FESTONI
Ok, era Natale. Non che a Kurogane importasse, per lui era solamente una seccatura. Gli bastava vedere come l’idiota si entusiasmava per le lucine e le decorazioni e i pacchetti per sentire una tremenda, tremendissima voglia di affettare qualcosa.
- Cosa dici, Kuro-pon, ti piace qui?
Fay, in precario equilibrio su una scala traballante, stava attaccando dei festoni di abete sopra le finestre.
Kurogane rispose con uno sbuffo infastidito.
- Forse è meglio un po’ più in alto? – chiese ancora il mago cercando di allungarsi più che poteva e restando in equilibrio su un piede solo.
- Scendi di lì idiota!
Perché, si chiese il ninja, Fay aveva il potere di farlo esasperare così facilmente?
Naturalmente quello che Kurogane temeva avvenne.
La scala ondeggiò per pochi istanti e poi si sfasciò a terra trascinandosi dietro mago e festoni compresi.
- Ahi!
 Kurogane si precipitò a vedere cosa fosse successo preoccupato e arrabbiato allo stesso tempo. Il mago si alzò prontamente, ma poi ricadde a sedere.
- Ti sei fatto male? – chiese minaccioso il guerriero.
- Ehm, devo essermi slogato di nuovo la caviglia – mormorò l’altro guardandolo da sotto in su con un tentativo di sorriso.
 
Kurogane non diceva niente. Aveva sistemato Fay su una poltrona con una fasciatura e un bel po’ di ghiaccio sulla caviglia e se ne stava imbronciato in un angolo.
- Ti ricordi? – gli aveva chiesto il mago.
Certo che si ricordava, si ricordava eccome di quando quello stupido stava per farsi ammazzare dagli Oni e se l’era cavata per un soffio con una caviglia slogata. La stessa caviglia tra l’altro. A quel tempo Kurogane non sapeva nulla di Fay, del fratello gemello morto per lui, dei suoi sensi di colpa, del suo desiderio impossibile, delle sue maledizioni; intuiva solo confusamente che sotto quel sorriso perenne da imbonitore c’era qualcosa che decisamente non funzionava e lui non sopportava proprio le cose che non funzionavano. Kurogane era sempre animato da una logica impeccabile: se una cosa era nera, allora non era bianca. Tutto il contrario dell’idiota ovviamente, che era capace di complicare talmente le cose, che già di per sé non erano semplici, da avere il potere di farlo infuriare ogni volta.
Quella volta si era infuriato. Gli aveva premuto il fodero della katana sul collo e per un pelo non l’aveva ammazzato lui dopo che gli Oni non c’erano riusciti. Anche un fodero vuoto nelle sue mani era un’arma mortale e lo stupido quello almeno sembrava averlo capito benissimo.
Le persone che odio di più sono quelle che si arrendono…
Allora io sono una di quelle persone…
Fay aveva cercato di scappare nell’unico modo che conosceva: morire per salvare qualcuno. E Kurogane l’aveva riportato indietro nell’unico modo che conosceva, costringendolo a vivere, costringendosi a vivere.
Era quasi buffo a ripensarci ora, dopo tutto quello che avevano passato, tutti quei giorni di pena dove sembrava ci fosse solo la morte ad aspettarli.
 
- Dai, Kuro-myu, non fare il muso, vieni qui – aveva mormorato il mago vedendolo pensieroso.
- Il prossimo anno le appendo io le decorazioni – aveva mugugnato il ninja, burbero come al solito, mentre un Fay sorridente e pericoloso con una cioccolata calda in mano ridacchiava immaginandosi Kurogane che inchiodava ghirlande di agrifoglio sulla porta. La caviglia slogata non gli impedì di dimostrare al musone quanto gli fosse grato, per tutto. Fuori si stava facendo buio.
 
- Kuro-rin?
- Che c’è adesso?
- Buon Natale.
- Tsk!