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Autore: artemide88    23/12/2011    4 recensioni
Isabella Swan gestisce uno dei più importanti hotel della catena alberghiera famigliare. Lo zio vorrebbe invece affidare il complesso alla figlia e propone che Isabella venga messa sotto esame proprio nel periodo natalizio. La ragazza deve ritrovare dentro di sé lo spirito del Natale per riuscire a mantenere il suo posto e chissà, magari a trovare il segreto che rende speciale questa festa.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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magie
MAGIE DI NATALE


Il panorama quella sera era triste. La notte era già scesa da qualche ora e la neve iniziava a cadere lentamente e a sovrapporsi a quella già caduta nei giorni precedenti.
Osservavo gli alberelli di Natale addobbati di mille lucette colorate nei giardini delle case e le decorazioni pubbliche appese tra i lampioni.
Era sempre bella Aspen nel periodo natalizio. Così colorata, così allegra e festosa. La tipica cittadina di villeggiatura che si appresta a fare palate di soldi con l’arrivo della festività più importante, il Natale.
I turisti stavano arrivando a frotte e gli alberghi avevano già il tutto esaurito.
Anche il White Swan Hotel, il nostro hotel, non aveva più nemmeno una camera singola vuota.
Ero orgogliosa del mio operato. In quei mesi in cui avevo preso in mano la gestione il fatturato era andato in crescendo e le previsioni per quei giorni erano davvero ottime. Avremmo superato tutti i record di presenze da quando l’hotel era stato aperto, cinquant’anni prima, da mio nonno.
Il White Swan Hotel era il fiore all’occhiello della nostra catena alberghiera e il primo ad essere stato aperto. Aveva un volere storico e affettivo inimmaginabile per tutta la famiglia e tutta la famiglia faceva carte false per poterlo amministrare. Nella lotta tra titani, l’avevo spuntata io. Mio padre mi aveva si appoggiato ma non era stato di parte. Lo zio Eleazar avrebbe preferito che andasse a quella sciacquetta di sua figlia, nonché mia cara cugina Tanya, ma io non lo avrei mai permesso. Nessuno avrebbe rovinato il mio miglior sogno e il mio più grande investimento finanziario.
“Isabella?” Respirai a fondo, sentendo l’aria che sapeva di neve entrarmi nei polmoni e l’odore di un Natale così vicino eppure così lontano per me.
“Isabella?” Il ragazzo alle mie spalle mi chiamò di nuovo.
“dimmi Jasper.” Era giovane, molto volenteroso e carismatico. La persona adatta a smistare il putiferio del periodo natalizio alla reception.
“suo padre vuole vederla. La sta aspettando nel suo ufficio.” Gli avevo detto dove trovarmi, sulla terrazza del tetto, in caso di bisogno.
Mio padre? Cosa voleva? Farmi la solita ramanzina sull’importanza del Natale e sulla sua magia che io imperterrita mi ostinavo a non vedere? Secondo lui era fondamentale percepire questo fantomatico spirito del Natale per poter gestire un hotel nel periodo più importante della stagione invernale.
Me lo aveva ripetuto milioni di volte in quegli anni, me lo aveva ripetuto persino meno di dodici ore prima al telefono. E ora me lo ritrovavo qui.
“arrivo Jasper.” Presi il cappotto che avevo lasciato sul parapetto. Per qualche strano motivo lo avevo tolto, facendo entrare il freddo dentro di me. Ero forse speranzosa che lo spirito di Natale mi attraversasse corpo e anima e mi mostrasse la strada da intraprendere?
“arrivo.” Mormorai mentre, con un ultimo sguardo al cielo plumbeo, passai dalla porticina per rientrare nell’albergo.

“papà...” Entrai nel mio ufficio e con disappunto lo trovai a fumarsi quell’odioso sigaro puzzolente sulla mia poltrona di pelle scura. Era appartenuta al nonno e ne facevo un grande vanto averla ritrovata nel magazzino dell’hotel, impolverata ma ancora in ottimo stato.
“tuo nonno adorava questa poltrona.”
“lo so.” Presi posto davanti a lui, incrociando le braccia sotto al petto, in attesa. “è una sorpresa vederti qui, papà.”
“quando eri piccola adorava tenerti sulle ginocchia e farti saltellare su e giù.”
“papà...” cercai di riportarlo al presente.
“eri la sua nipotina preferita e avrebbe tanto voluto essere ancora vivo per fare testamento e lasciarti questo posto.”
“papà, senti. Sono felicissima che tu sia qui, ma mi spieghi il motivo? Non sei mai stato un sentimentale e quindi non prendermi in giro, non qui solo per ricordare il tuo caro vecchio.” Ribattei secca e lui rise di gusto. Mi lasciai andare anche io a un sorriso. Mi chiese di accompagnarlo in giro per l’albergo, voleva vedere come me la stavo cavando. Tre mesi di assoluta libertà e ora la prima visita di controllo, mi sentivo sotto esame.
Mio padre osservava ogni minimo particolare, non si lasciava sfuggire neanche un granello di polvere. Lo seguivo attentamente, cerando di anticipare ogni sua domanda. Parlava con il personale con gentilezza, li interrogava su come andavano le cose nell’albergo e su come trovassero la nuova gestione. La mia gestione. Indelicato farlo con me alle sue costole.
“mi sembra che tu stia facendo un ottimo lavoro, Bells.” Emise il suo verdetto quando finalmente ci sedemmo per la cena, in un angolo appartato del ristorante.
“grazie papà.” Mi sentii orgogliosa di quel commento, avevo dimostrato a una persona importante e capace come Charlie Swan che ero stata degna della sua fiducia.
“il tempo di prova è terminato...” sentii l’esultanza montare dentro di me come un fiume in piena che rompe gli argini. “purtroppo zio Eleazar non  ti vuole ancora lasciare la gestione.” I sacchi di sabbia posti ad arginare il fiume sortirono il loro effetto. L’acqua si ritirò piano piano e con essa la mia gioia svanì.
“come mai?” cercai di tenere un certo contegno, ma era difficile.
“vuole un’ultima prova. Dice che il periodo natalizio è il più difficile...”
“ed è sicuro che non ce la potrò mai fare, vero? Affidare a sua figlia questo posto è come condannarlo al patibolo senza processo.”
“Bella, comprendo la tua rabbia...”
“davvero? Comprendi anche il lavoro che ho fatto a Chicago per non far fallire il Michigan Swan Hotel dopo la gestione di Tanya?”
Mio padre sospirò. “sa che il tuo punto debole è il Natale. Dopo quello che è successo tu...lasciamo stare. Invece Tanya è un asso nell’organizzare le feste.”
“ma è un disastro in tutto il resto.” Mi sporsi verso mio padre e lo implorai di far cambiare idea a suo fratello. Purtroppo erano soci al cinquanta percento e così avrei dovuto sottostare a questo ricatto del mio caro zio, così come si era dovuto piegare mio padre. Tentai in tutti i modi di trovare una soluzione e una scappatoia.
“certo,” mi arresi con una punta di acidità. “perderò tutto per un mese o forse due e poi dovrò tornare e svenarmi per rimediare.”
“magari riuscirai ad organizzare un Natale come quelli di tuo nonno.”
Speranza vana. Quelli del nonno avevano qualcosa di speciale, un profumo, un’atmosfera magica...erano animati di uno spirito tutto loro e espandevano nell’aria una forte dose di pace e serenità.
“te li ricordi? adoravi questo posto il giorno di Natale.”
“papà, sono passati secoli da allora e tu non sei un sentimentale.” Mi strinse le mani tra le sue forti e sorrise dolcemente.
Per un solo piccolo istante sentii la felicità dei Natali passati.

Ero nella Casetta di Babbo Natale che avevo fatto allestire in un angolo della hall. Era in legno chiaro e sembrava un piccolo salottino con il caminetto con il fuocherello finto, l’albero decorato con luci, festoni e palline e una poltrona su cui si sarebbe seduto l’attore che avrebbe interpretato Babbo Natale.
All’esterno c’era una slitta con le renne meccaniche che muovevano la testa e alzavano una zampa anteriore. Raccolsi alcuni pupazzetti caduti dalla slitta. L’idea era quella di far consegnare la letterina a Babbo Natale (letterina poi abilmente girata ai genitori) e di far esprimere i loro desideri proprio all’uomo vestito di rosso, ma anche di regalare un piccolo pensiero ai bambini.
Sulla carta sembrava una buona idea anche se non proprio originale, ma sempre ben apprezzata. I bambini andavano matti per Babbo Natale, non era sempre stato così? Inoltre avevo fatto allestire un piccolo rinfresco, con ciambelle e cioccolata calda per i più piccoli e caffè per i genitori.
Mi spostai all’indietro per osservare l’effetto complessivo, quello che avrebbero visto gli ospiti dell’hotel il giorno successivo, all’inaugurazione.
Inavvertitamente urtai qualcuno.
“mi scusi!” Mi girai subito per esprimere il mio dispiacere. Non stavo guardando dove stavo andando, convinta di essere l’unica nell’area ancora recintata e coperta da un bellissimo drappo rosso.
“molto bella.” La ragazza urtata non sembrava molto sconvolta dal fatto che le fossi andata addosso e indicava la casetta sorridendo.
“le serviva qualcosa?”
“oh, si. Quel bel ragazzo che sta alla reception mi ha detto che potevo trovarla qua, signorina Swan. Sono Alice Cullen, mi ha assunta la settimana scorsa.”
Non l’avevo riconosciuta. Era la stessa ragazza dai capelli corvini a caschetto e dagli occhi scuri che si era presentata per il posto di folletto aiutante di Babbo Natale. Il suo compito era tenere un po’ in ordine i bambini e consegnare loro il regalino.
“si si, certo. Mi scusi ero distratta.”
La invitai a seguirmi fino alla reception dove, come ogni sera, stava lavorando Jasper.
“dai alla signorina Cullen tutte le indicazioni per trovare l’amministrazione. Deve firmare il contratto e prendere il suo vestito da folletto.” Salutai e stavo quasi per andarmene quando tornai sui miei passi. “già che ci sei, Jasper, dai alla signorina anche il tuo numero di telefono, così non verrà più da me a dirmi quanto sei affascinante.”

Il giorno dell’inaugurazione dello spazio natalizio era arrivato.
Nelle retrovie tutti erano in fermento. La cucina del ristorante aveva approntato un bancone intero solo per il buffet e camerieri che avevo assunto per l’occasione facevano avanti e indietro, assicurandosi che il tavolo fosse sempre imbandito.
Il folletto Alice Cullen si stava aggiustando le scarpette verdi a punta quando la raggiunsi.
“pronta? Tra poco si va in scena.” Cercai di sorridere, ma ero io quella totalmente impreparata. La prospettiva di giocarmi tutto in una sola serata mi contorceva le viscere.
“oh, signorina Swan!” lei si che sorrideva rilassata e sincera. “sono prontissima! Ha per caso visto Babbo Natale?”
Mi guardai attorno, notando solo in quel momento l’assenza della star principale della serata.
“non...non è ancora arrivato?”
Alice scosse la testa e io mi attaccai alla ricetrasmittente.
“Jasper! C’è un problema!” la mia voce rasentava l’isterismo. “dove diavolo è Babbo Natale?”
Ma nemmeno il mio fidato collaboratore seppe darmi una risposta.
“chiamalo, rintraccialo, mandagli la polizia a casa, fa qualcosa, ma trovami quell’uomo.”
Mi sedetti sconfortata sulle panche di metallo dello spogliatoio.
“se vuole posso intrattenere i bambini con qualche favola natalizia, mentre trova un sostituto...”
Alzai gli occhi verso la ragazza. “si, è un’ottima idea. L’apertura ufficiale è prevista tra mezz’ora circa e ce c’è una bella folla lì intorno. Nel programma doveva essere Babbo Natale a tagliare il nastro rosso, ma immagino che possa farlo anche tu.”
Lei annuì confidandomi le sue intenzioni, creare quasi un alone di mistero su cosa si celasse dietro la tenda e poi aprirla in modo plateale. Così il mio tempo per trovare un sostituto sarebbe salito a circa un’ora.
“Isabella, sono Jasper.” La ricetrasmittente gracchiò e io ritrovai la speranza. “Babbo Natale è arrivato.” Stavo per esultare ma Jasper mi fermò. “l’ho rispedito a casa, aveva la febbre e non era un gran bello spettacolo.” Quanto meno l’uomo aveva una giustifica seria per non aver svolto il lavoro.
Salì di corsa nel mio ufficio conservavo i numeri dei candidati scartati, avrei provato a chiamare l’uomo che si era classificato secondo.
Non feci neppure a tempo ad alzare la cornetta e a comporre il numero che la porta si aprì e comparve mio padre.
“non è un buon momento.”
“ho saputo del tuo Babbo Natale ammalato.”
Avrei voluto sbattere la testa sulla scrivania.
“io e tuo zio siamo venuti per vedere come te la stavi cavando.”
“papà non ce la farò mai. Sto per prendere la borsa, il cappotto e andarmene prima che tutto questo inizi.”
Charlie spense il suo sigaro nel posacenere. “tuo nonno si sta rivoltando nella tomba per una frase del genere. Al tuo vecchio non sta bene il rosso?”
Lo guardai speranzosa. “mi farai da Babbo Natale?” Non attesi neppure risposta che mi ero già fiondata tra le sue braccia. Prima che gli impegni di lavoro fossero troppi e troppo gravosi adorava fare Babbo Natale e lo faceva nell’albergo della catena in cui si trovava, almeno per una sera.
“il rosso ti sta benissimo. Chiamo la sarta così ti sistema il vestito.” Passai dietro la scrivania e composi il numero della sartoria interna. “sai papà, si un po’ ingrassato.” Strizzai l’occhio al mio caro vecchio prima di dare le disposizioni per il vestito nel mio nuovo Babbo Natale.

Ero appostata in un angolo, dirigendo il traffico quando ce ne era bisogno. Per lo più tutti se la stavano cavando bene. Persino mio padre, il quale erano anni che non vestiva le vesti del nonnetto del Polo, era riuscito ad entrare perfettamente nella parte e a interpretarla magistralmente. Mi chiesi se il suo segreto non fosse che lui aveva dentro di sé ancora una parte bambina che aveva rispolverato per l’occasione.
Adorai mio padre per essere lì con me in un giorno così importante. Adorai mio padre perché era tutta la mia famiglia. E lo adorai ancora di più per avermi salvato da un bel guaio. Avevamo concordato di non dire nulla allo zio Eleazar sull’attore ammalato. Con lui sostenemmo la tesi che era già stato decido che Charlie sarebbe stato il Babbo Natale della serata, una sorpresa per tutti, anche per lui.
Quando si allontanò in compagnia della figlia (oh, si era venuta anche lei per “vedere l’albergo che avrebbe dovuto gestire presto”), io e mio padre ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere, eravamo sicuri che non se la sarebbe bevuta e così non era stato, ma almeno non aveva dato più fastidio.
Alice non interpretava solo il folletto aiutante. Era un folletto vero e proprio. Saltellava di qua e di là, teneva compagnia ai bambini che non erano impegnati a raccontare i loro desideri a Babbo Natale e aveva fatto una perfetta apertura, con storielle su Babbo Natale e il Natale, raccontate con tanta maestria che i giovani ospiti erano rimasti tutti a bocca aperta e ne era seguito un grande applauso. Dopo gli inchini al suo pubblico, la giovane aveva preso delle forbici enormi e aveva tagliato il nastro rosso.
La mia avventura natalizia era iniziata così. Solo che non avevo previsto il resto.

Il giorno dopo scesi nella hall e già i bambini si accalcavano vicino alla casetta di legno, in attesa di Babbo Natale. Non mi illudevo: volevano tutti i biscotti con la cioccolata calda e i regalini omaggio.
Tutto era andato a meraviglia la sera prima, eppure non ero del tutto soddisfatta. Non si poteva paragonare questa festa a quelle che organizzava il nonno.
No, mancava decisamente quello spirito di Natale che lui continuava a lodare e che lo rendeva sempre così allegro. Era tutto così freddo e impersonale, da centro commerciale, non da grande famiglia che si riunisce per festeggiare.
La mia festa era priva di quell’allegria e di quella magia che rendeva tutto speciale. Se almeno avessi saputo il segreto del nonno! Avrei potuto cercare di rimediare in qualche modo...
“Jasper, per favore, trova tu il sostituto di Babbo Natale, mio padre partirà questa mattina.”
Ieri sera non avevo avuto né la forza né il tempo di contattare chicchessia e, visto che mi fidavo di Jasper, affidai a lui la scelta. Forse sarebbe stato più fortunato di me. Inoltre vedevo ormai lontana la possibilità di riuscire a mantenere il mio posto. Il sorrisetto trionfante di Tanya mi aveva fatto crollare anche le ultime speranze. Avevo dalla mia mio padre, sicuramente. Ma non bastava, era un arbitro davvero imparziale e anche se si era divertito un mondo, sapevo che non lo avevo convinto del tutto.
“ci sarebbe...si, ecco.”
“Jasper sei a corto di parole?” Lo stuzzicai, visto che stava diventando anche rosso.
Tossicchiò imbarazzato.
“Alice...il folletto...mi ha dato il suo numero e mi ha detto che suo fratello maggiore avrebbe potuto fare benissimo Babbo Natale.”
“perché allora non ha presentato domanda prima?”
“è arrivato solo ieri dal college.”
“chiamalo. Questa sera, alle sette, puntuale.”
Me ne andai nel mio ufficio a fare pulizia. Se dovevo sbaraccare il mio posto, non mi sarei fatta trovare impreparata, ma con gli scatoloni già imballati. Mi assicurai anche che collaboratori del calibro di Jasper non si ritrovassero da un giorno all’altro sulla strada solo per l’incompetenza di mia cugina che avrebbe avuto al contrario bisogno di tutto l’aiuto disponibile.
Charlie Swan venne a dare il suo saluto prima della partenza.
“che stai facendo Isabella?” Chiese stupito vedendo il casino dell’ufficio.
“mi preparo alle cattive notizie.”
“non hai proprio fiducia nei miracoli di Natale?Magari sarà proprio Babbo Natale a farti un bel regalo. Hai scritto la letterina?”
“papà...questo conferma solo le mie più funeste previsioni. Lo zio ha già detto a Tanya che può ridipingere lo studio e buttare via la poltrona del nonno. No, dovrò fare qualcosa, me la farò spedire nella casa di Forks...” Mormorai osservando la pelle consunta.
“non volevo dire questo.” Mio padre era di sicuro a disagio. Immaginai che avesse avuto una discussione piuttosto accesa con suo fratello. Continuava ad accendere, senza riuscirci, il mozzicone di sigaro che aveva tra le labbra. Faceva sempre così quando era nervoso.
“gli altri non salutano nemmeno? Che peccato.” Dichiarai ironica. “ah, e scordati che io poi venga a sistemare il casino di Tanya. Se oltrepasso la porta principale non ci rimetterò mai più piede.” Conclusi categorica.
Mio padre non poté far altro che comunicarmi che avrebbero fatto ritorno proprio il venticinque per vedere come stavano andando le cose e per comunicarmi la loro decisione definitiva.
Quando se ne andò, mi lasciai cadere a peso morto sulla poltrona e la voltai verso la finestra.
Aveva ripreso a nevicare.

Il giovane Edward Cullen non aveva nulla a che fare con la sorella. Forse era il costume di Babbo Natale ripieno di cuscini per rendere la forma della pancia o i capelli di quello strano color ramato che faceva a pugni con il rosso del capello...
Ma si, non aveva proprio nulla che fare con Alice. Lei era sempre attiva, saltellava ovunque e aveva una grande vitalità. Edward era più pacato, rilassato e serio.
Eppure il suo sorriso era stupendo. Non era a trentaquattro denti e non mostrava neppure le gengive. Non era esagerato ma trasmetteva la sua sincerità e la sua dolcezza. Era a mezza bocca, un po’ storto ma non ironico.
Quando lo conobbi fu la prima cosa che mi colpì. Il suo fisico slanciato era nascosto dall’ingombro del costume e la bocca quasi soffocava sotto la barba bianca. Ma il sorriso si vedeva, era lì ed era caldo. Era calore allo stato puro.
Lo incontrai solo la sera tardi, quando finalmente mi ero decisa a scendere dall’ufficio, riemergendo dai mille pensieri che mi avevano tenuto con lo sguardo incollato alla finestra.
Si stava togliendo il cappellino e si spazzolava con foga con una mano i capelli.
“borotalco?!” chiesi alzando le sopracciglia.
“peggio. Farina.” Scoppiammo entrambi a ridere. “mia sorella ha cercato di coprire almeno un po’ il mio colore naturale. Voleva addirittura tingermeli!” Fece una faccia disgustata e poi riprese a ridere.
Mi tese la mano. “sono Edward Cullen, ovvero il suo babbo Natale.”
“Isabella Swan. Come si è trovato?”
“molto bene grazie. Mi è piaciuta l’idea di far decorare gli alberelli ai bambini. Anche a mia sorella è piaciuta ma ieri non me ne aveva parlato. E le assicuro che mi aveva raccontato tutto mentre lodava un certo Jasper.” Annuì, avevo notato l’interesse per il mio receptionist.
“è stata la novità di quest’oggi. Ogni bambino riceverà una pallina in omaggio da appendere sugli alberi in giro per l’albergo. C’è un piccolo cartellino sul cui potranno scrivere il loro nome. Così a fine vacanza potranno imprenderla e portala a casa come ricordo.”
“me li mostra?”
“cosa?” Chiesi stupita.
“gli alberelli! Così potrò consigliare ai bambini i punti migliori per mettere le loro palline!”
Quel ragazzo mi stupiva. Aveva passato una serata intera con bambini urlanti e non era ancora morto. Anzi...in questo assomigliava alla sorella. Era pieno di vita ma non esuberante come lei.
“le dispiace se ci diamo del tu?” Mi chiese mentre si spettinava ancora e altra farina cadeva sul pavimento. Somigliava tanto alla neve che avevo osservato tutto il giorno...
“d’accordo, Edward. Seguimi ti faccio fare il giro.”
Lo scortai per tutti i corridoi e lui, non appena vedeva un alberello, si chinava verso di esso, lo osservava e contava le palline che vi erano disposte.
“qui va male, molto male.” Commentò serio al quarto piano. L’albero, alto poco più di un metro, contava una sola pallina con il nome Paul.
“su questo piano ci sono pochi bambini. Per lo più sono coppie di giovani sposi. Cerco di fare le camere in modo che la gente possa conoscersi e socializzare.”
Annuiva mentre glielo spiegavo, ma non mi sembrava del tutto convinto. Era perplesso, glielo si leggeva in faccia e fissava quella pallina come dovesse farla lievitare e spostarla solo con la forza della mente.
“qualche problema?” Domandai, quasi temendo una critica. Ero sempre ben disposta verso i consigli, ma in quei giorni di consigli non voluti e malevoli ne avevo avuti fin troppi.
“Isabella, tutto qui è così perfetto...ma anche così impersonale.”
Lo sapevo bene e quindi sospirai rassegnata.
“manca qualcosa, lo sento anche io. Il problema è scoprire cosa.”
Senza dire una parola, mi tese al mano e, non appena io gliela afferrai titubante, mi trascinò giù nella hall ormai deserta. Andò alla reception e chiese quante coppie ci fossero al quarto piano. Dopo un mio cenno di assenso l’impiegato gli fornì il numero esatto. Tutte le camere erano occupate, per un totale di venti ospiti. Ero curiosa di sapere che cosa avrebbe combinato, visto che chiese dei nastri, dei foglietti colorati, due paia di forbici e quaranta palline. Si fece mettere il tutto in un cestino di vimini.
Poi, sempre con la mia mano nella sua e con il cestino sotto braccio, tornò al quarto piano. Si sedette per terra e mi invitò a fare lo stesso.
“sul pavimento?”
“si, non essere sempre così ingessata.” Mi fece l’occhiolino.
La perplessità andava di pari passo con la curiosità di scoprire che avrebbe fatto. Prese le prime due palline e le legò insieme con un nastro dorato che fece passare anche in due foglietti rossi bucati nell’angolo in alto con le forbici.
“su aiutami.”
“e che cosa dovrei fare?”
“esattamente quello che sto facendo io. Lega insieme queste decorazioni. Forza.”
Feci come mi aveva detto, seguendo le sue indicazioni.
“non sei molto pratica.” Osservò sorridendo.
“direi di no. Ho sempre snobbato i lavori di questo tipo, non mi sono mai piaciuti.” Confessai. Lo guardai negli occhi e feci una confessione ben più profonda. “devo dire che è divertente...siamo seduti in mezzo al corridoio di un grande albergo a legare insieme delle palline per chissà quale strano motivo a un’ora improponibile della notte.”
“Non curarti sempre del motivo. È Natale.”
Avrei voluto dirgli che quello non era sufficiente a trattenermi lì ma, come gli avevo detto, era divertente e tanto mi bastava. Per i minuti successivi nessuno fiatò. Lui con la lingua che sporgeva dalle labbra, concentrato. Io facendo attenzione a non tagliarmi con le forbici.
“tutta questa manualità da dove viene?”
“dal reparto pediatrico del Sant Mary di Chicago. Sto facendo lì la mia specializzazione.”
“sei un pediatra?” Non avevo pensato nemmeno un attimo a che potesse essere un medico. “tua sorella mi aveva detto che eri appena tornato dal college.”
Alzò le spalle, noncurante. “per lei sono la stessa cosa, visto che sto ancora studiando. Quando mi ha proposto di fare il Babbo Natale ho accettato subito. Vedere per una volta bambini sani e gioiosi è un sollievo.”
Quando finimmo il nostro lavoro, lui era stato molto più bravo di me che a malapena avevo fatto dieci coppie, mi tese la mano per alzarmi e prese ad appendere la palline sui pomelli delle porte e ovviamente lo aiutai avendo cura che non cadessero nell’esatto momento in cui mi allontanavo dalla porta.
Guardai l’orologio appeso alla parte. Le due di notte, si era fatto ancora più tardi.
“che ne dici? Non sei soddisfatta del tuo lavoro?”
Annuì convinta. Sentivo qualcosa in fondo al cuore, avevo fatto con le mie mani un piccolo pensiero per quelle persone. Stavo bene.
Mi mostro la pallina del piccolo Paul, presto non sarebbe stata più sola ma contornata da tante altre palline colorate, unite dal filo dorato.
“grazie. Davvero.” Dissi sincera. “ti andrebbe...ti andrebbe di venire in un posto con me?” Questa volta fui io a tendergli la mano e a portalo sulla terrazza del tetto, la stessa che mi aveva visto congelare qualche sera prima.
“è un bellissimo posto.” Commentò osservando il panorama innevato, aveva smesso di nevicare. “anche se fa un po’ freddo.” Si strinse nella casacca rossa che non si era ancora cambiato.
“era il posto preferito di mio nonno. Mi portava sempre quassù quando nevicava. Lui si che era un mago delle feste.”
“ho sentito parlare del vecchio Swan. Ti manca tanto?”
“si. Non mi mancherebbe così tanto se riuscissi a sentire il Natale come quando era con me.” Sospirai. “ho cercato di ritrovarlo dopo la sua morte...ma dicembre dopo dicembre ho capito che non ne avrei mai più sentito lo spirito.”
“ognuno lo trova in quello che gli sta più a cuore.”
Sentivo il suo sguardo su di me, ma non mi voltai, ancora presa a contemplare le luci della strada.
“questo Natale potrebbe essere il mio ultimo ad Aspen. Se non riesco a ricreare quel calore, mio zio farà di tutto per togliermi la gestione. Le luci e le decorazioni non sono sufficienti.”
Mi attirò a sé e tentai di protestare, dare la mano era una cosa, sentire il suo corpo contro la mia schiena era un’altra.
“lo senti? Questo è calore.”
E si, lo sentivo. Sentivo quel calore che riscalda da dentro, che fa pulsare il cuore. Anche il nonno mi teneva così, tra le sue braccia, mentre la neve mi bagnava i capelli.
“tu conosci il segreto del Natale.”
Non badò alla mia affermazione facendomi un’altra domanda.
“è solo per la morte di tuo nonno che non senti più questo calore?”
Odiavo parlare di lei e di quella brutta storia. Ma quello che mi stava regalando Edward, e non era solo un abbraccio o un po’ del suo tempo, era così puro e sincero che risposi.
Mi schiarì la gola e iniziai con voce bassa e tremante.
“qualche anno prima che il nonno morisse c’era anche un’altra persona che amava il Natale. Era mia madre, lo amava così tanto che quando arrivava la festa, la casa era un tripudio di colori, decorazioni e profumi. La cannella, lo zenzero, lo zucchero. Hai mai sentito l’odore dello zucchero? È così lieve, impercettibile, eppure c’è. Dolce, buono. Forse anche il Natale ha l’odore dello zucchero...non lo senti ma sai che c’è e ti piace. Lei e il nonno si potevano sfidare a chi faceva il Natale più bello e profumato.”
Feci una pausa e lui mi strinse forte.
“Ero ancora una bambina quando se ne andò.”
“mi dispiace. Non volevo farti rivivere la sua morte.”
“morte?” Mi voltai verso di lui e parlai con più foga di prima. “era il giorno dopo Natale e pensava che nessuno la sentisse mentre trascinava la valigia giù dalle scale. Il cielo era ancora buio, non so che ore fossero. Scesi anche io, convinta che stesse preparando quei buoni biscotti alle mandorle che mi piacevano tanto. Quando vidi la porta aperta la chiamai, le chiesi che stesse facendo, ma non mi rispose. L’ultima immagine di lei che ho è quella di una valigia firmata che attraversa la soglia. Non si voltò nemmeno a salutarmi. Adorava così tanto il Natale che non volle rovinarselo, ma scappò il giorno dopo come una ladra senza mai darmi una vera spiegazione. Ecco perché per tutte le cose deve esserci un motivo.”
“Isabella.” la sua mano gelata accarezzò la mia guancia rossa per la rabbia di quel ricordo. Parlare con uno sconosciuto di quello che era successo era stato meno terribile del previsto.
“tu ha qui dentro il Natale.” Posò la mano sul mio cuore. “non sono le luci che fanno la festa, è l’amore di una famiglia, degli amici e di qualcuno che ti stia accanto amandoti.”
Sentivo le lacrime premere dagli occhi quando continuò spiegandomi che quando lo avevo aiutato mi ero sentita bene perché avevo qualcuno al mio fianco nel fare un gesto semplice e disinteressato per gli altri.
“su quel piano ci sono solo coppie. Così anche le palline sono legate a due a due. È per simboleggiare il loro legame. Scriveranno il loro nome sui cartoncini e lo faranno insieme.”
Lo abbracciai.

Nei giorni che seguirono io e Edward salimmo spesso su quel tetto a vedere le stelle nelle notti serene o a sentire la neve che silenziosa cadeva, ma non prima di aver fatto il nostro dovere con i bambini.
Lui come Babbo Natal, mentre io leggevo le storie di Natale a chi voleva. Quegli esseri pestiferi mi stavano dando una prova della gioia che si prova solo quando fai qualcosa per gli altri in modo totalmente disinteressato.
“quando il Natale sarà finito, pensi che potremmo vederci ancora?” Mi chiese una sera. Eravamo nella stessa posizione dell’altra volta, la mia schiena sul suo petto, ma da allora eravamo diventati più saggi, avevamo i cappotti.
“perché no? Sei il mio Babbo Natale preferito. Mi hai dato il regalo più grande del mondo. Mi hai rivelato un segreto. E poi siamo diventati amici, no?”
“solo amici?” Stare tra le sue braccia era fantastico ma ancora più fantastico fu il bacio che mi diede a fior di labbra.

Così venne il giorno di Natale.
E tornarono anche mio padre, mio zio e la cara Tanya. Un Natale in famiglia, no?
Quando varcarono la soglia dell’albergo ero impegnata con il mio fidato gruppetto di ascoltatori e non li notai. Si avvicinarono piano e in silenzio per non disturbare la fine della favola.
“...e vissero tutti felici e contenti.” Conclusi. I bambini applaudirono e vennero ripresi dai genitori.
“complimenti Bella. Sei un’ottima lettrice.” Tanya era la solita altezzosa ma non mi importava. Come mi aveva insegnato Edward, quello che contava era come mi sentivo io dopo la fine di ogni racconto.
“Buon Natale, papà. Buon Natale zio. E Buon Natale anche a te Tanya.” Abbracciai tutti mentre glielo auguravo e di sicuro erano stupiti di questa accoglienza così calorosa.
“stai bene Bells?” mio padre era decisamente preoccupato. Non mi vedeva così felice il giorno di Natale dalla morte del nonno.
“benissimo vecchio!” gli feci pure una linguaccia, stare con i bambini mi faceva regredire allo stato dell’infanzia. “andate a rinfrescarvi che poi mangiamo insieme.”
Padre e figlia se ne andarono mentre Charlie rimase accanto a me, anche quando riposi il libro nel mio ufficio di nuovo in ordine e con tutti gli oggetti al loro posto. Gli scatoloni erano spariti.
“sputa il rospo. Che c’è?”
Non sopportavo più il suo silenzio stupito.
“sono io che devo chiedere a te che c’è. Non ti riconosco quasi. E anche questo posto...sembra che sia tornato tuo nonno...”
“ho scoperto il suo segreto ma non te lo dirò mai.”
La risata di mio padre si sparse nella stanza.
“sono felice per te bambina. Non mi chiedi nemmeno se l’albergo sarà tuo?”
Feci spallucce, non mi interessava più molto. Avevo scoperto che il Natale si può avere ovunque e sempre con sé, nel proprio cuore, non era necessario essere ad Apsen per sentirne la magia.
“è tuo. Lo zio dovrà ammettere che hai fatto un ottimo lavoro. Abbiamo respirato tutti l’aria del Natale, è innegabile. Beh, l’unica scontenta sarà tua cugina ma credo che l’albergo delle Hawaii sarà perfetto per una tipa come lei.”
Si sedette sulla poltrona di suo padre e ne lisciò i braccioli. Mi guardò fisso negli occhi e mi chiese serio.
“mi dici almeno chi o cosa ti avrebbero rivelato il segreto?”
Sentii il mio sorriso allargarsi e aprirsi di felicità.
“Babbo Natale.”



p.s. dell'autrice: questo è il mio piccolo regalo di Natale. una piccolo one shot che ha partecipato anche al contest "Luci di Natale".
spero possa essere di vostro gradimento e che possiate respirare anche voi, come Isabella, la magia del Natale =)
un caloroso augurio di buone feste a tutti =)
Sara
   
 
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