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Autore: DarkNight97    24/12/2011    1 recensioni
Questa storia vuole spiegare come una forte amicizia può essere sconvolta dall'amore...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dyter si riscosse. Strinse gli occhi per mettere a fuoco l'ambiente intorno a lui; il fumo nell'aria era soffocante, e il ragazzo a malapena riusciva a respirare.
Era steso a terra, la faccia premuta contro il pavimento freddo, e le sue mani si muovevano convulsamente cercando un appiglio cui sostenersi.
Gli occhi bruciavano tantissimo, ma riuscivano a scorgere una figura che si avvicinava... una figura incapucciata, che correva velocissima...
Poi il ragazzo perse di nuovo conoscenza.

Faul strinse le braccia attorno alle gambe. Aveva freddo. Il suo mantello l'aveva usato per avvolgere Dyter.
Dyter... Come era finito lì, in quel luogo oscuro e pericoloso? L'ultima volta che lei ed il ragazzo si erano incontrati, lui stava apprendendo le arti magiche per diventare sacerdote...
Faul lasciò vagare lo sguardo sul volto del giovane. Un volto abbronzato, segnato da spruzzi di efelidi, un volto che lei conosceva come fosse proprio. I suoi capelli, morbidi e scuri, che bella la sensazione di accarezzarli con le dita... e i suoi occhi, quegli occhi che ora, chiusi, si celavano al mondo, ma che lei ricordava come se li avesse appena visti. Due perle nere, buie, penetranti, che la catturavano al primo sguardo, ogni volta.
Faul spostò gli occhi sul suo corpo, coperto dal mantello nero. Poche ore prima era ancora scoperto, in balia dei suoi occhi, che volevano fotografare tutto, assolutamente tutto. Le membra forti, elastiche, le gambe scattanti, il torace scolpito... eh, Faul conosceva tutto fin troppo bene.
La ragazza sospirò. Non avrebbe dovuto salvarlo. La ragione le aveva suggerito di proseguire, di non fermarsi a soccorerlo, perchè sapeva che dopo tutto si sarebbe sconvolto. Ma il cuore... eh, il cuore era sempre in contrasto con la razionalità delle sue idee. E anche quella volta l'aveva convinta ad ascoltarlo.
Il cuore batteva, batteva forte sotto il corpetto, batteva per qualcuno. E quel qualcuno era al suo fianco, in quel momento.
Erano passati quasi due anni da quando si erano salutati. A quel tempo lei aveva circa quattrodici anni, lui sedici, e stavano ancora decidendo in merito al loro futuro. Erano cresciuti incieme, perchè Faul era rimasta orfana a soli due anni. Erano come fratello e sorella, e stavano sempre insieme. Ovunque andassero, non si separavano mai. Con il tempo, le abitudini cambiarono. L'adolescenza portò loro i primi problemi. Perchè all'inizio, Faul stimava Dyter, lui era il suo idolo. Ma poi... poi cominciò a sentire qualcosa. Una strana sensazione in fondo allo stomaco, ogni volta che vedeva il ragazzo, come una bestia sopita che aveva dormito troppo a lungo, e che si risvegliava ogni qual volta lei parlasse con Dyter. All'inizio Faul cercò di non pensarci, di contrastare questo languore struggente che la attanagliava sempre più spesso. Poi non ce la fece più. Di solito era Dyter il suo solo ed fidato confidente; ma non se la sentiva ancora di parlare con lui di quella che lei chiamava "la sua malattia". Così provò con la madre di Dyter. Lei era sempre stata gentile, affettuosa, premurosa con Faul, proprio come una mamma. Per questo la ragazza le parlò di quello che le stava succedendo. E fu proprio lei a svelarle la pura e semplice verità: si era innamorata. Di Dyter. Faul ne rimase sconvolta, temeva che quel sentimento avrebbe rovinato la loro amicizia. Per questo, anche se disperata, decise di partire. Forse, pensava, allontanandosi da lui tutto sarebbe stato più facile.
Ma si era sbagliata. Non era trascorso giorno senza che lei rivedesse davanti l'immagine di Dyter, e notte senza che lui le apparisse in sogno, bello e impossibile. Era divenuta un'ossessione. Stava per arrivare al suicidio. Ma qualcosa l'aveva fermata. Aveva sentito dentro una forza che la tratteneva. E aveva sognato una voce, una voce grave, che l'aveva ammonita dicendole che tutto sarebbe cambiato.
Per questo aveva continuato per la sua strada, incerta se tornare indietro, tornare dalla sua famiglia adottiva, tornare da lui.
Ed adesso... adesso l'aveva trovato lì. Per strada. Nel santuario maledetto che tutti temevano, in quella zona. Destino? O pura coincidenza? Faul non avrebbe saputo affermarlo con certezza.

In quel momento, Dyter si mosse. Prima impercettibilmente, poi cominciò a rotolare su sè stesso, a borbottare frasi sconnesse. Sembrava stesse delirando. Faul, preoccupatissima, gli si avvicinò, e gli tastò la fronte. No, non era calda, niente febbre. Probabilmente stava solo sognando.
Faul si scostò dal calore del suo corpo, arrossendo. Rimase ancora pochi minuti ranicchiata a fissare la luce delle fiamme che bruciavano la legna, ascoltando il respiro forte di Dyter, poi il sonno arrivò e la portò via con sè.

Dyter si destò all'improvviso. Aprì gli occhi, scoprendo che il buio lo avvolgeva impedendogli di vedere.
Cos'era successo? Rammentava di essere caduto a terra, nel santuario, e che qualcuno stava arrivando. Poi era svenuto, e i suoi ricordi si fermavano lì.
Ma sentiva il respiro di qualcuno, vicino a lui. Ebbe paura. Si alzò di scatto, gemendo di dolore. Era rimasto troppo fermo, e i muscoli erano indolenziti. Tastando la terra attorno a lui, scoprì i resti di quello che doveva essere un fuoco, spentosi da poco. Poi le sue mani trovarono qualcosa di morbido. Dyter, con il respiro bloccato in gola, continuò ad accarezzare quello che scoprì essere un corpo. Il corpo di una ragazza. Le sue mani si fermarono all'altezza del seno, poi Dyter le scostò, imbarazzato. Tornò al fuoco, e prese uno dei legni rimasti. Riuscì ad accenderlo con due pietre e, sempre trattenendo il fiato, alzò la torcia davanti al viso. Appena la luce della fiamma raggiunse la ragazza, Dyter la riconobbe. No, non poteva essere vero.
- F... Faul? - mormorò, sbalordito.
La ragazza rimase immobile. Dyter, allora, si avvicinò, e le toccò una spalla, dolcemente.
- Faul... - sussurrò ancora, ora sicuro che fosse lei. Non era cambiata per niente. I capelli, lunghi e biondi, erano sempre gli stessi, e il corpo minuto era il solito corpo aggrazziato e scattante che ricordava.
Dyter non aveva mai capito perchè Faul se ne era andata. Aveva chiesto spiagazioni alla madre, numerose volte, ma lei aveva sempre risposto dicendo "Un giorno sarà lei stessa a dirtelo". Perciò era rimasto con quel tormmento in cuore, in attesa di un suo ritorno.
E adesso, vederla lì, piccola e fragile, vicino a lui... lo faceva sentire finalmente completo.
Faul si mosse. Aprì piano gli occhi, che subito incrociarono lo sguardo di Dyter. Arrossì violentemente, e si mise seduta, stropicciandosi gli occhi.
- Faul... - la chiamò il ragazzo, per la terza volta. La ragazza, finalmente, si voltò. Lui era in ginocchio di fronte a lei, una fiaccola in mano. I ciuffi di capelli gli accarezzavano il viso morbido, e le membra magre e perfette la chiamavano. I suoi occhi la imprigionarono ancora una volta. Quanto le era mancata quella sensazione di impotenza, quel lasciarsi andare al suo sentimento, che cresceva ogni giorno di più...
Quasi non si rese conto di quello che successe dopo.
Dyter aveva gettato la torcia a terra, e l'aveva attirata a sè, in un abbraccio travolgente. Il contatto con la pelle calda del ragazzo svegliò la creatura nella pancia di Faul, che cominciò a graffiare, chiedendo di più. La giovane voleva piangere. Le erano mancate così tanto quelle braccia a cui poteva sempre sostenersi, quei capelli che ora le lambivano le guance, quella sensazione di pace che solo lui le dava.
E Faul pianse. Pianse finalmente tutto ciò che aveva perso, pianse perchè era stato uno sbaglio enorme lasciare il suo Dyter, pianse perchè in quel momento si sentiva la ragazza più felice del regno.
E, con stupore, si accorse che anche Dyter piangeva. Lui piangeva. Faul non l'aveva mai visto piangere. Le lacrime le bagnavano la casacca scura, le scivolavano sul collo dolci e tristi allo stesso tempo, lacrime di dolore, lacrime represse troppo a lungo.
Dyter la strinse a sè, sempre più forte, fino a mozzarle il respiro. La strinse per poterla sentire, per sentirla tutta, perchè mai più avrebbe potuto perderla.

Si scostarono dopo un tempo che parvo loro come infinito.
- Dyter... scusa – le parole uscirono da sole dalla bocca di Faul, senza che lei se ne accorgesse. Ma forse era meglio così, si disse.
- Perchè, Faul? Perchè? - sussurrò Dyter con disperazione, continuando a stringerle le mani al petto, baciandogliele dolcemente. Erano vicinissimi.
- Io... oh, Dyter. Io... io non potevo più starti vicino. - No. Non era quello che doveva dire.
Dyter infatti alzò il capo, mentre le lacrime continuavano a rigargli il bel volto. - Come? -
- No... non fraintendere. Io... io provo qualcosa per te. - tentò di spiegare Faul. Strinse gli occhi, voltando il viso di lato. Fissò la terra sotto di loro, e piangendo si dichiarò.
- Io ti amo, Dyter. -
Un silenzio teso seguì queste parole. L'aria era immobile.
Poi una voce, quella di Dyter, quasi impercettibile, fendette l'oscurità.
- Anch'io ti amo. -
Faul alzò gli occhi su di lui. Il ragazzo piangeva, le palpebre serrate, le mani strette convulsamente a quelle di lei.
- Co... come? - mormorò Faul, incredula.
- Sì, Faul. Ti amo. Da tanto tempo. Troppo, nemmeno riesco a ricordarmi da quanto. Ti ho sempre considerata una sorella, ma... ma poi tuto è cambiato. Sono cresciuto, e... e ho cominciato a guardarti con occhi diversi. La tua voce mi stordiva, i tuoi occhi mi uccidevano, la tua bocca e il tuo corpo mi chiamavano. Avevo paura di parlarti, di stare con te, di abbracciarti. Quando te ne sei andata, ho pensato che non sarei più riuscito a vivere. Ho provato a trovare qualcun'altra, a cercare nuovi impieghi, per riuscire a diastrarmi dal pensiero di te. Ma tu c'eri sempre, e comunque, dovunque andassi. Nessuno era in grado di sostituirti. Penso che anche mia madre se ne fosse accorta. E' per questo che, dopo molto tempo, sono partito. Per cercarti. Perchè, anche se tu mi avessi rfiutato, non sarei riuscito comunque a tenere dentro tutto ancora per molto. Ecco perchè sono qui... anche se, in fondo, è solo perchè mi hai trovato e salvato. - Dyter tacque. Aveva detto tutto.
- Dyter... io... io non avrei mai pensato... - balbettò Faul. Poi, cercando di dare importanza a quello che stava per dire, aggiunse – Ma io non devo spiegarti altro. Perchè hai già detto tutto tu. Ti amo, Dyter... non mi sembra vero di potertelo finalmente dire. -
Il giovane sorrise, alzando gli occhi. Incontrò i suoi, e non seppe resistere. Avvolse le braccia attorno al suo corpo magro, e tornò a stringerla, affondando il viso sull'incavo del suo collo.
- Perdonami... perdonami se non ti ho mai detto niente... - singhiozzò Faul, il viso tra i capelli profumati del ragazzo.
- No... perdonami tu... scusa, Faul... - mormorò Dyter.
- Ti amo. -
- Anch'io... -
Faul si scostò appena. Sentiva il bisogno di qualcos'altro, non le bastava quell'abbraccio. Le labbra di Dyter le si presentarono irresistibili ed invitanti, e in un attimo furono sue. Non aveva mai baciato nessuno prima, ma tutto le sembrava così naturale, le veniva spontaneo, come se fosse giàò scritto che così doveva esssere. Dyter rispose al suo bacio, più felice che mai, e la strinse ancora, accarezzandole la pelle morbida.
Ora niente poteva più separarli.

  
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