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Autore: adelfasora    21/12/2011    1 recensioni
Un inverno freddo.
Due nomi, scelti a caso tra una folla di personaggi immaginari.
Il loro incontro, che altro non è che un banale inizio.
- Bianca Maria Saffioni accettò di entrare a casa dello sconosciuto, che si chiamava Matteo Lucani,che le offrì una bella cioccolata calda. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D’inverno.

 

A una delle poche persone

capaci di farmi sorridere e

fremere il cuore

per il solo fatto che mi sono accanto.

A Claudia, perché le auguro un fantastico Natale.

 

 

Di sicuro faceva freddo, e di sicuro quell’inverno meritava tale nome; a lei però piaceva sentirsi tutta bagnata, con l’ombrello troppo piegato su un lato, che copriva tanto cemento, ma nemmeno una ciocca dei suoi capelli. Era sempre speciale stare lì, sotto tutto quell’acquazzone, immersa nelle pozzanghere a saltellare mentre, arrivata a casa, il portone che arrecava il nome di “casa” già le intorpidiva la mente, e probabilmente anche i suoi movimenti, dato che stava ruzzolando giù per quel misero primo gradino, e probabilmente si sarebbe anche fatta abbastanza male.

Non era una che aspettava di lasciarsi cadere, ma davvero non ebbe neppure il tempo di arraffare l’aria intorno a cercare di portarsi in avanti, e diciamocelo, era anche troppo stanca per trovare la decisione di ritornare in una posizione eretta e meno pericolante.

 

 

Mentre fuori infuriavano tuoni pesanti e frastuoni degni di nota, lui, invece, era dentro quattro pareti mal arredate, a cercare come non morire di ipotermia tra stufe e termosifoni.

Per definire casa sua gli veniva in mente come aggettivo da attribuirle solo “monotona”, ma per i mal pensanti bisogna anche sottolineare che credeva molto nel detto che citava spesso

 -casa mia, per piccina che tu sia, tu mi sembri una badia!-

 A qualsiasi ritardato pensasse che fosse troppo piccola e scolorita, non ci badava molto, perché irritarsi non era il suo forte.

Perché era raro che qualcuno notasse come fosse calda e accogliente, come l’abbraccio della nonna Ermenegilda, ancora arzilla come ai vecchi tempi, come un enorme piumone nel quale immergersi dopo un’estenuante giornata di lavoro, come una tazza di cioccolata calda mentre si è immersi nella lettura di un libro. Nessuno notava mai quel piccolo spazio, ordinato e pulito, dove lasciava posti accuratamente quei pochi scaffali a cui era affezionato. Non ricordava più nemmeno quante volte ne aveva fogliato le pagine, divorandole con gli occhi, ma ogni ennesima lettura era come la prima, forse anche a discapito di questa.

Perso tra i suoi pensieri, e con uno sguardo attonito, ebbe la decenza di sentire, sulla porta di casa, un curioso – ed è il caso di dirlo, doloroso- tonfo sordo, seguito da un’esclamazione invece molto sonora, ma attutita della porta chiusa.

E diciamocelo, era davvero tentato di aprirla.

 

Quando l’aprì, Bianca Maria Saffioni si maledì mentalmente in tutte le lingue più assonnate che le venivano in mente, alla vista sconvolgente del fantastico sconosciuto un po’ trasandato che le era apparso dinanzi senza il minimo preavviso. Non poteva di certo sapere cosa, invece, il giovane immaginava, dato che ogni parte del suo corpo, presa alla sprovvista dalla visione che si era trovato davanti, era scossa al ritmo scandito della sorpresa: vide una sottospecie di pulcino arruffato all’interno di una sciarpa che si poteva certamente definire intricata, così delicata nel suo giaccone pesante e lunghissimo, dalle labbra rosse per il freddo, con l’ombrello inadeguatamente aperto, perché probabilmente le si era aperto – dopotutto era difettoso – trascinandola alla bell’è meglio sul pavimento freddo.

Gli batteva forte il cuore, e desiderò per la prima volta di non fermarsi, di uscire e non guardare più solo fuori da quella finestra, ma attraverso degli occhi come quelli, magari con una sciarpa come quella..

Emozione.

Lei sembrava aver trovato il posto dove stare, e possibilmente infossata tra quelle enormi e accoglienti spalle, stretta da quelle braccia….

Casa.

 

…ma forse la sua fantasia aveva le briglie troppo allentate.

…forse aveva bisogno di stare fuori un altro po’, tanto per rinfrescarsi le idee.

 

 

< Piacere, credo di essere la tua vicina di casa > disse schiarendosi la voce, e possibilmente ancora più balbettante e confusa di prima < e credo di aver dimenticato le chiavi di casa .. a casa. > come poteva non sentirsi andare a fuoco? Era adulta, almeno su carta, e vaccinata, ed ancora la sua sbadataggine non si decideva a girarle al largo.

< Bhe, credo anch’io che lei sia la mia vicina, e credo anche che lei dovrebbe asciugarsi al più presto per scongiurare una polmonite >. Sarebbe andato tutto bene, se non avesse avuto la barbara idea di sorriderle, cosa che in poco la fece sciogliere come, e mai paragone fu più appropriato, neve al sole.

< è gentile da parte sua preoccuparsi .. > sembrava come in aspettativa e, tirando un sospiro silenzioso, Matteo non pronunciò parola, ma si fece da parte, per darle accesso al suo appartamento.

< è piccolo, ma carino. > < quella è una libreria? Oh, io adoro Oscar Wilde, anche se adoro ancora di più contraddirlo in un dibattito interiore che assomiglia molto di più ad un soliloquio che un dialogo accademico, ma sono sola, o meglio, con il mio gatto, Gerry… l’ho chiamato come il topino nei cartoons, perché così mi sembrava più originale… >

 

Quello  non era un flusso di coscienza, pensò lui, è un vero  e proprio sproloquio, ma si sentiva parte di un fiume in piena, era certo che tutto ciò che in quel momento diceva era ciò che pensava, e gli venne da sorridere di nuovo, più apertamente, a quello strano natale.. alla sua stramba vicina.

 

Bianca Maria Saffioni accettò di entrare a casa dello sconosciuto, che si chiamava Matteo Lucani,che le offrì una bella cioccolata calda.

< Casa tua è davvero accogliente, e sai addirittura fare una cioccolata fumante così buona > dopo un paio di sorsi < mi congratulo - anche se dipende dai punti di vista - perché sei appena diventato il mio sogno proibito, anche a scapito di Johnny Depp. >

 

Se l’era fatta uscire così, di getto, e se possibile divennero entrambi ancora più rossi, ancora più imbarazzati del loro primo sguardo sull’uscio della porta.

 

Non poteva negare quanto, però, fosse carina, con le fossette, le lentiggini sul naso, il corpo minuto e gli enormi abiti che indossava, traspariva luce da tutte le parti, soprattutto gli occhi, che erano di un verde scuro, ma che mai avrebbe definito cupo, perché niente in lei era “nero”.

Bianca, dal canto suo, aveva ormai smesso di parlare, e lo fissava intensamente, lui, con il suo maglioncino consumato, il naso rosso di freddo, sebbene fosse lei quella che era stata al gelo per un’oretta piena.

In quel momento pensò che anche la cioccolata era meno interessante, a confronto con i suoi capelli ricci, che sembravano tanto soffici e leggeri, con i suoi occhiali che gli davano un’aria tenera e allo stesso tempo una presenza forte, e la sua voce, limpida e bassa, quella voce la faceva tremare da capoo a piedi, nonostante fosse la prima volta che scorgesse la figura dello sconosciuto.

Lo fissava e pensava a quanto fossero marroni i suoi occhi, come la cioccolata.

Lei adorava la cioccolata.

Lei lo baciò.

< cos..? >

< a me piace la cioccolata. >

 

L’aveva baciato, senza preavviso, sconvolgendolo maggiormente, con le sue labbra fredde, e stranamente non ci trovava niente di male, niente di affrettato, come se sarebbe dovuto essere sempre così.

E perché non cominciare adesso?

Lui la baciò.

Nessuna reazione.

< non è male Gerry come nome >

 

 

 

 

 

Ma poi andò meglio, ci furono altre cioccolate calde, un piumone più grande, sorrisi più aperti, dei ti amo più decisi.

Bianca aveva ormai dimenticato chi fosse Johnny Depp, e Matteo aveva trovato una nuova casa, che gli sembrava ogni giorno diversa e sempre più insostituibile, tra litigi e risate.

La loro stagione preferita restò l’inverno, che troneggiava assieme al luminoso albero di Natale, quando faceva più freddo, ma allo stesso tempo sentivano un maggior caldo, fatto di calorosi abbracci, e diciamocelo, di caloroso – per non dire afoso – amore.

 

 

 

< mi fa piacere che ti piaccia la cioccolata >

< è dolce, allarga il sorriso e allunga la vita >

< è una dichiarazione? >

 

 

< mi sono ricordata di avere un doppione delle chiavi sotto lo zerbino. >

< potresti dimenticare di nuovo dove sono >

< potrei. >

 

 

< …. . >

< non so come entrare in casa, e da qui a poco sarà mezzanotte, perché non apri la finestra, così guardiamo la Vigilia? >

< potresti anche dimenticare di avere un appartamento. >

Nessuna esitazione.

< sono o non sono la tua coinquilina? >

 

 

< sono così grata alla mia sbadataggine che spero mi giri sempre intorno >

< E’ un sì? >

 

 

 

 

 

 

 

 

 D’inverno fa davvero freddo?

 

 

 

 

 

 

  
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