno mandasse tutto all' aria per una semplice svista o per impazienza. Dodici anni, ci erano voluti per arrivare a quel punto. Giunse al laboratorio dopo circa mezz'ora. Il fabbricato, piuttosto anonimo era un vecchio magazzino che avevano avuto in affitto per una cifra modesta ed era stata la loro base per tutto quel tempo. Piano piano l' avevano attrezzato con tutta la strumentazione necessaria al loro progetto, andando avanti con i calcoli e le prove parziali mentre il loro capo, il prof. Mattias Clark faceva la spola fra gruppi finanziari, grosse società, facoltosi privati e chiunque altro avesse potuto contribuire con un finanziamento per portare avanti il loro sogno. Pian piano, quel semplice magazzino, attrezzato anche con mobilio adeguato e generi di conforto, aveva consentito loro un soggiorno, anche per discreti periodi, per evitare di perdere tempo negli spostamenti, quando un esperimento in corso richiedeva un controllo continuo o quando le loro discussioni circa i risultati di alcuni calcoli, si protraevano per ore ed alla fine, sfiniti, si lasciavano letteralmente cadere sulle brandine poste in una stanza arredata a dormitorio. Avevano anche allestito un fornito cucinino dove preparare pasti d'emergenza o provvedere alla ininterrotta, copiosa preparazione del caffè. La cosa era costata loro famiglia, amici, conoscenze ma ne era di certo valsa la pena ed ora, prossimi al successo, sapevano che avevano fatto bene, che avevano fatto la scelta giusta. Dopo aver suonato alla porta ed essersi fatto riconoscere dal sistema televisivo a circuito chiuso, Martin entrò nell' edificio e percorso un corridoio, superato un altro controllo di sicurezza, arrivò finalmente nel laboratorio. C' erano già tutti gli altri. Il prof Clark , il matematico Henry Turner, gli  ingegneri Katrin Bailey e John Adams, i due tecnici Samuel Cox e Margaret Rivera ed ora lui, scientificamente il meno dotato di tutti, ma forse uno dei principali artefici del progetto, completava quella eccezionale compagnia. La specialità di Martin era quella di rimediare le cose, di trovare la strada per fare qualcosa, per risolvere nelle varie difficoltà. Quando apparentemente il lavoro si arenava, per i più svariati motivi, loro gli spiegavano cosa serviva, cosa non andava e lui modificava gli strumenti, adattava i congegni, reperiva il materiale, trovava le soluzioni alternative e si era reso  prezioso in mille occasioni. Nei primi tempi la sua attività veniva puntigliosamente controllata, specie dai due ingegneri, ma poi avendo dato prova di indiscussa affidabilità nel suo lavoro era diventato piuttosto indipendente. Riusciva anche a risparmiare diversi soldini come la volta in cui, acquistando il cavo d' argento per realizzare la bobina finale del campo, aveva accettato un grado di purezza leggermente più basso valutando, con adeguata tolleranza, che non avrebbe avuto alcun peso sul risultato finale o quando dovendo trovare delle memorie superveloci, era riuscito a reperirle su un' apparecchiatura che l' università con cui collaborava aveva scartato perchè ritenuta non all' altezza degli standard richiesti. Il macchinario al centro del laboratorio era bellissimo. Per chi l'aveva visto crescere giorno per giorno, sviluppandosi per inglobare tutte le specifiche richieste, ogni componente, ogni cavo, ogni strumento aveva la sua storia, dodici anni di storia, di sforzi, di lavoro. Ora era pronto. Quando la sera prima avevano eseguito l' ultima regolazione, era sceso un silenzio irreale, la prima volta in dodici anni, ed erano rimasti così, a guardare attorno ed a osservarsi l' un l'altro quasi increduli di ciò che avevano fatto, di ciò che avevano ottenuto. Erano ormai una squadra affiatata e così legati uno all' altro, da non riuscire a concepire un futuro in cui non apparissero tutti insieme. Ora, senza più indugi, Martin indossò il  camice e immediatamente si tuffò nel suo lavoro. Ognuno sapeva con esattezza cosa fare. A parte lo scalpiccio dei passi, il ticchettare delle tastiere dei computer, il sibilo dei gas di raffreddamento della bobina finale, il crepitio di qualche previsto arco elettrico causato dall' altissimo valore della tensione in gioco, non si sentiva altro suono. Alla fine, ognuno comunicò di essere pronto. Il professor Clark controllò gli ultimi dati, gli ingegneri verificarono che i principali protocolli fossero in azione ed opportunamente allineati, i tecnici controllavano che i parametri fossero nella norma, il matematico verificava i dati che uscivano ad intervalli dalla stampante e Martin alla consolle principale, era l' addetto all'attivazione dei controlli che avrebbero portato avanti l' esperimento. Ora era tutto pronto. Finalmente, il viaggio nel tempo sarebbe stata una realtà. Tutti i test avevano dato esito positivo ed ora si sentivano pronti a scrivere una nuova pagina di storia. Al centro della bobina avevano posto un grosso cristallo di quarzo, un cesto di frutta ed una gabbietta con due cavie da laboratorio. La prova prevista per quel giorno avrebbe spedito quel gruppo di elementi nel futuro, di un' ora. Avrebbero così potuto controllare se ciò che sarebbe stato spedito, avrebbe riportato danni nel salto, specie le due cavie. Ad un segnale del professore, Martin avviò la procedura e continuò ad attivare la sequenza prevista via via che gli ingegneri gli davano l' OK per le fasi successive. Giunti alla sequenza finale, iniziarono a percepire il consueto sibilo dovuto al campo che si formava all' interno della bobina. Il circuito di confinamento del campo funzionava ampiamente nei parametri. Arrivarono gradatamente alla piena potenza. Il sibilo divenne un fischio sempre più intenso e più acuto, quasi insopportabile ma tutto funzionava nella norma. Gli elementi all' interno della bobina cominciarono a smaterializzarsi. Il campo iniziò a pulsare, emettendo una luce bianca ed intensissima, la bobina cominciò a surriscaldarsi. Il circuito di confinamento si trovò a lavorare al limite delle sue capacità. Il gruppo ora osservava il fenomeno con una certa apprensione. Non era mai successo ma era anche vero che mai avevano spinto il campo a questa intensità. La bobina continuava a surriscaldarsi e gli ingegneri che avevano calcolato le specifiche non se ne spiegavano il motivo.  Il prof. Clark gridò a Martin di compensare e questi eseguì all' istante. Le memorie di controllo facevano il possibile per limitare gli effetti. Il campo tornò a regolarizzarsi ma dopo un brevissimo intervallo, divenne ancora più luminoso ed una improvvisa intensa onda di energia si propagò dalla bobina tutto attorno, attraversando le apparecchiature, i membri del gruppo che osservavano il fenomeno ammutoliti dalla sorpresa, le pareti del laboratorio, perdendosi all' orizzonte.

 

Quella mattina, uscendo di casa, Martin Peterson sentiva che quello sarebbe stato un giorno davvero speciale. Tutto intorno, il resto del mondo non si rendeva conto che mentre proseguiva per la sua consueta strada, un gruppo di uomini, un gruppo di ingegni, aveva lavorato per anni, ........................................

  
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