Crossover
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Autore: Registe    28/12/2011    5 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 6 - C'è sempre una prima volta


Ash ketchum

Ash e Pikachu




C’era una pioggia fitta e incontrollabile. Il sole era ormai calato, lasciando sui vetri delle finestre soltanto il ticchettare delle gocce d’acqua che scendevano senza sosta, impedendole la maggior parte della visuale. Zachar però cercava animatamente di scrutare oltre il vetro, di proiettare il suo sguardo oltre quella massa d’acqua, alla ricerca di tracce della città in cui erano apparsi.
Dunque questa è la Terra I. La romantica e famosa Terra I, dove tutti vanno almeno una volta nella vita …… quanto vorrei andarci …… io e Kaspar, soltanto noi due ……
La nuova Stanza della Memoria li aveva accolti in un luogo riscaldato ed asciutto, pieno di tavoli e di gente che mangiava, parlava o beveva; uomini e donne seduti, che guardavano con preoccupazione l’acqua che scendeva oppure che dedicavano le loro attenzioni al cibo o alla musica. Su un soppalco diversa gente sembrava in fermento. Un ristorante semplice, una miseria in confronto a quelli di Coruscant, ma caldo ed accogliente.
Torino, ecco come si chiamava quella città.
Non appena Ash aveva messo piede in quel locale si era guardato intorno, come se stesse rivivendo un sogno. Ed in effetti era proprio così, le aveva detto il ragazzo. Quel luogo veniva dai suoi ricordi, durante una delle primissime missioni per conto dell’Impero e, come disse con un sorrisetto indecifrabile, la prima volta che ebbe dei contatti con l’Alleanza Ribelle.
“Sai, all’inizio io, Misty e Brock non avevamo nemmeno ben capito chi ci avesse contattato. Credevamo che questa storia dell’Impero e dell’Alleanza fosse una simpatica versione del gioco delle guardie e dei ladri. Dovevamo aiutare l’Impero a studiare i Pokémon, e non ci sembrava vero che qualcuno avesse chiesto il nostro aiuto. Ci sentivamo davvero importanti!”. “E non ti dispiace aver lasciato la Terra I? Era la tua casa, in fondo …” “Oh beh!” rispose lui, grattandosi la testa “All’Impero si possono vivere un sacco di avventure! Lo so che i Signori Oscuri ridono alle mie spalle, ma anche a casa la gente mi diceva che ero stupido e non capivo niente!”. Scosse il capo, come ad allontanare dei pensieri negativi, poi si allontanò verso un gruppo di figure che stavano sedute ad un bancone.
Come al solito la gente non faceva caso a lei, perciò si era preoccupata subito di appoggiare il corpo straziato di Kaspar su un divano, curandolo al meglio delle proprie capacità; Kaspar non le aveva mai insegnato molto di magia bianca, perciò non era una guaritrice eccezionale. Aveva appoggiato lo stesso le mani sul corpo dell’amato, cercando di velocizzare la guarigione delle ferite.
Aveva usato parte del suo tocco anche con Auron: il guerriero, impegnato dallo scontro, si era lasciato cadere su un divanetto, la spada tra le mani, versando l’acqua contenuta in una bottiglia sui segni delle scottature. Senza aggiungere altro gli si era avvicinata ed aveva fatto scomparire il bruciore, sorridendogli.
Nonostante tutto, quell’Auron era una persona buona. Aveva preso le sue difese, e nessuno oltre Kaspar aveva mai fatto una cosa simile.
Continuava a piovere senza sosta, sempre con maggior violenza. La sagoma della Mole Antonelliana, l’edificio più famoso di Torino, che fino a qualche attimo prima si stagliata nel cielo come un monito, adesso sembrava inghiottita da enormi nuvole nere, cariche di pioggia e di fulmini nascosti. Chissà se tutta quell’acqua era un’invenzione della Stanza oppure le cose erano andate davvero così nei ricordi di Ash.
Cercò con lo sguardo il ragazzo: seduto ad un tavolo con i bicchieri pieni di aranciata, stava scambiando battute con i ricordi animati di Misty e Brock, quei due suoi amici che Zachar aveva incontrato qualche volta in giro per Coruscant. Di certo non erano loro, ma solo altri fantasmi della Stanza della Memoria: eppure Ash sorrideva, scherzava, faceva battute ad alta voce proprio come se si trovasse davvero nella piovosa Torino di molti anni prima.
Senza che nemmeno lo avesse chiesto, un cameriere le fece scivolare in mano un bicchiere di cristallo con una bevanda rosata, dolce, frizzante sotto la lingua; Zachar lo assaporò e si sedette su una sedia alta accanto al divano dove riposava Kaspar, contemplando le mosse di Ash.
Quello era un suo ricordo, e solo lui sapeva come muoversi.
Narratore: "Zachar non è molto famosa per la sua intelligenza, quindi non ha preso in considerazione quanto possa essere poco saggio fidarsi di Ash. Una cosa del genere un membro del Trio Destroyer non l’avrebbe MAI fatta!"
Notò che, dal soppalco rialzato, avevano fatto la loro comparsa due nuove ragazzine, vestite in maniera quasi carnevalesca. La più grande, una tredicenne dai capelli neri ed i grandi occhi viola, stava palesemente improvvisando una camminata quasi sensuale, con un top verde e una minigonna che avrebbe fatto sfigurare quelle delle donne delle case di piacere di Coruscant. Ed anche la più piccola non scherzava: un trucco pesante, quasi finto su una bambolina della sua età, finiva per sciupare la sua faccia rotonda e morbida, dai capelli lunghi e rosa raccolti in un modo curioso.
Era certa di averle già viste da qualche parte.
Le guardò di nuovo, perdendosi per qualche secondo nelle proprie riflessioni.
Lei non era mai stata bambina: le creature selezionate per diventare i Quattro Malvagi nascevano da dei bozzoli e ne uscivano già adulti e formati, con tutte le conoscenze necessarie alla loro sopravvivenza già insite in loro. Non era mai stata come quella combriccola, non aveva mai avuto altri vestiti che le divise che le erano state assegnate, non aveva mai cercato di fare la corte a qualche suo coetaneo.
Non aveva mai giocato.
Le due nuove arrivate non avevano ancora finito di scendere le scale che il ricordo di Brock si alzò di scatto, lasciando cadere la propria sedia, e si tuffò verso la ragazza dai capelli neri: “Salve, meravigliosa fata! Io sono Brock!”.
“Ehm…… salve! Io sono Ottavia!” rispose quella, palesemente in imbarazzo. Con quei suoi vestiti sembrava che avesse voluto attirare l’attenzione di tutti i maschi eppure, a ben vedere, non sembrava assolutamente felice di fare la conoscenza con l’allenatore di Pokémon.
“Lo so, sei intimidita dal mio fascino sproporzionato, ma non ti preoccupare: dammi del tu e dì pure sinceramente che sei pazza di me!”.
Ash, dall’altra parte, aveva uno sguardo tra il divertito ed il serio, come se stesse riflettendo su quello che per lui era un copione già visto, una scena di cui, per una volta, conosceva già la regia. Il suo Pikachou era molto agitato, ed iniziò a mandare delle piccole scosse elettriche quando l’altra bambina, quella dai capelli rosa, si sedette sul divano proprio accanto a lui. Zachar notò che la faccia di Misty non era delle più felici.
“I tuoi occhi profondi come il cielo esprimono tutta la poesia del tuo animo. Non mi servono parole! La tua bellezza e la tua grazia mi soddisfano!”.
“Ti trovo anche io affascinante, Brock!” fece la ragazza, con una chiara espressione di disgusto.
La maga era sempre più incuriosita da quella scena. Appoggiò la schiena sulla sedia, allungò il braccio ed assaporò un altro bicchiere di quel buon liquido spumeggiante, dimenticandosi per la prima volta di avere Kaspar poco distante da lei. Quello strano teatrino davanti ai suoi occhi aveva qualcosa di magico, particolare, curioso come poche cose nella sua vita. Le due nuove arrivate, con i loro vestiti singolari, erano riuscite ad attirare l’attenzione di Ash, Misty e Brock, eppure dalle loro espressioni riusciva a comprendere che vi era ben poco di vero e gioioso nei loro gesti. Stavano palesemente nascondendo qualcosa, ed era altrettanto evidente che Brock e gli altri vi erano cascati in pieno. Parte di lei era così sorpresa dalla scena chiassosa e colorata che si dimenticò persino che tutti, lì dentro, erano solo il frutto delle illusioni di Ash.
“Perfetto, se è così preparerò una gran festa per il mio matrimonio domani!”.
“COOOSA, cioè, voglio dire, come, caro Brock, non ti sembra di fare una cosa affrettata?”.
Le venne da ridere.
Così, semplicemente.
Non stava capendo nulla di quella scena, ma le espressioni di quel Brock, i tentativi della ragazza di sgusciare come un’anguilla, le smorfie quasi seducenti che la bambina dai capelli rosa indirizzava ad Ash erano uniche.
Brock provò a prendere quell’Ottavia per la vita, e lei per divincolarsi inciampò su dei tacchi troppo alti per lei, mandando all’aria un paio di tavolini e rovesciando diverse bevande dai colori indefiniti sul pavimento. Nessuno protestò, nessun cameriere venne a rimproverarli, ma il ragazzo se approfittò per tenderle cavallerescamente la mano. La bambina dai capelli rosa si alzò dal divano e corse verso di lei, facendola alzare prima che quel maniaco di Brock la sollevasse tra le braccia.
“Brock, ti presento mia sorella Chibiusa” fece lei, riprendendo l’equilibrio “In realtà siamo venute qui per conoscere te ed i tuoi amici! Siete così famosi …… ho sentito dire che siete gli allenatori di Pokémon più forti, abili ed astuti della storia”.
Il suo tono falso e smielato non avrebbe ingannato nessuno.
Nessuno tranne Brock.
In un attimo le due nuove arrivate furono praticamente immobilizzate al tavolo dove già sedevano i tre allenatori. Ash si alzò e le strizzò l’occhio.
Zachar non sapeva bene cosa fare, ma trovò naturale rifargli l’occhiolino. All’Impero tutti sostenevano che Ash fosse un moccioso stupido, incompetente ed idiota: un ragazzino che ficcava il naso dappertutto e che veniva allontanato sistematicamente da qualsiasi incarico delicato. Eppure era lì, faccia a faccia con il suo passato, a suo agio come un pesce nel mare blu.
Quando lei aveva affrontato la propria Stanza della Memoria non aveva fatto altro che piangere, dimenarsi, aspettare soltanto che Kaspar arrivasse a risolvere i suoi guai; Ash invece stava giocando in solitario, e dimostrava molto più coraggio di quanto nessuno potesse mai ammettere.
Forse era un ingenuo, ma di certo non uno stupido.
“Vado un attimo in bagno!” disse ad alta voce, e con quella scusa si avvicinò a lei.
“Te la stai cavando alla grande!” rispose, sincera dal profondo del cuore.
Lui sorrise, ed i suoi occhi andarono al soppalco soppalco da dove erano appare le due strane ragazze.
Fu lì che Zachar li vide: almeno una ventina tra uomini, donne e ragazzi era in subbuglio; armeggiavano tra le sedie ed i tavoli, smuovevano enormi sacchi e si scambiavano battute ed insulti.
“Quella volta, tanti anni fa, ci cascammo in pieno ……”
“In che senso, Ash?”
“Ottavia, Chibiusa …… è tutta una messinscena dei Ribelli”.
I Ribelli …… lei guardò in alto, e in effetti li riconobbe. Erano tanti, troppi, ma qualcuno dei loro visi era assolutamente indimenticabile; un paio di loro stavano provando degli strani costumi, alcuni cercavano senza successo di stiparsi nelle toilette, altri ancora stavano facendo degli strani gesti ad Ottavia.
“Quella volta proprio non ce ne accorgemmo!” fece Ash, guardando quasi divertito il tavolo dove i propri amici continuavano la loro conversazione, come congelati in una scena che apparteneva solo al passato. Quei sorrisi, i trucchi, le smorfie, per un attimo Zachar sentì come se quei momenti di spensieratezza fossero incastonati nella memoria di Ash, accompagnati ad un misto di sentimenti che non era in grado di descrivere appieno.
“Ottavia e Chibiusa sono delle Guerriere Sailor …… il loro compito era travestirsi e conquistare la fiducia mia e di Brock per potersi introdurre in un laboratorio segreto dove l’Impero stava studiando i Pokémon. E con Brock …… devo ammettere che ci sono riusciti in pieno! Come se poi fosse difficile attirare Brock ……!”
Lo disse con un sorriso mesto, e Zachar non gli chiese di più.
Forse Ash aveva creduto davvero a quella strana avventura, e l’idea di essere stato raggirato doveva fargli male. Buffo, pensare che nessun imperiale si fosse mai preoccupato dei suoi sentimenti. Dall’alto i Ribelli stavano preparando un teatrino davvero singolare: chi si travestiva, chi si truccavano, stavano facendo un trambusto incredibile senza che nessuno venisse a fermarli. Uno di loro provò spudoratamente dei baffi finti.
"Si sono finti la famiglia di Chibiusa ed Ottavia! Quella volta misero su uno show niente male, è la loro specialità, dopotutto!" fece lui, lasciando un forte sospiro.
Ash è …… realmente …… caduto in una trappola come questa? Insomma, si sarebbe capito lontano un miglio che stavano cercando di raggirarli …… Ma come ha fatto a ……
Ma lasciò che le parole le morissero in gola, seguendo con gli occhi lo sguardo che Ash dirigeva ai suoi compagni, ancora immersi nelle loro chiacchiere, con le sfere Poké in bella vista e con le loro creature che facevano un allegro sfoggio dei loro poteri.
Non aveva il diritto di dargli dello stupido. In fondo, rifletté, anche lei era stata raggirata da forze più grandi, e aveva rischiato addirittura la vita. Anzi, si chiese se forse non dovesse imparare qualcosa da quel ragazzino con il berretto rosso e le sue sfere Poké sempre in tasca.
Poi i suoi occhi tornarono verso Auron, che aveva osservato la scena senza muovere un muscolo, intento soltanto a stringere la propria spada e tenere i ragazzi sotto controllo; lei si ricordò che non erano in quella Stanza soltanto per rivangare i vecchi ricordi “Ash …… hai idea di quale possa essere la prova? C’è qualcosa che non va nei tuoi ricordi?”.
“No …… per adesso è proprio tutto come un tempo. Misty e Brock stanno cadendo nella trappola come quella volta, e penso che li asseconderò; ma quando ci sarà un cambiamento te lo dirò! Fidati!”.
Le fece quel suo strano gesto di vittoria con le dita e tornò al suo tavolo, dove Chibiusa, la Sailor dai capelli rosa, lo avvinghiò letteralmente e gli riempì la bocca di dolcetti.
Certo che mi fido … puoi scommetterci, Ash!


“Mi domando cosa ci trovi di tanto divertente!”.
Ash, Misty e Brock erano saliti al piano superiore, guidati dalle loro nuove amichi: c’era agitazione là sopra, una valanga di Ribelli nascosti ovunque, dietro le piante, nei bagni, qualcuno persino appeso sopra il lampadario. Gli unici rimasti intorno ad un tavolo erano una manciata, tutti travestiti come se fossero un’allegra famigliola, mentre i tre giovani allenatori di Pokémon non sembravano accorgersi di essere vittime di una grande burla dei Ribelli.
“Zachar, gradirei essere ascoltato quando parlo!”.
La ragazza staccò gli occhi dalla scena, trovandosi a fissare Kaspar. Quel Marluxia gli aveva portato via assolutamente tutto: la spada, il sacchetto con le Pietre Dimensionali, gli oggetti Millenari che portava al collo. E perfino l’Occhio.
Ma i suoi occhi veri, brillanti e vivi, esprimevano al meglio la rabbia e la frustrazione di Kaspar: guizzavano da una sedia all’altra, maledicendo in silenzio ogni singolo tavolo, ogni singolo cliente, ogni singolo Ribelle che entrasse nel loro raggio d’azione.
Poche volte lo aveva visto così furioso.
Ed umiliato.
Nessuno si era mai preso gioco di lui come quel Marluxia.
Gli occhi di ghiaccio si fermarono su di lei, la donna che era sempre stata al suo fianco, che l’aveva curato e protetto. Ma la sua espressione non cambia, osservò Zachar.
Mi guarda con odio …… come se fossi sua nemica ……ma io non lo sono, non ……
“Zachar!” la sua voce era il sibilo di una frusta “Dov’è quel maledetto Membro dell’Organizzazione, dov’è? E dove ci troviamo?”.
Lei gli rispose, prendendo il suo tempo nel raccontare tutto. Le Stanze della Memoria, il Castello dell’Oblio, le promesse di Auron, tutto questo mentre i suoi occhi verdi fissavano i Ribelli, cercando in silenzio il suo amico che si era di nuovo buttato a capofitto nella trappola dei loro nemici. Uno di loro parlava in un falsetto palesemente inventato, ed era un nano quel piccolo fagotto barbuto che spacciavano per un neonato?
La sua mano cercò quella di Kaspar, come se volesse condividere con lui quei momenti. Certo, erano in una situazione scomoda e pericolosa, ma erano insieme: erano una combinazione in grado di superare ogni ostacolo, i loro cuori ed i loro poteri congiunti. Ma la mano dell’uomo che amava non raggiunse la sua: era stretta in un pugno intorno a cui zampillavano incantesimi pronti a rispondere alla sua chiamata, era la mano con cui avrebbe voluto uccidere l’uomo dai capelli rosa che lo aveva ridotto in quel modo.
Zachar si rese conto che le sue parole ed il racconto non avevano raggiunto il suo cuore; non l’aveva ascoltata nemmeno per un attimo, immerso com’era nei suoi pensieri.
“Invece di ridere tanto alle battute di quel ragazzino idiota dovresti pensare a come aiutarmi quando prenderò a Palle di Fuoco quella stupida guida ed i suoi padroni! Gliela farò vedere io!”.
Zachar non si accorse che, per la prima volta, non aveva obbedito al suo volere.
I suoi occhi smeraldo erano fissi su Ash ed i suoi amici, nonché sulla loro bizzarra famiglia. Vide due Ribelli fingersi i genitori di Chibiusa ed Ottavia e riempire di complimenti i tre giovani allenatori di Pokémon, notò i sorrisi, le caramelle che passavano di mano in mano, le pacche sulle spalle, le voci spensierate.
Per la prima volta finse soltanto di ascoltare le parole altisonanti di Kaspar, lasciando che il suo cuore ed i suoi pensieri andassero lontano da lui.
Il nano travestito da poppante ruttò vigorosamente, e lei si fece scappare l’ennesima risata della serata.


"Su, forza, andiamo a fare un bel giretto romantico!" fece Ottavia, prendendo Brock per la mano e lanciando un sorriso mieloso.
"Dove va la mia Venere io la seguirò! Forza, Ash, la serata è tutta per noi!".
Ash, con Chibiusa appoggiata al suo braccio come una coppia di sposini, si voltò per salutare Zachar e poi fu inghiottito dalla pioggia e dalla gente che circolava a Torino persino in una serata come quella.
Zachar intonò un incantesimo che l’avrebbe riparata da tutta quell’acqua e si preparò ad uscire, controllando che i suoi capelli fossero ben legati e che la magia rispondesse come al solito; non voleva perdere di vista il ragazzo, specie perché non aveva idea di come si potesse manifestare la prova. La maniglia della porta era fredda al tatto.
Poi Kaspar la fece ritornare sui suoi passi: “Dove te ne stai andando, eh, Zachar?”.
“A controllare Ash!”.
“Resta qui seduta! Ho bisogno dei tuoi poteri per riprendere le forze!”.
“Ma … ma se non vado, io ……”
I suoi occhi brillarono: “Da quando in qua questioni i miei ordini, cervello di gallina?”.
“Invocatrice, lei ha ragione, dovrebbe proprio andare con Ash”.
Auron lasciò la posa immobile a cui si era abbandonato pochi minuti prima; allungò un braccio e si versò della birra in un bicchiere appoggiato al tavolo vicino. L’unico suo occhio aperto si fermò su Kaspar, indagando il mago senza mai perdere il contatto con la propria lama: “La prova di questa stanza ruoterà intorno al ragazzo, quindi è bene che lei vada con Ash, Invocatrice”.
“Da quando in qua dai ordini alla MIA ragazza? Zachar, non ti azzardare nemmeno ad ascoltarlo!”.
Lei passò lo sguardo dall’uno all’altro, ma i suoi occhi corsero alla porta del ristorante. Non era solo la prova ciò di cui era preoccupata: temeva per Ash, che non fosse in grado di badare a se stesso, che non riuscisse a fronteggiare con fermezza i propri ricordi.
Il cuore le andava a mille, perché da quando era entrata in quel castello bianco il suo corpo non tremava al sentire gli ordini di Kaspar, le sue gambe non si muovevano spontaneamente verso lui, la sua testa non era occupata solo e soltanto da lui.
Il suo “Mi dispiace” si perse nella pioggia.
Aveva visto tanta acqua scendere dal cielo soltanto sul periferico pianeta di Kamino, famoso per i suoi temporali e maremoti, dove le città erano vere roccaforti che sorgevano negli oceani e sfidavano ogni giorno la collera degli abissi. Torino, come moltissime città della Terra I, normalmente godeva di un clima accettabile, e mai la ragazza avrebbe pensato di trovarsi nel bel mezzo di un nubifragio. I suoi stivali neri avanzavano a fatica tra i fiumi di fango che inondavano le strade; vide un’automobile, uno di quei ridicoli mezzi di trasporto che usavano su quel pianeta, venire trascinata per decine di metri. L’acqua cozzava contro la sua protezione energetica, lasciandola asciutta, ma lo stesso non poteva dirlo per gli abitanti di quel ricordo: correvano alla rinfusa, si raccoglievano sotto decine di ombrelli o si chiudevano nelle case.
Trovare Ash non fu difficile: estese un suo incantesimo di divinazione per tutta la stanza e la città virtuale, lasciando che la stria luminosa le guidasse il passo tra gli alti palazzi, i giardini e le strade.
Non osava pensare a quello che Kaspar le avrebbe urlato contro quando fosse tornata indietro.
Probabilmente l’avrebbe colpita di nuovo. O peggio, l’avrebbe odiata.
Poi lo sentì di nuovo. Il freddo pungente, quella morsa di gelo che penetrava sin nelle ossa. Non era la temperatura di quella stanza ma qualcosa di più forte, sovrannaturale: era quello stesso freddo intenso che l’aveva pervasa nello scontro contro il demone e contro il ricordo di Endimion.
Scacciò l’immagine nelle sopracciglia aggrottate di Kaspar che riempiva la sua mente.
Non riusciva a capire in quale direzione si stesse muovendo, né sarebbe riuscita a tornare indietro con le sue forze; stanca di venir rallentata dal pantano ai suoi piedi si arrampicò su un balconcino a meno di un metro da terra e fu allora che sentì l’urlo del ragazzo.
Si precipitò dietro la scia luminosa, lasciando che le gocce d’acqua esplodessero sulla barriera intorno a lei, avvolgendola in una cupola di vapore; sorpassò due ponti, attraversò il giardino principale ormai ridotto ad una grande pozzanghera e, quando alzò gli occhi, si accorse di essere nella strada ai piedi della Mole Antonelliana.
“Zachar!”
Ash sbucò dall’incrocio alla sua sinistra, e per poco non inciampò in una pozzanghera di proporzioni bibliche; il suo Pikachou adesso era fuori dalla sfera e si era rannicchiato contro il suo giubbotto per non bagnarsi.
"CI SONO I RIBELLI!" fece lui, correndo nella sua direzione come se avesse un drago a tre teste alle calcagna; nessuna traccia di Misty, Brock o delle loro due amabili accompagnatrici.
C’erano decine se non un centinaio di Ribelli tutti intorno a loro: chi sbucava dai tombini, chi dalle finestre, i più impavidi erano aggrappati ai cornicioni e puntavano tutti alla piccola astronave che stava prendendo il largo, al grido di “Dagli ai Signori Oscuri!”.
“Zachar ……… QUESTO non era previsto! Non ci hanno mai teso un agguato! Cioè, non qui! Hanno aspettato di avere l’accesso libero al laboratorio!”.
“Beh, immagino che adesso dovrebbe comparire questa famosa prova! E dove sono Misty e Brock?”.
"Ehm .... sono stati più rapidi di me!" fece lui, indicando una massa argentata il cui muso faceva la sua bella comparsa nel giardino di una di quelle abitazioni, accompagnato dal rumore di un motore in accensione "I Signori Oscuri sono venuti a prenderci ... ma sono stato lento e mi hanno chiuso il portello in faccia!".
L’astronave imperiale prese il volo, abbattendo un paio di soldati che erano stati così stupidi da lanciarsi contro lo scafo; quei ricordi, veri o falsi che fossero, non si erano di certo fermati per riprendere Ash. Cosa alquanto verosimile, in fondo: l’Impero non si sarebbe fermato per salvare nessuno. Per coloro che non tornavano dalle missioni si preparava immediatamente un necrologio da mandare alle famiglie, se ne avevano.
Guardò il ragazzo, bagnato dalla testa ai piedi e con un’espressione terrorizzata in faccia. E lo capiva: adesso centinaia di facce ribelli erano rivolte verso di loro. “Perché non sei andato con loro? Lo sai che possiamo morire in questa Stanza!”.
“In effetti avresti fatto davvero bene a scappare a gambe levate, mocciosetto!” fece una voce di donna profonda, forte, proprio sopra le loro teste.
Un lampo illuminò la Mole, e Zachar vide chi aveva parlato. Erano due ragazzi, un maschio ed una femmina, con delle divise bianche che era sicura aver già intravisto in qualche dossier dell’Impero; quei due erano anche al ristorante, tra coloro che si erano presi gioco della debolezza e dell’ingenuità del piccolo Ash.
“Preparatevi a passare dei guai”.
“Dei guai molto grossi”.
“Proteggeremo il mondo della devastazione”
“Uniremo tutti i popoli della nostra nazione”
“Denunceremo i mali della verità e dell’amore”.
Ma che vogliono adesso questi due? E cosa stanno dicendo?
“Estenderemo il nostro potere fino alle stelle!”.
Uh, quello provano a farlo tutti ……
La ragazza dai capelli tra il rosa ed il viola, così accesi che da soli illuminavano la via buia, saltò giù da un balcone del grande edificio e si piantò davanti a loro “Io sono Jessie”.
“E io James” fece il ragazzo, dalla voce suadente ed i capelli di un azzurro che non aveva mai visto fino a quel momento. Aveva in mano una rosa che, a dispetto di ogni legge della fisica, era perfetta nonostante la pioggia scrosciante. “Team Rocket, pronto a partire alla velocità della luce!”.
“Arrendetevi subito oppure preparatevi a combattere!”.
“Ash, spero che tu sappia chi siano questi due matti …… Sono ancora più strambi di tutti i Ribelli che io abbia mai visto!”.
Ma il ragazzo si mise improvvisamente a frugare tra le proprie tasche in preda al panico. Una delle sue sfere Poké cadde in una pozzanghera, e senza prestare molta attenzione ai due nuovi arrivati si lanciò di testa per recuperarla, sollevando una montagna di schizzi.
Poi si girò verso di lei, mettendo nello zaino il cappello ormai inservibile “Zachar, hai mai usato un Pokémon?”.
Ma che domande mi fa?
“Ash, io uso la magia” fece lei, simulando una tranquillità che non provava, sentendosi stringere da ogni lato dai Ribelli “Non saprei nemmeno da che parte iniziare. A buon conto non ho nemmeno ben chiaro cosa sia un Pokémon!”.
“Argh ……” il suo tono non prometteva nulla di buono “…… mi sa che devo darti un corso accelerato. Penso di sapere in cosa consista la prova!”.


Era arrivato alla settima tazza di caffè quella sera, ma era certo che ne avrebbe avuto bisogno di almeno un altro paio. Il suo unico occhio fissava quello dell’Intercessore, e se gli sguardi avessero potuto uccidere lui sarebbe già diventato un ammasso di cenere sul divanetto.
“Noto che nemmeno tu riesci a dormire!”.
“Oh, a me piace stare sveglio”.
Era la terza volta che quel mago cercava di lanciargli contro, fingendosi impegnato a tamburellare le dita sul tavolo, un incantesimo di Sonno. E di sicuro si sarebbe addormentato nella grossa se non avesse appoggiato sulle ginocchia la sua spada priva di fodero, lasciando che gli incantesimi di protezione lanciati da padron Vexen facessero effetto.
Solo che lo pervadeva il sonno naturale, quello di cui avrebbe avuto bisogno dopo una dura battaglia.
Appoggiò la tazzina di caffè sul tavolo: “Oh, anche io. Non si sa mai cosa può succedere quando si chiudono gli occhi, al giorno d’oggi”.
Quel Kaspar sapeva, e stava giocando a chi dei due resistesse più a lungo. Con una sola piccola, minuscola, infinitesimale differenza: lui non avrebbe mai ucciso nel sonno quell’uomo, per quanto abietto potesse essere, perché serviva ai saggi membri dell’Organizzazione. Ma il mago non aspettava altra occasione che farlo scivolare nel mondo dei sogni e polverizzarlo con uno dei suoi incantesimi o peggio. E la sfida volgeva verso la disfatta, visto che nonostante il caffè si sentiva a pezzi mentre l’avversario non aveva toccato né cibo né bevande ed era ancora lì, i lineamenti quasi corrosi dall’odio. Auron non volle essere nei panni dell’Invocatrice al suo ritorno.
Per non addormentarsi pensò a come se la stesse cavando Mu là fuori, con il suo Intercessore: gli avevano detto che ne aveva trovato uno particolarmente problematico, ma più dannoso di quel Kaspar …… come avrebbe fatto il piccolo dolce Mu a gestirlo? E non c’erano solo Invocatici ed Intercessori in quel castello. Poco prima di partire per prelevare Zachar aveva sentito padron Vexen riferire agli altri membri dell’Organizzazione che avevano delle visite decisamente poco gradite. Un ospite indesiderato che non sapevano bene come gestire, e Mu rischiava di incontrarlo da un momento all’altro; il piccolo sacerdote a stento sapeva come difendere se stesso, figurarsi una compagnia sotto la sua guida. Ma prima fossero riusciti a portare a termine l’Invocazione Suprema, meglio sarebbe stato per tutti.
Kaspar gli rivolse il sorriso più falso del mondo: “Ti ordino altro caffè?”.


Due contro due. Due Pokémon, due allenatori. La combinazione preferita di Jessie e James.
Ash sapeva benissimo che, se l’Impero aveva lui, Misty e Brock come consulenti dei Pokémon, l’Alleanza Ribelle aveva quei due. Erano solo ricordi, ma gli erano sempre stati antipatici: le loro battute, la loro aria di superiorità, il modo con cui riuscivano ad intrufolarsi ovunque gli faceva saltare i nervi.
Non aveva mai avuto l’occasione di farsi valere, perché nessuno all’Impero usava i Pokémon, quindi non era mai riuscito a trovare qualche avversario degno di quel nome. Per l’Imperatore i Pokémon erano creature utili solo quando poteva sfruttare i loro poteri e liberarli contro i loro avversari, si era sempre fatto beffe del significato di amicizia, lealtà e duelli regolari che animavano quelle creature del suo mondo. Con Misty e Brock c’erano solo scontri amichevoli che si erano diradati da quando erano stati assegnati a pianeti diversi. Gli sarebbe piaciuto avere uno di loro a fianco.
Per quanto Zachar fosse buona e gentile continuava a guardare il Pokémon che lui le aveva assegnato come se fosse una bomba ad orologeria pronta ad esplodere sotto il suo naso. All’inizio aveva pensato di darle il suo Charizard, che era abbastanza evoluto da cavarsela quasi da solo, ma aveva ricevuto come risposta una gigantesca fiammata in faccia. Bulbasaur e Pidgeotto non lavoravano in coppia con altri se non lui, quindi la scelta era ricaduta sul piccolo Squirtle.
Quando Zachar lo aveva fatto uscire dalla sfera aveva mandato un urletto di terrore, fissando la tartarughina azzurra che improvvisava un balletto dentro una pozzanghera.
Ma come avrebbe reagito se le avessi dato un vero Blastoise?
Squirtle si fece più affettuoso possibile e le saltò in braccio, ma lei per riflesso si ritirò “Zachar, tranquilla, va tutto bene!”.
Lui aveva Pikachu, ovviamente. Una grande battaglia in una Stanza della Memoria richiedeva un compagno d’avventura eccezionale e lui lo aveva. Per la maga le cose stavano diversamente.
“Ti ricordi quello che ti ho detto?”.
“Sì, ma io …… non capisco …… non l’ho mai fatto! E se questo coso non mi obbedisce?”.
“C’è sempre una prima volta!” la pioggia continuava a scrosciare, lasciando intravedere soltanto le tute bianche dei loro nemici “Fai come me! Pikachu, ATTACCO TUONOSHOCK!”.
I ricordi dei loro avversari avevano sfoderato anche loro dei mostri di buona categoria. Arbok, il Pokémon di Jessie, contro cui aveva fatto partire l’attacco, scivolò in avanti, lasciando che l’energia elettrica si disperdesse al suolo. “Visto, Zachar, è facile!”.
“Se lo dici tu ……” la sua amica sembrava ancora dubbiosa.
“Rilassati e fai come me! Ti divertirai!”.
“E va bene! SQUIRTLE, ATTACCO TUONOSHOCK!”
Eh?
I grandi occhi di Squirtle andarono dalla ragazza a lui, sul musetto un’espressione di puro dubbio e panico; scosse la testa violentemente, e persino i loro avversari fermarono la partita, per poi scoppiare a ridere proprio come piaceva fare ai veri Jessie e James. Persino Pikachu si grattò la pelle gialla tra le orecchie. Non ha capito proprio niente ……
E lei si accorse che qualcosa non quadrava a causa di quello che aveva detto, perché anche sotto la pioggia scrosciante i Ribelli si stavano prendendo gioco di lei “Ash, perché ridono tutti? Perché la tua stupida tartaruga non fa quello che gli dico?”.
Aveva gli occhi ancora più tristi del solito, e ad Ash questo non piaceva, perché le persone tristi erano noiose, non amavano giocare e lo consideravano uno stupido; attraversò la grande pozzanghera di fango che li separava e le mise la mano sulla spalla. “Ash, cosa ho sbagliato? Ho detto la stessa cosa che hai detto tu, no? Ti ho imitato …… e tutti ridono di me!”.
Oh, allora è questo il problema?
“Dai, prima ti ho elencato qualche mossa utile per far lavorare Squirtle. Ma ti ricordi, ti avevo detto che lui è un Pokémon d’acqua” si sforzò di farle un grande sorriso per risollevarle il morale, cosa che sembrava impossibile in quegli ultimi giorni “Non puoi far fare ad un Pokémon d’acqua mosse di tipo elettrico, non funziona così! Prima ti avevo spiegato le varie mosse dei Pokémon come Squirtle, usa il suo elemento. Pikachu può usare Tuonoshock solo perché l’elettricità è il suo tipo”.
“Ma come posso aver sbagliato anche una cosa così elementare?” e scoppiò in lacrime per l’ennesima volta dall’inizio di quell’avventura “Possibile che non riesca a fare da sola nemmeno le cose più semplici? Forse Kaspar ha ragione, io non ……”
“No Zachar” prese in braccio Squirtle, che mandò molti versi di felicità. Poi lo mise proprio in braccio alla maga, lasciano che il piccolo Pokémon scambiasse delle effusioni d’affetto.
“Kaspar non ha ragione. Non ti preoccupare se sbagli! Io lo faccio sempre, eppure sono qui! E alla fine sono uno dei pochi a non essere mai passato per le condanne a morte dell’Imperatore!”.
Devo aiutarla a sorridere almeno un po’!
“E poi dobbiamo superare la prova! Non ti preoccupare, anche se sbagli ci siamo sempre io e Pikachou a coprirti le spalle!”.
“WEEZING, CORTINA DI FUMO! Adesso!”.
Non fece in tempo a vedere la reazione della sua compagna di sfida, perché tutto intorno a lui era comparsa una cortina fumogena di color grigio intenso. Il mostro di James era in grado di usare quell’attacco a suo vantaggio, togliendo la visuale ai Pokémon e intossicando gli allenatori. Il fumo gli bruciava le narici e gli occhi non smettevano di lacrimare; sentì che Zachar era ancora lì perché anche lei prese a tossire in modo violento.
“Perfetto tempismo, James!” fece la voce dell’avversaria “Forza Arbok, avvolgi quello stupido topo giallo nelle tue spire e riducilo ad un purè!”.
Ash cercò di guardarsi intorno alla ricerca della famigerata macchia viola, ma il serpente era sfuggito dal suo controllo; Pikachu era agitato, e lo capiva anche senza vedendo, gli bastava ascoltare i suoi squittii. Il cuore gli batteva all’impazzata. Era il duello di Pokémon che aveva sempre sognato, e non poteva perdere il controllo per un po’ di fumo irritante!.
Vide il Pokémon con la coda dell’occhio, una forma scura che scivolava nella nebbia alla sua destra e si voltò per avvisare Pikachu. L’attimo dopo il suo amico gli sparì dalla visuale, ed il suo verso fu uno squittio acuto e lungo. “Pikachu, resisti!”.
Alla faccia di tutti i regolamenti si tuffò nel punto che avevano stabilito come campo di battaglia, urlando il nome del suo Pokémon. Non se lo sarebbe mai perdonato se il suo più grande compagno di avventure e disgrazie fosse stato distrutto in un stupido castello bianco. Ma non vedeva niente, ed anche la pelle iniziava a bruciare.
Dov’è Misty con i suoi Pokémon d’acqua quando serv ……
“Squirtle, PISTOLACQUA, muoviti!”.
Si girò e come tutta risposta ricevette uno schizzo d’acqua in piena fronte che lo mandò di nuovo disteso sulla strada nell’ennesima pozzanghera di quell’avventura, mandando giù due buone sorsate di fango. Quando sollevò la testa e riuscì a scostare i capelli bagnati dagli occhi vide che la cortina fumogena di Weezing si era dissipata, portata a terra dalle gocce d’acqua della piccola tartaruga e lavate dalla pioggia. Ricevette altri schizzi in faccia, e vide Pikachu che saltellava felice accanto a lui, mentre il Pokémon serpente si era allontanato, mollando la presa sull’avversario e fissando allenatore e creatura con degli occhi che non promettevano nulla di buono.
“Ash, io e Squirtle avremmo un’idea!” quando si rimise finalmente in piedi sembrava più una montagna umana di fango che un ragazzo, ma la cosa più importante era che Zachar fosse entrata nello spirito giusto. Sì, aveva fatto bene ad assegnarle il piccolo Pokémon d’acqua.
“Puoi intrattenere un po’ quei due buffoni?”.
“Un po’ …… quanto?” Pikachu è stanco e questa battaglia non accenna a finire……
“Non lo so. Ma puoi farlo?”.
Quanto vorrei dirle di no, ma in fondo …… “E’ adesso che inizia il divertimento. Pikachu, ATTACCO SUPERFULMINE! Colpiscili entrambi ORA!”.
Il goffo Weezing non durò molto, perché la sua massa grigia era lenta, pesante, e l’attacco di Pikachu ebbe più effetto di quanto sospettato; ma il problema era il serpente viola, che evitava con rapidità ogni saetta che arrivava al terreno. Scivolava, rotolava, scattava, il ragazzo dovette ammettere che i loro avversari non erano degli sprovveduti come aveva sempre ritenuto. Erano degli imbroglioni, dei ladri e dei gran maleducati, ma sapevano sostenere un duello.
Jessie era in piedi su una panchina e sbraitava così forte che l’avrebbe sentita persino il signor Auron dal suo ristorante “Arbok, brutto verme senza spina dorsale, evitalo! Schivalo! Avanti, non fartelo scappare!”.
“Pikachu, sbrigati, aumenta la velocità ed eludi gli attacchi!”.
Seguì con lo sguardo ogni curva del suo amico, e per la prima volta si accorse che aveva smesso di piovere, anche se il cielo restava coperto da nuvole nere; anzi, l’acqua che riempiva la strada si stava ritirando velocemente, lasciando trasparire i marciapiedi ed i ciottoli, attratta da qualcosa alle sue spalle. Ma preferì non staccare gli occhi dal duello.
“Weezing, forza, reagisci ……”
“James, lascia perdere quel lavativo del tuo Pokémon e aiutami! Arbok, avvolgi nelle tue spire quello schifoso topo di fogna giallo!” sbraitò la ragazza, prendendo James per le orecchie ed obbligandolo a mettersi accanto a lei per tutto il duello.
“Ash, ci siamo quasi ……”
La voce di Zachar era ferma, in quel momento. La sua amica aveva ritrovato la forza, e la piccola maga che si era messa a piagnucolare aveva trovato un po’ di grinta. Ash si sentiva davvero felice.
Era la prima persona adulta con cui si trovasse davvero bene.
Era contento per lei, ed in fondo, pensò con orgoglio, un po’ era anche merito suo.
“Ash, scansati!”.
Si girò, e capì dove era andata a finire tutta l’acqua della strada. Squirtle era in piedi, le corte zampe protese in avanti, e sembrava calamitare ogni cosa che fosse del suo elemento. La pioggia aveva iniziato a cadere soltanto sopra di lui, spinta da dei venti che sfidavano ogni legge della fisica, ed i rivoli di acqua e fango che avevano inondato la strada si erano raccolti ai piedi delle sue zampette, formando un gorgo di notevoli proporzioni. Evidentemente anche i ricordi di Jessie e James dovevano essere stati presi alla sprovvista, perché lanciarono un urlo gemello insieme a quello di decine di Ribelli che avevano concentrato la loro attenzione soltanto sul duello tra Pikachu e Arbok.
Zachar, sarà anche la prima volta che duelli con i Pokémon, ma forse dovresti smettere di usare la magia e combattere come una vera allenatrice! Potremmo essere un buon team!
“Ci siamo Squirtle …… ATTACCO IDROPOMPA, ADESSO!.
Il getto d’acqua che si formò era più potente di qualsiasi cascata del pianeta Naboo o di qualsiasi altra che il ragazzo avesse mai visto. Non credeva che il suo piccolo amico sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere. L’attacco colpì in pieno il serpente, mandandolo a schiantarsi proprio contro la faccia disperata della sua padrona: poi i due, uniti a James ed a Weezing, furono sparati in alto, sempre più in alto, oltre l’altezza della Mole Antonelliana, silenziosa osservatrice di quello strano duello.
Si sentì pervadere da una gioia indescrivibile “Evvai, Zachar, abbiamo vinto! Yuppie! Siamo stati grandi! Aspetta che lo racconti a Misty e Brock e ……”
Tornò la luce.
Bianca e accecante, intensa come fissare il sole stesso, il simbolo che la prova era stato superato comparve, lacerando il mondo. Torino, la Mole, i Ribelli, l’arena, la pioggia, tutto esplose nella luce bianca, come immagini riflesse su decine di specchi che venivano infrante in un sol colpo. La maga diventò sempre più luminosa, assorbendo dentro di sé l’energia necessaria per portare avanti quel fantomatico rito, ma stavolta aveva sulle labbra un’espressione molto più gioiosa, soddisfatta, libera. Lo sguardo di chi aveva vinto una parte delle proprie paure.
L’attimo dopo si ritrovarono di nuovo in un’anticamera del Castello dell’Oblio. Era fredda, vuota, pietrificante come quella di prima, ed alle sue spalle sentì il portone della seconda Stanza della Memoria chiudersi. Davanti a loro, identico, si stagliava l’ingresso per la prova successiva.
“Zachar, secondo te quante ce ne saranno ancora ……”
“Non lo so, però ……”
Lui guardò il punto dove la sua amica indicava: distesi alla loro sinistra vi erano Auron e Kaspar, il primo con le mani strette intorno alla sua spada e l’altro con le mani avvolte da scintille azzurre, cariche di energia. Ma entrambi stavano dormendo nella grossa.
Zachar si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto: “Ash, direi che loro hanno fatto la scelta più saggia! Che ne pensi di fare un riposino?”.
“E’ il piano più geniale che abbia mai sentito, Zachar!”.
  
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