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Autore: CantanteMaledetta    26/12/2011    4 recensioni
«Spero che gli hai già detto addio» disse Axel, mi fermai e dopo qualche passo lo fece anche lui girandosi, quasi speranzoso che rinunciassi alla mia decisione di andare avanti. «No, non voglio dirlo a nessuno, perché entrerò dentro Sora e anche se non potrò più vivere nel mio corpo, lo farò in quello di Sora» risposi avvicinandomi ancora, riprendendo a camminare. «Io non dirò mai addio, a nessuno»
La difficile decisione di Roxas di entrare nel corpo di Sora, accompagnato dalla persona più importante per lui. Con il sottofondo dalla canzone "Mai dirò addio" del film "La Strada per ElDorado"
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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Cosa un’altra Song-fic? Si ovvio ^.^ !! Eccomi ritornata dopo un sacco di tempo che non posto più niente, anche questa volta si tratta di AkuRoku! Però con una canzone del film “La Strada per Eldorado” ovvero “Mai dirò addio”. Spero che leggerete in tantissimi, ma soprattutto che sia di vostro gradimento! Soprattutto commentate, commentate, commentate in tantissimi per dirmi se vi è o no piaciuto!! Vi aspetto in tanti con ansia, e intanto vi auguro un buon anno nuovo!



Era incantevole ammirare Crepuscopoli prima di andarsene per sempre, anche se mi sentivo un po’ solo nel restare li su quella maledetta torre, con la sola compagnia di me stesso. Soprattutto da quando la mia memoria era definitivamente tornata intatta, abbassai lo sguardo sperando che lui arrivasse come aveva sempre fatto. Ma ero sicuro che oggi non l’avrei visto, in questo momento definitivo come me anche lui non aveva il coraggio per quest’ultimo piccolo, coraggioso, viaggio.
Mi alzai, stiracchiandomi le braccia, era ora di avviarmi verso la vecchia villa. Me ne andai lentamente, a passo funebre, tenevo la testa china concentrato solo sul mio cammino, sentendomi vuoto e spaesato nella mente. Per tutte le altre persone impegnate per la fiera di fine estate, ero totalmente invisibile. Alzai lo sguardo quando sentì le voci dei miei migliori amici divertirsi senza di me, tutti e tre che passavano per le bancarelle parlando allegramente e ridendo. Per quei giorni avevo vissuto in una menzogna! Un posto che Diz aveva ricreato soltanto per tenermi sott’occhio. Le litigate contro Saifer, il mangiare il ghiacciolo con i miei amici prima di tornare a casa, tutto era ormai sfumato restando solo un vago ricordo dentro di me che si mischiava con altri dolorosi ricordi, di due vite distinte.
Non volevo piangere, era inutile non cambiava nulla il tempo sarebbe trascorso anche se io mi perdevo in quelle lacrime amare. Da quando Namine mi aveva avvertito che io non dovevo esistere, dentro di me sapevo che qualcosa non quadrava, che prima o poi dovevo lasciare questo posto, quello che ero. Sia come Roxas dell’organizzazione XIII, sia come quel Roxas che viveva spensierato fregandosene del domani.
Però spero ancora di parlare con la persona a me più cara, anche se non si era mostrata come temevo. Conoscendolo forse voleva aspettare fino all’ultimo minuto, peccato, volevo avere più tempo per stare assieme a lui. Quando la memoria era tornata, mi ero chiesto perché non aveva deciso di accettare la sua richiesta di seguirlo? Ma dopo mi resi conto che era questo il mio destino e che era una avvenimento improrogabile. Io dovevo rientrare dentro il corpo di Sora, per fargli impedire che l’organizzazione XIII aprisse il Kingdom Hearts, creando il caos tra i mondi.
Guardai lo spacco nel muro che portava alla villa, presi un respiro profondo prima di entrare. I miei occhi furono catturati dalla sua figura, la mia mente si bloccò impedendomi di proseguire, appoggiato al muro con le braccia conserte al petto e lo sguardo chino, c’era proprio colui che aspettavo. Axel alzò gli occhi incrociando i miei, finalmente aveva deciso di mostrarsi, quasi non ci speravo più.
«Sei sicuro di quello che stai facendo?» mi chiese. Sorrisi pensando che mi dava ancora la possibilità di scappare con lui. «Purtroppo … si, se prima avevo qualche dubbio; ora so perfettamente quello che devo fare» risposi non staccando il contatto che si era creato tra di noi, nella mia voce c’era un tono di amarezza non riuscivo a nasconderlo stavo per scomparire. «Non sei obbligato» si avvicinò a me, appoggiando le sue mani sulle spalle scrollandomi. «Vieni via con me, come nell’organizzazione che non riuscivamo a stare lontani l’uno dall’altro. Ti ricordi?» chinai lo sguardo, per quanto fosse una splendida idea, negai lentamente.
 
 Nulla ha mai diviso noi
Fin qui lungo la via
E nulla mai soffocherà
La forza degli Dei
 
«Certo che mi ricordo! Ma devi capire che ormai è cambiato tutto e io devo andare» alzai gli occhi, nello sguardo di Axel c’era un miscuglio di rabbia, delusione e tristezza che stava in tutti i modi trattenendo. Le mani iniziarono a tremargli, le allontanò da me chinando la testa. «Mi dispiace» sussurrai sentendomi pienamente in colpa, non volevo che si sentisse in questo modo per colpa mia. Però era una cosa che purtroppo dovevo fare per forza, forse un giorno ero certo che avrebbe capito e solo allora dentro di se poteva perdonarmi. Alzò il braccio, con la mano stretta a pugno con l’intenzione di scagliarmelo addosso.
Ma si fermò, ritornando a guardarmi. «Sei solo un idiota» urlò per poi scomparire dentro delle nuvole nere, sospirai sapevo perfettamente dove si era recato. Ovvero dove va sempre quando voleva stare da solo per pensare. Per me sarebbe facile ora andare avanti, ma non avevo il coraggio di andarmene prima di non chiarire la questione con Axel. Mi girai iniziando a dirigermi di corsa verso la torre della stazione, ma perché dovevo sempre corrergli dietro? Iniziai a pensare che in fondo lo faceva apposta, lo sapeva che io non me ne sarei andato in quel modo.
Ero come un’ombra in mezzo alle persone, ci passavo in mezzo e nessuno si accorgeva della mia presenza. Quando finalmente arrivai, appoggiai le mani alle ginocchia sentendo il fiato mancarmi per la corsa, ma come sospettavo Axel era li a fissare la città pensieroso. «Sarei io l’idiota?» chiesi attirando la sua attenzione, si girò per un secondo trattenendo un sogghigno. «Allora perché non riesci a lasciarmi andare?» chiesi sedendomi accanto a lui. «Non lo so, perché tu non sei andato avanti?»
«Non ho ancora il coraggio di lasciare tutto questo, amo troppo questa città … questa mi esi …» mi bloccai chinando lo sguardo, io ero un Nessuno un essere incompleto, vuoto. Come aveva detto DiZ un essere che non doveva vivere. «Non esistenza» mi corressi, stringendo le mani a pugno. Axel sogghignò, mettendosi a negare molto lentamente. «Sei sempre stato cosi, hai sempre provato pietà per quelli come noi! Non abbiamo un cuore, ma prepotentemente mi urlavi contro che sentivi la tua anima … quando gli altri credono che noi non l’abbiamo, o essa è corrotta al male» appoggiò una mano sulla mia testa, attirandomi a se. Sentì le sue braccia attorno a me, erano proprio come me le ricordavo; forti, calde, sempre pronte a confortami. Proprio come in quei momenti pochi momenti intimi, che eravamo riusciti a rubare al tempo, eravamo stati amanti, per questo per me era la persona più importante che c’era. Ora il coraggio per andarmene era totalmente svanito.
 
Ora non è più cosi
Io non posso stare qui
e la strada d’ora in poi
Si divide
Tu lo sai
 
«Sai Axel» ripresi, staccandomi dal suo abbraccio. «Sono stato meno di un anno dentro nell’organizzazione, eppure ho imparato cosi tanto e ho vissuto questa mia non esistenza in modo spettacolare» lui mi guardò interessato a quello che dicevo, aveva solo occhi per me. «Però quando DiZ mi ha preso e svuotato la memoria mi mancava sempre qualcosa, non riuscivo a capire per quando mi sforzassi! Finché non mi ero ricordato tutto, è stata una bastonata che mi ha fatto aprire gli occhi» Axel fece dondolare la gamba che era nel vuoto, sogghignando. «Anch’io sento che manca il cuore …» negai lentamente, non era questo, ma qualcosa di molto più importante. «Era la tua presenza, non volevo un cuore di carne ma qualcuno che rappresentasse ciò che era più importante per me; e quello sei tu» arrossì dicendo questo, ma era l’ultima volta che poteva parlare e dovevo dire tutto, il tempo stava trascorrendo fin troppo velocemente.
Axel si grattò la testa, con un lieve rossore alle guance. «Se dici cosi mi farai piangere» disse scherzosamente, come al solito non mi avrebbe preso sul serio. Non lo faceva mai. Mi alzai, togliendo la polvere dai pantaloni. «Bhe … io devo andare» dissi quasi deluso di quella reazione, ma cosa potevo aspettarmi da Axel? Solo in rarissime occasioni si era mostrato dolce e comprensivo, per il resto era il solito che prendeva fin troppo alla leggera. «Di già?» chiese in un sussurro, girai lo sguardo vedendolo immobile.
«Si, non c’è quasi più tempo ed è ora che Sora si risvegli, sai è un anno che dorme» mormorai. Axel si alzò, avvicinandosi a me. «Ti accompagno» lo guardai sorpreso, per poi annuire iniziando a camminare uno di fianco all’altro come ai tempi dell’organizzazione XIII, che belli quei tempi.
 
Chi può dir se è giusto o no
O sei poi cambierà
Tutto quel che resta ormai
È scritto dentro noi
Ma non dirò addio
Mai dirò addio
 
Ero molto più teso ora che Axel mi accompagnava, lo guardavo sempre di sfuggita e ogni volta lo vedevo serio. «È il colmo, Crepuscopoli sempre cosi felice» disse arrabbiato con quelle persone, che in quel momento, pensavano a passare un bel pomeriggio. «Non importa» risposi, incrociando il suo sguardo. «Non deve essere triste per me, nessuno di loro sa chi sono … è meglio cosi, sarà molto meno difficile slegarmi da questa città, se codesta mi ignora alla partenza» era come se stavamo parlando di una persona, ma questo luogo era cosi importante per noi pieno di significati.
«Spero che gli hai già detto addio» disse Axel, mi fermai e dopo qualche passo lo fece anche lui girandosi, quasi speranzoso che rinunciassi alla mia decisione di andare avanti. «No, non voglio dirlo a nessuno, perché entrerò dentro Sora e anche se non potrò più vivere nel mio corpo, lo farò in quello di Sora» risposi avvicinandomi ancora, riprendendo a camminare. «Io non dirò mai addio, a nessuno» quando eravamo di fronte all’apertura, mi bloccai sentendo i miei occhi riempirsi di lacrime. No! Non dovevo piangere, mi ero ripromesso di essere forte e di accettare la situazione, ma avvicinandomi sempre di più sentivo l’amarezza accrescere dentro il mio corpo vuoto.
Nascosi gli occhi dietro la frangia, sgranandoli quando sentì la mano di Axel avvolgere la mia.
 
Ma non dirò addio
Mai dirò addio
 
Restavo dietro di qualche passo, mentre Axel restava davanti, non lasciando la mia mano. Voleva assicurarsi che io sentissi la sua presenza anche in questo momento cosi difficile, per l’ultima volta. Dopo una stanza circolare trovammo Pippo e Paperino, tutti e due che dormivano beatamente. C’era soltanto un’altra porta e di sicuro dentro c’era Sora. Ingogliai un grumo di saliva, sentendo le ginocchia tremarmi, ma prima mi girai verso Axel, incrociando i suoi bellissimi occhi verdi e vivaci. «Grazie» dissi, aspettando cosi ansia la sua risposta.
Prendendomi per le spalle, mi abbracciò sentendo due lacrime posarsi sulla mia testa. Mi strinsi a lui, lasciando andare la mia paura, cosi lui poteva ancora una volta rassicurarmi. Alzai lo sguardo, con il pollice gli scacciai quell’ultima lacrima che avrebbe versato. Mi alzai sulle punte dei piedi, per riuscire a raggiungere la sua bocca salata e bagnata. Per l’ultima volta, per mischiare le nostre lingue. Quello era per noi l’ultimo bacio prima della mia scomparsa, un bacio d’addio pieno di tristezza e ricordi che iniziavano a farsi vive nelle nostre menti, sia belle ma soprattutto quelle dolorose.
Quando mi staccai appoggiai la testa sulla spalla, cercando di sorridere anche se le labbra mi tremavano. «Ti amo tanto Axel» sussurrai, lui mi diede un bacio sul collo, stringendomi più stretto a se. «Anch’io Roxas, e sarà cosi per sempre» rispose, anche se era uno dei pochi momenti dolci, il non sentire i nostri cuori che in quel momento dovevano battere velocemente, mi portava sempre alla realtà.
 
Ma non dirò addio
Mai dirò addio
 
 
Lentamente mi staccai, lasciando per ultimo la sua mano. Ma prima di entrare, mi girai sorridendogli. «Bhe …» iniziò,  grattandosi la testa ritornando poi a guardarmi. «Buona fortuna» non chinai lo sguardo, dovevo ricordamelo cosi quel momento, lentamente annuì. «Si, anche a te» mi girai respirai profondamente, prima di appoggiare la mano sulla maniglia e aprire la porta. Ero pronto.
 
Mai dirò addio
 
  
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