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Autore: Lilyanne Gautier    25/12/2011    6 recensioni
Vi sono favole che iniziano con un “C’era una volta …” dove finiscono sempre in un “E vissero felice e contenti” ma se a volte le favole divenissero realtà? I sogni son desideri dicevano alcuni. Se ci credi accadrà dicevano altri. La verità? Oh non sempre ce n’era una. Ognuno ne aveva una tutta sua. Ma talvolta però come succedeva ad alcune persone, l’incanto nel credere in qualcosa si rompeva. La speranza, i desideri, le favole. Tutto rinchiuso dentro una piccola parte di cuore. Un piccolo pezzetto che doveva solo essere liberato, così che la magia, quella vera, potesse riportare gioia e spensieratezza. E quale momento ideale se non il Natale? Forse non lo sapevate, ma il Natale era davvero magico …
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Os de Alla ricerca del natale perduto!


A ℓℓα яι¢єя¢α ∂єℓ иαтαℓє ρєя∂υтσ!










вυσи иαтαℓє вαмвιиι α∂∂σямєитαтι, ¢нє qυєѕтσ gισяиσ ρσѕѕιαтє єѕѕєяє яιѕνєgℓιαтι, ¢нє ℓα мαgια ∂єℓ иαтαℓє иєι νσѕтяι ¢υσяι ρяєи∂α νιтα qυєℓℓα ℓυ¢є ∂ι gισια є ∂ι ѕρєяαиzα σямαι αѕѕσριтα…

( Tratto da : Alla ricerca del Natale perduto. By Lilyanne )




Vi sono favole che iniziano con un “C’era una volta …” dove finiscono sempre in un “E vissero felice e contenti” ma se a volte le favole divenissero realtà? I sogni son desideri dicevano alcuni. Se ci credi accadrà dicevano altri. La verità? Oh non sempre ce n’era una. Ognuno ne aveva una tutta sua. Ma talvolta però come succedeva ad alcune persone, l’incanto nel credere in qualcosa si rompeva. La speranza, i desideri, le favole. Tutto rinchiuso dentro una piccola parte di cuore. Un piccolo pezzetto che doveva solo essere liberato, così che la magia, quella vera, potesse riportare gioia e spensieratezza. E quale momento ideale se non il Natale? Forse non lo sapevate, ma il Natale era davvero magico …

Isabella Swan continuava a fissare lo schermo del PC, incapace di concentrarsi, il frastuono che veniva dal piano inferiore continuava a tartassarle la mente. Sapeva benissimo l’artefice di tutto quel baccano. Edward Masen, maggiordomo della famiglia Cullen, o meglio Carlisle Cullen suo datore di lavoro. Erano ormai due anni che lavorava come segretaria e non vi era stato momento in cui quel dannato maggiordomo non le avesse mai messo i bastoni tra le ruote, ma era stanca. Mancavano due settimane a Natale e, nonostante la sua diligenza era davvero indietro con i lavori. Sbatté un pugno sulla scrivania.

-  Dannato pinguino! – disse fra i denti. Si alzò cauta dalla sedia, pronta a dirigersi in cucina, dove sapeva avrebbe trovato, quel mentecatto.

Edward Masen sorrideva, il fatto che di lì  a poco sarebbe stato Natale, lo eccitava. Aveva sempre amato quella festività, nonostante non sempre quelli che aveva passato erano stati veri e propri Natali.

-     Oh Edward, mi raccomando, non disturbare la Signorina Isabella, sai che odia questo periodo, e quindi è molto suscettibile, posso fidarmi? – disse Carlisle Cullen, gli aveva dato un tetto dove stare e un lavoro con cui mantenersi. Gli doveva tutto a quell’uomo. L’aveva salvato dalla miseria, l’aveva accolto in quella casa permettendogli di far parte della famiglia… Ma quello che gli stava chiedendo adesso andava oltre ciò che poteva fare.

-     Come desidera Signor Cullen. – finì con un sorriso sghembo che non prometteva nulla di buono.

Carlisle annuì dirigendosi verso l’uscita.

La signorina Isabella, ah, un sorriso divertito lo colse improvvisamente al solo pensarla. Amava provocarla, vedere quella vena pulsante sulla sua fronte ogni qualvolta era irritata. Non se ne spiegava il motivo, tutto era iniziato due anni fa quando la vide per la prima volta. No, non poteva lasciarla in pace, lui amava farla irritare ragion per cui…

-      Ooooh Jingle bells, jingle bells Jingle all the way, Oh oh oh! – iniziò a cantare a squarcia gola quella canzoncina così dolce e così Natalizia, prese il mestolo e, con una ciotola  iniziò ad accompagnare la voce con del rumore. Oh sì. Amava il Natale.

Isabella dal canto suo era ormai dietro la porta. Poteva persino sentire lo sghignazzare di quel pazzo furioso. Spalancò la porta augurandosi di non vedere scene raccapriccianti, ma forse era meglio augurarsi il contrario, quel maggiordomo era davvero pazzo. Difatti lo trovò a girare attorno alla penisola con un mestolo e un pentolino tutto felice nell’intonare Jingle Bells. Era furiosa.

-      Vedo che qui ci si diverte! No, sa Edward io starei lavorando. La prego di dare sfogo della sua frustrazione quando io non sono in questa casa. – Edward si fermò, ghignò malefico e, prima di girarsi verso quella voce, mise su un espressione innocente.

-     Oh Isabella, a quando la lieta notizia? – finì con un sorriso smagliante.

-      Divertente, davvero divertente. – disse assottigliando gli occhi .

-      Adesso salgo su e non voglio sentire altri rumori intesi? – Edward annuì.

-      Oh certo… Ah! Dovrò dire al signor Cullen di mettere la moquette a volte sembra che nel suo ufficio ci cammini un elefante… Dio che frastuono. – finì sorridendole. Eh sì, amava quella vena pulsante sulla sua fronte.

Isabella non gli rispose, troppo infuriata. Chi si credeva di essere, stupido maggiordomo, villano e pomposo. Si diresse così verso il piano superiore, doveva salvare il lavoro sul PC, ormai quella giornata era andata. Fu appena si ritrovò davanti allo schermo che si sentì mancare la terra da sotto i piedi. Il PC era spento.

-      Oh dannazione! No, no, no! – Niente, il PC non si accendeva. Il lavoro non era nemmeno stato salvato, tutto quanto era stato perduto. Un senso di disperazione l’attanagliò. Cosa avrebbe detto Carlisle, l’avrebbe giudicata un’incompetente. Come aveva potuto fare un errore simile? Prese la borsetta e si ridiresse in cucina. Ignorò volutamente il maggiordomo, il quale stava affettando, delle verdure canticchiando. Dio quanto lo odiava, aveva sempre quel sorriso sulla faccia, mentre lei era sempre così posata e seria. Si sedette su uno sgabello davanti la penisola. Finché non vibrò il suo cellulare nella borsetta. Un sms.

“Isabella, sto tornando a casa devo parlarti. A presto. Carlisle”

Isabella, deglutì nervosa accasciandosi disperata sulla penisola.

-      Nooo. Voglio morire! – Edward alzò lo sguardo, prima rivolto alle verdure e vedendola accasciata sulla penisola sospirò  - Suvvia… – disse con tono rammaricato - … Non faccia gesti avventati – finì mettendole un coltello nella borsetta. Isabella alzò la testa e lo guardò negli occhi.

Edward in quel momento lasciò da parte una delle tante battute che avrebbe potuto rifilarle e ricambiò lo sguardo, due pozzi di cioccolata fondente tristi. Voleva confortarla, ma nell’esatto momento in cui stava per aprir bocca, Carlisle era entrato.

- Oh, voi due insieme nella stessa stanza in silenzio? Allora i miracoli esistono davvero – finì Carlisle bonario. Voleva bene a Edward e Isabella come due figli. Era per questo che era rincasato a casa. Voleva permettere loro di avere un vacanza. Ma la prima cosa che vide fu Isabella con lo sguardo basso e mortificato.

- Isabella, qualcosa non va?- chiese Carlisle preoccupato.

Lei alzò lo sguardo afflitta.

-      Carlisle, il PC si è spento e tutto il lavoro è stato perduto. – Carlisle annuì pensieroso.

-      Parli del contratto Newton&Co?- Isabella annuì mortificata, mentre Carlisle si allargava in un enorme sorriso.

-      Oh Isabella tranquilla! Avevo già tutto salvato in una chiavetta. – finì osservando come dal viso di Isabella riaffiorasse un debole sorriso. Edward intanto che non aveva aperto bocca osservava ogni smorfia dal viso di lei, rimanendone affascinato. Certo non era brutta, anzi. Era la ragazza più bella che avesse mai visto. Alta, i capelli lunghi color del caffè con qualche sfumatura mogano, le labbra carnose e le curve al punto giusto. Ma la cosa che più l’affascinava era il suo sorriso, molto raro in verità, che mai arrivava fino agli occhi. Si chiedeva perché, sembrava fosse una di quelle ragazze che aveva avuto tutto dalla vita. Eppure a volte riusciva a carpire qualche ombra in quello sguardo.

-      Oh Carlisle mi ha salvato. – disse Isabella sorridente, Carlisle stava per rispondere ma Edward intervenne prontamente.

-      Oh, lo dico sempre io che il signor Cullen a volte è TROPPO magnanimo! – Isabella lo fulminò e stava anche per rispondergli quando prontamente Carlisle intervenne.

-       Io avrei deciso di interrompere il nostro lavoro qui. – Isabella lo guardò perplessa.

-      Come mai? -

-      Tanto la gente che conta se ne va tutta via sotto Natale... – Carlisle stava per proseguire, ma Edward prese la parola rivolgendosi a Isabella.

-      Lei rimane qua Isabella? -

Il volto di Isabella divenne paonazzo per l’irritazione, ma cercò di darsi un contegno. Dopotutto c’era il suo capo davanti a lei.

-      NO! Me ne vado da qui quanto più lontano possibile! – finì schioccando la lingua fra i denti. Edward iniziò a battere le mani come un bambino, sorridendo e scuotendo la testa.

-      Ooooh Babbo Natale ha avuto la mia lettera!-

Isabella stava per ribattere, quando dalla sala udirono delle voci.         

- Rose ti dico che è scritta bene. – disse un ragazzo biondo rivolgendosi alla propria sorella. Jasper e Rosalie Cullen figli, gemelli, di Carlisle. Avevano ormai 17 anni ma a volte sembravano dei veri e propri bambini.

- Ma come fai a dirlo? Si parla di un dramma così scontato. – finì Rose deridendolo. Jasper sbuffò.

- Sei solo invidiosa, io so scrivere mentre tu sai solo smaltarti le unghie! – Isabella conosceva quei due ragazzi ormai da due anni e sebbene la differenza di età non fosse così abissale, sentiva un affetto molto profondo verso loro. Si avvicinò a Jasper con fare materno.

- Oh su Jasper, io l’ho letto ed era così profondo. – finì sorridendo. Jasper ricambiò.

- Grazie Isabella! – Lei  però aveva una domanda per Jasper.

-Di niente. Ma io vorrei chiederti, come fai a scrivere così profondamente, dove prendi ispirazione? – Jasper rise divertito e scherzando disse.

- Beh datemi una zitella apprensiva e alcolizzata e io ne farò un dramma!- Edward a questo punto era ormai vicino a Isabella e alzando le mani indicandola…

- Ta ta taaan! - Isabella gli pestò un piede.

-Sa Edward, le sue battute ormai sono vecchie le rinnovi. – Edward sorrise.

- Lei non si rinnova, non capisco perché dovrei io… Ahahah. – finì scoppiandole a ridere in faccia, Isabella stava per rispondere quando Carlisle decise di intervenire.

- Edward non è modo di rivolgersi a una signora! – Edward abbassò il capo colpevole. Isabella non poté trattenersi dallo sghignazzare.

I gemelli oramai si erano diretti in camera loro, ognuno coi propri pensieri, fu proprio in quel momento che a Carlisle venne un’idea, forse una delle più geniali in vita sua.

-      Bene, visto che i miei figli non sono presenti, ho un incarico per voi due. - Isabella e Edward lo guardarono perplessi. Ma Carlisle proseguì.

-      Purtroppo non ho molto tempo, quindi vi incarico di andare a ritirare i regali per quei due ribelli. - Isabella sconvolta prese la parola.

-      Ma Carlisle, io non posso farmi vedere in giro con questo pazzo pomposo. – finì indicando Edward, il quale sorrise malefico, rispondendole.

-      È vero signor Cullen. Isabella ha assolutamente ragione. – quest’ultima lo guardò sconvolta. Ma Edward continuò.

-      Le case di igiene mentale vietano di portare in giro i loro pazienti senza una camicia di forza, all’occasione, quindi nonostante io frema di profondo desiderio nel portare fuori la Signorina Isabella, debbo rinunciarvi. – finì con un espressione così rammaricata da sembrare vera. Isabella prese un respiro profondo e…

-      Lei, stupido omuncolo, australopithecus afarensis, Aaaah razza di pinguino impomatato… – Edward la interruppe.

-      Suvvia Isabella, se continua così il Lifting che si è fatta cederà, cerchi di ritornare in sé. – finì pacato con un sorriso leggero. Isabella gli si lanciò addosso.

-      Ma io la uccido! - Fortunatamente Carlisle si frappose fra i due.

-      ADESSO BASTA! - Tuonò l’uomo. Isabella ed Edward lo guardarono allibiti, non avevano mai visto il loro capo così adirato, Isabella cercò di prendere la parola.

-      Ma Carl…-

-      Silenzio! – disse tra i denti. Stranamente Edward si mise davanti Isabella, come per proteggerla, non si spiegava quel gesto, ma l’istinto gli aveva detto di farlo. Carlisle notò quel gesto e dentro lui sorrise, ma fece comunque finta di niente continuando.

-      Sono stanco dei vostri battibecchi. Da adesso si cambia. Voi due andrete a ritirare i regali, senza diritto di replica. Fate una sola lamentela e su quanto è vero che io mi chiamo Carlisle Cullen. Vi licenzio!- Isabella ed Edward rimasero senza parole. Non avevano mai visto Carlisle sotto quella luce così autoritaria, si rendevano conto che avevano tirato troppo la corda fino a spezzarla. L’unica cosa che poterono fare fu annuire, prendere la lista che Carlisle nel frattempo aveva tirato fuori dalla giacca e dirigersi verso l’uscita a capo chino.

 

Erano ormai le sette di sera, il cielo era ormai scuro e le strade illuminate dalle luci natalizie. Era ormai più di mezz’ora che Isabella ed Edward camminavano, cercando di raggiungere il prima possibile il “Grande” centro commerciale situato alla periferia di New York.

Il silenzio aleggiava tra loro due. Forse dovuto anche ad un insolito imbarazzo. O forse semplicemente perché ognuno perso nei propri pensieri. Isabella camminava con lo sguardo rivolto a terra. Odiava il natale e tutto ciò che ne derivava. Bugie e false speranze, non c’era nulla di gioioso ne di allegro in un’enorme bugia. Se lo ripeteva ormai da anni. Babbo Natale non esisteva, i giocattoli, l’atmosfera erano solo sciocchezze alimentate dalle persone credulone, persone che non avevano perso nulla di importante, persone che non erano mai ricorse davvero ad un desiderio e vederselo lì immobile e fossilizzato dal tempo. No, le persone erano solo illuse. Scosse la testa osservando di sottecchi il suo accompagnatore, Edward Masen, era così strano averlo accanto, senza che la stuzzicasse con una delle sue solite battute. Guardava frenetico tutte le vetrine, sembrava di avere accanto un bimbo di cinque anni circondato da un mucchio di cioccolata. Non l’aveva mai visto con un espressione così ingenua e pura. Sentii una strana sensazione montarle nel petto. L’osservò più attentamente, i lineamenti così scolpiti, era davvero bello, doveva ammetterlo. I capelli spettinati color del bronzo, e quegli occhi così verdi e vivaci. Aveva trent’anni  ma ne dimostrava venti, sia per fisico che per entusiasmo. Non aveva mai visto un uomo della sua età con uno sguardo così puro e innocente. Scosse la testa ritornando ai suoi pensieri. Per lui magari il Natale poteva essere speciale, per lei era solo una giornata come tante, la più odiosa. Edward dal canto suo si sentiva felice ed euforico, osservava quelle vetrine piene di roba, neve artificiale, violini, addobbi di ogni colore, si sentiva stordito di quella atmosfera, come ogni anno d’altronde. Sentiva le canzoncine natalizie aleggiare nell’aria e il profumo di ciambelle impregnare la strada che percorreva. La signorina Isabella accanto a lui se ne stava in silenzio e con la testa bassa. Si era chiesto il perché di quel comportamento, solitamente il Natale piaceva a tutti, soprattutto alle ragazze della sua età, regali, trucchi, vestiti, tutte cose che avrebbero fatto dare di matto ad una ragazza normale. Ma lei non era normale, lei semplicemente non era come le altre. Lui l’aveva capito molto bene. Isabella nascondeva qualcosa, dietro quella facciata da menefreghista, stronza, rigida come un palo, nascondeva un enorme dolore. Beh, chi non ne ha mai avuti di dolori Pensò Edward scuotendo la testa. Tra un pensiero e un altro giunsero al “Grande” centro commerciale, bisognava attraversare la strada e sarebbero entrati in quel che si diceva il paese dei balocchi del Natale. Stava per attraversare la strada quando improvvisamente si bloccò, la sua attenzione era stata catturata da un signore travestito da Babbo Natale. Sorrise d’istinto osservandolo. L’enorme pancione e la barba lunga e bianca, sembrava così reale.

-      Oh oh oh, Buon Natale miei giovani amici, avreste qualcosa da donare per i bimbi meno fortunati? – Edward annuì sorridendo, mise una mano in tasca cercando il portafoglio, ma un’altra mano lo strattonò facendolo voltare.

-      Oh andiamo Edward non vorrà davvero dare dei soldi a questo mentecatto? – Edward la guardò con freddezza.

-      Dica un po’ ma cos’è lei? Non sarà per caso il Grinch?! – a quelle parole il vecchio Babbo Natale scoppiò a ridere divertito, Edward lo seguì non preoccupandosi però della reazioni di Isabella a quella battuta.

-      Senta idiota di un bambino troppo cresciuto, io non sono il Grinch, il Natale è solo uno stupido giorno per illudere gli stupidi che sperano in qualcosa – poi si volse verso l’anziano – E quelli come lui ci marciano sopra, illudendo, derubando gli stupidi come lei, che non sanno come tenere i soldi nei propri pantaloni! – Edward la guardò sorpreso, tutta quella rabbia che trapelava dalla sua voce mal si addiceva al dolore che si notava nei suoi occhi. Stava per risponderle ma il Vecchio lo precedette.

-      Signorina, il Natale non è un giorno qualunque! Il Natale è speranza, è magia, è uno spirito che ci spinge ad essere più buoni verso gli altri, quel giorno diventiamo tutti quanti diversi, ci aiutiamo, ci amiamo, sorridiamo di sorrisi sinceri! – Edward lo interruppe.

-      Si figuri se questa strega sorride, potrebbe crollarle il botulino! – un calcio negli stinchi gli fece inghiottire un urlo. Isabella lo guardava come se volesse bruciarlo vivo.

-      Beh faccia come vuole, se non sa come spendere al meglio il suo denaro faccia pure, io passo dall’altro lato della strada, si sbrighi non intendo aspettarla in eterno. – Edward sbuffò.

-      Se lei fosse eterna, a quest’ora le palle di quell’albero si sarebbero frantumate di già! – Isabella lo ignorò e raggiunse l’altro lato della strada. Edward sospirò per poi rivolgersi al vecchietto che lo guardava benevolo.

-      La scusi, soffre di sindrome premestruale 365 giorni su 365 aggiunga che sia una zitella acida e ta ta ta taaaan il gioco e fatto. Comunque tenga… – disse porgendogli una banconota da Cento dollari – Questi sono per i suoi bambini. – finì sorridendo. L’uomo le prese commosso.

-       Figliolo Dio ti benedica! – Edward sminuì la faccenda con un movimento della mano. – Ma l’uomo continuò.

-      Quest’anno sarà un Natale speciale per te. – Edward lo guardò affascinato, quell’uomo gli ricordava davvero il vero Babbo Natale, qualunque bambino avrebbe creduto appieno che lui fosse quello reale. Annuì felice di aver fatto qualcosa di bello, stava per andare, ma il vecchio lo fermò e rivolgendo uno sguardo triste a Isabella dall’altra parte disse – Lei deve credere nel Natale, perché tutto può succedere. – Isabella dall’altra parte ormai stufa di aspettare rivolse ad Edward uno sguardo adirato e cominciò di conseguenza a incitarlo a muoversi.

-      Si vuole muovere, Santo Patrono delle cause perse? – Edward scosse la testa sconsolato e si volse verso il vecchio.

-      Ma qui urge un MIRACOLO per quel Grinch! – Babbo Natale rise.

-      O forse di una coperta che scaldi il suo cuore… -

-      La coperta la userei per soffocar… Babbo Natale? – voltandosi l’uomo era scomparso, lo cercò con lo sguardo ma di lui nessuna traccia. Sospirò e si diresse verso la signorina Isabella.

-      Contenta? Lo ha spaventato! – Isabella alzò gli occhi al cielo.

-       Quando lo capirà che era solo un farabutto? – Edward si fermò facendo di conseguenza fermare lei.

-      Ma mi dica un po’ cos’ha contro il Natale? – Isabella sbuffò e riprese a camminare - Niente che le debba interessare! – Edward alzò gli occhi al cielo.

-       Puah! – per poi dire a bassa voce – Miss sindrome premestruale annua – Isabella lo guardò profondamente.

-      Ha detto qualcosa? -

-      Oh no! Su affrettiamoci tra 1 ora chiude. -

 

 

Stavano guardando gli scaffali, ormai la lista l’avevano quasi adempita, mancavano giusto due tre addobbi e finalmente sarebbero potuti tornare a casa. Almeno questo era quello che pensava Isabella, visto che Edward la pensava diversamente il quale ancora si stava chiedendo di quell’uomo “Babbo Natale” così strano e soprattutto … Come diavolo aveva fatto a scomparire così? Scosse la testa, stare con Isabella lo aveva rincoglionito. La sua attenzione fu catturata da tutti quei giocattoli, mai in tutta la sua vita ne aveva posseduti tanti. La sua concentrazione fu rotta da uno sbuffo di Isabella. Si voltò a guardarla mentre lo fissava come si fissa un ritardato, beh era solo un ragazzo con uno spirito infantile fu per questo che al suo sbuffo rispose con un sorrisone a trentasei denti, al quale lei rispose con un’ alzata di occhi. Edward non demorse e si avvicinò lentamente tenendo qualcosa in mano.

-     Signorina Isabella lei è davvero un’acidona… Ma con queste corna di peluche almeno non spaventerà i bambini – Isabella assottigliò gli occhi.

-      Sa dove può mettersele? – finì con un sorrisetto finto. Edward inarcò un sopracciglio.

-      Cos’è Babbo Natale non le ha portato la bambola preferita? – Si sarebbe aspettato di tutto, ma mai la reazione irosa di Isabella in quel momento.

-      Babbo Natale non esiste! Il Natale fa schifo! È solo un giorno come un altro, dove idioti come lei regalano soldi a sciacalli come quello là fuori, tutto qui. – Edward la guardò pensieroso per poi dirle cosa pensava.

-      Lei… Lei è arida! – Bella alzò gli occhi al cielo.

-      E lei è un poppante! – disse strappandogli dalle mani quelle stupide corna di peluche e scuotendo la testa continuò – Adesso si sbrighi tra poco chiuderà. -

Passò così altro tempo tra battibecchi e punzecchiature. Erano talmente presi da loro che non si accorsero dello strano uomo che stava fuori la porta intento ad osservarli con un sorriso sornione.

-      Buon Natale bambini addormentati, che questo giorno possiate essere risvegliati, che la magia del Natale nei vostri cuori prenda vita quella luce di gioia e di speranza ormai assopita… - Detto questo lo strano uomo soffiò una polverina dorata per poi scomparire.

 

Era passato un bel po’ da quando avevano smesso di parlare. Non era un silenzio imbarazzante ma bensì era uno di quei momenti in cui ognuno era perso nei propri pensieri. Più specificatamente Edward si divertiva come un bambino tra i giocattoli, quando Isabella irruppe in un urlo stridulo. Edward la guardò incuriosito.

-      Ci hanno chiusi dentro, hanno chiuso! Oddio come abbiamo fatto a non accorgerci? Edward mi sta a sentire? – finì urlando, ma Edward era concentrato a leggere le istruzioni su come assemblare il monopattino che teneva tra le mani. Infatti quando alzò lo sguardo disse.

-      Oh che disdetta… Beh approfittiamone per divertirci no? – disse facendo l’occhiolino ad una Isabella furente.

-      Chiami qualcuno, invece di fare il demente! – disse Isabella con il tono della voce incrinato. Edward alzò le spalle e semplicemente disse.

-      Il cellulare non prende… Uuuh  ho sempre sognato un paio di pattini casco! – disse infilandoseli e iniziando a fare giri su giri, ridendo come un bambino. Isabella spazientita lo bloccò per un braccio fermano la sua corsa.

-      Ma lei quando era piccolo ha sbattuto la testa? Oppure i suoi genitori lo hanno viziato così tanto? – Edward s’irrigidì, ma durò poco perché con un’alzata di spalle disse semplicemente.

-      Io non ho mai avuto i genitori – detto questo si liberò dalla stretta e tornò a giocare. Isabella era rimasta inerme, col braccio sospeso. Si sentiva così stupida, così… vuota! Come aveva fatto a non capirlo? Alzò lo sguardo osservando Edward giocare con delle strane pistole laser. Sembrava così sereno, così spensierato. Non ho mai avuto i genitori! Quella frase continuava a vorticarle nella mente, facendole male nel petto. Si sedette su una piccola sedia gialla col volto rivolto verso il pavimento. Era diventata così insensibile da non notare il dolore altrui? Cosa ne era stata di Bella, sì Bella come la chiamava suo nonno? La bambina spensierata, quella che amava giocare a palle di neve, quella che credeva ad ogni cosa? Dov’era finita? Sospirò, sapeva bene dove era finita. Era morta, quel dannato giorno…

-      GRRRRR!! – Sussultò improvvisamente ritrovandosi ad una spanna dal viso un enorme… -AAAH!- un enorme orso di peluche… Oh cielo! Si mise una mano sul cuore cercando di calmare i battiti, mentre Edward seduto a terra con sulle gambe quel coso enorme a ridersela.

-      Ahahahahah oddio ahahaha dovrebbe vedere la sua faccia ahahahah non posso farcela ahahaha – Isabella digrignò i denti, anche se dentro se, c’era qualcosa di diverso, veder ridere quel ragazzo che poco tempo prima le aveva fatto quella confessione.

-      Lei è… No, non ha senso che io ceda alle sue provocazioni! La ignoro e faccio prima! – finì voltandosi dall’altra parte, ignorando le risa ancora accese di quel maggiordomo irriverente. Ci fu uno spostamento d’aria, infatti Edward le si sedette accanto, spingendola un po’.

-      E va bene… Ma lei rimane acida. – disse con un sorriso sghembo da mozzare il fiato, stava per ribattere ma Edward la bloccò continuando – Sa… lei dovrebbe sorridere per quello che vede, per ciò che la circonda, per ciò che potrebbe avere volendolo. Molte persone non possono… Non si possono permettere di comprare giochi per i propri bimbi. Alcuni bambini non sanno nemmeno cos’è una pistola laser mi creda. – Isabella lo ascoltò attentamente fino a sospirare e dire la sua.

-     È così materiale il Natale. – Edward scosse il capo violentemente.

-      Non è vero. Io a Natale esprimo un desiderio. -

-      Solo cazzate!-

-      Ha mai provato? – Isabella a quella domanda s’irrigidì.

-      No. – Edward sbuffò .

-      Oh andiamo era solo una bambola! – Isabella si voltò furente verso Edward il quale arretrò per la forza del suo sguardo.

-      Era solo una bambina! – urlò a squarciagola Isabella. In quell’urlo tutto il suo dolore tenuto finora sotto controllo. Ma Edward con quelle sue domande… Aveva appena fatto esplodere una bomba inattiva da anni. Il dolore ritornò prepotente facendole perde l’equilibrio. Prontamente Edward la sorresse, la fece risedere sulla sedia e attese che lei parlasse, ma così non fu.

-      Una bambina? – chiese a bassa voce, Isabella non lo guardò ma con un filo di voce disse.

-      Non ne voglio parlare. – Edward voleva sapere, doveva sapere, le avrebbe provate tutte pur di farla parlare, pur di farla aprire e farle scoprire il suo mondo.

-      Parli con l’orso, magari le risponde pure. – disse con un tono divertito, lei sbuffò ma una parvenza di sorriso apparve sul suo viso, così Edward continuò – Io adoro il Natale…- Isabella lo interruppe – Chi glielo ha chiesto? – Edward sorrise divertito – Oh suvvia, lo so che muore dalla voglia di sapere tutto di me, sa, ho notato come mi guarda il sedere quando sono di spalle. – finì con un sorriso spietato. Isabella era rossa come un peperone – Ma, ma, ma…-  certo non negava il fatto di guardare ogni tanto il suo… oh cielo ma cosa le veniva in mente. Scosse la testa per riattivare i pensieri.

-      Respiri! – disse Edward con un tono divertito. Lei di rimando gli lanciò una pallina di gomma che lui prontamente bloccò.

-      Ne avevo una simile all’orfanotrofio... – disse sorridendo tristemente, per poi continuare – Sa, io non ho mai conosciuto i miei genitori! – Isabella stava prontamente per rispondere ma Edward la fermò con un occhiata. Detto questo gli fece segno di continuare.

-      Si sta appassionando?– finì con un sorrisone strafottente. Isabella alzò gli occhi al cielo.

-      La pianti e continui. – Edward annuì tornando serio.

-      Fui trovato da una suora, proprio davanti l’orfanotrofio, dentro una cesta di vimini, non una lettera, non una collanina, niente di niente che potesse riportarmi alle mie origini. – Isabella ebbe un nodo alla gola. Alzò il viso scontrandosi con gli occhi verdi di lui e con un sussurro appena sentito semplicemente disse - Mi dispiace. – Edward le sorrise prendendole la mano, entrambi sorvolarono alla scossa elettrica che ne scaturì quel contatto.

-      Non lo faccia, non si dispiaccia. Alla fin fine non mi è andata poi così tanto male. Crebbi là, ma non ero solo anzi, era pieno di ragazzini come me, non avevamo nulla ma eravamo felici. Felici di condividere lo stesso passato e lo stesso presente, condividere le gioie di un adozione ma anche i dolori per la perdita di un amico. Lo sa che ogni Natale esprimevo un desiderio? – Isabella scosse la testa.

-      Quale… Se posso. – Edward sorrise.

-      Quello di non essere adottato! – Isabella lo guardò confusa, non era forse il sogno di ogni bambino dentro un orfanotrofio?

-      Ma come è possibile non sognava dei genitori, giocattoli, una vita normale?- Edward sospirò.

-      Io avevo una famiglia, certo non di quelle standard, ma era un qualcosa di mio. Che differenza avrebbero fatto due genitori, quando le suore potevano farmi da madre, i cuochi delle cucine da padre e i miei compagni da fratelli? – Edward esitò ed Isabella se ne accorse, difatti.

-      C’è dell’altro? – Edward annuì.

-      Non potevo abbandonarli… - Isabella capì e il cuore le si fermò. Edward aveva rinunciato ad una vita normale, una vita fatta di gioie solo per non abbandonare i suoi compagni. Tutto ciò la faceva piangere, perché a vederlo ogni santo giorno, sembrava un ragazzino senza cervello, viziato sotto certi punti di vista. Mentre in realtà era solo un ragazzo, un uomo che aveva vissuto una vita difficile, che aveva sacrificato la sua vita per quella degli altri, lo aveva giudicato male e questo le dispiaceva. Alzò lo sguardo osservandolo, il suo viso era tranquillo, un po’ pensieroso forse. Decise di saper di più, sembrava volesse dire altro e lei voleva sapere.

-      È una cosa molto bella e altruistica da parte sua. – Odiava queste frasi fatte fin da bambina, ma non sapeva che dire. Edward scosse la testa voltandosi verso lei.

-      No, Isabella! Quello che fanno le persone a Natale. Questo è altruistico! – Isabella non capiva. Cosa c’entravano le persone.

-      Ma cos... – Edward la interruppe.

-      Ha presente il babbo natale là fuori?- Isabella annuì.

-      Sì, il cialtrone! – Edward assottigliò lo sguardo.

-      No, si sbaglia. Grazie a quelle offerte, grazie e quella elemosina, noi bimbi dell’orfanotrofio a Natale avevamo qualcosa da mangiare. Ogni anno tutti noi bambini ci mettevamo in fila davanti alla porta, aspettando quell’uomo travestito da babbo Natale, ci portava doni, vestiti, cibo. I soldi invece servivano per mandare avanti l’orfanotrofio. Beh sa una cosa? – Isabella scosse la testa, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.

-      No, cosa?- Edward sorrise amaramente.

-      Col tempo le persone smisero di fare la carità, questo perché nessuno credeva più al natale, tutti iniziarono a crederla come lei. Non arrivarono più doni, ne vestiti nuovi. Le suore ci rattoppavano i vestiti degli anni precedenti. Ma sa una cosa? A noi non importava! A noi bastavano i sorrisi, seppur tristi delle sorelle che ci trattavano come figli loro – Isabella sussultò. Alzò lo sguardo e lo vide sorridere dolcemente, una domanda le venne spontanea porgergli…

-      È per questo che ha donato cento dollari a quel tizio? – Edward annuì, lieto che Isabella avesse finalmente capito il significato di quel suo atto. La guardò profondamente, sembrava triste, combattuta, le spalle ricurve e lo sguardo basso, il peso del mondo sembrava gravarle sulle spalle, avrebbe voluto abbracciarla, dirle che l’avrebbe aiutata a sorreggerlo. Stava per parlare ma Isabella improvvisamente parlò.

-      Babbo Natale ha fatto morire la mia amica…- Edward la fissò sorpreso, quella frase lo aveva spiazzato.

-      Co…Come ha detto? – Isabella alzò lo sguardo, pieno di lacrime, cercò di darsi un contegno riuscendoci a malapena ed iniziò a parlare.

-      Edward io… Quando ero molto piccola ero spesso malata, ero una bambina molto cagionevole e di conseguenza entravo ed uscivo dagli ospedali.- Edward fece per parlare ma Isabella non glielo permise.

-      Ero molto sola. Non ero quel che si dice una bambina solare, socievole…- stavolta Edward la interruppe con un sorrisino divertito.

-      Vedo che le cose non cambiano… ahahah, ok la pianto. – Disse grattandosi la testa imbarazzato dallo sguardo eloquente di Isabella, la quale ricominciò a parlare..

-      Me ne stavo spesso nella mia camera, a parte quando le infermiere, impietosite dalla mia solitudine non mi obbligavano a giocare con gli altri bambini nelle salette dei giochi. Però come al solito finivo messa ad un cantuccio perché non riuscivo a rapportarmi. – Edward le si avvicinò piano. Erano fianco a fianco le loro gambe potevano sfiorarsi. Isabella continuò.

-      Un bel giorno mi stancai di fare la statuina che osservava gli altri divertirsi, così decisi di lasciare la saletta. Mi avventurai in tutto l’ospedale cercando di non farmi notare… Fu lì che la vidi per la prima volta. Era su un letto, molto pallida, ma nonostante ciò aveva un pallido sorriso sulla bocca. Aveva la mia stessa età, sette anni. I suoi capelli erano corti e castani, era una bambina bellissima e divenne presto la mia migliore amica. Il tempo scorreva e senza accorgermene arrivò natale. Ognuno ci chiedeva un desiderio da esprimere. Beh io espressi il mio…- Isabella incontrò lo sguardo di Edward.

-      Quale? – le chiese lui incuriosito. Isabella prese un respiro profondo e con voce tremula disse.

-      Il mio desiderio fu quello di far vivere Angela…- Edward s’irrigidì capendo il finale di quella triste storia.

-      Cosa successe? – chiese prendendole le mani delicatamente, stringendole tra le sue.

-      Morì dopo una settimana! Complicazioni, dissero… Edward, Babbo Natale non esiste e i desideri non esistono è tutto un enorme bugia, una bugia Edward. – La prese tra le sue braccia. Isabella singhiozzava, tremava, era disperata. Edward dal canto suo la stringeva forte, voleva restare lì per sempre se fosse stato necessario, per tranquillizzarla.

-      Shh va tutto bene, Isabella, sta tranquilla ci sono io con te, shh. – disse cullandola tra le sue braccia.

-      Edward è colpa mia, lei non doveva morire, era solo una bambina.-

-      Isabella non dire sciocchezze anche tu eri una bambina. Nessuno ha colpe. Il Fato è stato troppo meschino ma tu non hai colpe. – Isabella alzò lo sguardo, non pensò a nulla, sentiva le sue forti braccia stringerla, le sue mani carezzarla e i suoi meravigliosi occhi verdi trapassarle l’anima. Agì d’istinto e lo baciò. Un bacio dapprima dolce, leggiadro ma che man mano diventava sempre più passionale, forte e pieno di… Amore. Se dapprima Edward ne fu sorpreso, subito dopo si lasciò trasportare da quella delicata bocca che alla fin fine aveva sempre desiderato. Il tempo trascorse, non seppero dire ne quanto, ne come. Improvvisamente le luci del centro commerciale si accesero e, dal piano inferiore udirono delle voci. Isabella ed Edward si staccarono lentamente e con il fiatone. Lei cercò di allontanarsi ma lui non glielo permise, ma anzi appoggiò la sua fronte nella sua.

-      Non mi scappi più Grinch! – Isabella lo guardò perplessa per poi scoppiare a ridere.

 

 

Era passato un anno ormai.

 

Era il giorno di Natale, la neve cadeva dal cielo come fiocchi di cotone bianco. Isabella alzò il viso fissando il cielo e un fiocco si posò sul suo nasino facendola sorridere.

-      Isabella lei è una pazza! Si rende conto di sorridere da sola? – Isabella alzò un sopracciglio a quella voce irritante.

-      Senta omuncolo dei miei stivali, non ricominci con le sue squallide battute da teatrino a basso costo. – Edward sorrise, le si avvicinò e la tirò a sé.

-      Chi sarebbe l’omuncolo? – Isabella non resistette a quello sguardo fintamente sconvolto.

-      Come se non lo sapesse! Maggiordomo impomatato che…- Isabella si accorse che Edward stava fissando un punto preciso, e le scappò un sorriso.

-      Quello è l’orfanotrofio dove hai vissuto? – gli chiese dolcemente. Lui annuì. Isabella lo prese per mano e con un sorriso disse.

-      Che ne dici di portare un bel po’ di doni a quei bimbi? – Edward la guardò come si guarda una Dea da venerare. Sorrise felice.

-      Andiamo! – disse stringendola a sé.

Passarono così la giornata in orfanotrofio. Isabella così aveva conosciuto il mondo di Edward, aveva rivisto tutti i nascondigli, le stanze e i posti dove lui aveva trascorso la sua infanzia. Aveva conosciuto quel lato di lui così dolce e fragile e non poté trattenersi dal commuoversi quando incontrò le suore che l’avevano cresciuto come fosse figlio loro. Oppure sorridere nel vederlo così felice e gioioso a giocare con i bambini del posto. Era ormai quasi sera, il tempo era trascorso così velocemente che nemmeno si erano accorti della neve che ormai aveva coperto tutto. Salutarono le suore e i bambini con la promessa che sarebbero andati a trovarli più spesso.

 

-      Mi dica signorina Isabella, cosa pensa di questa giornata? – Isabella sorrise.

-      Beh signor Masen, adesso avrò più battute per prenderla in giro. – Edward si finse shockato.

-      Non oserà. – disse cingendole il collo con il suo braccio. Isabella si strinse a lui maggiormente, sospirando.

-      Edward, ci sarebbe un posto dove vorrei andare… – lui capì al volo e senza chiedere disse solamente.

-      Andiamo! -

 

La vasta radura era ricoperta di neve e le lapidi cui vi erano sopra, lo stesso. In lontananza vi erano Angeli, con la testa rivolta verso il cielo, come a voler pregare il loro Dio di proteggere le persone che abitavano quel posto. Il cimitero di New York. Non ci veniva da anni. In lontananza intravide un ragazza, non molto alta e dai capelli cortissimi e neri. Si avvicinò cauta capendo che quella era la lapide, la stessa lapide dove si stava dirigendo lei. Era la tomba di Angela, la sua migliore amica. Era ormai dietro la ragazza, Edward le strinse la mano come ad infonderle coraggio. Isabella prese fiato e parlò.

-      Ciao… tu… tu la conoscevi? – La ragazza sussultò alla voce di Isabella, si voltò e negò col capo. Isabella ne parve delusa. Ma la ragazza le sorrise dolcemente.

-      Però grazie a lei vivo. Precisamente grazie al suo cuore, se non fosse stato per il suo cuore io adesso sarei morta – finì con un sorriso triste. Isabella restò ferma, non riusciva a parlare. Fu Edward a parlare.

-      Come ti chiami? – disse con un sorriso dolce, il quale la ragazza ricambiò.

-      Alice, signore, Alice Brandon. – detto questo si mise un cappellino di lana in testa, sorrise ad entrambi e se ne andò.

Isabella era ferma. Fissava la tomba di Angela.

-      Falla vivere. – Edward la guardò stupito.

-      Cosa hai detto? – Isabella si mise a ridere ed Edward si preoccupò.

-      Isabella stai bene? – lei annuì continuando a ridere.

-      Ahahahahha Edward ma non capisci? – Edward si grattò la testa.

-      Ehm no, a parte che sembri pazza, ma vabbè sempre stata, ma tranquilla amore sono di mentalità aperta. – Isabella gli diede un colpetto sul braccio.

-      No scemo, FALLA VIVERE. Ma non capisci? Edward lei è viva. Angela non è morta, vive attraverso Alice. Il mio desiderio è stato accolto ma ero troppo arrabbiata per capirlo. – Edward sorrise abbracciandola, per poi portare il viso di lei a una spanna dal suo.

-      Buon Natale amore mio. – disse semplicemente per poi baciarla dolcemente. Bacio che Isabella interruppe improvvisamente facendo mugolare Edward di disappunto.

-      Edward il tuo desiderio! – lui sorrise attirandola di nuovo a se.

-      Sì è avverato da un anno ormai. – Isabella lo guardò sorpresa.

-     Io? – Edward annuì sorridendole e Isabella non poté più resistere dal baciarlo. Ma nuovamente si bloccò a pochi millimetri dalle sue labbra facendolo sbuffare.

-     Ma devo chiederlo a Babbo Natale di avere un tuo bacio? Fammi capire. – Isabella sorrise.

-      Assolutamente no! Ma prima volevo dirti che Ti amo, tutto qui. Ti amo Edward! – Edward sorrise e stavolta non la fece finire di parlare che si avventò sulle sue labbra.

-      Ti amo anche io mia dolce Grinch.-

 

In lontananza un uomo barbuto e una delle sue tante renne osservavano la scena estasiati.

-      Questo è un Natale speciale mio caro Rudolph, ma insomma ogni Natale lo è dico bene? – La renna dall’enorme naso rosso annuì.

-      Sai mio caro amico, credo proprio che questo sia un magico Natale. Che ne dici di portare un po’ di magia a chi ne ha bisogno? – La renna annuì di nuovo con forte decisione. L’uomo si mise sulla sua slitta, strinse le redini e incitò Rudolph a prendere la rincorsa.

-      Oh oh oh, Buon natale. Che la magia entri nei vostri cuori, che i vostri desideri si realizzino, credete nella magia, ma ancor più credete nella magia del Natale e nella bontà dei vostri cuori. Solo con la purezza di questi ultimi i vostri desideri si realizzeranno. Buon Natale e pace e gioia. – finì. In lontananza Edward e Isabella udirono una risata tonante. E abbracciati l’uno contro l’altra si incamminarono verso la loro casa, per una nuova vita fatta di magia e amore.

тнє єи∂

Salveeee!! bene, bene! Oggi è natale. E come regalino ho fatto questa Os. Beh che dire? Oggi è un giorno magico, anche se per alcuni è un giorno qualunque. Ma perchè non sognare? Magari la magia  esiste, solo che dobbiamo vederla con gli occhi dei bambini ;) Beh che altro aggiungere? Ah sì certo u.u che sbadatella!

BUON NATALE A TUTTI E TANTA GIOIA E FELICITA'! KISS! Ah e mi raccomando, sono curiosa di sapere cosa babbo natale vi ha riserbato u.u

Spero davvero che vi piaccia! Adesso concludo co dire:

GRAZIE A MARTA (Betrayed_89) la mia amicona tutta fare, la quale mi ha fatto come sempre, una locandina splendida! graziè tesò tanta felicità a te, ti voglio bene!

e GRAZIE A VOI CHE MI LEGGETE, SOSTENETE E RECENSITE. GRAZIE DI CUORE.

Adesso vado lasciandovi:

Io e la mia amica Marta abbiamo messo su un gruppo su fb,in cui si parla di libri,spoiler delle nostre storie,giochi,quiz,film,o semplicemente ci si conosce,ci si scherza e si fa amicizie! Siete le benvenute vi aspettiamo ;)

Betrayed and Lilyanne's Stories


Per chi invece volesse aggiungermi su fb io sono

Lily Masen

Detto questo,mi esclisso ;) Ciao. Kiss!

   
 
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