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Autore: Dk86    20/12/2011    2 recensioni
“Sappiamo tutti perché siamo qui, no?”.
A quelle parole seguì un lungo silenzio.[...] Solo Kurt scattò in piedi a sua volta, una luce spiritata negli occhi. “Lycra!”, esclamò.
Altro imbarazzante momento di silenzio. “Che?”, domandò Finn, la fronte corrugata.
“Mi servirà della lycra. Tanta lycra. Ho già delle idee meravigliose per i costumi, e…”, rispose Kurt, prima di essere interrotto da Puck.
“Ehi, frena! La lycra è da gay!”, esclamò. “Io voglio qualcosa di molto più cazzuto, una cosa alla Ghost Rider!”.
“Certo, Puckerman, perché pelle nera e borchie non sono
per niente omosessuali…”, rispose Kurt con un ghigno.
“No, no, sentite!”, intervenne di nuovo Finn. “Non è questo il punto! Insomma, possibile che nessuno qui pensi che quello che ci è successo sia totalmente assurdo?”.
Puck fissò l’amico. “Certo che lo penso… Mi hai preso per uno stupido? Ma per quanto possa sembrare assurdo, è quello che ci è successo: quel fumo tossico di ieri ci ha dato dei superpoteri, bello”.

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WhatIf/AU ambientata dopo l'episodio 2x20. Come se la vita delle Nuove Direzioni non fosse già abbastanza bizzarra...
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO NONO – ANIMAL ATTACK



Figgins non seppe mai cosa l’avesse colpito.
Si stava preparando a lasciare l’edificio scolastico dopo aver passato il pomeriggio nel proprio ufficio a fare ricerche atte a determinare se – come aveva sentito dire in una replica dei Simpson la sera prima – i gessetti colorati fossero o meno opera del diavolo (senza peraltro arrivare a nessuna conclusione soddisfacente né in un senso né nell’altro), quando alzando gli occhi verso la propria macchina aveva intravisto un movimento confuso ai margini del campo visivo, prima che una sonora botta in testa lo mandasse ko nel parcheggio del McKinley.
E così, beatamente ignaro di ciò che sarebbe di lì a poco successo alla sua adorata scuola, il preside Figgins piombò in un sogno felice in cui tutti i suoi studenti conoscevano la tabellina dell’otto, non c’erano fantasmi ad infestare i bagni e Tina Cohen-Chang non era un vampiro.


L’invasore del McKinley non si distinse fin da subito per la sottigliezza della propria infiltrazione: la prima cosa che fece, una volta messo piede nel liceo, fu di ruggire un: “WILL, LO SO CHE SEI QUI! FATTI VEDERE, O GIURO SU DIO CHE AMMAZZO QUALCUNO!” a pieni polmoni.
La seconda cosa che fece fu iniziare a fracassare gli armadietti.
Tredici teste sobbalzarono all’unisono. Kurt e Mercedes avevano fatto radunare il resto delle Nuove Direzioni nell’auditorium per aggiornarli sui progressi fatti da Rachel, e tutti quanti – chi più chi meno volentieri – erano accorsi al richiamo. Prima che i due ragazzi potessero spiegare alcunché, però, erano stati interrotti dall’urlo misterioso.
“M-ma che… Che cosa è stato?”, domandò Sam, gli occhi sgranati e tondi come monete.
“Credo… credo che sia la moglie del signor Schue. E sembra parecchio incazzata”, replicò Puck, altrettanto stupito.
Altri rumori di armadietti fatti a pezzi. “SMETTILA DI NASCONDERTI E ESCI FUORI! PROMETTO CHE NON TI FACCIO NULLA! MA SE MI CAPITA SOTTOMANO QUELLA SGUALDRINA DAI CAPELLI ROSSI, IO…”. La frase rimase in sospeso, ma il tono delle grida di Terri era inequivocabile.
“Si può sapere che cavolo le è preso?”, domandò Mercedes in un sibilo nervoso. Forse inconsciamente, aveva iniziato a bisbigliare, come se Terri potesse sentirli da corridoi di distanza.
“Non lo so”, rispose Finn in tono non molto più alto. “Ma dobbiamo fare qualcosa. Qualcuno deve andare a mettere in salvo la signorina Pillsbury”. Gli occhi del ragazzo percorsero la stanza, come cercando un volontario, fino a che Tina non si fece avanti. “Andiamo io e Mike. In caso di pericolo, siamo gli unici che possono sparire… in un modo o nell’altro”.
Finn annuì. “Conto su di voi”. Dopo che i due furono usciti dalla stanza, sospirò. “Quanto a me… Dovrò andare a cercare di calmarla, in qualche modo”.
Un “Cosa?!” si levò da almeno cinque persone diverse, una delle quali era ovviamente Rachel. “Ma non puoi andare, è troppo pericoloso!”, continuò la ragazza con voce tremante.
“Rachel ha ragione, Finn”, intervenne Mercedes. “Con il mio potere posso provare a…”.
“No”, la interruppe il ragazzo. “Non posso rischiare di metterti in pericolo, Mercedes. Né te, né nessun altro”. E senza aggiungere altro si incamminò verso la porta e lasciò la stanza. Un’uscita di scena piuttosto drammatica, non c’è che dire.
“Ma che razza di… voglio dire, lo avete sentito? Non posso rischiare di metterti in pericolo… ma per favore!”. Nonostante la crisi di poco prima, Santana si era ripresa abbastanza per riattivare la lingua tagliente. “Chi si crede di essere, Superman? Anche se in effetti sarebbe abbastanza stupido da mettersi per sbaglio le mutande sopra i pantaloni…”.
Rachel le scoccò un’occhiata storta. “Ok, malignità gratuita a parte Santana ha ragione: non possiamo lasciare che Finn rischi la vita da solo!”.
“A dire il vero nessuno di noi lo stava pensando…”, fece Sam. Puck e Lauren, seduti lì accanto, annuirono. “Però ci serve un piano. In fondo, non sappiamo ancora che cosa sia successo alla moglie di Schue, se si semplicemente impazzita o se anche lei abbia ottenuto un superpotere in qualche modo…”.
Sul gruppo calò un silenzio esitante. Fu allora che Brittany disse l’ultima cosa che i presenti si sarebbero aspettati di sentirle dire.
“Mi è venuta un’idea”.


Finn percorse il corridoio che l’avrebbe portato a confrontarsi con Terri a passo lento. Non aveva paura, o questo quantomeno era ciò che continuava a ripetersi. In realtà aveva paura eccome.
Una paura fottuta.
Non aveva la più pallida idea di che cosa si sarebbe trovato davanti una volta girato l’angolo, ed era proprio questo a spaventarlo di più. E se dall’altra parte c’è un serial killer bravissimo a imitare le voci altrui? O un alieno che ha ucciso la moglie di Schue e sta usando il suo corpo come un burattino? O un mostro che… No, ok, così stiamo entrando nel ridicolo. Finn prese un profondo respiro, poi ne fece un altro, e alla fine si decise a svoltare l’angolo.
La donna era a una decina di metri di distanza, impegnata ad accanirsi contro una porta; sembrava in tutto e per tutto l’ex-moglie di Will Schuester. La chioma di capelli biondi era scomposta e scarmigliata, come la criniera ritta di un leone, e il suo vestito rosso – elegante ma un po’ troppo vistoso – aveva un lungo strappo sulla spalla destra. Ma quando lei si voltò a guardarlo – quando i loro occhi si incrociarono – Finn dovette reprimere l’impulso di voltarsi e fuggire a gambe levate.
Lo sguardo di Terri era selvaggio e violento, come se bramasse il suo sangue; le pupille le si strinsero per la sorpresa e per una sorta di piacere perverso. “Oh, ma guarda chi c’è… il piccolo Finn Hudson. Mio marito non ha abbastanza palle per uscire allo scoperto e quindi ha mandato uno degli schiavetti del glee club al suo posto. Ma non pensare che ci andrò leggera con te solo perché mi ricordi Will”.
S-signora Schuester, per favore, si calmi”, tentò Finn, in un tono che non suonò per nulla convincente neppure alle proprie orecchie. “S-suo m-marito è in ospedale, sa…”.
L’unica risposta di Terri fu di affondare il pugno destro fin quasi al gomito nel muro accanto a lei, come se fosse stato fatto di gelatina. “Non prendermi per il culo, Finn”. Sembrava ben oltre la furia; Finn sentì quel sibilo minaccioso penetrargli fin nel cervello con la violenza di un punteruolo. Cercò di deglutire, ma la gola gli parve fatta di sabbia. “Sono appena stata in ospedale, e lì non c’è! Mi hanno detto che l’hanno dimesso meno di un’ora fa. Ci è voluto un po’ per convincerli a parlare, ma quando ho finito qualcuno era ancora cosciente… Ed è ovvio che sia venuto qui, vista la sua insana fissa per questo pulcioso liceo di provincia. Quindi digli di farsi vedere. E alla svelta, anche”. La donna estrasse il pugno dal muro, facendo cadere una breve nevicata di intonaco sugli armadietti maciullati. Le uniche ferite, nonostante la violenza del colpo, erano niente più che lievi escoriazioni sulle nocche… che, mentre Finn le fissava, si rimarginarono come se non ci fossero mai state.
Merda, questa è She Hulk e Wolverine fusi insieme, fu tutto ciò che il ragazzo fu in grado di pensare. Sono morto, aggiunse poi per buona misura. “Le ho detto la pura verità!”, disse, pur sapendo che era del tutto inutile. “Non ho idea di dove sia suo marito!”.
Terri reagì proprio come lui aveva previsto. “Bene, Finn… Non dire che non ho provato ad essere comprensiva”, ringhiò, prima di lanciarsi in avanti, un pugno pronto a scattare in direzione dell’avversario. Fortunatamente, la sua velocità non sembrava essere cresciuta in maniera proporzionale alla forza, e Finn riuscì a parare il colpo. Dal braccio gli si irradiò una sventagliata di dolore che gli giunse fino alla spalla, e la mano con cui aveva bloccato il pugno gli si intorpidì a tal punto da non riuscire più a sentirla. “Complimenti, piccolo Finn, sei meglio di quanto pensassi”, lo canzonò Terri. “A chiunque altro un pugno del genere avrebbe spezzato le ossa. Beh, vorrà dire che dovrò andarci un po’ più pesante…”.
A Finn si mozzò il fiato prima ancora di sentire un’esplosione di dolore diffonderglisi nello stomaco e nel petto. Nemmeno si era accorto del movimento del secondo pugno di Terri; sputacchiando saliva, la vista offuscata da centinaia di nere capocchie di spillo, il giovane si accasciò sulle ginocchia, mentre la donna gli camminava intorno, senza smettere di parlare. “Sei stato tu a farmelo fare, piccolo Finn. Avresti potuto inventare una palla, dirmi che Will era nell’auditorium, o in infermeria o dove ti pare, e io sarei andata a vedere e ti avrei lasciato il tempo di scappare… quantomeno. E invece hai voluto a tutti i costi fare l’eroe”.
“I-io non…”, cercò lui, non appena fu riuscito a respirare.
Un calcio nel fianco lo zittì e lo fece cadere di lato, i denti stretti dal dolore. “Non peggiorare la tua situazione”, intimò Terri. Un secondo calcio raggiunse Finn dove il pugno l’aveva colpito poco prima; gli spilli danzanti si moltiplicarono in una nevicata metallica, e nelle orecchie iniziò a risuonargli un ronzio assordante. “Ora ti farò una domanda semplice semplice, e…”.
“Terri? Sei lì?”. La voce di Schuester – era inequivocabilmente la sua – giunse da dietro l’angolo del corridoio.
No, signor Schue! Scappi!, riuscì a pensare Finn fra una fitta e l’altra, ma nemmeno riuscì ad aprire la bocca, figuriamoci a gridare.
“Will?”, sentì esclamare Terri, in tono un po’ confuso, come se non si aspettasse davvero di trovarlo lì. Finn cercò di sollevarsi, di fare qualcosa, qualsiasi cosa… Ma il dolore lo aveva avvolto in un bozzolo di ferro spinato, che continuò a stringerglisi intorno… fino a che, senza altra alternativa, il corpo del ragazzo dichiarò la resa e perse conoscenza, facendo piombare Finn in un’oscurità dove quantomeno non c’era dolore.


“Non funzionerà, non funzionerà…”. Santana stava iniziando a emettere fumo dai capelli. Quando se ne accorse, si batté una mano sulla testa per estinguere il principio di incendio e iniziò a masticarsi le unghie della sinistra con metodico nervosismo.
“Grazie per l’iniezione di ottimismo, Lopez, ne avevamo tutti bisogno”, le bisbigliò Lauren con il suo solito cipiglio. I nove membri delle Nuove Direzioni che non avevano una parte nel piano (beh, nei piani, in realtà) si erano infilati in una delle aule in fondo al corridoio che ora Brittany stava percorrendo.
“Non può farcela, finirà con il farsi scoprire, o…”, continuò Santana, ma Artie la interruppe.
“E’ stata lei a proporre il piano. O forse non ti fidi di Brittany? Pensi che non sia forte abbastanza?”. Il tono del ragazzo era fermo, ma non era difficile cogliervi una punta di qualcos’altro… aria di sfida, forse?
Sta di fatto che Santana smise di tormentarsi le unghie, abbassò per un attimo gli occhi e quando li rialzò essi avevano assunto un’espressione dura e determinata. “Certo che mi fido di lei. Ma non potrei mai perdonarmi se le succedesse qualcosa”.
“Vedrai che andrà tutto bene”, disse Sam, che stava di vedetta alla porta. “Questa volta ha anche imitato la voce alla perfezione, ci cascherebbe chiunque…”.
“Riesci a vedere Finn?”, domandò Rachel in tono lugubre. La ragazza era accasciata sul pavimento, con Mercedes e Kurt che per l’ennesima volta erano stati coscritti per consolarla; ogni tanto singhiozzava o sospirava o faceva qualche tentativo per attirare l'attenzione senza grande successo. Puck se ne stava in piedi lì accanto, con un’espressione indecisa, come se non sapesse se passare anche lui all’azione e in caso di risposta affermativa cosa fare esattamente. Quanto a Quinn, se ne stava in un angolo, gli occhi concentrati su una particolare sezione del linoleum, quasi in preda a una trance.
“Non da qui”, rispose Sam. “Ecco, adesso la moglie di Schue si è avvicinata a Brittany… Sembra confusa, e ha i capelli di una che ha messo le dita in una presa della corrente. E il suo vestito è tutto strappato… Ehi, ma quello è un capezzolo?”.
“Un che?!”, esclamò Puck, improvvisamente interessato.
“Attieniti ai particolari rilevanti, Evans”, intervenne secca Lauren.
“Che c’è, Terri, non mi riconosci?”. Il debole eco della voce di Schuester – che Brittany, c’era da ammetterlo, stava imitando alla perfezione – giunse alle orecchie del gruppo. Tutti trattennero il fiato, in attesa della risposta di lei.
Risposta che era l’ultima che avrebbero sperato di sentirle dire.
“Tu non sei Will”.
I membri delle Nuove Direzioni si fissarono l’un l’altro a occhi sgranati. Com’è può essere stata scoperta?, era ciò che tutti – come anche Kurt avrebbe potuto testimoniare – stavano pensando in quel momento.
Sempre a favore di Brittany, c’è da dire che incassò bene il colpo. “Ma che stai dicendo, Terri? Sono Will, non lo vedi? Chi altro potrei essere?”, rispose, senza un balbettio o un’esitazione.
La donna, però, non se la bevve. “CREDEVI DAVVERO DI FREGARMI?”, gridò, la voce più alta di mezza ottava. “POTRAI ANCHE SEMBRARE MIO MARITO, MA SAI UNA COSA? NON HAI IL SUO ODORE! QUINDI PER QUANTO MI RIGUARDA PUOI. PURE. SPARIRE!”.
Terri fu rapida, ma anche Sam non fu da meno. Mentre la mano della donna scattava ad afferrare Will/Brittany per il collo e la sollevava da terra, il ragazzo trattenne a stento un grido e si preparò a spalancare la porta; poi, quando Terri portò indietro il braccio senza alcuna fatica e scagliò il finto ex-marito lungo il corridoio come se fosse stato un bambolotto di stracci (senza che Brittany emettesse un fiato; probabilmente lo shock l’aveva privata di conoscenza), Sam si lanciò fuori dall’aula ed estese il proprio corpo attraverso il corridoio fino ad aggrapparsi allo stipite della porta di fronte. Quando Brittany lo colpì, togliendogli per un attimo il respiro, Sam mollò la presa e si avviluppò intorno al corpo della ragazza, mentre la forza d’urto lo faceva rimbalzare fino in fondo al corridoio, per poi schiantarsi contro la parete, stordito ma incolume.
Nell’aula tutti erano ancora così sorpresi dall’improvvisa azione di salvataggio di Sam che nessuno pensò a fermare Santana, che si catapultò in corridoio lasciandosi dietro solo un intenso odore di bruciato. “Ehi! Stronza!”, gridò la ragazza, un dito puntato in un gesto drammatico verso Terri. La punta dell’indice le si accese di una minuscola fiamma, che poi prese vigore e si estese lungo tutto il braccio. “Come cazzo hai osato?”.
Terri la fissò, la fronte aggrottata. “E tu chi saresti?”.
Santana, incazzata com’era, non si disturbò a presentarsi. “Nessuno può permettersi di alzare un dito su Brittany e sperare di andarsene tutto intero! Hai capito, tardona dai capelli tinti? Nessuno!”. Le lingue di fuoco le circondavano la testa come una corona, in un’immagine parecchio d’effetto.
Perfino Terri, per qualche secondo, sembrò colpita. “Brittany?”, ripeté, lanciando un’occhiata verso il fondo del corridoio: Sam era riuscito a sbrogliare il cumulo dei propri arti e stava cercando di trascinare al sicuro la ragazza svenuta, e che ora aveva ripreso le proprie sembianze. “Ah, capisco…”. Sul volto della donna si fece largo un sorriso malizioso. “E’ la tua fidanzatina, non è vero?”.
Il viso di Santana iniziò ad ardere tanto quanto le fiamme che le bruciavano fra le dita e intorno al capo. “E anche se fosse?”, rispose alla fine, sulla difensiva.
La smorfia sul viso di Terri si allargò. “Dovresti darti una calmata con quelle fiamme, bambolina. Insomma, sarai stanca, dopo tutte quelle sforbiciate…”.
Il corpo di Santana si accese di una fiammata che arrivò quasi fino al soffitto. “Ok, fottuta stronza, hai firmato la tua condanna a morte!”, gridò, l’incendio localizzato che la avvolgeva… Quantomeno finché, un paio di secondi dopo, gli spruzzatori installati sul soffitto non scattarono, inondando il corridoio con una pioggia artificiale che ridusse il potere di Santana a un sottile e acre filo di fumo. “Oh, merda! Merda, merda, merda, no! Non è giusto!”, urlò lei, l’ira diretta verso il sistema anti-incendio.
“Mi toccherà insegnarti le buone maniere, sai? Una ragazza della tua età non dovrebbe essere così volgare…”. Terri fece un paio di passi in avanti, le scarpe ormai zuppe che sollevavano sventagliate di spruzzi, poi si bloccò. “Oh, a quanto pare tutta quest’acqua inizia ad attirare gli ippopotami”.
Santana spostò lo sguardo alla propria sinistra: accanto a lei c’era Lauren, con la consueta espressione imbronciata sul volto; nemmeno l’inondazione del corridoio pareva impensierirla. “Non raccolgo la sua ironia, signora Schuster”, rispose, in tono calmissimo. “Ma devo comunque farle presenti due cose”.
Terri sollevò un sopracciglio. “Ovvero?”.
Lauren sollevò un indice. “La prima è che al momento l’acqua le arriva alle caviglie”.
“Grazie tante, genio, da sola non ci sarei mai arrivata… E la seconda?”.
Le labbra della ragazza si stirarono appena, in un sorrisetto accennato. “La seconda è questa”. Sollevò il medio, e proprio sopra il polpastrello si accese una scoppiettante scintilla azzurra. “Io sono la presidentessa del club di audiovisivi”.
Terri ebbe perfino il tempo di sembrare preoccupata, prima che la scarica elettrica di Lauren la investisse in pieno, facendola volare all’indietro un metro buono e mandandola a contorcersi sul pavimento allagato.
“Sai, Zizes, di solito non sono il tipo di persona che faccia complimenti a qualcuno che non sia me stessa, ma questa volta tu sei andata molto vicina a riceverne uno”, disse Santana, il volto atteggiato in un’espressione al contempo ammirata e sorpresa (probabilmente perché si era resa conto di essere ammirata).
“Lo prenderò come un complimento, allora”, replicò Lauren serafica, in sottofondo le grida di Terri che continuava a essere bersagliata dalle scosse elettriche.
“Ehm… secondo me ne ha avuto abbastanza, non credi?”, domandò Santana qualche secondo dopo. Sembrava preoccupata.
Lauren lanciò un’altra scarica, prima di rispondere. “Sbaglio o un paio di minuti fa volevi arrostirla per avere maltrattato Pierce?”.
“Vero… Però mi sa che se continui così finirai per ucciderla, e per quanto personalmente sarei al cento percento d’accordo con quest’idea, non credo che varrebbe la pena finire sulla sedia elettrica per colpa di una stronza come quella, Zizes…”.
Lauren fece spallucce. “Anche se non credo che una sedia elettrica mi farebbe granché, non hai tutti i torti”, convenne, prima di interrompere l’elettrocuzione. “Allora, signora Schuester? Ne ha avuto abbastanza? Perché se vuole posso continuare”.
Santana ridacchiò. “Con tutte le scosse che le hai tirato non si rialzerà in piedi per un bel pezzo, figurati se ti può rispondere!”.
Lauren aprì la bocca per replicare, ma finì per spalancarla in una O di sbigottimento. “…mi sa che ti sbagli, Lopez…”, riuscì a mormorare infine. Terri si era rialzata eccome. Il vestito era praticamente a pezzi (anche se a dispetto di quanto aveva creduto di scorgere Sam, il reggiseno teneva ancora e non c’erano capezzoli in vista) e i capelli le circondavano il viso in una criniera bruciacchiata e crepitante; il volto era talmente sconvolto e deformato dalla furia da sembrare il muso di un carnivoro, con i denti scoperti e gli occhi iniettati di sangue. Le labbra le si aprirono in un ruggito disarticolato che fece passare un brivido lungo le schiene di Santana e Lauren più dell’acqua che continuava copiosamente a cadere su di loro.
Terri si lanciò in avanti prima che le due ragazze avessero il tempo di reagire… ma qualcun altro, per fortuna, lo fece al posto loro. Il loro aggressore teneva gli occhi fissi sul bersaglio, e non si rese conto che l’acqua sotto i suoi piedi si fosse tramutata in ghiaccio finché non fu troppo tardi: scivolò e cadde in avanti, atterrando di testa sul pavimento congelato con un tonfo sordo che riecheggiò per tutto il corridoio.
“Potete ringraziarmi dopo”, disse Quinn fra un pesante respiro e l’altro, la testa sollevata verso le due con un sorriso timido e sghembo a illuminarle un po’ il viso. A giudicare dalla posizione in cui si trovava doveva essersi letteralmente catapultata fuori dalla porta dell’aula.
Sia Santana che Lauren le tesero una mano per aiutarla a rialzarsi. “Lasciatelo dire, Fabray: stavolta sei quasi riuscita a sorprendermi”, disse quest’ultima, con un tono molto più ammirato di quanto le sue parole lasciassero trasparire.
“Infatti, Quinn, anche io sono colpita e sai quanto raramente mi capita”, aggiunse Santana. “Credo che l’ultima volta che mi è successo sia stata quando in prima media scoprii che Gigli era considerato uno dei più brutti film di sempre…”. La ragazza aggrottò la fronte, come se il pensiero la disturbasse tutt’ora, poi tornò a rivolgersi all’amica. “Ma avevo capito che detestassi il tuo potere… Com’è che hai cambiato idea?”.
Quinn fece spallucce, gli occhi bassi; non sembrava ancora del tutto serena, ma quantomeno sulle guance le era tornato un po’ di colore. “Beh… che lo vogliamo o meno questi poteri sono parte di noi, ormai, e negarlo di certo non farà sparire magicamente il problema. Perciò ho deciso di provare a…”. Gli occhi di Quinn si spostarono per un attimo oltre le due amiche, e si sgranarono come monetine. “Oh, santa…”, e poi dalle sue labbra uscì una parola che nessuno si sarebbe mai aspettato di sentirle pronunciare. “Non è possibile…”, e altro improperio.
Terri si era rialzata di nuovo. Non sembrava passarsela benissimo: ansimava e si sorreggeva contro la parete con braccia tremanti e malferme, ma l’ira bruciava nei suoi occhi più delle fiamme di Santana. “Giuro… giuro che…”, borbottò.
“Oh, andiamo, non sai davvero quando arrenderti, eh?”, le rispose Santana, un sopracciglio alzato.
Lo spazio fra le dita della mano destra di Lauren venne percorso da brevi scintille azzurre. “Forse potrei somministrarle un’altra dose di…”.
“Non sarà necessario”, disse una voce alle loro spalle.
Le tre ragazze si voltarono: Will Schuester era in piedi in fondo al corridoio, uno sguardo allo stesso tempo triste e preoccupato sul viso. “Lasciate che me ne occupi io”.
“Aspetta, Brit, è inutile che ci riprov…”, sbottò Santana, ma l’urlo di Terri la interruppe.
WILL!”. La donna si era come trasfigurata: la furia che la animava si era dissipata, lasciando il posto a un paio di occhi lacrimosi da cerbiatto. Quella che prima era una belva furiosa ora non era altro che una donna stanca e sola, le lacrime che le rigavano le guance perse fra le gocce d’acqua che ancora cadevano dall’impianto anti-incendio. Tentò di fare un passo avanti, scivolò di nuovo sul ghiaccio e crollò a terra, scossa dai singhiozzi. “Mi dispiace… mi dispiace…”, non faceva che ripetere.
Will le si avvicinò con circospezione e si chinò al suo fianco. “Terri…”, iniziò, per poi bloccarsi. “Su, andiamo. Ti accompagno a casa, vuoi?”.
La donna rimase accasciata sul pavimento fradicio e congelato, ma alla fine rialzò la testa. Tremava, e non soltanto per il freddo. “M-mi dispiace”, disse di nuovo, in tono stentato. “Non… non so che cosa stavo facendo, n-non riuscivo a-a-a controllarmi, e…”.
“Lo so”, la rassicurò Will, aiutandola a rimettersi in piedi. “E’ colpa di quelli che ti… che ci è successo. Gli hai… cioè, gli abbiamo permesso di controllarci”. L’uomo accarezzò goffamente l’avambraccio della ex-moglie, come se fosse incerto sul da farsi. “Dai, ora ti riporto a casa e fingeremo che nulla sia accaduto, ok?”.
“Ehi, non corra troppo, signor Schue!”, intervenne Santana, le braccia puntate contro i fianchi in posa bellicosa. “Quella pazza ha tentato di ammazzare Brittany, sa?”.
“Sto bene, Santana, non preoccuparti”. Brittany e Sam erano spuntati da dietro l’angolo del corridoio; entrambi erano scossi, ma sembravano incolumi. Un paio di secondi dopo, anche Mercedes emerse dall’aula, il cellulare attaccato all’orecchio. “Sì, zia, prometto che verrò ancora a pranzo a casa tua. Sì, porterò anche quel mio amichetto così simpatico e quella ragazza che apprezza così tanto le tue crocchette” (Lauren alzò i pollici in segno di approvazione) “Senti, adesso devo riattaccare, d’accordo? Ciao”. Mercedes sospirò, mentre rinfilava il telefonino in tasca. “Era zia Alma, come immagino avrete capito tutti. Mi ha detto che l’ex-moglie del paziente della 412 è arrivata in ospedale mezz’ora fa e quando ha scoperto che l’avevano dimesso se ne è andata come una furia”. La ragazza gettò un’occhiata storta a Will. “Credo che ci debba una qualche spiegazione, signor Schue”.
Lui abbassò gli occhi. Improvvisamente, sembrava imbarazzato. “Beh… dopo che siete venuti a trovarmi in ospedale per ben due volte, ho capito che il mio era soltanto un capriccio. Quindi ho convinto i medici che non avevo nulla che non andava, e loro sono stati costretti a dimettermi. In fondo un temporaneo ringiovanimento, per quanto strano, non è di certo una malattia. E poi altrimenti non avrei potuto accompagnarvi a New York!”.
Terri sollevò per un attimo lo sguardo sul gruppetto di ragazzi. “Vi chiedo scusa”, mormorò. “M-ma dopo che Sue ci ha fatto annusare quello strano gas…”.
“Lo sapevo!”, esclamò Artie. Ora che il pericolo pareva scampato, tutti stavano emergendo dall’aula. “Era proprio come sospettavamo!”.
“Dopo che ci ha fatto annusare quella roba, ho iniziato a sentirmi sempre più arrabbiata, sempre di più, sempre di più”, continuava intanto Terri. “E quando Sue mi ha detto che le avevi detto che non volevi vedermi mai più, io…”. Singhiozzò, tirando su col naso. “Credevo che voi ragazzi sapeste dove era andato Will, quindi ho pensato che se avessi recitato la parte della cattiva mi avreste detto dov’era. Ho anche detto a Finn che avevo picchiato gli infermieri in ospedale per intimidirlo, anche se non era vero… Ma più la cosa andava avanti più la rabbia prendeva il sopravvento, e io…”. La donna fissò gli occhi arrossati e gonfi di lacrime sull’ex-marito. “Io volevo solo vederti, Will… Almeno un’ultima volta, volevo vedere l’uomo di cui mi sono innamorata…”.
E il signor Schuester, in un paio di secondi, ringiovanì di nuovo di una ventina d’anni, tornando all’età che aveva quando lui e Terri si erano conosciuti. “Mi dispiace che le cose fra noi siano andate in questo modo, Terri”, disse, la voce da diciassettenne che suonava ben più matura e dolente di quella di un ragazzo di quell’età.
Le lacrime di lei scesero ancora per qualche secondo. “Grazie”, mormorò poi, staccandosi piano da lui.
Alla fine, la voce di Puck interruppe il lungo momento di silenzio. “Beh, alla fine tutto si è risolto per il meglio, no? Voglio dire, nessuno si è fatto male, e…”. “Ma dov’è Finn?”, domandò Rachel, guardandosi intorno con aria apprensiva. Gli occhi di tutti si sgranarono per l’improvvisa consapevolezza. “Oh, cavolo!”.


Alla fine, però, neppure Finn se l’era passata poi così male: quantomeno, non si era rotto nulla, e non ci volle molto prima che riprendesse conoscenza. “Non preoccupatevi, sto molto meglio di quanto sembri…”, furono le sue prime parole, probabilmente atte a rassicurare una Rachel che pareva intenzionata a piangere tutte le sue lacrime, manco lui fosse in fin di vita. Il ragazzo si levò in piedi su gambe tremanti ma abbastanza stabili da sorreggerlo, e fissò il gruppo di persone intorno a lui. “Vedo che, insomma… la situazione si è risolta, giusto?”, domandò con aria un po’ delusa. Era evidente che – nonostante fosse il co-capitano delle Nuove Direzioni e il caposquadra non ufficiale della loro sezione pseudo-supereroistica – il suo apporto non era stato per niente utile a scongiurare la crisi.
“Sì, ma Terri ci ha detto che ti sei battuto come un leone!”, esclamò Will.
Finn fissò l’ex-signora Schuester, che non solo si era tranquillizzata ma sembrava una persona diametralmente opposta rispetto a qualche minuto prima. “Ehm… grazie, signora. Credo”.
Santana si schiarì la gola. “Sentite, non so voi, ma la cosa che più voglio ora è togliermi questi vestiti fradici e…”.
Esigo immediatamente una spiegazione!”.
Tutti si voltarono verso l’ingresso: Figgins, il bernoccolo sulla fronte più grosso e gonfio che mai, si sosteneva ad una delle porte sfondate dalla carica di Terri e fissava il gruppo con aria spiritata.
“…oh, merda”, concluse Santana.
“Sottoscrivo”, aggiunse Quinn.









…ehm.
Prima di tutto, mi scuso per il ritardo enorme con cui posto… Fra ottobre e novembre ho avuto poco tempo per scrivere, e a dicembre sono pure riuscito a perdere le pagine che avevo scritto (perché io scrivo prima tutto a mano, sennò non riesco a produrre che poche righe alla volta…XD)! Non so perché, ma erano finite in uno dei cassetti del bagno, dove teniamo le bende e i cerotti… E ancora oggi non so perché e come fossero finite lì!
Comunque, questo capitolo ho dovuto riscriverlo due o tre volte, perché il risultato non mi convinceva. Non mi convince del tutto nemmeno ora, sinceramente, ma è il meglio che sono riuscito a produrre (ed è venuto pure bello lungo, il più lungo fin’ora!).
Mi scuso anche per non aver risposto alle recensioni, la prossima volta lo farò, prometto!^^ E grazie per tutti i vostri commenti e per continuare a seguire questa storia, spero che continuerete nonostante la lunga pausa!
Qualche precisazione sparsa sul capitolo:
- il potere di Terri è – come spero si sia capito – legato alla rabbia. Più si arrabbia, più è forte… Il problema è che questo non fa che aumentare la rabbia, di solito; è una specie di circolo vizioso. Insomma, per la maggior parte del capitolo non è in sé ed è il potere a parlare e a picchiare Finn.XD
- all’inizio Terri doveva avere soltanto la superforza, ma poi il suo potere sembrava una copia di quello di Finn. Quindi, considerando che l’attrice che interpreta Terri (ovvero Jessalyn Gilsig) è canadese esattamente come Wolverine, darle anche delle capacità rigenerative mi è sembrato appropriato.XD E poi voglio dire, il suo soprannome è "Mellivora" o "Honey Badger", che è un lontano cugino dell'animale conosciuto come "wolverine" (ovverosia il ghiottone).
- dopo che Santana ha dichiarato che “Leprechaun” è il suo film preferito, ho pensato che molto probabilmente i suoi gusti in fatto di cinema siano, come dire… discutibili!
- non c’entra con la fan fiction, ma solo io ho trovato la puntata natalizia davvero brutta?

Detto questo, direi che ho concluso, per stavolta! Spero di non dovervi sottoporre a una pausa così lunga anche per il decimo capitolo, ovverosia "Paradise Lost".XD (Ho già scritto una pagina e mezza, quindi non credo proprio che sarà così, non preoccupatevi)
A presto!
Davide
  
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