Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: XShade_Shinra    27/12/2011    5 recensioni
“Dolcetto o Scherzetto?”
Link rimase sorpreso, quasi turbato.
«Ah… Aspetta un attimo…», gli disse, tornando indietro verso la stanza dalla quale era arrivato.
Allen attese educatamente sul tappetino marrone posto prima dell’ingresso, e i suoi occhioni si illuminarono quando vide Link tornare con una busta di caramelle gommose. «Wow…», fece contento.
«Ecco», rispose Link, aprendo la busta e rovesciando l’intero contenuto nel sacco del ragazzo.

[ Shounen-ai - Link x Allen ]
[ Fanfiction partecipante alla Challenge "Snack Dolci" indetta dalla community Dieci&Lode ]
[ Fanfiction classificata 2° al contest "Misunderstanding is the way!" indetto da WhatHasHappened sul forum di EFP ]
[ FanFiction pubblicata per il "Linkllen Week 2011" ]
[ FF pubblicata per il "Linkllen Day 2011 (27/12)" ]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Link, Un po' tutti | Coppie: Link/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Trick or Treat-
Dolcetto o Scherzetto?
Link rimase sorpreso, quasi turbato.
«Ah… Aspetta un attimo…», gli disse, tornando indietro verso la stanza dalla quale era arrivato.
Allen attese educatamente sul tappetino marrone posto prima dell’ingresso, e i suoi occhioni si illuminarono quando vide Link tornare con una busta di caramelle gommose. «Wow…», fece contento.
«Ecco», rispose Link, aprendo la busta e rovesciando l’intero contenuto nel sacco del ragazzo.
  [Shounen-ai - Link x Allen]
Fanfiction partecipante alla Challenge "Snack Dolci" indetta dalla community Dieci&Lode
Fanfiction classificata 2° al contest "Misunderstanding is the way!" indetto da WhatHasHappened sul forum di EFP
FanFiction pubblicata per il "Linkllen Week 2011"
FanFiction pubblicata per il "Linkllen Day 2011 (27/12)"





-Titolo: Trick or Treat
-Autore: XShade-Shinra
-Manga: D.Gray-man
-Pairing: Link x Allen
-Genere: Fluff caria denti, Romantico
-Rating: Giallo
-Warning: AU
-Capitoli: One-Shot
-Prompt Dieci&Lode (tabella Snack Dolci): #03 - Caramelle
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
-Note: Lo so… Halloween è già passato e comprendo anche che sia anacronistico pubblicare questa FF sotto Natale, ma… non posso perdere l’occasione del Linkllen day e la mia musa mi ha ispirata per questa storia. Quest'anno ho saltato tutte le FFweek per vari motivi, ma almeno perché la giornata di oggi è un "day" ho voluto postare qualcosa (e ringrazio tantissimo Gala per aver photoshoppato i banner per l'occasione! **).
Qui Allen non ha i capelli bianchi ma castani, e non ha né la cicatrice né il braccio rosso, infatti se li dipinge addosso per il suo travestimento da diavoletto.
Spero che questa FF in stile Halloween possa essere per voi una piacevole lettura. ^^
Ah, già. È da tanto che vorrei leggere una FF Link/Allen ambientata durante la notte del 31 Ottobre: ho chiesto a Rota, Black_Eyeliner, Gala e valentinamiky, ma… nulla! T^T Comunque sono una che spera ancora, quindi se trovaste un’altra FF con lo stesso tema, scritta da queste autrici, non vi preoccupate: vuol dire solo che si sono ricordate della mia richiesta e sono riuscite ad accontentarmi.  <3

Ai lettori. Ho provato a modificare la disposizione del testo rispetto al solito mettendo un'interlinea maggiore. Vi sarei grata se mi faceste sapere se preferite leggere una storia così o con con i vecchi codici.
Grazie. ^^



- Trick or Treat -


«Quel signore cattivo del numero tre mi ha dato solo una ciambella, mentre a Lenalee due! Perché?», piagnucolò il piccolo Allen, mangiucchiando un muffin mentre tirava su con il naso e cercava a stento di trattenere due lacrimoni.

Kanda sorrise soddisfatto intanto che Lenalee faceva per dire qualcosa a mo’ di scusa, ma venne anticipata da Lavi che la abbracciò per le spalle, dandole un bacino sulla guancia.

«Perché Lena è più carina di te, Allen!», ridacchiò, mostrando la lingua al compagno di giochi.

Erano già le nove di sera e i quattro bambini, nonostante andassero appena alle scuole medie, erano ancora in giro. Naturalmente, senza che lo sapessero, Mana e Bookman – rispettivamente patrigno di Allen e nonno di Lavi – li seguivano per tenerli d’occhio, ma non era certo la solfa di tutti i giorni: si trattava di un’eccezione, perché quella era la notte di Halloween.

Le strade notturne in quell’occasione si riempivano di demoni, mostri, zombi e mummie, come a simulare un grande raduno delle creature di Hollywood che avevano avuto un ruolo da protagonista nei film d’orrore. Questa festività americana, derivante da una più antica festa celtica, la Samhain, piaceva a grandi e piccini, perché creava una sorta di Carnevale oscuro al quale tutti potevano partecipare. L’usanza voleva che i bambini bussassero alle porte delle case per chiedere ai proprietari un dolcetto o, se non fosse stata accolta la loro richiesta, i piccoli mostri avrebbero fatto loro uno scherzo.

I quattro amici, dopo aver pregato e supplicato le loro famiglie, erano riusciti a estorcere loro il permesso per stare in giro almeno fino alle nove e mezza, e si stavano divertendo a riempire i loro sacchi di juta con i dolci che venivano offerti loro.

«Non è comunque giusto!», sostenne ancora Allen, finendo il dolce e sgranocchiando subito dopo un cagnolino di marzapane.

«Sei stato fortunato: almeno ti ha visto, fagiolino!», lo prese in giro Kanda, sogghignando compiaciuto.

Il piccolo Allen era il più basso tra i suoi amici e Kanda adorava ricordarglielo in continuazione per iniziare a bisticciare. Essendo amici sia di Lenalee che di Lavi, purtroppo, si incontravano sempre, anche se non si potevano soffrire.

«Scommettiamo che alla prossima casa non ti daranno niente perché fai paura con quella faccia?!», disse Allen, arrabbiato, guardandolo in cagnesco.

«Vuoi botte?!», rispose Kanda, estraendo dalla fibbia la spada di plastica del suo vestito da pirata.

«Provaci!», rispose Allen, pronto a usare il proprio forcone, del medesimo materiale dell’arma dell’amico, per difendersi.

«Ohi, ohi, ohi… ragazzi!», intervenne Lavi, mettendosi tra i due – con il rischio concreto di buscarne anche lui, come spesso succedeva. «I vostri dolci potrebbero cadere a terra!».

«Tanto nemmeno mi piacciono i dolci! Ma almeno posso vantare di avere il sacco più pieno di quello del fagiolino!», rispose Kanda, spiazzando tutti. In effetti nessuno di loro lo aveva mai visto mangiare dolciumi.

«Sembra che tu ne abbia di più perché io li mangio nel frattempo!», esclamò Allen, offeso, mentre Kanda alzava le spalle facendo un versetto di dissenso. «Ora vedrai!», sbuffò il piccolo, per poi rivolgersi agli altri suoi amici: «Andiamo!», li incitò, camminando lungo il marciapiede, in testa al gruppo.

«A—Allen!», lo chiamò Lenalee, raggiungendolo. «Sai che Kanda non lo fa per cattiveria…», iniziò a dire, da perfetta paciera. Era vestita da piccola strega, e per l’occasione il fratello maggiore le aveva pettinato i lunghi capelli corvini lasciandoli sciolti.

Il diavoletto però sbuffò. «Non lo sopporto!».

«Ma lui si diverte a bisticciare con te!».

«Sì, però no—», Allen non fece in tempo a terminare il proprio pensiero che l’insopportabile voce di Kanda lo interruppe:

«Ehi, scommettiamo che non riesci ad andare in quella casa a chiedere “Dolcetto o scherzetto”?», lo sfidò, indicando una villetta lì vicino, proprio lungo strada.

«E perché non dovrei riuscirci?», chiese il diavoletto.

Lavi sbuffò. «Avanti, basta litigare e andiamo avanti».

«Cos’ha quella casa?», domandò ancora Allen, non capendo il perché di quella sfida; sembrava una normalissima villetta con il prato inglese, molto ben curata.

I tre ragazzi tacquero un attimo, poi Kanda spiegò: «È la casa dove abita la famiglia Lvellie. Il padre è il temutissimo preside di una scuola superiore che mangia i bambini, e il figlio è un robot».

«Un robot?», ripeté Allen, sollevando un fine sopracciglio.

«Esatto. Si chiama Howard Link, e frequenta le superiori; è qualche anno più grande di noi. Ho saputo che Lvellie ha mangiato un bambino e ha tenuto la pelle, usandola per rivestire il robot che fa la parte del bravo figliolo!».

«Uhm… Mio fratello Deak lo conosce: ha detto che, in effetti, sta sempre per conto suo e non ride mai…».

«Perché ha un cognome diverso?», chiese però Allen, spiazzando gli amici.

Fu la dolce Lenalee a rispondere. «Perché è stato adottato».

Allen ci pensò un po’ su, poi iniziò a marciare a passo spedito verso quella casa.

«Ehi, Allen! Cosa vuoi fare?!», chiese Lenalee, preoccupata; fece per correre dietro di lui, ma Lavi la fermò, acchiappandola per un braccio.

«No, Lena! È pericoloso!».

«Ma, Allen sarà mangiato da Lvellie!».

«Meglio così!», borbottò Kanda, del tutto disinteressato alla faccenda.

Lavi si girò verso l’amico giapponese: «Non puoi permettere che vada lì! Yuu, sei stato cattivo! Lo dirò a Froi!». Kanda però continuò a mostrarsi totalmente indifferente alla cosa, mentre Lenalee insisteva per andare a salvare Allen prima che fosse troppo tardi, perché una volta aperta quella porta non avrebbe più avuto il coraggio di intervenire.

Allen, invece, mentre andava verso la villetta a schiera, pensava che avrebbe sfidato mostri e creature demoniache, pur di mettere a tacere quell’insopportabile Kanda, sperando in cuor suo che le voci sugli abitanti di quella casa non fossero vere, sicuro del fatto che il comportamento così freddo e distaccato di Howard fosse dovuto al fatto che, forse, aveva sofferto molto nella sua infanzia di solitudine, proprio come era successo a lui prima di incontrare Mana.

Ormai il demonietto era giunto davanti alla porta della casa e nessuno dei tre spettatori era stato così coraggioso (o amico) da intervenire, per cui si schiarì la voce con dei colpetti di tosse e, timidamente, bussò.

Dovette attendere solo pochi secondi, poi la luce dell’ingresso che filtrava dalla porta a vetri lo investì, assieme all’ombra di un uomo.

Allen ingoiò a vuoto, ma non si mosse da dov’era. Kanda l’aveva sfidato, e lui non aveva certo intenzione di comportarsi da vigliacco.

La porta dunque si aprì e mostrò ai chiari occhi del ragazzino l’immensa figura di un adulto dai lineamenti spigolosi e l’aspetto marziale che associò subito all’immagine di un Hitler ariano.

«Sì?», domandò l’uomo, sorpreso di ricevere visite. Allen però non fece nemmeno in tempo a tendere verso di lui il proprio sacco che vide qualcosa mutare, in parte celato dai baffetti di Lvellie, come un sorriso. «Oh», fece l’uomo, girandosi poi verso l’interno, «Howard! C’è un tuo amico».

Allen strabuzzò gli occhi a quell’appellativo, ma non disse nulla.

«Impossibile, padre. Io non aspetto visite». Una voce arrivò dall’interno e poco dopo un ragazzino dai capelli biondi a caschetto si avvicinò all’ingresso. Sembrava stupito della visita completamente inaspettata, e anche in quell’occasione il padre fu il più veloce a parlare, perché disse subito: «Vi lascio soli, prego».

«Ma, padre…», fece il ragazzo, che non venne però ascoltato dal genitore, il quale gli posò una mano sulla spalla, per poi continuare a camminare in direzione della cucina.

Link si girò verso Allen e si avvicinò a lui. Il demone non poté fare a meno di notare la sua camminata marziale come quella del padre, il suo viso perfettamente serio che lo faceva ancora più grande della sua reale età, e, in ultimo, degli strani puntini rossi verticali sulla fronte, come il bindi portato dalle donne indiane.

«Salve». Link salutò Allen in maniera formale, con estrema educazione. «Non credo di conoscerti…».

«Scusa», rispose l’altro, abbassando il capo. «Nemmeno io ti conosco, ma oggi è Halloween, e… Dolcetto o scherzetto?», gli chiese, tendendo il sacco di juta addobbato con alcune zucche sghignazzanti, sorridendogli a sua volta ma in maniera molto più dolce.

Link rimase sorpreso, quasi turbato.

«Ah… Aspetta un attimo…», gli disse, tornando indietro verso la stanza dalla quale era arrivato.

Allen attese educatamente sul tappetino marrone posto prima dell’ingresso, e i suoi occhioni si illuminarono quando vide Link tornare con una busta di caramelle gommose. «Wow…», fece contento.

«Ecco», rispose Link, aprendo la busta e rovesciando l’intero contenuto nel sacco del ragazzo.

«Grazie», ringraziò Allen, sorridendo e facendo arrossire le orecchie di Link.

«Di nulla…» rispose l’altro, osservando il costume del ragazzo. Era un semplice travestimento con jeans e lupetto neri, un guanto e stivali del medesimo colore, una parrucca bianca, del cerone rosso e una cicatrice violacea nella parte sinistra del viso, con un pentacolo sulla fronte. Un mantello rosso, delle ali finte, un forcone di plastica e un cerchietto con delle corna davano poi il tocco finale, unite a un braccio interamente dipinto di rosso.

«Io vado, allora», disse Allen, chiudendo il sacco e guardando Link con tanto d’occhi. Era stato il più gentile tra tutti a donargli quelle caramelle. «Ti chiami Howard Link, vero?».

«Preferisco farmi chiamare Link dagli sconosciuti», rispose lui.

«Io… io sono Allen. Allen Walker», si presentò il ragazzino, prima di girarsi e andare via di corsa dai propri amici. «Grazie ancora!», urlò allegro, saltellando via.

Link rimase ancora un po’ a guardarlo, poi chiuse la porta e spense la luce dell’ingresso, tornando placidamente in salotto.

Allen si affrettò a tornare dagli altri. Lenalee e Lavi lo guardavano preoccupati e fu accolto con gioia.

«Sei vivo!», dissero i due amici, abbracciandolo. 

«Sì, vedete? Non mi è successo nulla!», li tranquillizzò Allen, prendendo poi il proprio sacco per mostrare agli amici quanto fosse gonfio. «Quel ragazzo gentile mi ha anche dato tutte queste caramelle!». A sentire quelle parole, Kanda si avvicinò al gruppo e con immenso stupore notò che Allen aveva veramente sbancato in quella casa.

«Ehi, andiamoci anche noi!», esclamò il giapponese. «Non sopporto che lui abbia più dolci di me!».

«Ma… quella casa mia fa paura…», pigolò Lenalee, nascondendosi dietro l’amico dai capelli rossi, vestito da lupo mannaro.

Anche a Lavi fece gola la possibilità di prendere tutti quei dolci e fu d’accordo con la proposta di Kanda.

«Non preoccuparti, Lena! Ti proteggeremo io e Yuu!».

Allen sbuffò appena. «Ma io sono andato per primo… Sono io che ho rischiato!».

«Perché sei poco furbo, fagiolino!», rispose il pirata del gruppo, con un ringhio basso.

I tre allora corsero veloci fino a quella villetta a schiera, dove Lavi suonò il campanello, mentre Allen guardava la scena dal marciapiede, lontano.

Questa volta fu direttamente Link ad aprire, e i tre spalancarono in contemporanea i sacchi, acclamandolo con un dolce unisono “Dolcetto o scherzetto” – un po’ tirato da parte di Kanda.

Il biondo li guardò in tralice e fece cenno di attendere. Lavi, Lenalee e Kanda erano già certi di aver fatto un affare, ma il sorriso sui loro visi si spense di colpo quando Link tornò da loro e mise una mela rossa dentro ogni sacco.

«Questa è più salutare», disse per poi chiudere la porta, lasciandoli di stucco.

Allen, invece, testimone della scena, rise a crepapelle, ringraziando mentalmente Link per aver messo in atto, senza volere, quella piccola vendetta.


*


Passò un altro anno e si fece di nuovo Halloween.

I ragazzi erano cresciuti e i loro rapporti si erano fatti più saldi, nonostante quello tra Kanda e Allen fosse comunque conflittuale. Lavi e Yuu erano entrati alle scuole superiori, ma nonostante ciò non avevano smesso di amare le feste, e anche quella notte organizzarono un’uscita in gruppo per poter fare una scorpacciata di dolci nelle settimane a seguire.

La serata era trascorsa veloce tra un sorriso e una risata – e una rissa mancata. Fu però Allen il primo a spegnere quel bel sorriso che aveva in volto e farsi d’un tratto pensante, quando passarono davanti a casa Lvellie.

«Allen?», lo chiamò Lenalee, guardandolo preoccupata, senza capire cosa gli frullasse per la testa. Come l’anno prima, nella villetta c’era solo una luce accesa e nessuna decorazione della festività.

«Arrivo subito, Lenalee», la tranquillizzò, andando verso la casa.

Gli amici dunque rimasero sul marciapiede ad attenderlo, chiedendosi cosa avesse in mente, ma ricordando subito che quel ragazzo, quel Link, l’anno prima gli aveva regalato un’intera busta di caramelle.

«Il solito Allen: pensa sempre ad abbuffarsi!», rise Lavi, poggiando il mento sulla spalla di Kanda, attento a non rovinargli il vestito. Avevano deciso negli anni di tenere sempre gli stessi costumi: pirata, strega, lupo mannaro e demone, come se fosse un loro personalissimo rito.

«Mh… Secondo me c’è dell’altro», annuì convinta l’unica ragazza del gruppo, che si era accorta del cambiamento d’umore dell’amico.

Allen, intanto, era giunto alla porta d’ingresso della villetta e aveva bussato con decisione, non avendo più paura dei due che ivi abitavano. Molte volte si parla male delle persone che tendono a isolarsi o ad avere comportamenti ostili, ma lui aveva visto la gioia negli occhi di quell’uomo quando aveva pensato che Allen fosse un amico del figlio, e la gentilezza di quest’ultimo nel regalargli quelle caramelle. Non erano persone cattive, non per come le aveva viste lui.

Non passarono che una manciata di secondi e la scena si ripeté esattamente come quella dell’anno prima: la luce che si accendeva, la porta che si apriva, il padre che chiamava il figlio e questi che arrivava, ma una cosa cambiò. Un piccolo particolare che solo gli occhi di Allen notarono: una piccola smorfia sulle labbra di Link, così piccola che non poteva essere neanche un abbozzo di sorriso, ma ci somigliava.

I capelli del ragazzo si erano allungati, e li teneva ordinati in un basso codino, ma aveva ancora quegli strani puntini rossi.

«Ciao…», lo salutò Allen, quando Lvellie li lasciò soli.

«Salve. Sei tornato anche quest’anno, Walker», lo salutò.

«Ti ricordi il mio nome?», chiese stupito il diavoletto.

«Ho buona memoria», rispose lui, abbassando il volto per poter cercare nelle tasche due caramelle incartate singolarmente, che porse al ragazzino – sperando che non si notasse il leggero rossore sulle sue guance. «Tieni», gli disse.

Allen però ridacchiò. «Ma non si fa così: devi aspettare che ti chieda "dolcetto o scherzetto"!», gli spiegò con un sorriso.

Link si imbronciò. «Non mi piacciono queste cose», disse sbuffando.

«Non preoccuparti!», lo tranquillizzò l’altro. «Allora… dolcetto o scherzetto?», gli chiese, tendendo il sacco verso di lui.

«Dolcetto», rispose dunque Link, facendo cadere quelle due caramelle nel sacco.

Erano pochissime rispetto all’anno prima, ma Allen non era interessato a quei dolci, quanto più a rivedere quel ragazzo. C’era qualcosa nel suo sguardo triste che Allen voleva comprendere.

«Grazie», sorrise il diavoletto, mordendosi poi il labbro inferiore, colorato con il rossetto rosso di Miranda, una loro amica più grande. «Senti…», soffiò, «Tu non festeggi Halloween?».

Quella domanda colse del tutto impreparato Link, che lo guardò strano. «No… è una festa stupida», rispose. «Mi piace solo perché c’è tantissima zucca in giro e posso cucinare il tortino che tanto adoro».

«Tortino di zucca?», chiese Allen, con occhioni sognanti e un po’ di bava alla bocca.

«Sì».

«Sai cucinare?».

«Adoro cucinare. È l’unico hobby che ho».

«Oh… che bello… Non ho mai assaggiato un tortino di zucca…», sospirò Allen, perso in mille pensieri a proposito di quanto potesse essere buono quel piatto.

«Vieni», disse di colpo Link, prendendo dall’appendiabiti l’impermeabile e un cappellino in stile inglese, uscendo poi di casa.

Allen lo seguì e venne condotto nel giardino facendogli fare il giro della villetta. Inizialmente non capì, ma quando la leggera brezza fece arrivare un buon odorino di dolci, allora, tutto gli fu chiaro. Cibo.

Link lo portò davanti alla finestra della propria cucina, dove fuori dal davanzale era poggiata una bellissima torta di zucca, messa a stemperare dopo essere uscita dal forno.

«Wow…», fece lui, come l’anno precedente. «L’hai fatta tu?».

«Esatto», annuì Link, prendendola in mano e constatando che si era raffreddata abbastanza. «Devi dirmi di nuovo dolcetto o scherzetto?», chiese, porgendogliela.

Allen lo guardò incredulo.

«Per me?», domandò, senza rispondere.

«Sì», annuì Link.

«Ma l’hai cucinata tu…».

«L’ho fatta anche la settimana scorsa e l’ho già assaggiata con mio padre: anche a lui piacciono i dolci», spiegò. «Non preoccuparti».

Allen, felice, poggiò in terra il sacco e abbracciò il ragazzo in uno slancio di gioia.

«Grazie, grazie!», trillò felice, attento a non macchiare i vestiti di Link con il trucco.

Il biondo, invece, arrossì e tentò di scostarlo.

«Walker, non c’è bisogno!», ringhiò, cercando di celare l’imbarazzo con modi poco gentili.

«Sei così gentile, grazie, Link!», continuò a urlare imperterrito Allen, finché il ragazzo più grande non demorse e si lasciò andare a quell’abbraccio, cingendo di rimando la vita di quel demonietto con il braccio libero. Il cuore di Allen batté più veloce a quella stretta e si liberò frettolosamente, non capendo perché gli avesse fatto quell’effetto. Anche Lavi lo abbracciava spesso – anche troppo! –, ma il cuore non gli si era mai comportato così.

«Gra—Grazie ancora!», esclamò, prendendo il tortino di zucca, e il sacco da terra.

«Di nulla», rispose Link, tossendo piano, coprendosi la bocca con un pugno.

«Ci… Ci vediamo», disse il diavoletto, fuggendo via da quell’acerbo sentimento che ancora non conosceva, ma che stava lentamente sbocciando in lui per quel ragazzo dal cuore triste e solo.


*


Anche l’anno dopo il gruppo di amici rimase in giro la notte di Halloween, a caccia di dolci e leccornie varie. Lenalee era entrata nella stessa scuola superiore di Lavi e Kanda, mentre ormai solo Allen frequentava ancora le medie e il giapponese non mancava mai di farglielo notare con estrema indelicatezza, tanto che quella notte si rovinarono trucco e vestiti in un’azzuffata.

Erano quasi le dieci e mezzo, e sarebbero dovuti tornare a casa per le undici, così si incamminarono sulla strada del ritorno, passando davanti a quella di Lvellie e Link.

Allen camminò leggermente più piano, rimanendo indietro a fissare quella villetta. La luce principale era ormai spenta e si vedeva dalla finestra solo una tenue lucetta blu, quella tipica del televisore.

Probabilmente si erano già addormentati, e Allen sospirò, capendo che quell’anno non sarebbe riuscito a vedere il suo “amico”, ma la voce di Lenalee lo fece tornare alla realtà:

«Va’ da lui», gli disse con un bel sorriso in volto.

«Eh?!», chiese Allen, guardandola senza comprendere.

«Vai da Link. Ti aspettiamo», disse ancora.

Allen la guardò sbattendo le palpebre diverse volte, poi scosse il capo. «Non ha senso… Disturberei…».

«Vi vedete solo una volta all’anno… Forse ti sta aspettando».

Kanda sbuffò un “Vai, così ti mangiano e non mi disturbi più!”, ma venne ignorato.

«Lenalee… Io non…», iniziò a dire Allen, ma Lavi lo prese per un orecchio e lo scosse appena.

«Dai, Allen! Più tempo perdi qui e più possibilità ci sono che spengano anche la TV, muoviti!», disse concitato, spingendolo verso la villetta.

Non c’era modo di combattere contro l’insistenza di Lavi, quindi il demonietto annuì, sistemandosi meglio la parrucca bianca e correndo verso la propria meta.

Arrivò velocemente davanti a quella porta e prese un profondo respiro prima di bussare. Il cuore gli batteva forte, un po’ per l’insicurezza, un po’ perché in cuor suo non vedeva l’ora di poter rivedere quel ragazzo.

Si sentì un po’ di frastuono, poi si accese la luce dell’ingresso e un’ombra più bassa di Lvellie venne ad aprire. Era Link – con  i capelli ancora più lunghi.

«Ciao…», sussurrò Allen. «Scusa per l’ora».

«Io… ti stavo… Non importa!», disse Link, distogliendo lo sguardo.

Anche Allen era cresciuto ed era ancora più carino dall’ultima volta – lo si poteva vedere dai punti dove il cerone era stato tolto dai pugni di Kanda.

«Mi stavi?», chiese invece Allen, curioso.

«Speravo che venissi…», spiegò lui, arrossendo.

Allen fece un versetto stupito e sorrise, allungando subito il sacco verso Link.

«Dolcetto o scherzetto?», chiese al ragazzo.

«Dolcetto», rispose lui, come era consono fare, dandogli una sola caramella incartata.

Allen sorrise felice ugualmente e fece per ringraziarlo, ma Link lo fermò, porgendogli una bicchiere, che aveva posato su un mobile dell’ingresso prima di aprire la porta, con dentro un budino di cioccolato, e sopra delle scagliette di cioccolato e una piccola tomba di marzapane, con tanto di ossa e fiori.

«Per te», gli disse.

Allen prese quel bicchiere e sorrise, quasi commosso.

«Oh, Link…», sussurrò, mentre il biondo immergeva un cucchiaino di plastica nel budino, cosicché il demonietto potesse mangiarlo subito. «Sei così buono con me…».

A quelle parole il ragazzo tedesco arrossì ancora di più.

«Walker… io… volevo darti anche questo», disse lui, dandogli un post-it verde a forma di mela.

Allen lo prese e lesse un indirizzo.

«È il mio nuovo indirizzo. Tra pochi mesi, appena la casa sarà completata, ci trasferiremo. Ecco perché speravo di vederti, oggi».

Allen annuì e lesse attentamente il post-it. Era un po’ fuori mano, ma sarebbe sicuramente passato anche l’anno venturo.

«Grazie, Link», disse di nuovo, mettendo quel prezioso foglietto in tasca. «Ci vediamo l’anno prossimo, allora». E detto questo, corse via, iniziando già ad assaggiare quel budino, il più buono che avesse mai mangiato in vita sua.


***


Anche l'anno successivo i due si videro nella notte di Halloween. Il piccolo demone andò a trovare il serio ragazzo e venne premiato con dei dolcetti e le loro ormai consuete caramelle.

Per loro era diventato un rito, e presto Allen si accorse che non aspettava altro se non di vedere quel ragazzo il giorno del 31 Ottobre.

Il quinto anno, però, complice anche Lenalee che sembrava aver capito molte cose, il ragazzo, dopo aver ricevuto il dolce e scambiato qualche parola, diede a sua volta un fogliettino a Link. Il biondo lo prese con occhi persi, come se avesse paura di quello ce ci poteva essere scritto all’interno, credendolo forse un addio.

«Link, io… quello è il mio numero di cellulare…», disse Allen. «Ci possiamo sentire qualche volta… Se vuoi…».

Il ragazzo dai capelli biondi legati in una treccia ci restò molto male a quelle parole, sussurrando un imbarazzante: «Io non ho cellulare», facendo capire per la prima volta ad Allen quanto Link fosse realmente solo, e d’un tratto capì che quei dolci che gli regalava ogni anno, probabilmente, non potevano essere assaggiati da nessun altro. E fu quella volta che Allen, tornato a casa, non si mise subito a mangiare i dolci che gli aveva regalato il biondo – quell’anno erano degli adorabili fantasmini di marshmallow –, ma si mise a piangere, soffrendo per l’incredibile solitudine che doveva provare Link, la stessa che anni prima Allen aveva provato quando viveva in mezzo alla strada.

E fu quell’anno che capì di provare qualcosa di molto profondo per Link, proprio come sosteneva la sua amica Lenalee, avendone poi la certezza quando Mana, a Natale, lo chiamò in soggiorno, porgendogli il telefono e dicendo che un certo Link Howard lo cercava per fargli gli auguri, e il suo cuore esplose di gioia.


*


Erano ormai passati in totale sei anni da quando Allen e Link si erano conosciuti. Ormai Halloween era una festa sacra per loro, e anche se fossero stati in punto di morte Link avrebbe atteso pazientemente Allen a casa, e quest’ultimo, di rimando, avrebbe fatto di tutto per arrivare a casa Lvellie.

Ma Allen ormai non sopportava più il vedere Link solo in quella villetta – addirittura più grande della precedente – come non riusciva a sopportare quella lontananza di un anno. Sembravano, però, quasi aver paura di chiedere di più all’altro, come avessero il terrore di poter rompere un sottile filo dove entrambi camminavano.

Così, il giorno del 31 Ottobre, il diavoletto, mentre si truccava per assumerne le sembianze come ogni anno, capì che quella logorante situazione non poteva durare in eterno o quel filo sarebbe stato corroso dal tempo.

Dopo essersi infilato la corta parrucca bianca per nascondere i capelli castani, prese il cellulare e compose il numero di un nuovo membro del loro gruppo – un amico d’infanzia di Lenalee tornato da poco dalla Cina con la propria ragazza –, che aveva fatto subito amicizia con Allen.

«Ciao, Bak. Senti, hai presente quel costume da vampiro? È un problema se me lo presti? Passo a prenderlo tra poco… Sì, lo so che non è nemmeno il tramonto, ma devo fare una cosa…».


Solo un’ora dopo, Allen era già davanti a casa di Link, truccato e vestito di tutto punto.

Piovigginava, ma un buon ombrello aveva riparato il demone, senza che il vestito e il make-up si rovinassero.

Nonostante l’ora, il sole già era scomparso, celato dalle nuvole nere cariche di pioggia che preannunciavano un nubifragio, facile da intuire anche a causa della calura data dall’umidità nell’aria.

«Mi auguro non peggiori», si disse Allen, mentre citofonava alla porta, sperando di tutto cuore che Link fosse a casa. Poggiò sia il parapioggia nel portaombrelli accanto al tappeto con la scritta welcome, sia una busta là vicino.

L’attesa fu più lunga del solito, ma presto la porta si aprì, e un Link piuttosto stupito salutò Allen.

«Salve, Walker…», salutò, sempre formale e educato, portandosi la lunga treccia bionda dietro la spalla.

«Ciao, Link», salutò l’altro di rimando, sorridendo.

«Come mai così presto, stavolta?», chiese lui, facendo per girarsi, ma il demonietto lo trattenne.

«A—Aspetta!», gli disse, avanzando d’un passo. «Quest’anno non sono venuto a fare “dolcetto o scherzetto”», spiegò, porgendogli, invece del solito sacco con le zucche in feltro, la mano. «Vuoi venire con me e i miei amici a festeggiare Halloween?», gli chiese dolcemente, guardandolo dritto negli occhi.

Link non seppe cosa dire davanti a quell’invito – in tanti anni nessuno lo aveva mai invitato a fare qualcosa assieme a lui, se non i compiti, per poter copiare o prendere ripetizioni – e rimase impalato davanti all’ingresso.

Allen allora rise. «Non accetto un “no” come risposta. E se per caso piovesse andremmo a casa di Lavi a guardare un film e a fare qualche gioco di società», spiegò, sperando di tutto cuore che il tempo reggesse: lui odiava i film dell’orrore.

Link sospirò arrossendo e scosse il capo in segno di diniego. «Walker, io non posso…», disse triste.

Allen però non si diede per vinto: non era il tipo da abbandonare i propri obiettivi per un semplice rifiuto. «Link, per favore!», disse concitato. «So che siamo più piccoli di te, ma Halloween non è una festa da bambini: anche gli adulti si vestono e vanno in giro. Forse non abbiamo più l’età, ma ti assicuro che è divertente!».

Il biondo borbottò qualcosa, ma Allen non la capì e gli fece cenno di ripetere.

«Io… non ho nemmeno un vestito…», spiegò.

«Lo immaginavo», rispose Allen, prendendo la busta che si era portato appresso, porgendola verso Link. «Te l’ho portato io. È il vestito nuovo di un amico: lo ha comprato da internet ma gli stava grande, così me lo sono fatto prestare».

Link fece per ribattere, ma Allen, a quel punto, gli mise il manico della busta in mano.

«Link, ci terrei tanto…», gli disse, vedendo le orecchie del ragazzo tingersi di porpora. «Almeno prova. Se poi quest’anno non ti piacerà, allora, non te lo chiederò più».

Link farfugliò ancora qualcosa, ma alla fine cedette.

Non aveva mai partecipato a una festa o era mai uscito in compagnia, e forse quella sarebbe stata la sua occasione, anche perché quel ragazzo era diventato come una droga per lui, che lo portava a desiderare la notte di Halloween più del suo stesso compleanno e gli dava una sensazione che non aveva mai sentito, più forte ogni anno che passava.

«Entra», disse allora al demonietto, che sorrise e finalmente varcò la soglia di quella casa.

«Permesso…», fece lui, educato, pulendosi gli anfibi sul tappeto interno per non sporcare il pavimento.

Link chiuse la porta dietro di lui e chiese: «Che vestito è?».

«Da vampiro», rispose Allen. «Nel nostro gruppo manca proprio un pipistrello».

«Ma brilla al sole?», chiese lui, facendo una smorfia, mentre iniziava a camminare lungo l’andito.

Allen rise.

«No, tranquillo. È un abito per vampiri in vecchio stile… Come quelli di Anne Rice».

«Conosci la Rice?», domandò Link, incredulo. Solitamente i suoi coetanei erano troppo presi da Facebook, telefonini, motori e donne per poter dedicare il loro tempo alla lettura.

«Sì, e mi sono piaciuti parecchio i suoi libri…», sussurrò Allen. Fortunatamente il suo viso era ben coperto dal trucco, altrimenti Link avrebbe visto il rossore affioratogli sulle guance. Era un po’ imbarazzante dire a quel ragazzo che gli era piaciuto un libro dove il protagonista non era senz’altro un 100% etero.

«Se però ti piacciono i libri sui vampiri non consoni, ti consiglio anche la trilogia di Guillermo Del Toro e Chuck Hogan. Sono vampiri strani ma interessanti», aggiunse Link, mentre toglieva il vestito dalla busta.

Era la prima volta che i due avevano una discussione del genere, così specifica, e sembravano proprio a loro agio, anche se c’era una strana elettricità nell’aria.

«Sicuro che siano per Halloween?», chiese Link, sorpreso che abito e mantello neri fossero in velluto e la camicia con pizzi vari.

«Bak dice così», annuì Allen. «Ci sono anche dei canini finti da qualche parte; e sono ancora sigillati, tranquillo», lo informò.

Il biondo rimise tutto nella busta e fece accomodare Allen nel proprio salotto largo e ammobiliato con cura, che aveva una parte che fungeva da cucina divisa da un ingresso ad arco.

«Vado a indossarlo e torno. Tu stai pure qui», disse Link, facendolo accomodare su una poltrona rossa, per poi andare verso la cucina.

Allen fece un versetto a indicare che aveva capito e si sentì completamente accettato da Link: lo aveva fatto entrare in casa e lo stava addirittura per lasciare solo in una stanza, come fosse realmente un amico.

Dalla poltrona dov’era seduto, il demonietto vide una lucina gialla accendersi per un attimo per poi spengersi assieme a un piccolo tonfo; dopodiché, Link fece ritorno in salotto. In mano recava un vassoio di cartone, come quello tipico delle pasticcerie.

«Ti avevo preparato questi… Puoi iniziare a mangiarli, se vuoi», disse il padrone di casa, abbassando il vassoio perché Allen potesse vedere i piccoli muffin rotondi al cioccolato fondente, bagnati nella codetta e con quattro strisce di liquirizia ai lati. Sembravano proprio dei buffi ragnetti pelosi.

«Oh», fece Allen, modellando le labbra in un caldo sorriso. «Sono bellissimi», disse, prendendone uno e mangiandolo, dimenticandosi perfino del “dolcetto o scherzetto”. «E sono anche ottimi!», aggiunse, con la bocca piena.

Link annuì e posò il vassoio sulle sue ginocchia, andando poi verso la porta, diretto alle scale.

«Torno subito», disse, prima di sparire, lasciando Allen a rimpinzarsi di quelle golosità in stile Halloween, con il cuore e lo stomaco gonfi – di gioia.


Non passò che un quarto d’ora, e Allen sentì dei passi provenienti dalle scale. Dal rumore, completamente diverso da quello di prima, Link doveva aver cambiato i propri calzari.

Senza riuscire ad attendere oltre, il demonietto si alzò – con la bocca sporca di codette e cioccolato – e gli andò incontro. Non stava più nella pelle: voleva assolutamente vedere Link vestito a maschera.

«Allora, come va?», chiese Allen, uscendo dal salotto e trovandosi di fronte Link vestito di tutto punto.

«Non sono riuscito a mettere i denti… Magari lo faccio prima di uscire».

Il vestito di Bak gli stava una meraviglia. Si era sciolto la treccia, preferendo tenere i capelli raccolti in una semplice e morbida coda bassa, si era leggermente colorato il volto con del cerone o del fondotinta bianco, dandosi un aspetto più cadaverico, e aveva marcato di scuro sottozigomi e occhiaie. Il risultato finale, unito a quel camicione gotico, a quell’abito e agli anfibi che Link doveva aver tirato fuori dalla propria scarpiera, era stupefacente. 

Link vide l’espressione sul volto di Allen e arrossì appena – tradito dalle orecchie non pitturate.

«Come… come sto?», chiese lui, non capendo bene se il ragazzo fosse sorpreso in bene o in male, ma felice di avergli suscitato una qualche emozione.

«Stai benissimo, Link», si complimentò Allen, avvicinandosi a lui per aggiustargli il colletto del camicione.

Non erano mai stati così vicini.

«Ora sei pronto per venire con noi!», esclamò il demone, contento. «Sembra che anche il tempo sia dalla nostra parte».

Link guardò fuori dalla finestra, notando che in casa cominciava a farsi buio a causa delle nubi, ma aveva però smesso di piovigginare.

«Sì…», annuì, un po’ imbarazzato.

«Hai un sacco?», domandò Allen.

«Non in stile Halloween», rispose lui.

Allen lo aveva immaginato.

«Allora userai il mio, poi ci divideremo i dolcetti», sorrise il demone, per niente preoccupato.

«Grazie…», disse Link, abbassando lo sguardo per non dover guardare quel sorriso gentile che lo turbava. Avrebbe voluto addirittura voltarsi e dargli le spalle per un attimo – il tempo di calmarsi –, ma sarebbe stato terribilmente ineducato. «Walker… però…».

«Però?».

«Io non credo di riuscire a dire “dolcetto o scherzetto”… È infantile e non l’ho mai fatto…».

«Facciamo una prova», disse allora Allen, senza scomporsi. «Prova a dirlo a me, e ti dirò cosa meriteresti».

I due si guardarono nuovamente negli occhi e Link cedette, decidendo di “piegarsi” ai voleri del ragazzo: «Va… Va bene», annuì.

Il cuore di Allen batté più velocemente, aspettando che il biondo parlasse, e lo incoraggiò con un altro sorriso.

Link dunque si schiarì la voce e fece la prova:

«Dolcet—Walker, è così stupido…».

Allen, senza pensarci, si schiaffò la mano destra sul volto, sporcando il guanto di cerone e trucco, ma non facendoci assolutamente caso; non era quella la sua priorità.

«È solo un modo per stare in nostra compagnia, Link… io… io non voglio che tu rimanga solo anche quest’anno…», mormorò il ragazzo, arrossendo e mettendo a nudo il suo rossore nelle parti non più coperte dal trucco.

Il biondo lo guardò, commosso da quelle parole, e soppresse il desiderio di abbracciarlo, come lo sopprimeva ogni volta che vedeva quel piccolo demonietto davanti alla sua porta, anche se in quell’occasione lo sforzo per contenersi fu molto maggiore del solito.

«Ok», rispose lui, tossicchiando ancora una volta. Si vedeva lontano un miglio che era fortemente imbarazzato da tutto ciò. «Dolcetto o scherzetto?», chiese dunque, cercando di impostare una voce profonda e baritonale, come quella che avrebbe potuto avere un probabile Dracula, guardando il proprio interlocutore negli occhi.

Allen sorrise, contento che Link ci fosse riuscito nonostante la sua maschera di serietà e compostezza, e si avvicinò a lui per il verdetto.

Gli cinse le braccia al collo e si alzò in punta di piedi, così da colmare la distanza tra i loro visi.

«Dolcetto…», sussurrò, più dolce del miele, reclinando appena il viso di lato, mentre chiudeva gli occhi, e posando poi un bacio sulle labbra morbide e calde di Link. 

Il vampiro trasalì a quell’inaspettato bacio.

Solo nei suoi sogni più proibiti quel ragazzino vestito da demone, ma dal cuore buono e gentile verso di lui come fosse un angelo, cercava più contatto, che non si fermasse alle semplici chiacchiere, e solo in certi momenti di profonda tristezza e solitudine immaginava di scambiarsi dei baci con lui. Non era mai andato oltre, perché sapeva che mai e poi mai sarebbe potuta succedere una cosa del genere, e invece Allen era lì, proprio davanti a lui – incollato a lui – che lo stava baciando.

Dopo l’improvvisa emozione iniziale, Link capì che quella sarebbe stata l’occasione della sua vita che tanto sognava e comprese che se non avesse fatto qualcosa quel ragazzino si sarebbe allontanato – forse per sempre –, quindi decise di non perdere più tempo e lo abbracciò per la vita, stringendolo forte, per fargli capire che non voleva che si allontanasse da lui. Poi una mano strisciò sulla schiena del demonietto, che sospirava soffocato a quella risposta che aveva desiderato con tutto il cuore, arrivando fino al capo e insinuando le dita tra i capelli finti della parrucca, muovendola appena dalla sua sede, per avere così la possibilità di spingere quel viso contro la propria bocca, in modo che le sue intenzioni fossero ben chiare: non voleva che quel bacio finisse così, ma che si trasformasse in qualcosa di più.

Con un sospiro, entrambi schiusero le labbra e le loro lingue strisciarono fuori per accarezzare quella dell’altro con gentilezza, senza forza o costrizione, poi il loro bacio si approfondì con sospiri più bassi e soffocati. Le labbra si congiunsero perfettamente con quelle dell’altro, e racchiusero così i movimenti febbricitanti e inesperti delle loro lingue. I corpi si cercarono tra loro, esigendo più contatto e si incastrarono perfettamente, come se fossero fatti apposta per unirsi, come due pezzi di un puzzle.

Solo quando ormai l’aria venne meno e la saliva iniziò a colare dai loro menti, allora, i due si separarono, uniti ancora da un traslucido filo di bava. Avevano il fiatone ed erano rossi in volto.

Allen fece per dire qualcosa, ma Link lo fermò, tornando a baciarlo un’altra volta, sentendo già la mancanza di quelle labbra che sapevano di zucchero, ed erano il miglior “dolcetto” che avesse mai ricevuto in vita sua.

Intanto, la pioggia aveva ripreso a cadere, ma i due non se ne accorsero, impegnati com’erano con quei loro baci ardenti. Si erano desiderati talmente tanto che, impegnati a baciarsi nel corridoio, davanti alle scale, non si accorsero nemmeno del tempo che passò e di quando raggiunsero quasi meccanicamente la poltrona, per continuare a baciarsi più comodamente. Erano imbarazzati all’idea che l’altro potesse sentire l’eccitazione che cresceva nel cavallo dei loro pantaloni ma non l’avrebbero ascoltata quella sera, perché quella magica notte sarebbe stata riempita solo da baci e parole appena sussurrate, per vivere il loro amore lentamente, esattamente com'era sbocciato.


§Fine§
XShade-Shinra




OMAKE [leggermente erotico]

Un anno dopo, nello stesso giorno, Allen attendeva Link in salotto, mentre si rimpinzava di immancabili caramelle e di dolciumi – quel Halloween il biondo gli aveva preparato un teschio interamente composto da cioccolato bianco.

Quando sentì i passi del tedesco scendere le scale si alzò e gli andò incontro, proprio come l’anno prima. I loro costumi non erano cambiati – erano sempre il diavoletto e il vampiro –, ma quella volta Link aveva deciso che avrebbe fatto un travestimento perfetto in tutte le sue parti.

Allen lo guardò e quasi non credette ai propri occhi. Non solo il trucco era impeccabile, su quel vestito che ormai Bak gli aveva regalato, ma Link era riuscito a mettersi anche i canini finti.

«Ehi, ora sembri un vampiro vero, Link!», esclamò Allen, veramente colpito.

«Scemenze, Walker: i vampiri non esistono», disse lui serio, scostando lo sguardo e preferendo osservare la carta da parati di casa propria.

«Ahah!», rise Allen, abbracciandolo. «Sei bellissimo».

Il ragazzo biondo arrossì e nascose il volto nell’incavo del collo del ragazzo, il quale si strinse forte a lui, felice.

«Mh, Link?», lo chiamò poi. «Tuo padre a che ora torna?», domandò piano, arrossendo leggermente.

Il vampiro ingoiò a vuoto a quella domanda che nascondeva molteplici significati. Ormai i due si erano fidanzati e avevano perso la loro verginità proprio dentro quelle mura, in un piovoso pomeriggio mentre guardavano un noioso film distesi sul letto del biondo.

«Penso per le sei…», rispose lui, guardando l’orologio a muro che indicava appena le cinque. «P—Perché?».

«Perché… mi farebbe piacere qualche carezza da te… Prima di uscire con gli altri…», sussurrò, leccandogli l’orecchio.

Link arrossì, capendo di avere inteso fin da subito le sue intenzioni. «Sei il Diavolo, Walker…», gli rispose, stringendolo.

«No, Link. Sono solo un semplice diavoletto», rise l’altro, strusciandosi contro di lui, facendolo gemere.

«Mi costringi a comportarmi da vampiro, Walker…», rispose Link, con un soffio.

«E cioè?», chiese Allen, senza ricevere però risposta. Link infatti decise di fargli sperimentare sulla propria pelle cosa volesse dire far venire “voglia” a un vampiro, e gli baciò il collo con gentilezza, poi, però, i suoi “istinti da succhiasangue” presero il soppravvento e lo morse al collo, attento a non fargli male con quelle piccole e acuminate protesi di plastica. 

«Ohw… Link… Ahwn…», soffiò l’altro a denti stretti, senza riuscire a nascondere la propria eccitazione a quel gesto, sentendosi completamente alla mercé del ragazzo. «Ahhw…», continuò a fare dei versi di goduria, sentendo le mani di Link che iniziavano a spogliarlo piano e la sua bocca muoversi, mordendolo in un altro punto. «Oh, Link… Sì…».

«Walker, sei rumoroso…», si lamentò Link, imbarazzato, ma Allen non prese bene quella pausa, perché gli saltò letteralmente addosso, aggrappandosi con le gambe alla sua vita, facendo strusciare i loro bacini.

«Andiamo in stanza, Link…», lo pregò voglioso. «Voglio fare l’amore con te…».

Il biondo a quelle parole lo baciò d’impeto e iniziò ad armeggiare con la zip dei propri pantaloni per avere più contatto con Allen, ma il rumore del citofono fece spaventare i due, che si staccarono subito, riassettandosi velocemente i costumi.

«Mio padre è in anticipo e deve anche aver dimenticato le chiavi!», esclamò Link, andando ad aprire il portone, sperando che il genitore non notasse le loro arie un po’ trafelate. «Buon pomeriggio, padre», disse subito Link, spalancando l’uscio e trovandosi invece davanti Lavi, Kanda e Lenalee.

«Dolcetto o scherzetto?», chiesero in coretto i tre, ghignando con l’aria di chi avesse proprio capito di aver interrotto qualcosa e andasse fiero del proprio gesto – infatti il sorriso del giapponese era il più compiaciuto. Poi tesero verso Link i loro sacchi di juta: «Siamo venuti a prendervi!».

«Scherzetto. Che mi avete già fatto», rispose Link atono, chiudendo loro la porta in faccia. Al momento aveva altro da fare.


§Fine§
XShade-Shinra



  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: XShade_Shinra