AVVISO: FIC VECCHIA E
DAL GUSTO DISCUTIBILE. ZERO INTROSPEZIONE E SCENE FLUFFOSE E DEMENTI
(caratteristiche della Me ‘fangirl assatanata’ che
ero mesi e mesi fa, c.o.f.f.f.f.f.f.)
Ero qui al computer,
a non fare nulla di preciso apparte lamentarmi del
fatto che in queste settimane non riesco a scrivere nulla, quando apro la mia
cartella di file e vedo per l’ennesima volta tutte le settecentomila fic che iniziai a scrivere secoli fa e mai finii (e posso
capire il perché). Ne apro alcune a caso, e capito anche su questa raccolta. E
penso: ‘ehi, è una raccolta, posso anche non finirla e postare quello che c’è,
a natale puoi fare quello che non puoi fare mai! >:D ’. E così, ho deciso di
postarla. Appunto, risale a anni fa, tipo, credo, e anche se in realtà il mio
stile non è cambiato tanto né migliorato, mi sembra comunque di non averle
scritte io ‘ste robe, lol. Comments ar llòv
:) (le scene sono sia IC che AU,
abbastanza casualmente).
Disclaimer: non lo è, mai lo fu, mai lo sarà.
What
if we were
anywhere but here
#01__C o r n e r e d
Premendo
una mano tremante contro la ferita sanguinante sul fianco, il ragazzo si alzò
da terra e riprese a correre; ad ogni passo, fitte lancinanti di dolore gli
scuotevano i nervi e gli oscuravano la vista in lampi neri frastornanti, mentre
la paura lo invadeva, rendendo il respirare ancora più difficile di quanto lo
fosse già.
Rischiando
di scivolare sul marciapiede ghiacciato e ricoperto di pantano, svoltò bruscamente
l’angolo, ritrovandosi inaspettatamente in un vicolo cieco.
Imprecò
sottovoce. Approfittando dell’attimo di pausa, inalò un’abbondante boccata di
aria; il gelo gli inondò i polmoni. Fece per voltarsi e riprendere la fuga, ma
dietro di lui la neve scricchiolò sinistra.
“Ehi.”
Al
suono della voce, si sentì ghiacciare il sangue. Si voltò lentamente, il cuore
che batteva all’impazzata minacciando di esplodere contro la sua cassa toracica
da un momento all’altro. Il mantello nero come la notte che li avvolgeva si
stagliava nitidamente contro il candore della neve che cadeva in soffici
fiocchi dal cielo cupo, e la figura era di nuovo lì, immobile e impassibile.
Sussultò
quando l’individuo accennò un passo verso di lui, e scattò all’indietro,
immergendosi ancora di più nel buio del vicolo. La neve sotto i suoi piedi era
ora abbondantemente sporca di sangue.
“Cosa...
cosa diavolo vuoi da me? Chi sei?!” tentò di gridare, ma dalla sua bocca
uscirono solo parole soffocate. L’oscurità sembrò farsi inspiegabilmente più densa,
quasi palpabile.
La
figura avanzò di nuovo, e la testa incappucciata si sollevò di poco,
permettendo al ragazzo di scorgere un mento appuntito e alcuni ciuffi biondi
che ricadevano davanti a due occhi di un blu quasi incandescente. Rimase
impassibile davanti alle sue domande, le labbra strette in una linea impietosa.
Allungò un braccio verso di lui, impugnando nella mano un lungo oggetto che
brillò riflettendo la neve bianca.
Il
ragazzo, ansimando, arretrò il più possibile, e un brivido gli percorse i muscoli
e la mente quando la sua schiena toccò la parete in fondo al vicolo.
“Niente
di cui tu non possa fare a meno,” rispose lo sconosciuto con una voce impersonale,
macabra e tagliente come una lama, “che ne dici del tuo cuore?”
#02__Y o u n g
“Mamma,
ti prego, non…
non credo di essere pronto per affrontare questo genere di discussione. Non con
te.”
La
Mamma arricciò il labbro superiore, offesa: “Tu e Sora siete ancora così giovani, è bene che io e te ne parliamo,
non vorrei che commetteste qualche… sbaglio, durante i primi passi del
vostro rapporto.”
Un
suono secco risuonò nella piccola cucina quando la fronte di Roxas fece impatto contro la superficie del tavolo di
legno, infierendo ulteriormente sul colorito di un rosso vivo che la sua faccia
aveva ormai assunto.
“Suppongo
che non abbiate ancora fatto niente, giusto? Giusto? Davvero, caro, è solo
perché mi preoccupo per te e Sora che ti dico questo…
Lui è un così bravo ragazzo…”
“Mamma,
ti scongiuro.”
“Prima
di tutto. Suppongo sia tu il… ‘maschio’ della coppia,
no?”
Altro
suono secco.
#03__F i r s t K i s s
“Non ci
credo che l’hai fatto veramente! Non credevo ne avessi le palle! Sono così
colpito dalla tua audacia che potrei
regalarti una confezione intera di ghiaccioli!” esclama il rosso deliziato, “Se non avessi speso tutti i soldi di
questo mese per ripagare il banco bruciato nell’aula di chimica.”
Roxas lanciò un’occhiataccia
all’amico seduto di fronte a lui al tavolo del McDonalds
semideserto, mentre la sua mano continuava a infierire sull’integrità estetica
del McFlurry con un cucchiaino che rifletteva i suoi chiari
istinti omicidi.
“Dio, certo che sei uno stronzo! Mi mandi
un messaggio alle due di notte dicendomi solo ‘l’ho baciato’, e appena cerco di telefonarti, il telefono è già
spento! Ammettilo che l’hai fatto apposta.”
“Certo
che l’ho fatto apposta.” Altra possente pugnalata al gelato. Gli Smarties affondavano nella crema uno dopo l’altro.
Nessuno
Smarties rosso in vista sulla superficie. Oh no, uno.
Cucchiaio.
Scomparso
anche quello.
“Ahh, mi dispiace essermi perso la festa di Kairi, dannazione,” continuò il più grande, ignorando la
sua incurante confessione, “se solo non avessi avuto una consegna da fare in
culo ai lupi ieri sera…”
“Non è
stato niente di che,” commentò apaticamente Roxas.
Ma
quanti Smarties c’erano? Non finivano mai.
“Scherzi?!
Non mi sarei perso per nulla al mondo una tua dichiarazione! Voglio dire, gli
vai dietro da anni, io ti ho sempre
fedelmente sostenuto, e tu non mi dici nulla dei tuoi grandiosi progetti di prolificazione…”
“Se non
ricordo male dall’ultima lezione di educazione sessuale, sarebbe una curiosa
svolta scientifica se ci dedicassimo a… prolificare, e ottenessimo effettivi
risultati.”
‘Uccidere gli Smarties rossi,’ continuava intanto a ripetere dentro la sua testa. Le nocche
della sua mano si tinsero una tonalità decisamente bianca.
“Hah, hai capito quello che intendo…
Comunque ero certo che gli piacevi,
si vedeva lontano miglia di distanza che—”
“Abbiamo
fatto il gioco della bottiglia,” sbottò tutto d’un fiato, e la mano che
impugnava il cucchiaio finalmente si bloccò a mezz’aria.
Axel lo fissò.
Roxas non alzò gli occhi dal gelato.
Axel continuò a fissarlo.
“Beh,
fantastico, ma non mi inte—” Espressione di improvvisa
realizzazione. “Aspetta. Avete fatto il gioco della bottiglia.”
Roxas annuì.
Pausa.
“…L’avevo detto io che non avevi le palle.”
Un
cucchiaio volò verso una testa ricoperta da una folta capigliatura rossa, a una
tale velocità che il destinatario della spedizione si ritrovò con un bernoccolo
permanente da lì a una settimana.
#04__T h o u s a n d
“Kairi mi ha detto che se crei mille di queste gru, puoi
esprimere un desiderio,” spiegò Sora, tenendo alto in mano il delicato capolavoro
cartaceo appena realizzato e osservandolo con attenzione.
Roxas sbuffò. Si sistemò più
comodamente sulla sedia e appoggiò la fronte contro gli avambracci, occupando
buona parte del piccolo tavolo. “Non dubito che tu possa esprimerlo, il
problema è se si avvera o meno.”
Sora
fece una smorfia e sospirò con fare esageratamente tragico, riponendo l’origami
davanti a sé: “Dai, perché devi essere sempre
così scettico?”
“Non
sono scettico, sono realista! Sei tu che sogni troppo,” borbottò Roxas, alzando gli occhi e puntandoli in quelli blu
elettrico dell’altro, che finse un’espressione scioccata, portandosi una mano
davanti alla bocca.
“Inoltre,”
continuò, riabbassando la fronte e nascondendo il rossore che dì lì a poco era sicuro gli avrebbe colorato le guance,
“non ho altri desideri se non lo stare con te. Quindi, gentilmente, cederei
quel desiderio a qualcun altro.”
Dato
l’improvviso silenzio, il biondo osò sbirciare oltre la barriera costituita dalle
sue braccia. Al primo contatto visivo, Sora gli scoppiò a ridere letteralmente
in faccia.
“Ahah, oddio! Qu-quella frase – ahahah – era così,
così… non-Roxas, – ahah – Naminé ti ha costretto a
leggere un altro romanzo rosa? – ahahah…”
“Ma va’
al diavolo,” lo insultò Roxas, che riabbassò
definitivamente la testa, deciso a non mostrare mai più il suo volto al mondo.
Ma, tra
le risate di Sora che sembravano non voler finire, non riuscì a togliersi di
faccia quel maledetto sorrisetto.
#05__D e a t h
“Cosa
si prova?”
Dita
tremanti e sfiorarono con titubanza la superficie liscia e fredda dello
specchio.
“Non lo
so. È piuttosto difficile da spiegare.”
Due
occhi blu oceano presero a contemplare il pavimento, non riuscendo a reggere lo
sguardo che l’immagine riflessa sul vetro restituiva. La mano ricadde verso il
basso.
“Ma ora
come ora… la morte mi sembra una prospettiva più allettante.”
La voce
apatica si spense, lasciando una sensazione di vuoto e nostalgia nella stanza eccessivamente
colorata. Dalla finestra entravano i rumori delle onde che si frangevano sugli
scogli, il canto dei gabbiani in riva al mare, le risate troppo familiari di
ragazzi che sembravano non avere alcuna preoccupazione al mondo.
Una
goccia salata scivolò dalla punta del mento fino a terra, silenziosa e
imprevista. Il corpo davanti allo specchio stese le gambe, prima incrociate, di
fronte a sé e si lasciò cadere a terra supino.
I due
occhi ora guardavano il soffitto, spenti e senza vita, se non fosse stato per
le poche amare lacrime che continuavano a rigare le guance.
#06__D e s t i n y
“Destiny Islands,” cominciò Roxas, seduto sul suo asciugamano in riva alla spiaggia,
con lo sguardo diretto verso l’orizzonte azzurro. Si passò una mano tra i
capelli biondi pieni di sale e sospirò, “Che nome stupido.”
Qualcuno
di fianco a lui sbuffò sonoramente: “Mi aspettavo una fine di frase più… non so, sagace?”
Roxas sghignazzò e alzò la testa
verso il sole, chiudendo gli occhi con aria compiaciuta: “Magari stare otto
mesi con te ha fatto calare il livello di ‘sagacia’ che mi caratterizzava.”
Il
pugno fece male.
#07__M a s k
Ad un
ballo in maschera, l’elemento che risalta di più in una persona sono
indiscutibilmente gli occhi. E Sora non poté fare a meno di notare quegli
oceani azzurri e magnetici contornati dal profilo elegante di una maschera nera
che lo seguivano lungo la pista da ballo dall’inizio della serata.
#08__P a t i e n c e
“Sora,
tu mi piaci.”
“Oh… anche tu mi piaci, Roxas.
Sei, tipo, il mio migliore migliore amico.”
Al
limite dell’esasperazione, il biondo si passò una mano sugli occhi, contò fino
a dieci e ritornò a fissare il ragazzo davanti a lui, che al momento indossava
l’espressione più perplessa e confusa che avesse mai visto sulla faccia di qualcuno.
“No, Sora, mi piaci mi piaci, nel senso di
‘Ehi, sono gay e mi piaci in senso gay da quando andavamo a quella
dannatissima scuola media insieme, dove per sfortunato caso mi sono
malauguratamente imbattuto in una compagnia di persone preoccupantemente gay che mi hanno gentilmente accertato
del fatto già sospettato che fossi gay,
vuoi metterti con me?’ In questo
senso.”
Roxas ripeté più volte a Sora, negli
anni seguenti, che se il ragazzo dai capelli castani non si era ritrovato ‘con il cervello spiaccicato contro il muro
degli spogliatoi’ – testuali parole –, era solo perché Roxas
a quel tempo l’amava già abbastanza da riuscire a trattenere la sua indole
violenta per ben sette minuti davanti a un migliore amico totalmente muto e
pietrificato dallo shock.
#09__N e e d
“Sento
l’impellente bisogno di bigiare questa poco promettente giornata scolastica.”
“Non
hai studiato ieri?”
“No.”
“E per
quale motivo?”
“Il pomeriggio sono uscito con Riku e Kairi. Pensavo di studiare
di sera. Ma Tidus mi ha invitato a cena. Quindi mi
ero promesso di studiare di notte. Davvero.”
“Mh.”
“Ma, ieri notte…”
“Sì, lo
so cos’è successo ieri notte.”
#10__M i n e
Richiuse
il tappo del pennarello nero, e si tirò su con un gomito, che continuava a
sprofondare scomodamente nel materasso troppo morbido. Osservò attentamente la
sua opera d’arte, e un sorriso si spalancò sulle sue labbra.
Un paio
di palpebre tentarono di sollevarsi, non riuscendoci del tutto, troppo pesanti
per il sonno, ma bastò perché si intravedessero tra le ciglia nere due stanche
iridi blu.
“Roxas… che ore sono?” chiese una voce sonnolenta di fianco
all’interpellato, “perché sei sveglio…?”
Le
palpebre si alzarono di nuovo, ancora con estrema fatica, e gli occhi blu
ritornarono, e fissarono la faccia sorridente davanti a loro, prima di vagare
ancora un po’ e accidentalmente posarsi sul sospettoso pennarello nella mano
ancora alzata dell’altro.
“Roxas…” ringhiò – decisamente poco minacciosamente – la
voce.
Il
proprietario di tale voce guardò con poca speranza verso le sue braccia nude e,
come previsto, le vide pesantemente marcate da segni neri. Intanto il colpevole
si alzò di fretta dal letto, continuando a ridacchiare, e si avviò rapido verso
la porta del bagno della camera.
Sora
mugolò frustrato dalla sua comoda postazione tra le lenzuola, e con immensa
fatica riuscì a sollevarsi sui gomiti: “Roxas, se mi
hai scritto anche in faccia, giuro che dico a Hayner
di quando—”
Guardando
oltre le braccia, più in basso, all’altezza del fianco, vide un’altra scritta
nera che contrastava con la sua pelle abbronzata.
‘Lui è mio.’
Sora
fissò la scritta per qualche secondo. Dopodiché si lasciò ricadere sul letto,
rinunciando definitivamente ad alzarsi per un altro paio di ore.
“Magari
quella la cancello più avanti.”
#11__D a n c e
“Ognuno
nell’Organizzazione aveva una sua frase personale. Tranne me. Perché? Ora che è
tutto finito, mi ritrovo a rimpiangere le più piccole idiozie. Mi stai
rammollendo, Sora.”
Sora
ridacchiò divertito mentre rimetteva a posto alcune cianfrusaglie nella sua
camera: “Ah, davvero? Mi dispiace moltissimo. Ti facevo un tipo creativo, non
ci credo che non ne avessi una…” si alzò sulle punte
per raggiungere lo scaffale più alto dell’armadio ma, non raggiungendolo, ci
rinunciò con un sospiro e vi lanciò i vari oggetti dal basso, noncurante dell’ovvia
fragilità di alcuni di loro. “Oddio, piuttosto che continuare a ripetere
all’infinito ‘l’hai memorizzato?’,
forse è meglio non averla.”
Roxas rise di gusto,
sbirciando con poco interesse, dalla sua postazione sul letto, lo specchio a un
lato della stanza. In esso si scorgevano solo le immagini riflesse della stanza
stessa e di Sora.
“Mi
ricordo che Demyx diceva spesso ‘Danza, acqua,
danza!’. Era divertente. Poco originale, ma divertente.”
Sora si
voltò verso la sua figura evanescente e sorrise, sedendosi per terra e
incrociando le gambe: “Beh, se ora ne avessi l’occasione, che frase useresti?”
Roxas fissò i lembi del suo mantello
nero con fare meditativo: “Non so, probabilmente mi orienterei su qualcosa come
‘Io amo i ghiaccioli al sale marino!’”
Sora
scoppiò a ridere e perse l’equilibro, rotolando su un lato: “Ecco, davanti a un grido del genere io di certo
scapperei terrorizzato. Voi abitanti del Mondo Che Mai Fu non riuscite ad
apprezzare la bontà del Paopu.”
#12__S e c o n d K i s
s
“Non
dirmelo, di nuovo il gioco della
bottiglia.”
Roxas assunse un’espressione
profondamente ferita. “No! Non c’era nessuna bottiglia!”
Axel grugnì con tono poco convinto.
“Davvero!”
“E
quindi? Com’è andata?”
Roxas abbassò la testa sul tavolo con
un’espressione afflitta dipinta sul volto, mentre il suo sguardo vagava perso
verso un orizzonte indefinito.
Axel guardò l’amico con un’aria
stupita che in pochi secondi si trasformò in una empatica e altrettanto dispiaciuta.
“Così
male?”
Roxas storse il naso, e la sua pelle avvampò
di un considerevole rosso semaforo.
“Stava
dormendo.”
#13__V i c t o r y
“GAME OVER,” scandì l’ormai familiare
voce elettronica.
Roxas emise un vero e proprio guaito
di dolore, alzò gli occhi al cielo e lanciò in aria il joystick.
Sora si
esibì in una breve danza sul posto, dimenando le braccia in aria e ridacchiando
soddisfatto. “Mi dispiace, Roxas, ormai sono sopra di
te, sono arrivato a un livello troppo superiore
perché tu possa anche solo pensare di
raggiungermi.”
Roxas ringhiò minaccioso e, prima di
aver l’occasione di realizzare ciò che stava accadendo, Sora si lasciò sfuggire
un grido di sorpresa quando si ritrovò intrappolato tra il pavimento e il corpo
dell’altro. Strinse istintivamente la presa sul joystick.
Roxas indossava uno di quei
sorrisetti diabolici che riservava per le occasioni in cui si sentiva
particolarmente vittorioso o vendicativo. In questo caso vendicativo, dettaglio
non trascurabile.
“Ora
vediamo chi sta sopra a chi, Sora.”
Pochi
secondi dopo il joystick, insieme al suo doppio e all’intera Playstation, fu
abbandonato al suo destino.
#14__S m i l e
“Come
puoi sorridere in quel modo?”
“Quale
modo?”
“Come
se nulla andasse storto. Il tuo migliore amico è scomparso, la ragazza che ami
è stata rapita, e il tuo unico compagno al momento è un essere uguale a te ma
privo di emozioni che è imprigionato nel tuo cuore. Tutto è talmente surreale
che potrebbe benissimo essere solo il frutto della tua psiche in frantumi.”
Il
sorriso prese una piega amara agli angoli della bocca. La mano si strinse
contro la fredda impugnatura dell’arma.
“Dimmi
te cosa dovrei fare allora, se non sorridere per convincermi che esiste una piccola speranza. Che tutto,
in qualche modo, finirà bene.”
#15__T h i r d K i s s
“Non ci credo.”
“Credici.”
“In mezzo
al corridoio della scuola?!”
“Sì,” disse
Roxas laconico dal divano, la nuca appoggiata sulle mani
intrecciate e le gambe accavallate. “In mezzo al fottuto corridoio. Ti basta?”
“Fottutamente
no, Roxas,”
imprecò Axel eccitato, lanciandosi subito sul divano, accanto
all’altro. “E lui come ha reagito?!”
Roxas non lo degnò di una risposta. Chiuse
gli occhi, e ghignò soddisfatto.