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Autore: Melchan    24/12/2011    3 recensioni
"E' sempre la solita storia. Lui ama lei, che ama l'altro. E l'altro è quasi sempre il tuo migliore amico."
Invertendo l'ordine degli addendi il risultato non cambia.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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As old as time

 

 

 

 

È la storia più vecchia del mondo. Lui ama lei, che ama l’altro. E l’altro è quasi sempre il tuo migliore amico.

(Notte prima degli esami)

 

 

 

 

 

 

 

 

Rose aveva sonno, quel sonno che la faceva sentire come se già stesse sognando e il parco fosse solo una proiezione mentale di quello che vedeva dalle finestre del castello per la maggior parte dell’anno.

 

“Rose, fammi copiare.”

Non si premurò nemmeno di aprire gli occhi, e rispose al vento che gli portava la voce di Scorpius con lo stesso tono che avrebbe usato nella realtà.

“Potrei alzarmi e nascondermi il quaderno sotto la testa per non fartelo prendere dopo che mi sarò addormentata, ma per farlo dovrei alzarmi. Fai quello che ti pare, stupido.”

 

Una specie di grugnito l’avvertì che era arrivata la seconda e ultima persona in grado di tenerla sveglia in un momento simile, quando l’odore dell’erba le stava già pungendo il cervello abbastanza forte da convincerla che non si sarebbe mai più alzata da lì.

“Ti si vedono le mutandine” le fece notare Albus preoccupato.

“Non ho intenzione di muovermi per abbassare la gonna.”

Prima che suo cugino replicasse Rose sentì una specie di “tsk”, di quelli che riuscivano così bene solo ai doppiatori di cartoni animati babbani (erano una delle passioni segrete di Albus, quindi anche lei se ne era sorbiti una quantità traumatica), e poi lo sfregare della stoffa sulle cosce.

Albus sospirò e si buttò accanto a lei, mentre Scorpius lasciava la sua gonna per allungarsi a prendere il quaderno di Storia della Magia.

 “Dobbiamo anche finire Pozioni.” Continuò Albus, col tono di quando non ci credeva nemmeno lui.

“Incolpa Eagle e vedrai che non succede nulla.”

“Un giorno o l’altro Lumacorno smetterà di dargliele tutte vinte.” Protestò Albus, che sembrava sul  punto di cominciare la solita tiritera su come anche il vaso di Lumacorno avrebbe finito per traboccare e inondarli con una pericolosissima cascata di punizioni e punti tolti alle Case.

O come lo avrebbe fatto quello della vicepreside, non appena avesse scoperto che continuavano a ignorare i compiti di Pozioni anche dopo essere convocati e strigliati (un incontro davvero profondo, il cui culmine era stato un seccatissimo “piantatela”).

“Non credo che lo farà mai.” rispose Rose, continuando a tenere gli occhi chiusi “Stancarsi, intendo. È ancora preoccupato per la storia di non averlo considerato per un anno intero prima di arrendersi all’evidenza.” Sorrise all’erba sotto la sua bocca.

“Solo perché…” cominciò Albus.

“Vi ricordo che sono qui davanti e sento quello che dite.” Li interruppe Scorpius, che a giudicare dal rumore di carta grattata si era messo a ricopiare i suoi appunti di buona lena già da un po’. Rose era convinta che provasse il suo tono annoiato la sera prima di andare a dormire, per essere sicuro di avere sempre l’intonazione giusta.

 

Lei fece quel verso strano a metà tra uno sbuffo e un ghigno rumoroso che invece le veniva d’istinto.

“Come dimenticarlo, magico Scorpius Malfoy? Sento sguardi di grifondoro rancorose che decidono se lanciarmi o no il malocchio e prendersi una punizione collettiva da quando mi hai sistemato la gonna”.

Albus rise dietro un colpo di tosse.

“Esageri sempre.” Rispose il diretto interessato.

“No che non lo faccio. Al, cosa ti hanno detto le vostre amiche quando gli hai chiesto se avevano visto la mia cravatta?”

“Non sono nostre amiche.” Ribatté lui, calcando bene l’ultima parola.“Comunque hanno detto che potevi recuperarla con un Accio, visto quanto sei dotata.” aggiunse infine, prima di lasciarle cadere la cravattina nera sui capelli spettinati.

Rose continuò a sorridere da dietro gli occhi chiusi.

“Solo?”

Albus borbottò qualcosa che la fece ridere più forte.

 

“Riguardo a Lumacorno, allora anche stasera gli diamo buca?” La voce strascicata di Scorpius li interruppe di nuovo, senza che il rumore della piuma che grattava sulla pergamena s’interrompesse.

“Penso che sarebbe educato andarci.” Rispose Albus senza entusiasmo. Rose respirava nel segreto delle sue braccia incrociate. Adesso se non andava errata, e a suo legittimassimo parere non lo faceva quasi mai, Albus si era messo a strappare fili d’erba aspettando i loro dinieghi.

“Gli abbiamo già dato buca due volte in un mese. Sarebbe carino farci vedere, ogni tanto.” Aggiunse mogio, cogliendola di sorpresa. Probabilmente temeva veramente che Lumacorno ci rimanesse male. Beh, una volta ogni tanto anche Rose poteva permettersi di sbagliare; quantomeno non era ancora ascesa al grado di Dio onnisciente. Doveva lavorarci su.

“Non vedo perché dare soddisfazione a un tipo simile.” Gli rispose. Poi sentì un tonfo attutito sull’erba, e di nuovo la voce di Scorpius.

“La prossima volta che mio padre mi fa notare come sia tipico per la sua nobile Casa capire sempre come sfruttare le situazioni a proprio vantaggio, gli riferisco la tua risposta.”

La cosa grave era che conoscendolo l’avrebbe fatto davvero.

Rose riuscì a sentire il tono esitante di Albus prima che lui aprisse bocca. “Non penso che sia una buona idea.” Disse pochi momenti dopo, con tutta la delicatezza di cui era capace.

 “Altresì detto”, tradusse lei “Eagle, amico mio adorato, perché vuoi litigare con il tuo rispettabilissimo padre?

“Mi limito a esporgli le cose come sono.”

 

Rose si girò a pancia in su, senza sollevare le palpebre di un millimetro.

“Ve l’ho ripetuto non so quante volte che il Cappello ha scelto dove assegnarmi sulla base del non avere la più pallida idea di quale fosse la cosa migliore. Quindi non sono un campione attendibile per niente di quello che dico, Eagle.”

Come facesse a formulare frasi così complicate mentre cercava allo stesso tempo di dormire era qualcosa che non avrebbe mai svelato a nessuno di loro.

Scorpius tacque. Era irritato come ogni volta che veniva fuori l’argomento, apparentemente disinteressato al fatto che lo aveva tirato fuori lui, e Albus le si accoccolò più vicino, come se temesse che Rose al quarto anno soffrisse ancora all’idea di essere stata assegnata alla propria Casa.

Di nuovo, la cosa grave era che conoscendolo lo temeva davvero.

“È una Casa comoda, quante volte ve l’ho detto? Sarei stata antipatica alle Grifondoro comunque, invece qui nessuno mi stressa perché sono troppo occupati a leccare piedi e malignare a caso. Se l’avessi saputo subito non avrei fatto tante storie, all’inizio.”

In effetti uno dei pochissimi rimpianti di Rose Weasley, se non l’unico, era il mese di piagnistei che si era fatta al primo anno dopo essere stata assegnata a Serpeverde.

Il fatto che fosse stata accolta a braccia aperte da tutti gli studenti della sua Casa dotati di un cervello non aveva minimamente scalfito la disperazione, forse perché già allora si era accorta delle pupille a forma della P di Prestigio scolpite nei loro occhietti vispi e avidi. In effetti per non rendersene conto avrebbe dovuto essere molto, molto stupida. O Albus.

E per rendersi conto che aveva fatto il terno al lotto magico, le era bastato il tempo di smettere di evitare suo cugino.

Ovvero il tempo di farsi bloccare sulle scale da Scorpius Malfoy.

 

 

“Weasley, devo parlarti un momento.”

Si era sentita chiamare per cognome da una voce che non conosceva, e questo non era il modo migliore per metterla di umore collaborativo. Alzare gli occhi dai gradini era stato uno sforzo tremendo, e quando ci era riuscita aveva pensato che non ne era valsa la pena.

Parkinson aveva risposto per lei, e consigliato al suo lontanissimo cugino di millesimo grado di levarsi dai piedi.

“Nemmeno ti conosco, perciò scusami…” aveva aggiunto lei un momento dopo, vedendo che Malfoy non sembrava intenzionato a spostarsi dal mezzo delle scale.

Poi aveva fatto per scansarlo e proseguire, seguita dalla sua scorta personale e prodiga di bisbigli offensivi, pronunciati abbastanza forte da farsi sentire da quel montato di Malfoy.

“Si tratta di tuo cugino.”

Lei si era fermata prima di accorgersi di quello che il suo corpo stava facendo. Era un colpo basso, e qualcosa di impreciso nella sua voce la rese certa che lui lo sapeva.

“Oltre che stupido sei anche sordo? Weasley non vuole parlare con te, perciò…”

“William, aspetta un momento.”

Il ragazzino aveva fatto per replicare, ma poi Rose lo aveva fissato senza dire niente e le era sembrato che quella grossa P gli luccicasse negli occhi, ricordandogli che non era una cosa furba contrariare l’adorata figlia dell’amichetto del cuore/fratello di fatto del Salvatore del Mondo Magico.

 

Avevano tutti undici anni, e le teste così piene di ammonizioni da ritrovarsi il cervello clonato per tre quarti da quello dei propri padri.

 

Scese qualche gradino a fianco del ragazzino biondo, stando attenta a camminare piano (vuoi mai che diventasse ancora più visibile), ed evitò di guardare in faccia lui o qualsiasi paia d’occhi che le stesse bruciando la nuca come un fiotto di Lumus troppo potente. Negli ultimi mesi aveva scoperto che spesso il pavimento è quanto di più interessante, e salvifico, possa mai esistere. Cieli, lavagne, piatti d’oro: niente era indifferente e caro quanto lui. Avrebbe potuto diventare una piastrellista, un giorno non così lontano.

Si fermarono a un paio gradini dal pavimento dell’Ingresso, e a quel punto Rose si azzardò ad alzare di nuovo lo sguardo e impiegare una minuscola parte della sua mente cosciente su quello che stava succedendo.

“Allora, mio cugino cosa?”

 

Guardò Scorpius massaggiarsi gli occhi con indice e pollice. Per essere un ragazzo, aveva delle dita davvero sottili. Le venne da chiedersi se avesse mai impugnato qualcosa di ruvido come un manico di scopa (che sciocca, anche fosse sarebbero stati levigati come tutti i manici di lusso).

La sua voce strascicata. La stessa che suo padre derideva sempre quando parlava di Draco Malfoy: le parve un ammonimento, un altro, e per un momento provò una fitta d’odio potente come non le era mai capitato. Non pensava che il rancore potesse mozzare il respiro, ma guardando quello che avrebbe dovuto essere al suo posto, con un fazzoletto rosso che sporgeva appena da una delle tasche della divisa, sentì di odiarlo tanto da volerlo ferire in un modo violento e irrazionale che non aveva nulla a che fare con la magia.

 

Scorpius non sembrò accorgersi di niente di tutto questo.

“Lui non sa che sono qui, anche se penso che lo scoprirà prima che finisca questa frase. Ho cercato di trovare un luogo e un momento tranquillo per parlarti, ma è praticamente impossibile incontrarti da sola.”

Rose annuì. “E quindi?”

“Quindi”, riprese lui, guardandola come se trovasse l’aria dietro di lei più interessante della sua faccia, “volevo solo chiederti di smetterla con questa sottospecie di voto del silenzio familiare. Non sono affari miei e la cosa non mi riguarda, ma Potter non fa che attaccare bottone a tutti i Serpeverde che incontra per chiedere di te. Adesso ha cominciato a passare mezzo galeone al giorno a uno del secondo anno per sapere di che umore sei, e a questo punto direi che si è oltrepassata la soglia del ridicolo.”

Rose si morse forte il labbro inferiore, cercando di ignorare il rossore che le stava invadendo la faccia per la vergogna. Non aveva problemi a immaginare più di una sua compagna disposta a prendere soldi da Albus per riferirgli se la notte piangeva contro il cuscino oppure cominciava a farsi degli amici.

 

Poi, nel bel mezzo delle sue elucubrazioni sulla piaga zuppa di pus che era diventata la sua vita, fece l’errore di guardare di nuovo in faccia quel ragazzo bellissimo e annoiato, che le parlava tenendo le mani nelle tasche cucite ad arte della divisa e gli occhi grigi puntati da qualche parte che poteva essere ovunque, ma di certo non la sua patetica figura ingobbita.

Si sforzò di ingoiare la bile che sentì salirle in gola.

 

“È molto carino che ti preoccupi per mio cugino.” Sputò fuori “Puoi dirgli che va tutto bene, sono solo molto presa dalle lezioni. Tutto qui. Adesso scusa, sta per suonare…”

Prima ancora di fare un passo si sentì patetica, ma così patetica come ancora non le era capitato dall’inizio di quell’inferno che tutti le avevano sempre raccontato e promesso che sarebbe stato una specie di sogno avventuroso e favolistico chiamato Hogwarts.

Sua madre le aveva sempre detto che sarebbe andata bene qualunque Casa, ma lei sapeva che non era vero. Era una di quelle cose che si raccontano ai propri figli, ma che arrivati alla resa dei conti non devono accadere.

Passava il tempo con gente che nel migliore dei casi era interessata a raccontare a mamma e papà come fosse riuscita a farsela amica, studiava in Sala Grande perché i colori della propria Sala Comune le facevano venire il mal di pancia. Non parlava con Albus da due settimane perché si vergognava e non voleva che lui la vedesse in quello stato.

 

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e pregò Merlino e tutti i grandi maghi di questo mondo di non mettersi a frignare in mezzo al corridoio davanti a tutti, e a Malfoy. Fino a quel momento pensava di essere arrivata a raschiare il fondo di tutti i fondi, ma si sbagliava, proprio come si era sbagliata nell’andare verso il Cappello Parlante pensando che in fondo non poteva davvero essere assegnata a qualcosa di diverso da Grifondoro; andiamo, sarebbe stato troppo assurdo. Certe cose non succedono davvero.

Aveva passato gli ultimi dieci anni della sua vita a sentirsi ripetere che era proprio come sua madre, non poteva che accadere che Serpeverde. 

 

“Vieni.”

Malfoy le aveva preso un polso, con delicatezza, ma abbastanza deciso da non darle l’illusione di avere scelta.

Rose si lasciò tirare per corridoi e scale che non riconosceva, seguendo uno strano vento biondo e grigio. Non vide Parkinson e le altre due ragazzine che erano con lei, e pensò solo a non inciampare nella tunica di Scorpius che le svolazzava sui piedi.

 

“Dove stiamo andando?” gli chiese dopo un bel po’, cercando di tenere ferma la voce.

Scorpius non le rispose, e disse solo: “Sic est, sic semper erit” davanti a una macchia sfocata sulla parete, che con molta immaginazione poteva essere un quadro nascosto dal velo delle sue lacrime. Si asciugò la faccia un momento prima di vederlo infilare la testa nel buco della parete e chiedere a qualcuno di chiamargli Albus.

Rose si era appena resa conto di essersi lasciata trascinare all’incontro che temeva di più da quando era lì. Avrebbe dovuto arrivarci, ma al momento non era nello stato mentale per fare collegamenti diversi da “è giorno. Non voglio alzarmi”.

Scorpius non commentò quando Al scavalcò goffamente la cornice del ritratto e corse ad abbracciarla.

 

A quel punto Rose Weasley, l’undicenne Serpeverde Rose Weasley, scoppiò a piangere come la stupida mocciosa che era.

Rimase abbracciata a suo cugino davanti allo sguardo impassibile di Scorpius Malfoy, che nel frattempo si era premurato di chiudere il quadro e trascinare in fondo al corridoio deserto Albus, e quindi lei per inerzia.

“Rose, non ce la facevo più, era…”

Mentre continuava a ripetere una litania interrotta di scuse per una tale somma di cose che se gli avessero chiesto di enumerarle non sarebbe stata capace di farlo, Rose pensò che forse non era andato tutto in malora. Non ancora. Non proprio.

 

 

 

“Comunque sia” riprese, finalmente con gli occhi aperti buttati verso il cielo senza nuvole “potrebbe essere divertente, questa cosa di Lumacorno.”

Scorpius la guardò, e anche senza vederlo Rose sentì la scintilla di quando era curioso che luccicava nelle nuvole scure che aveva al posto degli occhi. “A cosa stai pensando?”

Albus sbatté qualcosa, probabilmente una mano sulla sua stessa faccia, e aggiunse che non era sicuro di volerlo sapere.

“Potremmo convincere Lumacorno a portarci fuori sabato.”

Non le servivano occhi nemmeno per sapere che Albus stava storcendo il naso. “Manca solo una settimana all’uscita regolare.” Disse, infatti.“E poi non credo che sia persuasibile, su un argomento del genere…”

“Invece potrebbe funzionare.” Lo interruppe Scorpius “E a me piacerebbe uscire. Basta che Rose sia gentile con lui e tu parli di quanto piaccia Hogsmeade a tuo padre.”

Rose si rimise carponi giusto in tempo per vedere Albus guardarlo fisso, e rendersi conto troppo tardi che Scorpius aveva capito cosa stava pensando. Aprì la bocca per rimediare in un qualsiasi modo umanamente e non conosciuto, ma Rose lo precedette sbuffando col suo miglior tono da attrice consumata.

“Sì, sì, Scorpius lo sa che non intendevi pensare o mio dio ragioni proprio come un serpeverde quando vuoi e volevi solo dire che è un genio e lo adori a livelli masochistici e blablabla. Adesso il momento drama è concluso e possiamo decidere come organizzarci per stasera.“

Albus, che era diventato dello stesso colore della bandiera cinese dopo la storia dell’adorare, balbettò qualcosa d’incomprensibile e poi si zittì, rannicchiandosi su se stesso in quella specie di bozzolo che nel suo speciale e malato linguaggio corporeo significava “sto per piangere perché sicuramente Scorpius ora mi odia”.

 

Rose non si diede nemmeno la pena di ricominciare a parlare, e guardò Scorpius che si alzava senza dire una parola, dritto come una statua che è ferma in quella posizione da milioni di anni, srotolava la sciarpa dai libri intorno ai quali l’aveva avvoltolata prima di gettarli come massi per terra e avanzava fino ad Albus. Cercò di non concentrarsi sul suo crampo alla pancia mentre lo guardava avvolgergliela intorno al collo magrissimo, perché “hai la pelle d’oca stupido, copriti o stasera hai di nuovo la febbre”, prima di sedersi dietro di lui e piegare le gambe a v contro le sue.

“Sei ghiacciato.” Aggiunse poi, e gli soffiò sulla frangia dall’alto dei suoi cinque centimetri di differenza, solo per infastidirlo.

Rose avvertì quella cosa odiosa che le viveva nel petto e pungeva forte stritolarle le interiora.

Si trattenne dal dire qualcosa come “chiaramente sono di troppo” solo perché sentiva la bocca asciutta come un deserto, e fece per alzarsi, pronta a inventare una bugia idiota qualsiasi per allontanarsi dai suoi migliori amici che tubavano come bellissimi piccioncini.

Era a metà strada, con le gambe piegate e pronte ad alzarsi, quando due mani la strattonarono.

Una forte come può esserlo il becco di un uccellino che sta morendo di fame e si vede offrire la briciola di pane più grande che abbia mai visto, l’altra forte e basta, come quella di chi tiene fermo l’universo.

 

“Non sono mica una mocciosa bisognosa d’affetto, sapete?” sbuffò, senza nemmeno fingere di resistere mentre veniva trascinata sull’erba umida e fredda.

Appoggiò la testa su una gamba di Albus, e chiuse di nuovo gli occhi quando sentì le dita di Scorpius arrotolare uno dei suoi ricci scomposti intorno a un dito.

In effetti, ai preparativi potevano pensarci dopo.

 

 

 

-*-

 

 

Nota di Melchan:

Bonjour! ^^

Ci sarebbero delle vere e proprie (lunghissime) note, ma ho preferito metterle a fine storia <3 Quindi per ora via con i commenti a caldo è_é

Innanzitutto, avviso di servizio: la fic è già finita, quindi si tratta solo di postare i capitoli uno per uno fino alla fine. L'avevo pensata come una one-shot, ma è diventata talmente lunga (una specie di miracolo, per me) che ho deciso di postarla in capitoletti separati, anche se imho abbastanza lunghi ^^ (ho sempre avuto ai nervi le fic a mini-capitoli).

Non bazzicando molto al momento il fandom come lettrice, non so bene se la visione di una Rose a Serpeverde sia strana o no °_° , comunque ho visto di quelle cose che forse potete immaginare, nel fandom di HP, che non me lo fanno sembrare troppo difficile da accettare per chi si mette a leggere XD

Quindi d'uh, ecco il primo capitolo *commenti profondi*

 

Se siete arrivati a leggere qui suppongo abbiate letto anche il capitolo, perciò niente, aggiungo solo che ovviamente mi fareste un grande piacere facendomi sapere che ne pensate <3



  
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