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Autore: EarthquakeMG    24/12/2011    10 recensioni
Iniziava a preoccuparsi quella presidentessa così scrupolosa e con un eccessivo odio per gli uomini. Non era da lui, diceva tra sé e sé, non farsi vedere per un’intera settimana; non era da lui lasciare il suo lavoro da alieno-stalker-pervertito per chissà che cosa, non era da lui non irrompere nella sala del consiglio studentesco soltanto per disturbarla e, soprattutto, non era da lui non passarla a prendere la sera tardi quando finiva il suo turno al Maid café.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Takumi Usui
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui! Sta diventando un'abitudine, ormai, postare i miei schizzi. Questa è una storia nuova di zecca, l'ho scritta pochi minuti fa e parla della coppia più dolce che io abbia mai visto in un Anime/Manga giapponese. Mi sono innamorata immediatamente di questi due e ho cercato di creare quell'atmosfera che nell'Anime/Manga è quasi automatica. Forse i personaggi sono un po' OOC, soprattutto Misaki, ma spero vi piaccia lo stesso.
MG.


I personaggi, ovviamente, non appartengono ma sono stati creati da Hiro Fujiwara.


Arigatou, Misa-chan!


Era passata una settimana.
Era passata esattamente una settimana e di lui neanche l’ombra.
Iniziava a preoccuparsi quella presidentessa così scrupolosa e con un eccessivo odio per gli uomini. Non era da lui, diceva tra sé e sé, non farsi vedere per un’intera settimana; non era da lui lasciare il suo lavoro da alieno-stalker-pervertito per chissà che cosa, non era da lui non irrompere nella sala del consiglio studentesco soltanto per disturbarla e, soprattutto, non era da lui non passarla a prendere la sera tardi quando finiva il suo turno al Maid café.
Glielo aveva chiesto spesso Sakura, che fine avesse fatto Usui, ma lei ovviamente non aveva saputo risponderle.
“Come se io sapessi che fine abbia fatto quell’alieno pervertito..” diceva ogni volta imbronciandosi.
Eppure, nonostante non volesse darlo a vedere, era preoccupata.
Usui era fastidioso ed invadente ma era pur sempre Usui e per lei lui c’era sempre.
Se l’era ritrovato accanto nei momenti più disparati. Quando, per la stanchezza, stava crollando nella sala del consiglio studentesco lui era lì per sorreggerla; quando aveva rischiato di cadere dal palco, alla gara per camerieri, lui si era lanciato per proteggerla; quando, nel bosco, aveva avuto paura dei fantasmi lui l’aveva abbracciata e confortata.
Nonostante fosse un pervertito, doveva ammettere che alei ci tenevae lo dava anche a vedere.
Aveva provato spesso a distruggere quelle frasi che lui le sussurrava di tanto in tanto, aveva provato a cogliere quel sarcasmo che a parer suo tutti i ragazzi nascondevano ma non c’era mai riuscita; perfino dopo il loroprimo bacio si era resa conto che lui l’aveva fatto perché ci teneva e non perché era un pervertito. In fondo non l’aveva mai pensato, che lui fosse soltanto un pervertito, perché aveva così tante qualità che spesso la lasciavano a bocca aperta.
Usui era un bel ragazzo, obbiettivamente parlando, era molto intelligente, forte e premuroso. Era un pervertito, certo, ma quello forse era soltanto ciò che lei voleva vedere.
Si alzò dalla scrivania da presidentessa, Misaki, e si diresse verso l’uscita.
L’avrebbe cercato a tutti i costi, non poteva farla preoccupare così.
Decise di andare a casa sua, lui le aveva dato il suo indirizzo, in fondo quella era un’emergenza e non lo stava facendo per puro piacere.
Si ritrovò davanti a quel palazzo che tanto la intimidiva, era grande e maestoso ma quello che c’era dentro le faceva più paura; Usui viveva da solo, non le aveva mai spiegato il perché, ed il suo appartamento era così vuoto che la faceva star male. Lei era povera ma spesso si sentiva più fortunata di quel ragazzo che, da quanto aveva capito, in realtà era ricco.
Suonò il campanello più volte ma nessuno rispose. Non si sarebbe fermata al primo ostacolo.
“Forse..Oh, la porta è aperta!” disse sorpresa ed entusiasta allo stesso tempo.
Percorse le scale con calma, per non arrivare su con il fiatone, e si ritrovò davanti alla sua porta. Rimase ad osservarla per dei minuti che sembrarono ore; il suo cuore batteva forte, non riusciva a capire il perché, e nonostante la sua mente le imponesse di pensare che sarebbe stato meglio se lui non fosse in casa, il suo cuore sperava che lui fosse lì..sperava che lui stesse bene.
Bussò alla porta, ispirando profondamente, ed attese.
Nessuno chiese chi fosse, nessuno aprì la porta.
Una strana sensazione si impossessò di lei, era delusa. Rise fingendo di aver frainteso quella strana sensazione che in realtàera un mal di pancia e si diresse verso le scale, sarebbe tornata a casa e magari avrebbe ritrovato il suo stalker a scuola, l’indomani. Stava per scendere il primo gradino quando il click della serratura attirò la sua attenzione. Si voltò lentamente, credendo di aver immaginato tutto, e si sorprese; davanti a lei c’era Usui -il suo stalker- che la fissava sorpreso, non era spavaldo come al solito, sembrava stanco e forse anche malato. Indossava una tuta nera ed una felpa dello stesso colore, aveva i capelli scompigliati e le borse sotto gli occhi; era irriconoscibile.
“Misa-chan?” chiese sorpreso.
Non c’era ombra di sarcasmo nella sua voce.
Lei si voltò lentamente, senza avvicinarsi troppo a lui.
“U-U-Usui?” chiese lei sorpresa.
Lui rise.
“Sei tu quella che è venuta a bussare alla mia porta, sono io che faccio le domande!” le disse con un ghigno che non somigliava affatto al suo solito ghigno.
“Non sei venuto a scuola..” gli disse lei abbassando la testa.
Era in imbarazzo, non era brava a fare quelle cose e non avrebbe mai ammesso di essere preoccupata per lui.
Non sentì nessuna risposta e così, mordendosi il labbro, alzò la testa e lo osservò; era poggiato allo stipite della porta e la osservava con quello sguardo che soltanto a lei riservava, uno sguardo dolce e forse -aveva immaginato lei- estasiato.
“Entra..” le disse facendosi da parte.
Imbarazzata più che mai lei entrò, cercando di non sfiorarlo, senza obiettare. Si rese conto troppo tardi di non aver opposto resistenza come al solito avrebbe fatto ma lì c’era qualcosa che non andava, quello non era Usui, quello non era il suo Usui.
Si fermò davanti al divano e si perse ad osservare il bellissimo panorama che si intravedeva dalla finestra; c’era aria di pioggia, lo si avvertiva immediatamente, le nuvole erano grigie ed il cielo era scuro ma anche da quell’altezza il cielo non aveva perso la sua maestosità.
Usui le passò accanto, facendola rabbrividire, e si sedette sul divano; la osservò e sorrise, senza toglierle gli occhi di dosso.
“La Presidentessa che si preoccupa per me, che onore!” disse sarcastico.
A quelle parole lei si ridestò dalla sua quiete ed imbronciata gli rispose.
“Non sono preoccupata per te! Hai superato il limite delle assenze, come presidentessa del consiglio studentesco devo accertarmi che tu non stia deliberatamente marinando la scuola!” gli disse a braccia conserte, battendo il piede destro per terra con foga.
Lui rise e si passò una mano nei capelli.
“Lo fai con tutti, Presidentessa?” le chiese, facendola sobbalzare. “..No, perché io non t’ho mai visto farlo!” continuò.
Lei arrossì di colpo ed abbassò lo sguardo.
“E’ p-perché nessuno h-ha mai fatto così tante a-assenze di s-seguito!” gli disse cercando di mantenere la calma.
Lo sentì ridere, poi qualcosa attirò maggiormente la sua attenzione; lo sentì tossire e lo vide arrancare nel respirare regolarmente.
“U-Usui?” gli chiese.
Lui cercò di ricomporsi e le sorrise, poco convincente.
“Sto bene, Misa-chan!” le disse.
Lei non gli credette.
Aveva troppe volte visto la sorella fingere di star bene solo per non farla preoccupare, aveva troppe volte visto la madre fingere di esser forte solo per non farla andare a lavoro quando era troppo stanca; aveva imparato, con il tempo, a distinguere una persona sana da una che finge.
Si avvicinò a lui velocemente e gli poggiò una mano sulla fronte, spostando i capelli.
“Ma tu scotti!” gli disse alzando la voce, preoccupata. “..Ti faccio subito qualcosa!” continuò correndo in quella che immaginava fosse la cucina.
Non gli diede il tempo di obiettare -non voleva esser messa ancora in imbarazzo- si volatilizzò da quella stanza per fargli qualcosa di caldo. Trovò del riso e decise di fare un porridge di riso, come l’ultima volta. Arrossì ripensando a quella giornata, a quell’abbraccio ed al suo cuore che batteva all’impazzata. Si era allenata, curando la sorella, nel cucinarlo ed era sicura che quella volta avrebbe dimostrato di essere una brava cuoca. Si destreggiò bene in quella cucina, quasi come se fosse la sua. Finì di preparare il porridge e glielo portò su di un vassoio. Si sentiva dannatamente in imbarazzo, aveva lo sguardo basso e sentiva lo sguardo curioso di quel pervertito cercare di leggerle l’anima. Poggiò il piatto sul tavolo vicino al divano.
“Tieni, è buono..”gli disse avviandosi con passo veloce verso la cucina.
“Lo so..” sentì dire prima di uscire. 
Arrossì e si affrettò a prendere delle coperte ed un panno bagnato.
Quando tornò trovò Usui che stava piacevolmente gustando il suo piatto, aveva le guance arrossate e, probabilmente, la febbre continuava a salire.
Si avvicinò a lui lentamente, cercando di attirare la minor attenzione possibile e gli poggiò una coperta sulle spalle; l’aveva trovata dentro un armadio, nel corridoio. Si sentiva un’intrusa in quella che non era casa sua ma il suo istinto materno le diceva che era la cosa giusta da fare.
Lui alzò la testa e la osservò sorpreso, poi sorrise facendola arrossire.
“Grazie, Misa-chan..” le disse tornando a mangiare.
Lei si sedette sul divano, ben attenta a mantenere una distanza di sicurezza ed attese che avesse finito. Appena lo vide poggiare il cucchiaio si alzò nuovamente, prese il vassoio e portò tutto in cucina. Avrebbe voluto lavar tutto per star lontana da quello sguardoma doveva occuparsi di lui e lo sapeva benissimo.
Tornò in camera e lo vide straiato sul divano con lo sguardo perso sul soffitto; si avvicinò lentamente e si inginocchiò accanto al suo viso, lui sobbalzò e la osservò con sguardo attento, lei prese un panno bagnato e glielo poggiò sulla testa.
“Così dovrebbe scendere..” gli disse imbarazzata, guardando altrove.
Stava per alzarsi quando la mano che teneva il panno fu bloccata da qualcosa di caldo, di troppo caldo, alzò gli occhi e vide la mano di Usui stretta alla sua..arrossì.
“Cosa stai facendo? Lasciami!” gli disse con poca forza rispetto a quella che aveva di solito.
Vederlo malato ed indifeso le toglieva le forze, non riusciva a spiegarsi il perché.
Lui le prese la mano, se la portò sulle labbra e la baciò, come aveva fatto spesso, lei arrossì e cercò di ritirarla; non ci riuscì, nonostante fosse ammalato era sempre il più forte tra i due.
“Perché lo stai facendo?” le chiese guardandola dritto negli occhi.
Lei arrossì ancora e rimase intrappolata nello sguardo di lui.
“P-perché sei m-malato, ecco p-perché!” gli disse distogliendo lo sguardo, imbronciata.
Lui si alzò tenendole ancora la mano.
“Attento!” gli disse lei voltandosi improvvisamente per recuperare il panno.
Fu bloccata dall’altra sua mano; si ritrovò intrappolata mentre il panno era rovinosamente caduto per terra.
“Lasciami..” gli sussurrò.
Lui si avvicinò a lei lentamente e l’abbracciò. La strinse tra le sue braccia come faceva spesso, e le trasmise un calore che non era dovuto alla febbre, lei lo sapeva bene; era il suo calore, quel calore che la faceva arrossire, quel calore che la faceva tremare, quel calore che la faceva sentir sola quando non era accanto a lui.
Strinse la felpa di lui tra le sue mani e per la prima volta si lasciò andare alle sue emozioni. Rimasero stretti in quell’abbraccio per dei minuti che a lei sembrarono ore, fu lei a ridestarsi per prima, si ricordò improvvisamente delle condizioni cagionevoli di lui e si staccò forse troppo bruscamente, osservandolo preoccupata.
Lui la guardò sorpreso ed accennò un sorriso.
“Non cambi mai, Presidentessa!” le disse sarcastico.
Lei sbuffò, guardando altrove, e lo costrinse a sdraiarsi poggiandogli il panno bagnato sulla fronte.
“Stai lì che io vado a cercarti qualcos’altro da metterti addosso!” gli disse alzandosi e incamminandosi verso un’altra stanza.
“Misa-chan?” la chiamo lui.
Lei non si voltò ma si fermò solamente, aspettando qualcosa.
Arigatou, Misa-chan!” le disse.
Non lo stava guardando ma sapeva benissimo che stava sorridendo.
Si voltò verso di lui e gli sorrise per poi tornare sui suoi passi lasciandolo lì, sorpreso ma soddisfatto allo stesso tempo.
Usui si rese conto che, in fondo, quella febbre non era stata poi così male come aveva immaginato.
Misaki, nell’altra stanza, stava pensando esattamente la stessa cosa.
   
 
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