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Autore: lithi    26/12/2011    10 recensioni
Una piccola OS natalizia...
Sei anni dopo la fine della scuola, i ragazzi del Glee non si sono ancora persi, ma festeggiano insieme ogni anno la mattina di Natale...la vita va avanti, ma i loro cuori battono sempre all'unisono.
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Erano tredici fiori. Tutti diversi, come loro, eppure così incredibilmente giusti e simili. Tredici fiori che nessuno avrebbe mai creduto potessero funzionare così bene insieme. Nessuno. Tranne una persona.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola OS sulla mattina di Natale dedicata ad Ale, Federica e Paola. Vi voglio bene ragazze...anche se ci conosciamo da poco fate parte delle mie giornate, e questo piccolo pezzo è per voi...
Buon Natale,
Giulia

 




“Kurt! Sei pronto?”
La voce di Blaine si fece strada tra il profumo della crema alle rose che il giovane uomo si stava spalmando sul viso. Kurt alzò lo sguardo verso lo specchio per incontrare gli occhi di suo marito, quell’uomo meraviglioso che lo amava e sopportava da sette anni. Indugiò dolcemente sulla linea morbida e piena delle sue labbra, mentre gli regalava un sorriso che andò ad illuminare i suoi occhi chiari.
“Cinque minuti e ho finito.”
Blaine sorrise assonnato da dietro gli occhi oro prima di scomparire dietro la porta del bagno e aprire il cassetto dove riponeva i suoi immancabili papillon, sicuro come sempre che cinque minuti per Kurt Hummel Anderson non erano mai cinque minuti per gli altri esseri umani.
Dopo quindici minuti i due stavano finalmente uscendo dalla casa degli Hudmel, pronti a gettarsi nel gelo della mattina di Natale a Lima, Ohio.
Blaine si fece più vicino al marito, il lungo cappotto blu che strusciava sulle ginocchia.
In quei sette anni erano accadute tantissime cose, ma Blaine non riusciva ancora a capacitarsi della sensazione che provava ogni notte, stringendo il suo Kurt tra le braccia e respirando sulla sua pelle nivea, quasi a voler trattenere con sé l’odore dolce e delicato dell’uomo che aveva giurato di amare per tutta la vita. E ogni giorno scopriva che non poteva fare a meno di toccarlo, di sentire quella sensazione di pienezza che si faceva strada dentro di lui solo quando sfiorava anche un piccolo lembo di quella pelle che amava riverentemente.
L’omofobia era sempre in agguato sulla loro strada, e sembrava che Lima non fosse cambiata come invece stava facendo tutto il mondo, ma era pur sempre Natale.
Blaine fece scivolare dolcemente le dita indurite da anni di chitarra tra quelle affusolate di Kurt, stringendo a sé quel dono di Natale che scartava ogni giorno.
 
Quinn si guardò intorno nell’aeroporto sovraffollato, cercando i suoi amici. Anche se la neve aveva dato del filo da torcere ai voli un po’ in tutta America, la ragazza era riuscita a prendere un aereo quella notte ed era finalmente atterrata a Columbus. Ora non le restava altro che farsi due ore di macchina e arrivare a Lima per incontrarsi con tutti gli altri.
Il caschetto dorato rimbalzava sulla sua testa mentre si girava a destra e a sinistra per intravedere le figure di Mike e Tina.
“Quinn!”
La ragazza si voltò di scatto, aprendosi in un sorriso e correndo incontro ai due ragazzi, trolley alla mano.
“Tanti auguri ragazzi!”
“Oh Quinn! Non credevamo che ce l’avresti fatta!” Tina la strinse forte a sé. Era incredibile quanto lo stare al fianco di quella ragazza dai lunghi capelli neri la tranquillizzasse.
Se Quinn ripensava ai suoi primi anni di liceo, mai si sarebbe aspettata di essere lì, quasi sei anni dopo la fine della scuola, ad abbracciare la gothic lolita della scuola.
Le due ragazze si staccarono, le mani ancora sulle spalle dell’altra, mentre Mike le seguiva carico di borse come un facchino.
“Ehi! Buon Natale Quinn!” la ragazza si lasciò avvolgere dal braccio libero del ballerino.
“Serve una mano con quelle valige?” domandò con un sopracciglio alzato e un sorriso sulle labbra.
Mike sospirò riconoscente prima di annuire con forza alla domanda dell’amica. “Grazie…”
Tina sbuffò divertita.
“Oh, andiamo! Non fare così…mi fai sentire in colpa!”
“Amore, la colpa di questa situazione casomai è mia…”
“Mi sembrava di essere presente quando è successo.”
“Si, ma il fatto in sé è colpa mia…quindi ben vengano le valige. E tu non ti azzardare a prendere nemmeno un trolley. Non puoi fare sforzi.”
Tina alzò gli occhi al cielo. “Dio, Mike! Sono incinta, mica malata!”
Quinn accarezzò il pancione dell’amica prima di posare la sacca che Mike aveva tenuto fino a quel momento sulle spalle, sopra il suo trolley.
 
Rachel accarezzò dolcemente la testolina bruna che era quasi sepolta tra la carta regalo accartocciata sotto l’albero. I grandi occhi scuri di Miriam Hudson la fissarono non appena sentirono la mano della madre allontanarsi dalla propria testa, regalandole un meraviglioso sorriso sdentato che avrebbe fatto impallidire il sole.
Rachel rise divertita alla vista della figlia di poco più di un anno che le si aggrappava ai lunghi boccoli color cioccolato per issarsi in piedi e portare il viso alla stessa altezza del suo, prima di afferrarlo tra le manine e cominciare a baciarlo come solo i bambini sanno fare.
Finn osservava la scena dalla porta, appoggiato allo stipite con le braccia conserte e un sorriso innamorato impresso sulle labbra. Non avrebbe mai capito chi possedeva il suo cuore tra quelle due. Entrambe sembravano tenere bene stretti i fili della sua vita, e bastava un loro movimento per far in modo che lui fosse lì.
Dopo pochi minuti si avvicinò e sollevò di scatto la figlia che rise divertita, lasciando risuonare nella stanza la sua voce cristallina e così tanto simile a quella della madre.
“Dovreste sbrigarvi o farete tardi…”
La voce di Hiram li fece voltare verso la porta della cucina. I genitori di Rachel erano lì a fissarli, rivivendo gli anni in cui la figlia era ancora così piccola come lo era ora la piccola peste che era entrata di prepotenza nelle loro vite, sconvolgendole e rendendole ogni giorno più meravigliose.
“Siete sicuri che non vi crea disturbo badare a lei per qualche ora? Posso chiedere a mia madre se per voi è un problema…”
“Via Finn! Vorresti forse portarci via la nostra nipote preferita?”
“Nonché unica, direi…”
Rachel si unì alla risata di Leroy con in braccio la figlia e il cappotto buttato sulle spalle.
Dopo aver passato la bambina ai suoi genitori si avvicinò per depositare un bacio sulle loro guance.
“Ci vediamo dopo pranzo.”
 
“Ehi Puck!”
Il ragazzo con la cresta si fece strada all’interno di casa Abrams, superando con un salto un mucchio di scartoffie che giacevano nell’angolo dietro la porta.
“Ehi Artie! Come stai amico?”
“Bene. Me la cavo.”
Puck lo guardò di sbieco.
“Che cavolo vuol dire me la cavo?! È Natale fratello! Un po’ di allegria, su! Pure io che sono un ebreo convinto riesco a sentire la magia del Natale! È nato o no il tuo Cristo oggi?”
Artie si lasciò sfuggire una risata per quello strano sproloquio del suo migliore amico, mentre dalla camera da letto usciva Kate, avvolta da una vestaglia di seta bianca.
“Ha ragione amore. Un po’ di spirito natalizio non guasterebbe.”
Artie si girò verso la compagna con un sorriso.
“Ed ecco il mio angelo di Natale appena sveglio.”
La ragazza si abbassò ridacchiando prima di posare un bacio sulle labbra del fidanzato.
“Non dovreste andare? Si sta facendo tardi, e dovete arrivare dall’altra parte di Lima.”
“Effettivamente è tardi amico. Su, prendi la giacca.”
Il giovane girò la carrozzella e sparì dentro la camera da letto.
Puck si fece più vicino a Kate, osservando il ragazzo più giovane con la stessa espressione che cercava di camuffare ogni volta che si ritrovava a guardare una commedia d’amore con Sarah.
“Sicura che per te va bene?”
“Certo.” La ragazza gli sorrise da dietro gli occhi nocciola. “E poi la tua donna viene qui a tenermi compagnia più tardi, non rischio certo di soffrire la solitudine.”
“Bene. Così me la controlli.”
Kate scoppiò a ridere mentre Artie tornava verso di loro, la giacca abbottonata male in alcuni punti.
La giovane fece per aiutarlo ma, prima di riuscire a fare un solo minuscolo passo, Puck era già ai piedi del suo migliore amico, intento a sistemargli il giubbotto e la coperta di pile che si era disteso sulle gambe.
 
“Sono arrivati?”
“No Britt, ma vedrai che saranno qui tra poco.”
Santana lisciò i capelli della bionda con un movimento veloce e aggraziato. La sua pelle olivastra risaltava accanto a quella rosea della sua ragazza, mentre questa le prendeva velocemente la mano e ricominciava a saltellare impaziente.
Dopo altri cinque minuti passati a guardarsi velocemente a destra e a sinistra neanche stesse assistendo a un partita di tennis, Brittany cacciò un urlo di gioia.
All’angolo della strada era finalmente comparsa la macchina di Finn, che cominciò a suonare il clacson non appena riconobbe le due ragazze.
Santana non poté far a meno di sorridere felice alla vista della sua Britt che saltellava felice. In fin dei conti questo era il giorno che preferiva all’anno, e lei viveva per bearsi delle sue risate, della sua sorpresa quando scartava i regali che il vecchio Santa le lasciava sotto l’albero e del successo dell’ultimo spettacolo di cui era la protagonista indiscussa.
E Santana poteva sentire sempre il suo cuore ingrandirsi al solo pensiero di quanto Brittany fosse felice.
Non appena la macchina accostò al marciapiede, Brittany si lanciò verso Rachel, mandando a gambe all’aria la stellina di Broadway.
“Ossignore!”
 “Auguri Rach!” Brittany, incurante della neve che le inumidiva i vestiti si lasciò andare a una risata cristallina, sintomo della sua mai persa innocenza.
Finn si fece più vicino a Santana, che stava scuotendo la testa divertita dalla fidanzata.
Come poco prima, si mise al suo fianco a braccia incrociate prima di girare la testa verso la sua migliore amica e prenderle la mano.
“Buon Natale San.”
La mora alzò il viso verso l’amico e, stringendo la mano guantata di pelle in quella calda dell’amico sorrise serena.
“Buon Natale Finn.”
 
“Sam! Aiutami a portare in macchina i cesti, sennò non finiremo mai e nessuno mangerà niente oggi.”
Sam Evans fece capolino nella cucina.
“Cedes, stai tranquilla. Andrà tutto bene, vedrai…”
La ragazza color cioccolato schizzava da una parte all’altra della cucina come una furia.
“Bene?! Bene dici?! È tutto un disastro! Kurt e Blaine non sono ancora arrivati. I cesti sono ancora tutti qui. E non sappiamo se Rachel ha preso i fiori. O se Quinn è riuscita a prendere l’aereo. Con questo tempo, mi sorprenderebbe alquanto a dir la verità.” Mercedes lasciò cadere le tazze della colazione nel lavandino con un tonfo sordo. “Ma perché mi sono offerta volontaria di cucinare quest’anno?”
Sam le si avvicinò, poggiandole le mani sulle spalle e baciandole dolcemente la fronte.
“Adesso prendi un respiro profondo e tranquillizzati. Andrà tutto bene, vedrai…tu sei fantastica, e qualsiasi cosa esca dalle tue mani è d’oro. E poi sono sicuro che Rachel abbia preso i fiori, stai calma.”
“E Kurt e Blaine sono qui e hanno appena sentito Mike, che sta arrivando con la sua ragazza molto incinta e Quinn.” Il trillo della voce di Kurt alla finestra fece quasi balzare dalla paura la ragazza che, inveendo contro il suo migliore amico in mille lingue, li fece entrare dalla porta della cucina.
“Kurt! Mi hai fatto prendere un colpo!”
I due giovani entrarono ridendo divertiti in cucina, e salutando gli amici.
“Bè, così impari a farti prendere le crisi isteriche. Quella incinta è Tina, non sei tu. A meno che non ci siano novità da ieri a questa parte…”
Mercedes sbuffò appena stringendo a sé il ragazzo, mentre Sam e Blaine stavano già caricando i cesti del pranzo dentro alla macchina.
“Buon Natale White Boy…”
“Buon Natale Diva…”
 
Il cancello di ferro battuto era sempre lo stesso quando i tredici ragazzi si fermarono davanti alla staccionata coperta dalla neve.
Dopo i primi abbracci e saluti, così caldi che avrebbero potuto riscaldare anche il cuore della vecchia Sue Sylvester, si incamminarono nel giardino innevato.
Mr Shue stava lì, come ogni giorno, riparato all’ombra di un grande albero e l’espressione serena e gioiosa che sempre aveva riservato loro quando andavano a scuola. Quando potevano ancora dire di essere il Glee Club del liceo McKinley.
La sorpresa sembrò attraversare il suo volto non appena Brittany fece capolino da dietro un albero, trascinando Santana per mano che rideva contenta.
“Mr Shue!” la bionda non poté far a meno di gridare. “Mr Shue, siamo arrivati!”
Tutti i ragazzi si precipitarono, cesti alla mano, di fronte al loro professore, che li abbracciò tutti col suo sguardo caldo, incredulo nel vederseli di nuovo davanti anche quell’anno.
“Si, lo so che cosa sta pensando.” Artie, spinto da Puck attraverso la neve cominciò a strofinare le mani tra di loro per riuscire a far scaturire anche una sola piccola scintilla del caldo che aveva lasciato nell’abitacolo della macchina. “Ma che ci fanno tutti qui di nuovo? Ancora non ha capito che la verremo sempre a trovare la mattina di Natale?!”
“Ben detto Artie!” Noah batté il cinque all’amico dopo averlo fermato di fronte al professore. “Oh, Mr Shue. Devo dirle una cosa. Finalmente ho trovato la ragazza giusta.”
“Si…come l’anno scorso. Aspetta, com’è che diceva?” Santana fece capolino da dietro la tovaglia che stavano appoggiando sopra al telo termico steso a terra. “I suoi occhi sono come un faro che riluce nell’oscurità della mia vita. Lei è la mia stella. Il mio numero primo. L’Elizabeth del mio Darcy. Artie, amico…l’hai rovinato. Sette anni fa non sapeva neanche chi fossero Elizabeth e Darcy, figuriamoci un numero primo.”
Puck posò il termos al centro della tovaglia prima di sbuffare in direzione dell’amica, accompagnato dalle risate dei suoi amici, mentre Brittany abbracciava da dietro la compagna facendo capolino tra i suoi capelli neri.
“Dai San. Non essere cattiva. Magari stavolta è innamorato davvero…”
Santana alzò gli occhi al cielo prima di girarsi verso la fidanzata e lasciarle un bacio sulle labbra.
Rachel cominciò a parlare approfittando di quell’attimo di silenzio che si era creato.
“Mr Shue. Deve assolutamente vedere Miriam la prossima volta. Ancora è troppo piccola, e non volevamo portarla fuori con questo freddo, ma appena torna la primavera la porteremo qui da lei sicuramente. Deve vedere com’è piccola. E perfetta. Sembra quasi la nostra figlia naturale tanto ci somiglia…”
“Rachel, prendi fiato.” Kurt alzò gli occhi al cielo mentre cominciava a servire il tacchino preparato da Mercedes agli altri che si erano seduti intorno alla tovaglia, ben al riparo dalla neve. “E poi non sei solo tu a dover raccontare qualcosa a Mr Shue.” Il ragazzo si voltò verso il professore, prendendo per la mano Blaine che lo osservava sognante. “Mr Shue, vuol vedere le fedi che io e Blaine abbiamo scelto?”
“Si professore.” La voce calda di Blaine si levò forte nell’aria mentre il professore li guardava raggiante. “Ci è dispiaciuto così tanto che non sia potuto venire alla cerimonia.”
Mentre i due ragazzi mostravano le fedi, Finn cominciò a battere le mani verso Quinn che lo guardava imbarazzata.
“Non devi imbarazzarti. Diamine, hai avuto il tuo primo ruolo da protagonista in un musical!”
Rachel e Kurt si girarono di scatto verso l’amica, balzandogli addosso e buttandola gambe all’aria.
“Non posso credere che quei due siano sposati.” Santana si portò una mano al viso, scuotendo la testa rassegnata.
“Oh mio Dio! Oh mio Dio! Oh mio Dio!” i due ragazzi non la smettevano più, tenendo ancora ben ancorata a terra la povera Quinn, che se la rideva divertita. Dopo qualche minuto riuscì finalmente a liberarsi dalla presa dei due amici.
“Si…mi hanno preso per Grease. Lo so che non è una produzione di Broadway, ma sarà divertente fare il giro della California interpretando Sandy. Soprattutto considerando quanto è carino il ragazzo che fa Danny…”
“Aspetta un momento White Girl!” Mercedes alzò un dito davanti alla faccia della ragazza. “California?”
“Si. California.”
“E quando pensavi di dirmelo?!” Mercedes abbracciò stretta la ragazza. “Sam. Hai sentito? Quinnie viene in California!”
“È fantastico! Quando venite a Los Angeles devi farcelo sapere assolutamente, così prendiamo i biglietti e vi veniamo a vedere.” Il biondone mise un braccio intorno alle spalle dell’amica, stringendo a sé le due ragazze sotto lo sguardo orgoglioso di Mr Shue, che sembrava voler dire loro quanto fosse felice che quella loro famiglia avesse continuato a crescere e ad amarsi nonostante tutti i guai, le incomprensioni e le differenze.
“Bè, a quanto pare manchiamo solo noi…” Mike accarezzò dolcemente il pancione di Tina.
“Si, credo che la cosa che vogliamo dirle sia abbastanza evidente Mr Shue.” La ragazza emise una risata cristallina prima di portare una mano alla testa del fidanzato, che si era appoggiato su di lei con un sorriso sereno sulle labbra. “Sono incinta. Di sette mesi. Ed è un maschio.”
Tutti i partecipanti a quella strana tavolata cominciarono ad applaudire e a fischiare tra un boccone di tacchino e un sorso di tè caldo.
Il pranzo continuò più o meno così, con Santana che riprendeva chiunque aprisse bocca mentre si faceva fare le trecce da Brittany. Puck che raccontava a una Quinn interessata del suo rapporto con Sarah, mentre lei gli spiegava come si sarebbe svolto il tour. Finn che parlava dell’ultima partita di football con Sam. Kurt che cercava di spiegare ad Artie che non poteva pretendere di presentarsi con un maglione con le renne stile Rachel Berry e non aspettarsi una sua crisi isterica degna della miglior fashion victim. Blaine che ascoltava interessato Mike che gli raccontava della scuola di danza e di come fosse riuscito ad avere la parte principale allo spettacolo di danza moderna. Tina che si lasciava viziare da Mercedes, sotto lo sguardo materno di Rachel.
Dopo una mezz’ora passata al freddo e al gelo, i ragazzi si guardarono negli occhi, come erano soliti fare tutti gli anni, e Rachel si alzò in piedi mentre gli altri sistemavano i piatti sporchi e le lenzuola all’interno dei cesti, raccogliendo da terra il mazzo di fiori che aveva portato.
Erano tredici fiori. Tutti diversi, come loro, eppure così incredibilmente giusti e simili. Tredici fiori che nessuno avrebbe mai creduto potessero funzionare così bene insieme. Nessuno. Tranne una persona.
Con i suoi amici ad incoraggiarla silenziosamente, Rachel si voltò verso la lapide bianca da cui il viso del professor Shuester li guardava commosso ed emozionato, ponendo a terra il mazzo di fiori.
“Buon Natale, Mr Shue.”

  
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