Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Medea00    18/12/2011    15 recensioni
Tratto dal capitolo uno:
“Rachel!” Sbottò Kurt, una volta che era riuscita ad acciuffarla. “Ti vuoi calmare!? Sembri una teenager ad un concerto di Justin Bieber!”
“O Kurt ad una svendita di Prada.” Sussurrò Blaine con un sorrisetto che fu subito eliminato dalla faccia della terra tramite un’occhiata omicida del marito.
“Kurt, Blaine, è...mi dispiace tanto, ho provato a fermarla, ma io...”
“Come?” Adesso anche Blaine si era fatto serio, avvicinandosi alla ragazza.
“Io...è fuggita..”
I due ragazzi, cominciando ad intuire il soggetto del problema, sbiancarono di colpo.
“Un momento...” Blaine cercò disperatamente di ottenere una smentita alle sue terribili supposizioni. “Chi è che sarebbe fuggito?”
“Ma come chi!? Vostra figlia!”
Elizabeth Hummel-Anderson.
La loro unica, preziosissima figlia.
Fuggita.

-- Future-fic; Daddy!Klaine + a little Finchel; Raccolta
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 La magia del Natale

 



La voce melodiosa e perfettamente intonata di Kurt riempiva l’aria, assieme al suono di un piccolo stereo che stava riproducendo le più svariate canzoni di Natale. Adorava il Natale; o meglio, aveva cominciato a piacergli, da quando aveva Blaine ed una casa alla sua completa mercé. Adesso, infatti, l’appartamento era circondato da illuminazioni, ghirlande e un dolce profumo di cannella, con l’aggiunta di un albero di pino troppo grande per loro, ma che avevano scelto insieme il primo anno della loro convivenza, e da allora non era mai cambiato. Le tradizioni non si cambiano, pensò mentalmente Kurt, allontanandosi per guardare meglio la sua opera natalizia e dare un giudizio finale.
E poi, ovviamente, la sua voce intonò le note di quella canzone, perché era appena partita dalle casse del piccolo stereo, ed era impossibile non cantarla, così come era impossibile impedire alla mente di varcare quei ricordi così belli e così magici, da sembrare surreali.
“I really can’t stay… I’ve got to go away…this evening has been, so very nice-“
“I'll hold your hands, they're just like ice” intervene Blaine, da dietro di lui, con il suo impeccabile tono di cantante a cappella e bello come non mai. Aveva fatto proprio bene a regalargli quel completo di Valentino, per Natale.
 
“Che fai?” Chiese il moro, avvicinandosi giusto un po’ di più, circondandogli la vita con le braccia e lasciando un bacio soffuso sulla nuca.
Il ragazzo si lasciò cullare da quel calore così confortante, e quando tentò di dare una risposta riuscì soltanto ad emettere un mormorio che assomigliava tanto a delle fusa di un gatto.
“Mhm, mi piace quest’attività - commentò l’altro, allungando il proprio sorriso – perché non andiamo ad approfondirla meglio in camera?”
Oh, quella sì che era una buona idea, ma aveva ancora l’albero da fare ed Elizabeth sarebbe tornata a momenti dall’asilo, e lo sapeva anche lui. Così, scuotendo appena la testa, si lasciò dondolare dalle braccia sue braccia e riprese a cantare il loro primo, bellissimo duetto.
“I wish I knew how…to break this spell…”
“Non ti stancherai mai di cantarla, vero?”
“Solo se tu ti stancherai di cantarla insieme a me.” Rispose il marito, e detto quello ricevette un altro bacio più intenso.
“Mai.”
Ci fu una piccola pausa, perché tutti e due erano troppo assorti per parlare; dopo un po’ fu Blaine a esordire di nuovo, gli occhi più luminosi, il sorriso appena un poco più radioso.
“Tredici anni fa stavamo girando intorno a divani della Dalton cantando questa canzone.”
“Tredici anni fa mi sono innamorato per la prima volta dell’uomo più bello che avessi mai visto.” Disse allora Kurt, con una serietà disarmante.
Perché erano passati tredici anni, ma era come se non fosse trascorso nemmeno un giorno.
Perché si sentivano le persone più felici su quella terra, e non sapevano davvero chi o che cosa avessero fatto di bene per meritare tutto quello.
Perché se Blaine non si fosse fermato lungo le scale della Dalton, in quel tiepido giorno autunnale, e se Kurt non lo avesse fermato per chiedergli una mano, se avesse chiamato qualcun altro, chiunque altro, cosa sarebbe successo?
Come avrebbero fatto a conoscersi, ad innamorarsi, a passare gli anni del liceo e del college insieme per poi formare una famiglia?
La avrebbero trovata lo stesso, la felicità?
“Daddy Papà sono tornata!”
“Eccola qui l’amore mio!” Esclamò Blaine, voltandosi di scatto, prendendola in braccio per poi farla volare.  Rachel salutò velocemente il moro ed entrò in casa a piccoli passi, e Kurt ebbe modo di squadrarla per un breve secondo: era…strana. Si era tagliata i capelli? Aveva deciso finalmente di indossare qualcosa che non sembrasse comprato al mercato delle pulci?
E poi capì.
Rachel non aveva ancora iniziato a straparlare. Ok, quello sì che era strano.
“Rach…tutto bene?”
Si voltò di scatto verso di lui, l’espressione allarmata, come se fosse stata appena colta sul fatto…ma quale fatto!?
“Sì. Sì, sto alla grande. Anzi, ora che ci penso devo proprio scappare a fare una cosa.”
Inarcò il sopracciglio, sempre meno convinto.
“E cosa?”
“Una cosa.”
“Una cosa, cosa?”
“UNA COSA Kurt! Dio, ma non posso nemmeno avere un po’ di privacy eh!? Non posso nemmeno essere libera di fare quello che mi pare, senza che te mi stia con il fiato sul collo come l’estremo untore!? Lasciami stare!”
Sbattè velocemente la porta e sfrecciò via di casa, sotto lo sguardo allibito di Kurt, Blaine e perfino Elizabeth.
“…Ho…ho fatto qualcosa di male?”
Kurt non chiedeva mai una cosa del genere a nessuno. In effetti, Kurt non aveva mai dubbi sulle proprie azioni, ma in quel momento, davvero, cercò Blaine e quest’ultimo si limitò a stringersi nelle spalle, scuotendo appena la testa.
“Forse era solo un po’ stressata, dai, non ci pensare.”
“Daddy! Papà!” Esordì allora Elizabeth, con i suoi grandi occhi che sprizzavano felicità e le mani dietro la schiena per nascondere qualcosa.
Una volta ottenuta l’attenzione di entrambi, rimase qualche secondo in silenzio per creare quella cosa, come si chiamava? Quella che piaceva tanto fare a Daddy quando doveva rispondere ad una domanda sul look di Papà. Ah ecco, suspance. Non sapeva cosa significasse, ma era carina, quindi decise di farla anche lei.
Insomma, alla fine, estrasse dalla tasca dei jeans un piccolo fogliettino tutto ripiegato.
“Voglio fare la letterina a Babbo Natale!”
I due genitori rimasero sorpresi per un secondo, e poi si addolcirono subito dopo.
“Tesoro è bellissimo! Ma…ma come fai a scriverla?”
“La scrivete voi!”
Risposero immediatamente di sì, e ben presto si ritrovarono seduti al tavolo della cucina armati di carta da lettere filigranata, penna stilografica e l’onnipresente sorriso di Elizabeth.
“Caro Babbo Natale  -esordì, e Kurt trattenne a malapena un sospiro mentre cominciava a scrivere le prime parole- so che fai regali solo ai bambini buoni, e infatti io sono una bambina buonissima, quindi voglio dei regali.”
La modestia non era mai stata il suo forte.
“Allora voglio il cagnolino robot fucsia, quello che ha anche Sarah, e poi voglio il peluche di foca come quello di Michael. E poi voglio tantiiiiiiiiiiiiiissime caramelle! Ma per favore non dirlo a Papà che sennò si arrabbia. Poi…voglio un nuovo cartone animato con i cagnolini, i colori, il gioco nuovo per fare le collanine, delle tazze da tè belle belle, un vestitino nuovo e il resto dallo pure ai bambini poveri.”
Blaine stava quasi per scoppiare a ridere: resto? Lui pensava che il magazzino di Babbo Natale si sarebbe esaurito con solo quella letterina.
“Tesoro, non saranno un po’ troppe, tutte queste cose?”
Elizabeth ci pensò su. Poi, con convinzione, parlò decisa scuotendo un paio di volte la testa.
“No.”
“…Ok.”
“Finito?” Domandò allora Kurt, con una briciola di esasperazione perché la sua mente stava già riepilogando il prezzo totale di tutte quelle cose. Forse poteva togliere qualcosa dalla lista senza che se ne accorgesse…
Ma ecco che, appena aveva ripreso la penna in mano, la bambina si ricordò improvvisamente di un’altra cosa.
“Ah! Papà, Papà, mettici anche un’altra cosa!”
Entrambi i genitori sospirarono, guardandosi per un momento disperati, dopodiché si concentrarono di nuovo su loro figlia ascoltando la sua ultima richiesta.
“Caro Babbo Natale, so che sei molto impegnato ma per Natale vorrei anche un fratellino. O una sorellina, se non hai più maschietti. Grazie ti voglio tanto bene ciao.”
Detto quello si alzò da tavola, ringraziando il Papà per la scrittura con un bacio sulla guancia e saltellando verso l’albero per decidere il posto migliore dove appendere la letterina.
Non si era accorta del fatto che i suoi due genitori erano rimasti completamente pietrificati.
 
 
 
“Buon Natale!”
“Buon Natale anche a te Finn. Rachel dov’è?”
“Sta arrivando, ha preso la metropolitana. Dov’è Elizabeth?”
La bimba, con il suo delizioso vestitino rosso ed un cappellino natalizio, corse tra le braccia dello zio riempiendolo di baci e coccole. Era felice. Era ovvio che fosse felice, era la vigilia, casa sua era perfettamente addobbata e gli zii Finn e Rachel erano venuti a passare le feste assieme a lei. E poi, ovviamente, quella sera sarebbe arrivato Babbo Natale a darle tutti i regali.
Perché i bambini sanno essere tanto dolci, nella loro ingenuità, senza capire quali siano i regali che si possono chiedere, e quali quelli che, invece, sono un po’ più difficili da fare.
E Kurt e Blaine avevano provato a dirglielo, ma non ci erano mai riusciti. Non riuscivano proprio a spezzare il povero cuore della loro amata figlia, vedere i suoi occhi smeraldini riempirsi di lacrime perché non avrebbe mai avuto un fratellino o una sorellina, ci avevano pensato tanto e ne avevano parlato a lungo, e alla fine avevano deciso che quella fosse la soluzione migliore.
Ma Lizzy non lo sapeva. Oh, Lizzy non poteva saperlo, piccola com’era.
Aspettava quel giorno di Natale come se fosse il giorno più bello della sua vita.
La cena trascorse senza problemi, ma per Elizabeth stava durando anche troppo a lungo; sollecitava suo padre a sbrigarsi con quel purè di patate, e diverse volte rimproverò perfino la zia Rachel perché stava mangiando lenta e concentrata, come se stesse analizzando ogni singola verdura presente nel suo piatto. La ragazza, in risposta, si trovava sempre a sorridere a Lizzy e senza dire altro le dava ragione.
E tutte le volte Kurt si ritrovava a guardare Blaine, e Blaine guardava Kurt e pensavano “che sia questo, il miracolo di Natale”? Perché avere di fronte una Rachel così accondiscendente era di certo un evento.
“Rachel, se sapevo che eri così pacata ti davo più patate.” Scherzò Blaine, ma quest’ultima fece una lieve risata, e non disse altro.
Elizabeth guardava tutti quanti, un po’ interessata, un po’ no, e continuava a chiedere quando sarebbe arrivato Babbo Natale.
“Perché arriverà, vero?” Chiese a Kurt, e quest’ultimo annuì, con un grande sorriso dolce, ma che conteneva anche una punta di perfidia.
“Oh sì che arriverà. E sarà un Babbo Natale perfetto.”
Finn per poco non si strozzò con il pollo.
 
“Devo proprio farlo?”
Finn adesso era con costume rosso e barba finta, un cappello che gli stava piccolo e degli occhiali da sole che effettivamente non c’entravano niente, ma tanto Elizabeth non ci avrebbe badato, no? Lei avrebbe visto soltanto Babbo Natale, il suo idolo, e non avrebbe fatto assolutamente caso alla pancia inesistente, la voce giovanile e l’altezza magistrale dell’uomo.
“Non funzionerà –c ommentò subito dopo, riepilogando i suoi pensieri – Lizzy è troppo scaltra.”
“Non trovare scuse e datti da fare” lo rimproverò Blaine, affibbiandogli il sacco di regali e sistemandogli meglio la barba.
Era il peggior Babbo Natale che avesse visto, e lui ne aveva visti davvero tanti.
“Finn…potresti…potresti cercare di assumere un’aria più…natalizia?”
Sfoggiò un sorriso che sembrava gli avessero stampato una dentiera in faccia.
“Meno.”
Adesso un grugno.
“Più?”
Un mezzo ghigno.
“OK. Rimani così. E’ il meno peggio.”
“Ma non lo so fare! Non so recitare, e poi appena aprirò bocca capirà che sono io…”
“E chi ha detto che devi parlare? Ti limiterai a dire ho ho ho, dai i regali e te la fili. Saprebbe farlo anche un bambino!”
“Ecco, allora perché non lo fai tu?”
“…Faccio finta di non aver sentito.”
“Oh eddai Blaine! Tu saresti più bravo!”
“Finn? –esordì Kurt, con un tono spettrale ed un sorriso al limite del tirato- ti ricordi quando sono entrato in camera tua, e c’erano tutte le luci spente, e tu eri in una situazione PIUTTOSTO INTIMA e per non dire imbarazzante, e per non farti ammazzare da mio padre hai detto che quello in camera ero IO!?”
 “Ok. Lo faccio.”
“Bravo il mio fratellastro. E ricordati di ridere!”
 
“HO HO HO!”
Non poteva essere. Non riusciva a crederci.
Babbo Natale era lì? Era veramente lui? Era lui, il sogno che veniva a farle visita tutte le notti, ed era quello il momento tanto agognato da sempre?
Elizabeth era rimasta talmente sorpresa che Kurt e Blaine si scambiarono un’occhiata di pura adorazione, perché in quel momento stavano vedendo la cosa più adorabile che fosse mai esistita sulla faccia della terra.
“Babbo Natale –chiese sognante, intimorita e sì, anche un po’ commossa- hai i regali per me?”
E mentre il Babbo/Finn si chinava a darle il sacco, i due genitori pensarono che sì, ne era valsa davvero la pena di fare quella scenata, perché il faccino incantato di Elizabeth sarebbe stato una cosa che avrebbero conservato per il resto della loro vita.
E si sarebbero ricordati anche di come, improvvisamente, l’espressione della loro figlia mutò.
“Perché hai gli occhiali da sole?”
Il Babbo/Finn si pietrificò di colpo, il braccio a mezz’aria, il sorriso mezzo-tirato approvato da Blaine che vacillò per qualche secondo.
Si guardò intorno, scorgendo Kurt e Blaine che, da dietro Lizzy, facevano cenno di continuare.
“Ho…ho…ho?”
“Perché non parli?” Chiese allora Lizzy, confusa. Non aveva mai saputo che Babbo Natale non sapesse parlare!
“Oh.”
 “Sì, ho capito. Ma dì qualcos’altro!”.
Finn la guardò di nuovo.
“…Oh…oh OH? OOOOOOOOOOH- urlò, indicando l’orologio, e il sacco, e la porta fuori di casa- OHHH ho ho, oh ho! Ho ho hoooo ho ho!”
E un secondo dopo aveva aperto e richiuso la porta di casa.
Lizzy fissò il punto in cui, un attimo prima, c’era il frutto dei suoi sogni, e inarcò appena un sopracciglio. Pensò che fosse la conversazione più strana che avesse mai avuto. E lei parlava anche con i bruchi.
 
Come da programma, Elizabeth ottenne tutti i giocattoli presenti nella lista, più un porta-trucchi della Burberry regalato da zia Rachel e zio Finn –anche se Blaine non ne fu molto contento, per lui era troppo presto parlare di trucchi e robaccia varia-.
E poi, frugando un altro po’ nel sacco, rivolse un’occhiata smarrita ai suoi due genitori, e domandò:
“E il fratellino?”
Le espressioni di tutti mutarono, da rilassate e felici quali erano, si fecero più tese, leggermente imbarazzate.
“Dov’è il mio fratellino?”
“Non c’è nessun fratellino, Lizzy.”
La frase arrivò lapida, letale, eppure, con una punta di amarezza. Blaine osservò Kurt, e fu grato che almeno lui avesse avuto il coraggio di dirlo.
Perché adesso lo sguardo smarrito della piccola Elizabeth era qualcosa capace di spezzargli il cuore.
“…Perché?”
“Perché non è possibile, Lizzy. Babbo Natale non può portarti un fratellino, non può farlo.”
Tutto quello non aveva senso.
“Si che può farlo – ribadì, eppure, la sua voce tremò appena- Babbo Natale…il Natale può fare tutto, no? Me lo hai detto tu, Daddy – intimò, voltandosi verso Blaine, il quale, per un momento, non capì- hai detto che il Natale ti ha portato Papà. La canzone, no? Era quella, quella del Natale.”
La fissò per un secondo. Avrebbe tanto voluto abbracciarla, dirle qualsiasi altra cosa…ma, invece, fu costretto ad accovacciarsi, parlandole con calma e serietà.
“Non è la stessa cosa, tesoro. Ci sono cose che Babbo Natale non può fare.”
Ci sono cose che Lizzy, però, non poteva ancora accettare.
Come, per esempio, scoprire che non poteva avere un fratellino, o, al più, una sorellina.
Come capire che le cose, per loro, erano un po’ diverse da come credeva. Kurt non poteva rimanere incinto, e neppure Blaine. Questo lo sapeva bene. Ma lo trovò comunque ingiusto.
Lo trovò triste.
E, per questo, dopo aver sviato lo sguardo a terra, macchiando le mattonelle con qualche lacrima che non era riuscita a trattenere, buttò il sacco a terra e corse in camera sua, sbattendo la porta con un tonfo secco.
 
 
“Lizzy.”
Non voleva sentire. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie fino a farsi male, avrebbe voluto eliminare qualsiasi suono dalla sua mente, o l’emozione che provava ogni qualvolta sentiva la voce dolce di Papà, o quella calda di Daddy.
Ma non poteva.
Non quando li sentiva supplicare, chiedendole con tono sommesso di aprire la porta, di parlare, come amavano sempre fare.
E, così, ricacciando indietro le ultime lacrime, si apprestò a girare la chiave e a riaprire la porta.
Eccoli, i suoi due padri.
Il motivo per cui era viva.
Il motivo per cui si svegliava ogni giorno e il mondo le sembrava luminoso, perché si svegliava sempre trovando i loro occhi e, oh, erano così belli, con le loro sfumature di grigio, di blu, di nocciola e di rame, erano così vivi, quando stavano fissi sui suoi, ed erano così importanti, per lei, che soltanto in quel momento si rese conto del dolore che lei stessa aveva provocato.
All’inizio non si rese conto delle loro parole, dei loro sguardi, delle loro mani che cercavano in tutti i modi di stringerla e di farla sentire a casa. Era come in una campana di vetro, troppo accecata dall’ira e dalla frustrazione per poter veramente sentire ciò che la circondava.
Ma poi, tutto ad un tratto, fu come se qualcuno avesse fatto suonare un campanello nell’aria.
Kurt le aveva baciato dolcemente una guancia, e continuava a tener posate le sue morbide labbra sulla sua pelle, leggero, gentile.
Sì destò. Perché vide i suoi genitori, il centro del suo mondo, e li vide per com’erano: straziati dalla sofferenza. Sorridevano, certo, ma capì che in verità erano dispiaciuti, erano immobilizzati, erano di fronte a qualcosa di più grande di loro, che non sapevano gestire nemmeno molto bene.
Perché, in fondo, erano ancora giovani, proprio come lei.
E stavano tutti e tre imparando a crescere, un passo alla volta.
“Non piangete.”
La frase arrivò all’improvviso, con il tono che assomigliava più ad un flebile sussurro.
“Papà, Daddy, vi voglio tanto, tantissimo bene. Vi prego, non piangete.”
Non se n’erano nemmeno resi conto.
Non fino a quando poterono assaporare qualcosa di salato bagnar le loro labbra, così come degli aghi che pungevano dolorosamente i loro grandi occhi.
Elizabeth non aveva mai visto i suoi genitori piangere; ma, d’altronde, non capì nemmeno il motivo per cui lo stessero facendo.
L’unica cosa che riusciva a capire era la profonda e lancinante fitta che aveva iniziato a stringerle il cuore, e l’unica cosa che sapeva era che non voleva vederli piangere, non per lei, non in quel modo che la faceva sentire tanto male.
“Va tutto bene.”
Che cosa buffa: perché suo padre stava dicendo va tutto bene, se stava piangendo?
E perché lei tutto ad un tratto si sentì una completa idiota, come se avesse appena commesso uno sbaglio enorme?
“Perché siete tristi?” Si trovò a chiedere, allora, perché davvero non capiva, e loro sembravano capire ancora meno di lei, ma voleva sapere.
Fu Kurt a parlare per primo, accarezzandole dolcemente una guancia: “perché vogliamo che tu sia felice.”
E, in quel momento, lei tornò completamente se stessa e lo guardò torva: “ma io sono felice. Papà, io sono felicissima! Ho i migliori Papà del mondo! E poi c’è il nonno, la nonna, e anche zio Finn e zia Rachel!”
“Proprio così.” Intervenne allora un’altra voce, un po’ più lontana, ma che si stava avvicinando pian piano.
Rachel adesso sembrava titubante, eppure, con un piccolo bagliore di felicità che le illuminava lo sguardo. Finn, accanto a lei, sembrava doversi trattenere dall’urlare qualcosa e stringeva a sé la ragazza come non aveva mai fatto prima di allora.
“Siamo una bella famiglia.” Continuò la ragazza, guardando con la coda dell’occhio il fidanzato.
Elizabeth li osservava, incuriosita e anche un po’ emozionata. Come mai c’era quella strana tensione nell’aria? Come mai non solo lei, ma anche Kurt e Blaine sembravano perplessi, rivolgendosi profondi ed intensi sguardi?
E, soprattutto, come mai Rachel sembrava che stesse per dire qualcosa di bellissimo ed importante, con un’espressione che non ebbe nemmeno quando ottenne il suo primo ruolo principale a Broadway?
“Lizzy, tesoro, questo Natale non hai avuto un fratellino. Ma, se lo vuoi ancora, ad Agosto potrai abbracciare un cuginetto od  una cuginetta.”
In quel breve, fatale secondo nel quale Kurt e Blaine strabuzzarono gli occhi, Elizabeth gettò le braccia al collo della zia ed esultò entusiasta.
“Avrò un cuginetto! O una cuginetta!”
“Sì tesoro, è proprio così.”
Non avrebbe mai pensato che, da una serata simile, sarebbe uscito fuori un regalo così bello.
Si immaginava già a correre per il giardino di zia Rachel, trascinandosi dietro il suo adorato cuginetto e condividendo con lui tutti i tipi di giochi. E poi, Papà avrebbe cominciato a lamentarsi di quanto i loro vestiti fossero sporchi, e Daddy si sarebbe addormentato nel bel mezzo di qualche film, perché sarebbe stata la ottomillesima volta che Elizabeth gli avesse fatto vedere la Sirenetta.
Sarebbero andati a scuola insieme, mano nella mano, e finalmente qualcuno l’avrebbe difesa da tutti quei bambini maleducati che la offendevano e le davano della “strana”.
E lei, d’altra parte, lo avrebbe riempito di coccole fino a quando non sarebbe stata scansata via con una spinta, ma mai troppo forte, per non farle del male.
E ora sorrideva, perché non riusciva a fare altro, e vedeva i suoi genitori complimentarsi al limite dell’euforia, e suo zio Finn che per poco non scoppiava a piangere –e Kurt, in quel momento, disse “eh no, non ti ci azzardare! Ci manchi solo tu, stasera”- e si ritrovò lei stessa ad esultare e ad abbracciare la sua famiglia, suo padre Blaine, che adesso la guardava in quel modo che le piaceva tanto, e suo padre Kurt, che riprese ad abbracciarla con più forza, chiedendole se fosse contenta e sì, chiedendole anche scusa per averla fatta piangere.
Ma poi, tutti e tre capirono che non c’era niente di cui scusarsi.
Perché era stato il loro primo litigio, ma non di certo l’ultimo; perché potevano già immaginarsi la fatica per rincorrere sua figlia impedendole di prendere il primo treno per chissà dove, scappando via di casa, oppure i sospiri emessi ad ogni porta sbattuta nel periodo della sua adolescenza.
Poterono anche immaginarsi le risate, quando sarebbe saltata per la prima volta la corrente a causa della piastra, oppure i rimproveri di Blaine, perché con tutto quel trucco addosso sarebbe sembrata una mummia, e lui la trovava molto più bella acqua e sapone – e Kurt avrebbe conferito con lei che “non capiva”-.
E, per un momento, Kurt e Blaine guardarono la loro figlia, e capirono che era inutile riempirsi la testa di se e ma, era inutile domandarsi cosa sarebbe successo se Blaine non si fosse fermato quel giorno per le scale, o se Kurt non lo avesse chiamato, o tutte quelle coincidenze che li avevano portati dov’erano ora.
C’era soltanto una risposta: loro erano destinati ad incontrarsi. In un modo o nell’altro, avrebbero raggiunto a loro modo la felicità.
E, quella sera, anche Elizabeth si ritrovò a pensare. Fantasticò sul suo futuro, sulla scuola, sui suoi sogni da inseguire e su tutti quelli che, invece, avrebbe tristemente accantonato.
Ed era così confuso, il suo destino, da sembrare quasi indecifrabile; ma non era spaventata, non lo sarebbe mai stata.
Perché, qualunque cosa avesse fatto, qualsiasi strada, errore, dubbio o ostacolo avesse incontrato, avrebbe sempre trovato la sua casa tra le braccia di Kurt e Blaine.
E chi lo diceva che due papà erano troppi?
Due papà erano esattamente ciò di cui aveva bisogno.
Certo. Quello, e un piccolo cuginetto.




****




Angolo di Fra:

Ok, non voglio cercare scuse per il mio ritardo, ma stavolta ALMENO UN POCHINO non è colpa mia!!
E' crashato il server giusto un minuto prima che venissi a postare...è un segno!! Era come se dicesse "no, Fra, non pubblicare l'ultimo capitolo, non ci lasciare!"
Oh, EFP. Ti voglio bene anche io.

Però, ecco, in effetti questo è proprio l'ultimo capitolo.
E' stato come per Blame it on Blaine: l'ho guardato e mi sono resa conto che poteva essere soltanto lui, il capitolo conclusivo di questa storia che, spero, vi sia piaciuta. Potrà aver fatto sorridere, potrà aver fatto piangere (e badate bene, non COMMUOVERE, ma piangere nel senso che faceva schifo ahahah), in cuor mio è stato molto bello esplorare questo lato della vita di Kurt e Blaine che, spero, diventi "finzionalmente" realtà.

Ma sì, non siamo tristi! Il capitolo è venuto più MELODRAMMATICO di quanto non volessi, ma in fondo è l'ultimo, volevo lasciarvi con un bel ricordo di questa raccolta e quindi sono contenta così.

Non vi sto a salutare a mò di Jake del Titanic perchè sennò scoppierei a piangere (no ti prego non ti ci mettere anche tu! ndKurt) e quindi vi saluto dicendo: passate delle bellissime feste e non studiate troppo che fa male alla salute! Vi ringrazio tanto, tantissimo per tutto il bene che mi avete mostrato, per tutte le recensioni SPLENDIDE, le letture regalatemi...davvero, grazie. Non pensavo che questa raccolta potesse avere un successo simile, ma come sempre mi sono piacevolmente stupita. Ed è tutto merito solo ed unicamente vostro, siete VOI a spronarmi a scrivere nuovi capitoli, siete VOI che mi fate dire "questa volta voglio scrivere proprio bene" perchè l'unico modo che ho per ringraziarvi è di metterci sempre il massimo dell'impegno così da potervi regalare dei capitoli che siano alla vostra altezza.
Beh, spero che, almeno con quest'ultimo, io ci sia riuscita.

Voglio ringraziarvi tutti.

Voglio ringraziare in particolar modo Safelia22, Kikisinger89, Aspasia776, SakuraElisa,Noloita, Alessandranna, Ilaryf90, Liuzza, Alchbell, Evy78, Hale_y, Sirymcgregor, Perla, Violanassi, che hanno lasciato tantissime recensioni una più bella dell'altra, e poi anche Tatarella20, VioGLeek1993, BlackMashmallow, Carolina110411, Megapp, Lara055, Aurinella, Pookie18 e ColferAddict, che sono state gentilissime nel lasciarmi una recensione per qualche capitolo.  

E dedico questo capitolo a mia moglie Lievebrezza, perchè passi un bellissimo Natale e perchè il prossimo anno le porti ancora più felicità di questo.
So che è poco, ma volevo soltanto dirti grazie per tutto quello che mi scrivi e per tutte le chiacchierate che mi hanno fatto tanto piacere. Ti voglio bene donna!!!

E poi, ovviamente, ringrazio anche te. Sì, tu che stai leggendo adesso queste note e stai fissando lo schermo un po' confuso/a, tu che dici "ma...stai parlando di me?" esatto tu. Tu che hai letto la mia storia fino alla fine, magari con trasporto, magari un po' velocemente, ma che, in ogni caso, le hai dedicato del tempo per me preziosissimo, e non importa che tu non l'abbia "quantificato" con qualche recensione, o, magari, senza nemmeno metterla nelle seguite.
L'importante è che tu l'abbia letta, e io ti ringrazio profondamente per averlo fatto.

Grazie, alle 121 recensioni, alle 25 preferite, alle 51 ricordate e alle 3 seguite.
E grazie a tutti i lettori.

Per chi volesse avere mie notizie, che siano "professionali" o non, vi rimando alla mia pagina sul faccialibro dove rispondo praticamente sempre, oppure, mandatemi un mp. Mi farebbe piacere risentirvi durante questa pausa, dico davvero.
Un enorme Kliss NATALIZIO a tutti quanti!

Fra
   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Medea00