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Autore: kappinias    26/12/2011    2 recensioni
Baby!Klaine
E se Kurt e Blaine si incontrassero molto prima, nel cortile di una scuola materna?
Un po' di sano fluff fine a se stesso, con un pizzico di angst.
Blaine ricordava molto bene il principio di quella strana amicizia.
Avrebbe potuto tracciare una linea netta nella sua vita dividendo i giorni passati con Kurt dagli altri, quando ancora niente sembrava avere davvero importanza.
Tutto era cominciato in un tiepido pomeriggio di settembre.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Blaine ricordava molto bene il principio di quella strana amicizia.
Avrebbe potuto tracciare una linea netta nella sua vita dividendo i giorni passati con Kurt dagli altri, quando ancora niente sembrava avere davvero importanza.
Tutto era cominciato in un tiepido pomeriggio di settembre.
 
L’inizio era stato un bicchiere in frantumi.
E un insieme di rumori e suoni che avevano seguito quel piccolo incidente.
Il rumore del vetro sull’asfalto, il rumore della maestra che urlava.
E il suono della voce di Kurt che balbettava qualche scusa indistinta.
 
Era stato a quel punto che, elettrizzato, Blaine non aveva potuto fare a meno di voltarsi.
E allora, incontrando quegli occhi azzurri e verdi, felici e malinconici e mille altre cose insieme, si era innamorato.
 
A quel tempo comunque non poteva ancora saperlo, del resto è difficile per un bambino di appena otto anni distinguere un sentimento così complesso.
Una cosa però l’aveva capita al volo: non avrebbe più visto, in tutta la sua vita, occhi belli come quelli che aveva davanti in quel momento.
 
Poi l’aveva scorto quello stesso giorno, nel grande cortile della scuola.
Era seduto su un muretto, in disparte, solo in mezzo a tutti gli altri bambini che giocavano.
 
Sembrava triste, molto triste.
 
Eppure Blaine pensò fin da subito che quel viso così dolce non era fatto per essere infelice, e quei morbidi lineamenti avrebbero dovuto invece ospitare un sorriso.
 Ma anche così era davvero carino.
 
Blaine si era avvicinato, intenzionato a dirgli qualcosa.
Una volta davanti a lui, però, non aveva trovato le parole adatte.
Erano rimasti in silenzio, uno di fianco all’altro, fino al suono della campanella.
 
Poi Kurt si era alzato e l’aveva salutato con un breve cenno del capo.
Gli aveva fatto piacere quella compagnia priva di parole, scandita solo dai loro respiri e da tanti piccoli gesti.
 
Il giorno dopo si erano rivisti e avevano passato altro tempo insieme.
Quella seconda volta Kurt aveva iniziato a parlare  e per un attimo, forse qualcosa di più di un attimo, Blaine si era perso nella dolce melodia della sua voce cristallina.
 
“Ciao, sono Kurt”
“Ciao, sono Blaine”
 
Quello erano state le loro prime parole, la prima volta che si erano guardati dritto negli occhi.
 Soprattutto, quello era stato il loro primo contatto.
 
In quegli attimi magici le loro mani si erano toccate: prima timorose, quasi avessero paura di sfiorarsi, poi sempre più sicure, fino a quando le loro dita si erano intrecciate in un legame più solido di quanto avessero immaginato.
 
E a quel punto nessuno dei due aveva voluto sottrarsi a quel calore inaspettato, a quella stretta così rassicurante e familiare.
Era stato naturale fin da subito.
 
Nelle settimane e nei mesi successivi la loro amicizia era diventata più forte, le confidenze sempre più intime.
Così fra una parola e l’altra avevano scoperto di avere molto in comune, più di quanto avessero osato sperare.
 
Amavano gli stessi giochi, si commuovevano guardando gli stessi cartoni.
Ridevano insieme quando tutti gli altri erano serissimi, condividevano mille piccoli segreti come fossero affari di stato.
E adoravano girare per il centro commerciale per ammirare con stupore i vestiti esposti nei negozi.
 
Ma, più di tutto, erano simili nella loro solitudine.
O almeno lo erano stati, fino a quando non si erano incontrati.
E da quel momento erano rimasti insieme, senza più separarsi.
Perché, quando si erano guardati negli occhi quella prima volta, l’avevano capito: non si sarebbero più sentiti esclusi, finalmente anche loro avrebbero potuto dire di essere parte di qualcosa di speciale, qualcosa che nessuno sarebbe stato in grado di distruggere.
 
Dopo tante chiacchiere e una caparbia insistenza da parte di Blaine, Kurt gli aveva finalmente rivelato qual era il peso nel cuore che a volte sembrava rendergli difficile anche il più semplice dei sorrisi.
 
“La mia mamma sta male”
Quando lo aveva detto Blaine si era sentito malissimo, come non lo era mai stato.
C’era nella voce che amava tanto un qualcosa di ruvido, una nota stridula che rovinava irrimediabilmente la bellezza di quel suono.
Anche quella volta avrebbe voluto essere capace di consolarlo, di farlo sentire meglio con qualche frase ben studiata, ma niente era uscito dalle sue labbra.
Perciò si era limitato a cercare la sua mano e stringerla in quello che ormai era il loro gesto abituale.
 
Così a scuola s’incontravano sempre nel solito posto, su quel muretto a loro tanto caro.
E camminavano, mano nella mano, nell’erba: a volte correvano, a volte restavano semplicemente accovacciati l’uno accanto all’altro.
 
Gli altri bambini li prendevano in giro, ma a loro non importava.
Forse non li sentivano neanche, tanto erano presi l’uno dall’altro.
Succedeva che si unissero a dei gruppi, almeno fino a quando qualcuno non decideva di escluderli.
 
Quelli erano i momenti più brutti, quelli in cui avevano più bisogno l’uno dell’altro.
E anche gli unici in cui Blaine era capace di odio.
Perché in quelle occasioni gli occhi di Kurt smettevano di brillare, si ricoprivano di un velo di tristezza.
 
E il piccolo amico, allora, si sentiva impotente.
A volte neanche con le sue facce più buffe, neanche scuotendo i folti ricci nel modo che piaceva tanto a Kurt, neanche con il più profondo dei sorrisi riusciva a consolarlo.
 
Come quella mattina di primavera.
Stavano giocando a nascondino in quattro prima che arrivasse Alex, una ragazzina di quinta elementare, una delle “grandi”.
 
A Kurt non era mai andata a genio, con le sue trecce bionde e il vestitino sempre troppo perfetto.
Si era inserita quando già avevano cominciato e aveva da subito storto il naso.
“Io non li voglio quei due” aveva detto indicando Kurt e Blaine, un chiaro disprezzo nella voce.
“Sono finocchi”
 
Kurt allora non poteva comprendere il senso di quelle parole, ma il tono con cui erano state pronunciate l’aveva colpito nel profondo, lì dove credeva che nessuno potesse arrivare.
 
Si era sentito offeso, ferito in una dignità che fino a un momento prima non sapeva neanche di avere.
E in quell’istante non era riuscito a controllarsi.
Era scoppiato in lacrime, lì, davanti a tutti.
E aveva iniziato a correre senza fermarsi per poi accasciarsi sul prato, in un angolo in cui nessuno potesse vederlo.
 
“Sei un coniglio!”.
Aveva sentito anche quello, insieme agli altri insulti che gli avevano urlato dietro.
E aveva udito le loro risate di scherno, anzi gli sembrava di poterle percepire ancora quando ormai era troppo lontano.
 
Poi aveva avvertito dei passi leggeri e delle braccia che si stringevano intorno a lui.
Il calore del corpo di Blaine era riuscito a calmarlo, a fermare i singhiozzi.
 
“Shh, non piangere, ti prego”.
Anche la voce dolce che aveva penetrato il suo orecchio era stata di grande aiuto.
“Pensa a qualcosa di bello”
“Io…non ci riesco”
“Il tuo sogno più grande, tutti ne hanno uno” a quella domanda innocente il volto di Kurt si era illuminato per un momento, e Blaine aveva capito di aver fatto centro.
 
Così dopo un po’ d’insistenza da parte sua Kurt aveva iniziato a parlare, senza più fermarsi.
 
Gli aveva raccontato di come volesse andare a vivere a New York, di come tutto fosse più scintillante là, dei teatri in cui ballavano e recitavano a tutte le ore del giorno.
E poi delle grandi strade piene di persone, delle vetrine sempre addobbate a festa e dei palazzi altissimi, che arrivavano a toccare il cielo.
Blaine era restato ad ascoltarlo affascinato, la bocca semiaperta per lo stupore.
 
“E il tuo sogno più grande, qual è?” aveva domandato alla fine Kurt, curioso.
“…lo stesso” aveva risposto Blaine a mezza voce, perché davvero non poteva esistere qualcosa di più favoloso di quello che l’amico gli aveva appena descritto.
 
O forse esisteva ed era proprio davanti ai suoi occhi, ma in quel momento Blaine non aveva avuto il coraggio di dirlo.
 
***
 
Kurt gridò, e Blaine interruppe il flusso di ricordi per prestare attenzione a ciò che stava avvenendo attorno a lui.
Solo girandosi poté finalmente vederlo, in ginocchio sull’asfalto del portico, la maestra che cercava di fare qualcosa senza successo.
E Kurt che continuava a tirare pugni al pavimento, in un unico ininterrotto urlo che si era ormai trasformato in un rantolo.
 
Probabilmente avrebbe continuato fino a quando avesse avuto fiato in gola e forza nelle braccia se Blaine non fosse corso da lui, avvolgendolo con il calore del suo piccolo corpo.
E anche allora Kurt continuò a dimenarsi, ma sempre più piano, fino ad arrendersi completamente a quella stretta rassicurante.
 
Blaine non ebbe bisogno di fare domande per capire quello che stava succedendo.
Gli era bastato vedere l’espressione affranta della maestra e la disperazione dipinta nell’uomo di fianco a lei, che il bambino riccioluto identificò subito come il padre di Kurt.
 
Non avrebbe mai voluto che quel momento arrivasse, eppure aveva capito dai silenzi sempre più frequenti dell’amico come tutto stesse irrimediabilmente precipitando, come ogni speranza stesse lentamente sparendo.
 
Qualche ora dopo Blaine era a casa dell’amico, una tazza di tè bollente in mano, e lo osservava, maledicendosi per la sua impossibilità di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per renderlo almeno un po’ meno triste.
 
“Kurt…non fare così”
“Blaine, tu non capisci! Non ho più nessuno adesso, nessuno che mi vuole bene”
“Non è vero, Kurt, hai tante persone che ti vogliono bene, come il tuo papà” 
 
Ci fu un attimo di silenzio, poi Blaine riprese a parlare.
“E come me”
“ …Blaine? Promettimi che non mi abbandonerai”
Blaine si prese un attimo per osservare le profonde iridi azzurre dell’amico e si chiese se esistesse qualcosa di meglio del sentimento che provava in quel momento, se mai in vita sua sarebbe stato guardato nel modo in cui ora lo guardava Kurt.
 
“Certo che te lo prometto. Non ti dirò mai addio”
 
Quelle parole furono dette con l’innocenza che solo i bambini possono avere. Blaine suggellò la sua promessa con un lieve bacio sulla guancia di Kurt, riuscendo per un attimo a fargli dimenticare tutto ciò che non c’entrasse con loro due, in quell’attimo che sarebbe rimasto impresso per sempre nella loro memoria.
 
Perché, in quel secondo che sarebbe potuto durare per sempre, Kurt sentì per prima volta la consistenza di quelle dolci labbra sulla pelle, e decise che non ne avrebbe mai più fatto a meno.
 
E quando una lacrima gli rigò il volto, sentì che sarebbe stato in grado di sopportare quel dolore che sembrava offuscare ogni altra cosa, semplicemente perché Blaine era vicino a lui e non lo avrebbe più lasciato solo, mai. 



Angolo della Kappa
Ebbene sì, il fluff Klaine è sempre cosa buona e giusta u.u
Questa storia in origine doveva partecipare a un contest ma la giudicia è scomparsa nel nulla, così dopo mesi mi sono decisa a pubblicarla :)
Non so, io adoro la Baby Klaine, mentre scrivevo mi veniva da fare tipo un awww infinito **
Spero di essere riusciti a renderli bene, fatemi sapere cosa ne pensate :)

   
 
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