вυσи иαтαℓє вαмвιиι α∂∂σямєитαтι, ¢нє qυєѕтσ gισяиσ ρσѕѕιαтє єѕѕєяє яιѕνєgℓιαтι, ¢нє ℓα мαgια ∂єℓ иαтαℓє иєι νσѕтяι ¢υσяι ρяєи∂α νιтα qυєℓℓα ℓυ¢є ∂ι gισια є ∂ι ѕρєяαиzα σямαι αѕѕσριтα…
( Tratto da : Alla ricerca del Natale perduto. By Lilyanne )
Vi sono favole
che iniziano con un “C’era una volta
…”
dove finiscono sempre in un “E vissero felice e
contenti” ma se a volte le
favole divenissero realtà? I sogni son desideri dicevano
alcuni. Se ci credi
accadrà dicevano altri. La verità? Oh non sempre
ce n’era una. Ognuno ne aveva
una tutta sua. Ma talvolta però come succedeva ad alcune
persone, l’incanto nel
credere in qualcosa si rompeva. La speranza, i desideri, le favole.
Tutto
rinchiuso dentro una piccola parte di cuore. Un piccolo pezzetto che
doveva
solo essere liberato, così che la magia, quella vera,
potesse riportare gioia e
spensieratezza. E quale momento ideale se non il Natale? Forse non lo
sapevate,
ma il Natale era davvero magico …
Isabella Swan
continuava a fissare lo schermo del PC,
incapace di concentrarsi, il frastuono che veniva dal piano inferiore
continuava a tartassarle la mente. Sapeva benissimo
l’artefice di tutto quel
baccano. Edward Masen, maggiordomo della famiglia Cullen, o meglio
Carlisle
Cullen suo datore di lavoro. Erano ormai due anni che lavorava come
segretaria
e non vi era stato momento in cui quel dannato maggiordomo non le
avesse mai
messo i bastoni tra le ruote, ma era stanca. Mancavano due settimane a
Natale e,
nonostante la sua diligenza era davvero indietro con i lavori.
Sbatté un pugno
sulla scrivania.
-
Dannato
pinguino! – disse fra i denti. Si alzò cauta dalla
sedia, pronta a dirigersi in
cucina, dove sapeva avrebbe trovato, quel mentecatto.
Edward Masen
sorrideva, il fatto che di
lì a
poco sarebbe stato Natale, lo
eccitava. Aveva sempre amato quella festività, nonostante
non sempre quelli che
aveva passato erano stati veri e propri Natali.
- Oh
Edward, mi raccomando, non disturbare la Signorina Isabella, sai che
odia
questo periodo, e quindi è molto suscettibile, posso
fidarmi? – disse Carlisle
Cullen, gli aveva dato un tetto dove stare e un lavoro con cui
mantenersi. Gli
doveva tutto a quell’uomo. L’aveva salvato dalla
miseria, l’aveva accolto in
quella casa permettendogli di far parte della famiglia… Ma
quello che gli stava
chiedendo adesso andava oltre ciò che poteva fare.
- Come
desidera Signor Cullen. – finì con un sorriso
sghembo che non prometteva nulla
di buono.
Carlisle
annuì dirigendosi verso
l’uscita.
La signorina
Isabella, ah, un sorriso
divertito lo colse improvvisamente al solo pensarla. Amava provocarla,
vedere
quella vena pulsante sulla sua fronte ogni qualvolta era irritata. Non
se ne
spiegava il motivo, tutto era iniziato due anni fa quando la vide per
la prima
volta. No, non poteva lasciarla in pace, lui amava farla irritare
ragion per
cui…
- Ooooh
Jingle bells, jingle bells Jingle all the way, Oh oh oh! –
iniziò a cantare a
squarcia gola quella canzoncina così dolce e così
Natalizia, prese il mestolo
e, con una ciotola iniziò
ad
accompagnare la voce con del rumore. Oh sì. Amava il Natale.
Isabella dal
canto suo era ormai dietro
la porta. Poteva persino sentire lo sghignazzare di quel pazzo furioso.
Spalancò la porta augurandosi di non vedere scene
raccapriccianti, ma forse era
meglio augurarsi il contrario, quel maggiordomo era davvero pazzo.
Difatti lo
trovò a girare attorno alla penisola con un mestolo e un
pentolino tutto felice
nell’intonare Jingle Bells. Era furiosa.
- Vedo
che qui ci si diverte! No, sa Edward io starei lavorando. La prego di
dare sfogo
della sua frustrazione quando io non sono in questa casa. –
Edward si fermò,
ghignò malefico e, prima di girarsi verso quella voce, mise
su un espressione
innocente.
- Oh
Isabella, a quando la lieta notizia? – finì con un
sorriso smagliante.
- Divertente,
davvero divertente. – disse assottigliando gli occhi .
- Adesso
salgo su e non voglio sentire altri rumori intesi? – Edward
annuì.
- Oh
certo… Ah! Dovrò dire al signor Cullen di mettere
la moquette a volte sembra
che nel suo ufficio ci cammini un elefante… Dio che
frastuono. – finì
sorridendole. Eh sì, amava quella vena pulsante sulla sua
fronte.
Isabella non gli
rispose, troppo
infuriata. Chi si credeva di essere, stupido maggiordomo, villano e
pomposo. Si
diresse così verso il piano superiore, doveva salvare il
lavoro sul PC, ormai
quella giornata era andata. Fu appena si ritrovò davanti
allo schermo che si
sentì mancare la terra da sotto i piedi. Il PC era spento.
- Oh
dannazione! No, no, no! – Niente, il PC non si accendeva. Il
lavoro non era
nemmeno stato salvato, tutto quanto era stato perduto. Un senso di
disperazione
l’attanagliò. Cosa avrebbe detto Carlisle,
l’avrebbe giudicata un’incompetente.
Come aveva potuto fare un errore simile? Prese la borsetta e si
ridiresse in
cucina. Ignorò volutamente il maggiordomo, il quale stava
affettando, delle
verdure canticchiando. Dio quanto lo odiava, aveva sempre quel sorriso
sulla
faccia, mentre lei era sempre così posata e seria. Si
sedette su uno sgabello
davanti la penisola. Finché non vibrò il suo
cellulare nella borsetta. Un sms.
“Isabella,
sto tornando a casa devo
parlarti. A presto. Carlisle”
Isabella,
deglutì nervosa accasciandosi
disperata sulla penisola.
- Nooo.
Voglio morire! – Edward alzò lo sguardo, prima
rivolto alle verdure e vedendola
accasciata sulla penisola sospirò
-
Suvvia… – disse con tono rammaricato -
… Non faccia gesti avventati – finì
mettendole un coltello nella borsetta. Isabella alzò la
testa e lo guardò negli
occhi.
Edward in quel
momento lasciò da parte
una delle tante battute che avrebbe potuto rifilarle e
ricambiò lo sguardo, due
pozzi di cioccolata fondente tristi. Voleva confortarla, ma
nell’esatto momento
in cui stava per aprir bocca, Carlisle era entrato.
- Oh, voi due
insieme nella stessa
stanza in silenzio? Allora i miracoli esistono davvero –
finì Carlisle bonario.
Voleva bene a Edward e Isabella come due figli. Era per questo che era
rincasato a casa. Voleva permettere loro di avere un vacanza. Ma la
prima cosa
che vide fu Isabella con lo sguardo basso e mortificato.
- Isabella,
qualcosa non va?- chiese
Carlisle preoccupato.
Lei
alzò lo sguardo afflitta.
- Carlisle,
il PC si è spento e tutto il lavoro è stato
perduto. – Carlisle annuì
pensieroso.
- Parli
del contratto Newton&Co?- Isabella annuì
mortificata, mentre Carlisle si
allargava in un enorme sorriso.
- Oh
Isabella tranquilla! Avevo già tutto salvato in una
chiavetta. – finì
osservando come dal viso di Isabella riaffiorasse un debole sorriso.
Edward
intanto che non aveva aperto bocca osservava ogni smorfia dal viso di
lei,
rimanendone affascinato. Certo non era brutta, anzi. Era la ragazza
più bella
che avesse mai visto. Alta, i capelli lunghi color del caffè
con qualche
sfumatura mogano, le labbra carnose e le curve al punto giusto. Ma la
cosa che
più l’affascinava era il suo sorriso, molto raro
in verità, che mai arrivava fino
agli occhi. Si chiedeva perché, sembrava fosse una di quelle
ragazze che aveva
avuto tutto dalla vita. Eppure a volte riusciva a carpire qualche ombra
in quello
sguardo.
- Oh
Carlisle mi ha salvato. – disse Isabella sorridente, Carlisle
stava per
rispondere ma Edward intervenne prontamente.
- Oh,
lo dico sempre io che il signor Cullen a volte è TROPPO
magnanimo! – Isabella
lo fulminò e stava anche per rispondergli quando prontamente
Carlisle
intervenne.
- Io avrei deciso
di
interrompere il nostro lavoro qui. – Isabella lo
guardò perplessa.
- Come
mai? -
- Tanto
la gente che conta se ne va tutta via sotto Natale... –
Carlisle stava per
proseguire, ma Edward prese la parola rivolgendosi a Isabella.
- Lei
rimane qua Isabella? -
Il volto
di Isabella divenne paonazzo per l’irritazione, ma
cercò di darsi un contegno.
Dopotutto c’era il suo capo davanti a lei.
- NO!
Me ne vado da qui quanto più lontano possibile! –
finì schioccando la lingua
fra i denti. Edward iniziò a battere le mani come un
bambino, sorridendo e
scuotendo la testa.
- Ooooh
Babbo Natale ha avuto la mia lettera!-
Isabella
stava per ribattere, quando dalla sala udirono delle voci.
- Rose ti
dico che è scritta bene. – disse un ragazzo biondo
rivolgendosi alla propria
sorella. Jasper e Rosalie Cullen figli, gemelli, di Carlisle. Avevano
ormai 17
anni ma a volte sembravano dei veri e propri bambini.
- Ma come fai a dirlo? Si parla di
un dramma
così scontato. – finì Rose deridendolo.
Jasper sbuffò.
- Sei solo invidiosa, io so
scrivere mentre
tu sai solo smaltarti le unghie! – Isabella conosceva quei
due ragazzi ormai da
due anni e sebbene la differenza di età non fosse
così abissale, sentiva un affetto
molto profondo verso loro. Si avvicinò a Jasper con fare
materno.
- Oh su Jasper, io l’ho
letto ed era così
profondo. – finì sorridendo. Jasper
ricambiò.
- Grazie Isabella! – Lei però aveva una
domanda per Jasper.
-Di niente. Ma io vorrei chiederti,
come fai
a scrivere così profondamente, dove prendi ispirazione?
– Jasper rise divertito
e scherzando disse.
- Beh datemi una zitella apprensiva
e
alcolizzata e io ne farò un dramma!- Edward a questo punto
era ormai vicino a Isabella
e alzando le mani indicandola…
- Ta ta taaan! - Isabella gli
pestò un piede.
-Sa Edward, le sue battute ormai
sono vecchie
le rinnovi. – Edward sorrise.
- Lei non si rinnova, non capisco
perché
dovrei io… Ahahah. – finì scoppiandole
a ridere in faccia, Isabella stava per
rispondere quando Carlisle decise di intervenire.
- Edward non è modo di
rivolgersi a una
signora! – Edward abbassò il capo colpevole.
Isabella non poté trattenersi
dallo sghignazzare.
I gemelli oramai si erano diretti
in camera
loro, ognuno coi propri pensieri, fu proprio in quel momento che a
Carlisle
venne un’idea, forse una delle più geniali in vita
sua.
- Bene,
visto che i miei figli non sono presenti, ho un incarico per voi due. -
Isabella e Edward lo guardarono perplessi. Ma Carlisle
proseguì.
- Purtroppo
non ho molto tempo, quindi vi incarico di andare a ritirare i regali
per quei
due ribelli. - Isabella sconvolta prese la parola.
- Ma
Carlisle, io non posso farmi vedere in giro con questo pazzo pomposo.
– finì indicando
Edward, il quale sorrise malefico, rispondendole.
- È
vero signor Cullen. Isabella ha assolutamente ragione. –
quest’ultima lo guardò
sconvolta. Ma Edward continuò.
- Le
case di igiene mentale vietano di portare in giro i loro pazienti senza
una
camicia di forza, all’occasione, quindi nonostante io frema
di profondo
desiderio nel portare fuori la Signorina Isabella, debbo rinunciarvi.
– finì
con un espressione così rammaricata da sembrare vera.
Isabella prese un respiro
profondo e…
- Lei,
stupido omuncolo, australopithecus afarensis, Aaaah razza di pinguino
impomatato… – Edward la interruppe.
- Suvvia
Isabella, se continua così il Lifting che si è
fatta cederà, cerchi di
ritornare in sé. – finì pacato con un
sorriso leggero. Isabella gli si lanciò
addosso.
- Ma
io la uccido! - Fortunatamente Carlisle si frappose fra i due.
- ADESSO
BASTA! - Tuonò l’uomo. Isabella ed Edward lo
guardarono allibiti, non avevano
mai visto il loro capo così adirato, Isabella
cercò di prendere la parola.
- Ma
Carl…-
- Silenzio!
– disse tra i denti. Stranamente Edward si mise davanti
Isabella, come per
proteggerla, non si spiegava quel gesto, ma l’istinto gli
aveva detto di farlo.
Carlisle notò quel gesto e dentro lui sorrise, ma fece
comunque finta di niente
continuando.
-
Sono
stanco dei vostri battibecchi. Da adesso si cambia. Voi due andrete a
ritirare
i regali, senza diritto di replica. Fate una sola lamentela e su quanto
è vero
che io mi chiamo Carlisle Cullen. Vi licenzio!- Isabella ed Edward
rimasero
senza parole. Non avevano mai visto Carlisle sotto quella luce
così autoritaria,
si rendevano conto che avevano tirato troppo la corda fino a spezzarla.
L’unica
cosa che poterono fare fu annuire, prendere la lista che Carlisle nel
frattempo
aveva tirato fuori dalla giacca e dirigersi verso l’uscita a
capo chino.
Erano
ormai le sette di sera, il cielo era ormai scuro e le strade illuminate
dalle
luci natalizie. Era ormai più di mezz’ora che
Isabella ed Edward camminavano,
cercando di raggiungere il prima possibile il
“Grande” centro commerciale
situato alla periferia di New York.
Il silenzio
aleggiava tra loro due. Forse dovuto anche ad un insolito imbarazzo. O
forse
semplicemente perché ognuno perso nei propri pensieri.
Isabella camminava con
lo sguardo rivolto a terra. Odiava il natale e tutto ciò che
ne derivava. Bugie
e false speranze, non c’era nulla di gioioso ne di allegro in
un’enorme bugia.
Se lo ripeteva ormai da anni. Babbo Natale non esisteva, i giocattoli,
l’atmosfera erano solo sciocchezze alimentate dalle persone
credulone, persone
che non avevano perso nulla di importante, persone che non erano mai
ricorse
davvero ad un desiderio e vederselo lì immobile e
fossilizzato dal tempo. No,
le persone erano solo illuse. Scosse la testa osservando di sottecchi
il suo
accompagnatore, Edward Masen, era così strano averlo
accanto, senza che la
stuzzicasse con una delle sue solite battute. Guardava frenetico tutte
le
vetrine, sembrava di avere accanto un bimbo di cinque anni circondato
da un
mucchio di cioccolata. Non l’aveva mai visto con un
espressione così ingenua e
pura. Sentii una strana sensazione montarle nel petto.
L’osservò più
attentamente, i lineamenti così scolpiti, era davvero bello,
doveva ammetterlo.
I capelli spettinati color del bronzo, e quegli occhi così
verdi e vivaci.
Aveva trent’anni ma
ne dimostrava venti,
sia per fisico che per entusiasmo. Non aveva mai visto un uomo della
sua età
con uno sguardo così puro e innocente. Scosse la testa
ritornando ai suoi
pensieri. Per lui magari il Natale poteva essere speciale, per lei era
solo una
giornata come tante, la più odiosa. Edward dal canto suo si
sentiva felice ed
euforico, osservava quelle vetrine piene di roba, neve artificiale,
violini,
addobbi di ogni colore, si sentiva stordito di quella atmosfera, come
ogni anno
d’altronde. Sentiva le canzoncine natalizie aleggiare
nell’aria e il profumo di
ciambelle impregnare la strada che percorreva. La signorina Isabella
accanto a
lui se ne stava in silenzio e con la testa bassa. Si era chiesto il
perché di
quel comportamento, solitamente il Natale piaceva a tutti, soprattutto
alle
ragazze della sua età, regali, trucchi, vestiti, tutte cose
che avrebbero fatto
dare di matto ad una ragazza normale. Ma lei non era normale, lei
semplicemente
non era come le altre. Lui l’aveva capito molto bene.
Isabella nascondeva
qualcosa, dietro quella facciata da menefreghista, stronza, rigida come
un
palo, nascondeva un enorme dolore. Beh, chi non ne ha mai avuti di dolori… Pensò Edward
scuotendo la testa. Tra
un pensiero e un altro giunsero al “Grande” centro
commerciale, bisognava
attraversare la strada e sarebbero entrati in quel che si diceva il
paese dei
balocchi del Natale. Stava per attraversare la strada quando
improvvisamente si
bloccò, la sua attenzione era stata catturata da un signore
travestito da Babbo
Natale. Sorrise d’istinto osservandolo. L’enorme
pancione e la barba lunga e
bianca, sembrava così reale.
- Oh
oh oh, Buon Natale miei giovani amici, avreste qualcosa da donare per i
bimbi
meno fortunati? – Edward annuì sorridendo, mise
una mano in tasca cercando il portafoglio,
ma un’altra mano lo strattonò facendolo voltare.
- Oh
andiamo Edward non vorrà davvero dare dei soldi a questo
mentecatto? – Edward
la guardò con freddezza.
- Dica
un po’ ma cos’è lei? Non sarà
per caso il Grinch?! – a quelle parole il vecchio
Babbo Natale scoppiò a ridere divertito, Edward lo
seguì non preoccupandosi
però della reazioni di Isabella a quella battuta.
- Senta
idiota di un bambino troppo cresciuto, io non sono il Grinch, il Natale
è solo
uno stupido giorno per illudere gli stupidi che sperano in qualcosa
– poi si
volse verso l’anziano – E quelli come lui ci
marciano sopra, illudendo,
derubando gli stupidi come lei, che non sanno come tenere i soldi nei
propri
pantaloni! – Edward la guardò sorpreso, tutta
quella rabbia che trapelava dalla
sua voce mal si addiceva al dolore che si notava nei suoi occhi. Stava
per
risponderle ma il Vecchio lo precedette.
- Signorina,
il Natale non è un giorno qualunque! Il Natale è
speranza, è magia, è uno
spirito che ci spinge ad essere più buoni verso gli altri,
quel giorno
diventiamo tutti quanti diversi, ci aiutiamo, ci amiamo, sorridiamo di
sorrisi
sinceri! – Edward lo interruppe.
- Si
figuri se questa strega sorride, potrebbe crollarle il botulino!
– un calcio
negli stinchi gli fece inghiottire un urlo. Isabella lo guardava come
se
volesse bruciarlo vivo.
- Beh
faccia come vuole, se non sa come spendere al meglio il suo denaro
faccia pure,
io passo dall’altro lato della strada, si sbrighi non intendo
aspettarla in
eterno. – Edward sbuffò.
- Se
lei fosse eterna, a quest’ora le palle di
quell’albero si sarebbero frantumate
di già! – Isabella lo ignorò e
raggiunse l’altro lato della strada. Edward
sospirò per poi rivolgersi al vecchietto che lo guardava
benevolo.
- La
scusi, soffre di sindrome premestruale 365 giorni su 365 aggiunga che
sia una
zitella acida e ta ta ta taaaan il gioco e fatto. Comunque
tenga… – disse
porgendogli una banconota da Cento dollari – Questi sono per
i suoi bambini. –
finì sorridendo. L’uomo le prese commosso.
- Figliolo
Dio ti benedica! – Edward sminuì la
faccenda con un movimento della mano. – Ma l’uomo
continuò.
- Quest’anno
sarà un Natale speciale per te. – Edward lo
guardò affascinato, quell’uomo gli
ricordava davvero il vero Babbo Natale, qualunque bambino avrebbe
creduto
appieno che lui fosse quello reale. Annuì felice di aver
fatto qualcosa di
bello, stava per andare, ma il vecchio lo fermò e rivolgendo
uno sguardo triste
a Isabella dall’altra parte disse – Lei deve
credere nel Natale, perché tutto
può succedere. – Isabella dall’altra
parte ormai stufa di aspettare rivolse ad
Edward uno sguardo adirato e cominciò di conseguenza a
incitarlo a muoversi.
- Si
vuole muovere, Santo Patrono delle cause perse? – Edward
scosse la testa
sconsolato e si volse verso il vecchio.
- Ma
qui urge un MIRACOLO per quel Grinch! – Babbo Natale rise.
- O
forse di una coperta che scaldi il suo cuore… -
- La
coperta la userei per soffocar… Babbo Natale? –
voltandosi l’uomo era
scomparso, lo cercò con lo sguardo ma di lui nessuna
traccia. Sospirò e si
diresse verso la signorina Isabella.
- Contenta?
Lo ha spaventato! – Isabella alzò gli occhi al
cielo.
- Quando
lo capirà che era solo un farabutto? – Edward
si fermò facendo di conseguenza fermare lei.
- Ma
mi dica un po’ cos’ha contro il Natale? –
Isabella sbuffò e riprese a camminare
- Niente che le debba interessare! – Edward alzò
gli occhi al cielo.
- Puah!
– per poi dire a bassa voce – Miss
sindrome premestruale annua – Isabella lo guardò
profondamente.
- Ha
detto qualcosa? -
- Oh
no! Su affrettiamoci tra 1 ora chiude. -
Stavano guardando gli scaffali,
ormai la
lista l’avevano quasi adempita, mancavano giusto due tre
addobbi e finalmente
sarebbero potuti tornare a casa. Almeno questo era quello che pensava
Isabella,
visto che Edward la pensava diversamente il quale ancora si stava
chiedendo di
quell’uomo “Babbo Natale” così
strano e soprattutto … Come diavolo aveva fatto a
scomparire così? Scosse la testa, stare
con Isabella lo aveva
rincoglionito. La sua attenzione fu catturata da tutti quei giocattoli,
mai in
tutta la sua vita ne aveva posseduti tanti. La sua concentrazione fu
rotta da
uno sbuffo di Isabella. Si voltò a guardarla mentre lo
fissava come si fissa un
ritardato, beh era solo un ragazzo con uno spirito infantile fu per
questo che
al suo sbuffo rispose con un sorrisone a trentasei denti, al quale lei
rispose
con un’ alzata di occhi. Edward non demorse e si
avvicinò lentamente tenendo
qualcosa in mano.
- Signorina
Isabella lei è davvero un’acidona… Ma
con queste corna di peluche almeno non
spaventerà i bambini – Isabella
assottigliò gli occhi.
- Sa
dove può mettersele? – finì con un
sorrisetto finto. Edward inarcò un
sopracciglio.
- Cos’è
Babbo Natale non le ha portato la bambola preferita? – Si
sarebbe aspettato di
tutto, ma mai la reazione irosa di Isabella in quel momento.
- Babbo
Natale non esiste! Il Natale fa schifo! È solo un giorno
come un altro, dove
idioti come lei regalano soldi a sciacalli come quello là
fuori, tutto qui. –
Edward la guardò pensieroso per poi dirle cosa pensava.
- Lei…
Lei è arida! – Bella alzò gli occhi al
cielo.
- E
lei è un poppante! – disse strappandogli dalle
mani quelle stupide corna di
peluche e scuotendo la testa continuò – Adesso si
sbrighi tra poco chiuderà. -
Passò così
altro tempo tra battibecchi e punzecchiature.
Erano talmente presi da loro che non si accorsero dello strano uomo che
stava
fuori la porta intento ad osservarli con un sorriso sornione.
- Buon
Natale bambini addormentati, che questo giorno possiate essere
risvegliati, che
la magia del Natale nei vostri cuori prenda vita quella luce di gioia e
di
speranza ormai assopita… - Detto questo lo strano uomo
soffiò una polverina
dorata per poi scomparire.
Era
passato un bel po’ da quando avevano smesso di parlare. Non
era un silenzio
imbarazzante ma bensì era uno di quei momenti in cui ognuno
era perso nei
propri pensieri. Più specificatamente Edward si divertiva
come un bambino tra i
giocattoli, quando Isabella irruppe in un urlo stridulo. Edward la
guardò
incuriosito.
- Ci
hanno chiusi dentro, hanno chiuso! Oddio come abbiamo fatto a non
accorgerci?
Edward mi sta a sentire? – finì urlando, ma Edward
era concentrato a leggere le
istruzioni su come assemblare il monopattino che teneva tra le mani.
Infatti
quando alzò lo sguardo disse.
- Oh
che disdetta… Beh approfittiamone per divertirci no?
– disse facendo l’occhiolino
ad una Isabella furente.
- Chiami
qualcuno, invece di fare il demente! – disse Isabella con il
tono della voce
incrinato. Edward alzò le spalle e semplicemente disse.
- Il
cellulare non prende… Uuuh
ho sempre
sognato un paio di pattini casco! – disse infilandoseli e
iniziando a fare giri
su giri, ridendo come un bambino. Isabella spazientita lo
bloccò per un braccio
fermano la sua corsa.
- Ma
lei quando era piccolo ha sbattuto la testa? Oppure i suoi genitori lo
hanno
viziato così tanto? – Edward
s’irrigidì, ma durò poco
perché con un’alzata di
spalle disse semplicemente.
- Io
non ho mai avuto i genitori – detto questo si
liberò dalla stretta e tornò a
giocare. Isabella era rimasta inerme, col braccio sospeso. Si sentiva
così
stupida, così… vuota! Come aveva fatto a non
capirlo? Alzò lo sguardo
osservando Edward giocare con delle strane pistole laser. Sembrava
così sereno,
così spensierato. Non
ho mai avuto i genitori! Quella frase continuava a
vorticarle
nella mente, facendole male nel petto. Si sedette su una piccola sedia
gialla
col volto rivolto verso il pavimento. Era diventata così
insensibile da non
notare il dolore altrui? Cosa ne era stata di Bella, sì
Bella come la chiamava
suo nonno? La bambina spensierata, quella che amava giocare a palle di
neve,
quella che credeva ad ogni cosa? Dov’era finita?
Sospirò, sapeva bene dove era
finita. Era morta, quel dannato giorno…
- GRRRRR!!
– Sussultò improvvisamente ritrovandosi ad una
spanna dal viso un enorme…
-AAAH!- un enorme orso di peluche… Oh cielo! Si mise una mano sul
cuore
cercando di calmare i battiti, mentre Edward seduto a terra con sulle
gambe
quel coso enorme a ridersela.
- Ahahahahah
oddio ahahaha dovrebbe vedere la sua faccia ahahahah non posso farcela
ahahaha
– Isabella digrignò i denti, anche se dentro se,
c’era qualcosa di diverso,
veder ridere quel ragazzo che poco tempo prima le aveva fatto quella
confessione.
- Lei
è… No, non ha senso che io ceda alle sue
provocazioni! La ignoro e faccio prima!
– finì voltandosi dall’altra parte,
ignorando le risa ancora accese di quel
maggiordomo irriverente. Ci fu uno spostamento d’aria,
infatti Edward le si
sedette accanto, spingendola un po’.
- E
va bene… Ma lei rimane acida. – disse con un
sorriso sghembo da mozzare il fiato, stava per ribattere ma Edward la
bloccò
continuando – Sa… lei dovrebbe sorridere per
quello che vede, per ciò che la
circonda, per ciò che potrebbe avere volendolo. Molte
persone non possono… Non
si possono permettere di comprare giochi per i propri bimbi. Alcuni
bambini non
sanno nemmeno cos’è una pistola laser mi creda.
– Isabella lo ascoltò
attentamente fino a sospirare e dire la sua.
- È
così materiale il Natale. – Edward scosse il capo
violentemente.
- Non
è vero. Io a Natale esprimo un desiderio. -
- Solo
cazzate!-
- Ha
mai provato? – Isabella a quella domanda
s’irrigidì.
- No.
– Edward sbuffò .
- Oh
andiamo era solo una bambola! – Isabella si voltò
furente verso Edward il quale
arretrò per la forza del suo sguardo.
- Era
solo una bambina! – urlò a squarciagola Isabella.
In quell’urlo tutto il suo
dolore tenuto finora sotto controllo. Ma Edward con quelle sue
domande… Aveva
appena fatto esplodere una bomba inattiva da anni. Il dolore
ritornò prepotente
facendole perde l’equilibrio. Prontamente Edward la sorresse,
la fece risedere
sulla sedia e attese che lei parlasse, ma così non fu.
- Una
bambina? – chiese a bassa voce, Isabella non lo
guardò ma con un filo di voce
disse.
- Non
ne voglio parlare. – Edward voleva sapere, doveva sapere, le
avrebbe provate
tutte pur di farla parlare, pur di farla aprire e farle scoprire il suo
mondo.
- Parli
con l’orso, magari le risponde pure. – disse con un
tono divertito, lei sbuffò
ma una parvenza di sorriso apparve sul suo viso, così Edward
continuò – Io
adoro il Natale…- Isabella lo interruppe – Chi
glielo ha chiesto? – Edward
sorrise divertito – Oh suvvia, lo so che muore dalla voglia
di sapere tutto di
me, sa, ho notato come mi guarda il sedere quando sono di spalle.
– finì con un
sorriso spietato. Isabella era rossa come un peperone – Ma,
ma, ma…- certo
non negava il fatto di guardare ogni
tanto il suo… oh cielo ma cosa le veniva in mente. Scosse la
testa per
riattivare i pensieri.
- Respiri!
– disse Edward con un tono divertito. Lei di rimando gli
lanciò una pallina di
gomma che lui prontamente bloccò.
- Ne
avevo una simile all’orfanotrofio... – disse
sorridendo tristemente, per poi
continuare – Sa, io non ho mai conosciuto i miei genitori!
– Isabella stava
prontamente per rispondere ma Edward la fermò con un
occhiata. Detto questo gli
fece segno di continuare.
- Si
sta appassionando?– finì con un sorrisone
strafottente. Isabella alzò gli occhi
al cielo.
- La
pianti e continui. – Edward annuì tornando serio.
- Fui
trovato da una suora, proprio davanti l’orfanotrofio, dentro
una cesta di
vimini, non una lettera, non una collanina, niente di niente che
potesse
riportarmi alle mie origini. – Isabella ebbe un nodo alla
gola. Alzò il viso
scontrandosi con gli occhi verdi di lui e con un sussurro appena
sentito
semplicemente disse - Mi dispiace. – Edward le sorrise
prendendole la mano,
entrambi sorvolarono alla scossa elettrica che ne scaturì
quel contatto.
- Non
lo faccia, non si dispiaccia. Alla fin fine non mi è andata
poi così tanto
male. Crebbi là, ma non ero solo anzi, era pieno di
ragazzini come me, non
avevamo nulla ma eravamo felici. Felici di condividere lo stesso
passato e lo
stesso presente, condividere le gioie di un adozione ma anche i dolori
per la
perdita di un amico. Lo sa che ogni Natale esprimevo un desiderio?
– Isabella
scosse la testa.
- Quale…
Se posso. – Edward sorrise.
- Quello
di non essere adottato! – Isabella lo guardò
confusa, non era forse il sogno di
ogni bambino dentro un orfanotrofio?
- Ma
come è possibile non sognava dei genitori, giocattoli, una
vita normale?-
Edward sospirò.
- Io
avevo una famiglia, certo non di quelle standard, ma era un qualcosa di
mio.
Che differenza avrebbero fatto due genitori, quando le suore potevano
farmi da
madre, i cuochi delle cucine da padre e i miei compagni da fratelli?
– Edward
esitò ed Isabella se ne accorse, difatti.
- C’è
dell’altro? – Edward annuì.
- Non
potevo abbandonarli… - Isabella capì e il cuore
le si fermò. Edward aveva
rinunciato ad una vita normale, una vita fatta di gioie solo per non
abbandonare i suoi compagni. Tutto ciò la faceva piangere,
perché a vederlo
ogni santo giorno, sembrava un ragazzino senza cervello, viziato sotto
certi
punti di vista. Mentre in realtà era solo un ragazzo, un
uomo che aveva vissuto
una vita difficile, che aveva sacrificato la sua vita per quella degli
altri,
lo aveva giudicato male e questo le dispiaceva. Alzò lo
sguardo osservandolo,
il suo viso era tranquillo, un po’ pensieroso forse. Decise
di saper di più,
sembrava volesse dire altro e lei voleva sapere.
- È
una cosa molto bella e altruistica da parte sua. – Odiava
queste frasi fatte
fin da bambina, ma non sapeva che dire. Edward scosse la testa
voltandosi verso
lei.
- No,
Isabella! Quello che fanno le persone a Natale. Questo è
altruistico! –
Isabella non capiva. Cosa c’entravano le persone.
- Ma
cos... – Edward la interruppe.
- Ha
presente il babbo natale là fuori?- Isabella
annuì.
- Sì,
il cialtrone! – Edward assottigliò lo sguardo.
- No,
si sbaglia. Grazie a quelle offerte, grazie e quella elemosina, noi
bimbi
dell’orfanotrofio a Natale avevamo qualcosa da mangiare. Ogni
anno tutti noi
bambini ci mettevamo in fila davanti alla porta, aspettando
quell’uomo
travestito da babbo Natale, ci portava doni, vestiti, cibo. I soldi
invece servivano
per mandare avanti l’orfanotrofio. Beh sa una cosa?
– Isabella scosse la testa,
non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.
- No,
cosa?- Edward sorrise amaramente.
- Col
tempo le persone smisero di fare la carità, questo
perché nessuno credeva più
al natale, tutti iniziarono a crederla come lei. Non arrivarono
più doni, ne
vestiti nuovi. Le suore ci rattoppavano i vestiti degli anni
precedenti. Ma sa
una cosa? A noi non importava! A noi bastavano i sorrisi, seppur tristi
delle
sorelle che ci trattavano come figli loro – Isabella
sussultò. Alzò lo sguardo
e lo vide sorridere dolcemente, una domanda le venne spontanea
porgergli…
- È
per questo che ha donato cento dollari a quel tizio? – Edward
annuì, lieto che
Isabella avesse finalmente capito il significato di quel suo atto. La
guardò
profondamente, sembrava triste, combattuta, le spalle ricurve e lo
sguardo
basso, il peso del mondo sembrava gravarle sulle spalle, avrebbe voluto
abbracciarla, dirle che l’avrebbe aiutata a sorreggerlo.
Stava per parlare ma
Isabella improvvisamente parlò.
- Babbo
Natale ha fatto morire la mia amica…- Edward la
fissò sorpreso, quella frase lo
aveva spiazzato.
- Co…Come
ha detto? – Isabella alzò lo sguardo, pieno di
lacrime, cercò di darsi un
contegno riuscendoci a malapena ed iniziò a parlare.
- Edward
io… Quando ero molto piccola ero spesso malata, ero una
bambina molto
cagionevole e di conseguenza entravo ed uscivo dagli ospedali.- Edward
fece per
parlare ma Isabella non glielo permise.
- Ero
molto sola. Non ero quel che si dice una bambina solare,
socievole…- stavolta
Edward la interruppe con un sorrisino divertito.
- Vedo
che le cose non cambiano… ahahah, ok la pianto. –
Disse grattandosi la testa imbarazzato
dallo sguardo eloquente di Isabella, la quale ricominciò a
parlare..
- Me
ne stavo spesso nella mia camera, a parte quando le infermiere,
impietosite
dalla mia solitudine non mi obbligavano a giocare con gli altri bambini
nelle
salette dei giochi. Però come al solito finivo messa ad un
cantuccio perché non
riuscivo a rapportarmi. – Edward le si avvicinò
piano. Erano fianco a fianco le
loro gambe potevano sfiorarsi. Isabella continuò.
- Un
bel giorno mi stancai di fare la statuina che osservava gli altri
divertirsi,
così decisi di lasciare la saletta. Mi avventurai in tutto
l’ospedale cercando
di non farmi notare… Fu lì che la vidi per la
prima volta. Era su un letto,
molto pallida, ma nonostante ciò aveva un pallido sorriso
sulla bocca. Aveva la
mia stessa età, sette anni. I suoi capelli erano corti e
castani, era una
bambina bellissima e divenne presto la mia migliore amica. Il tempo
scorreva e
senza accorgermene arrivò natale. Ognuno ci chiedeva un
desiderio da esprimere.
Beh io espressi il mio…- Isabella incontrò lo
sguardo di Edward.
- Quale?
– le chiese lui incuriosito. Isabella prese un respiro
profondo e con voce
tremula disse.
- Il
mio desiderio fu quello di far vivere Angela…- Edward
s’irrigidì capendo il
finale di quella triste storia.
- Cosa
successe? – chiese prendendole le mani delicatamente,
stringendole tra le sue.
- Morì
dopo una settimana! Complicazioni, dissero… Edward, Babbo
Natale non esiste e i
desideri non esistono è tutto un enorme bugia, una bugia
Edward. – La prese tra
le sue braccia. Isabella singhiozzava, tremava, era disperata. Edward
dal canto
suo la stringeva forte, voleva restare lì per sempre se
fosse stato necessario,
per tranquillizzarla.
- Shh
va tutto bene, Isabella, sta tranquilla ci sono io con te, shh.
– disse
cullandola tra le sue braccia.
- Edward
è colpa mia, lei non doveva morire, era solo una bambina.-
- Isabella
non dire sciocchezze anche tu eri una bambina. Nessuno ha colpe. Il
Fato è
stato troppo meschino ma tu non hai colpe. – Isabella
alzò lo sguardo, non
pensò a nulla, sentiva le sue forti braccia stringerla, le
sue mani carezzarla
e i suoi meravigliosi occhi verdi trapassarle l’anima.
Agì d’istinto e lo
baciò. Un bacio dapprima dolce, leggiadro ma che man mano
diventava sempre più
passionale, forte e pieno di… Amore. Se dapprima Edward ne
fu sorpreso, subito
dopo si lasciò trasportare da quella delicata bocca che alla
fin fine aveva
sempre desiderato. Il tempo trascorse, non seppero dire ne quanto, ne
come.
Improvvisamente le luci del centro commerciale si accesero e, dal piano
inferiore udirono delle voci. Isabella ed Edward si staccarono
lentamente e con
il fiatone. Lei cercò di allontanarsi ma lui non glielo
permise, ma anzi
appoggiò la sua fronte nella sua.
- Non
mi scappi più Grinch! – Isabella lo
guardò perplessa per poi scoppiare a
ridere.
Era passato
un anno ormai.
Era il
giorno di Natale, la neve cadeva dal cielo come fiocchi di cotone
bianco.
Isabella alzò il viso fissando il cielo e un fiocco si
posò sul suo nasino
facendola sorridere.
- Isabella
lei è una pazza! Si rende conto di sorridere da sola?
– Isabella alzò un
sopracciglio a quella voce irritante.
- Senta
omuncolo dei miei stivali, non ricominci con le sue squallide battute
da
teatrino a basso costo. – Edward sorrise, le si
avvicinò e la tirò a sé.
- Chi
sarebbe l’omuncolo? – Isabella non resistette a
quello sguardo fintamente
sconvolto.
- Come
se non lo sapesse! Maggiordomo impomatato che…- Isabella si
accorse che Edward
stava fissando un punto preciso, e le scappò un sorriso.
- Quello
è l’orfanotrofio dove hai vissuto? – gli
chiese dolcemente. Lui annuì. Isabella
lo prese per mano e con un sorriso disse.
- Che
ne dici di portare un bel po’ di doni a quei bimbi?
– Edward la guardò come si
guarda una Dea da venerare. Sorrise felice.
- Andiamo!
– disse stringendola a sé.
Passarono
così la giornata in orfanotrofio. Isabella così
aveva conosciuto il mondo di
Edward, aveva rivisto tutti i nascondigli, le stanze e i posti dove lui
aveva
trascorso la sua infanzia. Aveva conosciuto quel lato di lui
così dolce e
fragile e non poté trattenersi dal commuoversi quando
incontrò le suore che l’avevano
cresciuto come fosse figlio loro. Oppure sorridere nel vederlo
così felice e
gioioso a giocare con i bambini del posto. Era ormai quasi sera, il
tempo era
trascorso così velocemente che nemmeno si erano accorti
della neve che ormai
aveva coperto tutto. Salutarono le suore e i bambini con la promessa
che
sarebbero andati a trovarli più spesso.
- Mi
dica signorina Isabella, cosa pensa di questa giornata? –
Isabella sorrise.
- Beh
signor Masen, adesso avrò più battute per
prenderla in giro. – Edward si finse
shockato.
- Non
oserà. – disse cingendole il collo con il suo
braccio. Isabella si strinse a
lui maggiormente, sospirando.
- Edward,
ci sarebbe un posto dove vorrei andare… – lui
capì al volo e senza chiedere
disse solamente.
- Andiamo!
-
La vasta radura era ricoperta di
neve e le
lapidi cui vi erano sopra, lo stesso. In lontananza vi erano Angeli,
con la testa
rivolta verso il cielo, come a voler pregare il loro Dio di proteggere
le
persone che abitavano quel posto. Il cimitero di New York. Non ci
veniva da
anni. In lontananza intravide un ragazza, non molto alta e dai capelli
cortissimi e neri. Si avvicinò cauta capendo che quella era
la lapide, la
stessa lapide dove si stava dirigendo lei. Era la tomba di Angela, la
sua
migliore amica. Era ormai dietro la ragazza, Edward le strinse la mano
come ad
infonderle coraggio. Isabella prese fiato e parlò.
- Ciao…
tu… tu la conoscevi? – La ragazza
sussultò alla voce di Isabella, si voltò e
negò col capo. Isabella ne parve delusa. Ma la ragazza le
sorrise dolcemente.
- Però
grazie a lei vivo. Precisamente grazie al suo cuore, se non fosse stato
per il
suo cuore io adesso sarei morta – finì con un
sorriso triste. Isabella restò
ferma, non riusciva a parlare. Fu Edward a parlare.
- Come
ti chiami? – disse con un sorriso dolce, il quale la ragazza
ricambiò.
- Alice,
signore, Alice Brandon. – detto questo si mise un cappellino
di lana in testa,
sorrise ad entrambi e se ne andò.
Isabella
era ferma. Fissava la tomba di Angela.
- Falla
vivere. – Edward la guardò stupito.
- Cosa
hai detto? – Isabella si mise a ridere ed Edward si
preoccupò.
- Isabella
stai bene? – lei annuì continuando a ridere.
- Ahahahahha
Edward ma non capisci? – Edward si grattò la testa.
- Ehm
no, a parte che sembri pazza, ma vabbè sempre stata, ma
tranquilla amore sono
di mentalità aperta. – Isabella gli diede un
colpetto sul braccio.
- No
scemo, FALLA VIVERE. Ma non capisci? Edward lei è viva.
Angela non è morta,
vive attraverso Alice. Il mio desiderio è stato accolto ma
ero troppo
arrabbiata per capirlo. – Edward sorrise abbracciandola, per
poi portare il
viso di lei a una spanna dal suo.
- Buon
Natale amore mio. – disse semplicemente per poi baciarla
dolcemente. Bacio che
Isabella interruppe improvvisamente facendo mugolare Edward di
disappunto.
- Edward
il tuo desiderio! – lui sorrise attirandola di nuovo a se.
- Sì
è avverato da un anno ormai. – Isabella lo
guardò sorpresa.
- Io?
– Edward annuì sorridendole e Isabella non
poté più resistere dal baciarlo. Ma nuovamente
si bloccò a pochi millimetri dalle sue labbra facendolo
sbuffare.
- Ma
devo chiederlo a Babbo Natale di avere un tuo bacio? Fammi capire.
– Isabella
sorrise.
- Assolutamente
no! Ma prima volevo dirti che Ti amo, tutto qui. Ti amo Edward!
– Edward sorrise
e stavolta non la fece finire di parlare che si avventò
sulle sue labbra.
- Ti
amo anche io mia dolce Grinch.-
In lontananza un uomo barbuto e una
delle sue
tante renne osservavano la scena estasiati.
- Questo
è un Natale speciale mio caro Rudolph, ma insomma ogni
Natale lo è dico bene? –
La renna dall’enorme naso rosso annuì.
- Sai
mio caro amico, credo proprio che questo sia un magico Natale. Che ne
dici di
portare un po’ di magia a chi ne ha bisogno? – La
renna annuì di nuovo con
forte decisione. L’uomo si mise sulla sua slitta, strinse le
redini e incitò Rudolph
a prendere la rincorsa.
- Oh oh oh, Buon natale. Che la magia entri nei vostri cuori, che i vostri desideri si realizzino, credete nella magia, ma ancor più credete nella magia del Natale e nella bontà dei vostri cuori. Solo con la purezza di questi ultimi i vostri desideri si realizzeranno. Buon Natale e pace e gioia. – finì. In lontananza Edward e Isabella udirono una risata tonante. E abbracciati l’uno contro l’altra si incamminarono verso la loro casa, per una nuova vita fatta di magia e amore.
☽★тнє єи∂★☾
Salveeee!! bene, bene! Oggi è natale. E come regalino ho fatto questa Os. Beh che dire? Oggi è un giorno magico, anche se per alcuni è un giorno qualunque. Ma perchè non sognare? Magari la magia esiste, solo che dobbiamo vederla con gli occhi dei bambini ;) Beh che altro aggiungere? Ah sì certo u.u che sbadatella!
BUON NATALE A TUTTI E TANTA GIOIA E FELICITA'! KISS! Ah e mi raccomando, sono curiosa di sapere cosa babbo natale vi ha riserbato u.u
Spero davvero che vi piaccia! Adesso concludo co dire:
GRAZIE A MARTA (Betrayed_89) la mia amicona tutta fare, la quale mi ha fatto come sempre, una locandina splendida! graziè tesò tanta felicità a te, ti voglio bene!
e GRAZIE A VOI CHE MI LEGGETE, SOSTENETE E RECENSITE. GRAZIE DI CUORE.
Adesso vado lasciandovi:
Io e la mia amica Marta abbiamo messo su un gruppo su fb,in cui si parla di libri,spoiler delle nostre storie,giochi,quiz,film,o semplicemente ci si conosce,ci si scherza e si fa amicizie! Siete le benvenute vi aspettiamo ;)