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Autore: _Sihaya    13/08/2006    6 recensioni
E se Ryota decidesse di dichiararsi ad Ayako proprio il giorno di S. Valentino?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayako, Ryota Miyagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angel

Angel

( Valentine’s Day )

 

* * *

I want your love let’s break the wall between us

Don’t make it tough I’ll put away my pride

Enough’s enough, I’ve suffered and I’ve seen the light

You’re my angel, come and save me tonight.

(Aerosmith,  Angel)

 

* * *

 

13 FEBBRAIO

 

“Ciao Ayako! Ho portato i soldi per la gita scolastica!”

 

“Oh, Finalmente!”

 

“Senti Aya, sei sicura di cavartela da sola? Mi sembri un po’ stanca! Non ti sembra i esserti presa troppi impegni? C’è la scuola e devi occuparti della squadra di basket, forse hai esagerato ad offrirti per organizzare anche la gita?”

 

“Oh, no, non preoccuparti, va tutto bene!”

 

“Beh, se dovessi avere bisogno puoi chiedere a me, ti aiuto volentieri!”

 

“Grazie Senpai! Ma non preoccuparti, me la caverò!”

 

“Ah, a proposito, se hai un po’ di tempo, questa sera andiamo al cinema, ti va di unirti a noi?”

 

Ayako ci pensò un po’ e decise che in fondo le avrebbe fatto bene un po’ di svago: “Sì, per me va bene.”

 

“Ok, allora a questa sera! ^_^”

 

Ayako ripose i soldi della compagna fra gli altri destinati alla gita scolastica della classe. In effetti, da quando si era presa l’impegno di organizzare la gita, le sue giornate erano diventate incredibilmente corte, era piuttosto stanca e sentiva il bisogno di un po’ di tempo libero, per riposarsi, ma anche quel pomeriggio avrebbe dovuto seguire gli allenamenti della squadra. Non poteva mancare a quell’appuntamento, dopotutto i ragazzi facevano grandi sacrifici e in fondo anche lei si sentiva membro della squadra e doveva fare la sua parte.

 

Disegnò una crocetta su un foglio a fianco del nome della compagna che aveva appena pagato. Sospirò. Manca solo Miyagi.

 

Proprio in quel momento il ragazzo entrò in classe. “Ciao Ayacuccia!!” la salutò calorosamente. La ragazza arrossì: non voleva essere chiamata in quel modo in classe: la metteva in imbarazzo. “Miyagi, ti ho già detto di non chiamarmi così!”

 

“Oh, scusami Aya-chan”

 

-_-! …Sigh…Ma mi ascolta quando parlo…neanche glielo avessi chiesto in arabo…, pensò la ragazza, sconsolata. Poi alzò lo sguardo e rimproverò il compagno: “Miyagi, non mi hai ancora portato i soldi della gita. Manchi solo tu! Io non posso aspettare ancora per…”

 

“Ah, già!”, la interruppe lui, “mi ero completamente dimenticato di dirtelo! Io non vengo.”

 

Lei lo guardò sorpresa: “Come, non vieni?”

 

Lui, imbarazzato, si portò una mano dietro la nuca, gli dispiaceva davvero non andare in gita per quei tre giorni con la sua dolce Ayako, ma c’era qualcosa di più importante: “Io ho pensato di rimanere a casa, per allenarmi. E’ vero, si tratta solo di pochi giorni, ma non mi sembra giusto che gli altri della squadra rimangano qui a lavorare mentre io vado a divertirmi in gita.”, disse così, ma in realtà gli dispiaceva proprio lasciare il campo da basket, anche solo per tre giorni.

 

Ayako rimase ad osservare quel ragazzo con l’aria da bulletto e con un talento straordinario per il basket. Dovevo capirlo, pensò triste: le dispiaceva un po’ che l’amico non venisse in gita. Passava buona parte della giornata insieme con lui, prima in classe e poi in palestra, e ormai lo conosceva bene e lo considerava un vero amico.

 

“Capisco…” disse e si sedette al suo banco. Lui notò la sua aria pensierosa: “Ayacuccia sei sicura di stare bene?”

 

“Sto benissimo.” rispose seccata facendogli cenno con la mano di andarsene.

In quel momento entrò il professore.

 

Miyagi non aveva molto interesse per la lezione, pensava alla sua Ayako, era preoccupato per lei: si occupava di troppe cose ed era sicuramente stanca. Avrebbe bisogno di divertirsi un po’. Magari potrei chiederle di uscire con me, solo per divertirci… ^///^ … Nooo… ma che sto pensando!! Non accetterebbe mai!

 

Certo prima o poi avrebbe dovuto dirglielo: il sentimento che provava per lei era diventato così profondo che non riusciva più nemmeno a nasconderlo. Anche gli altri della squadra né erano a conoscenza e forse anche la sua classe lo aveva capito. Sentì un groppo in gola.

 

Domani è il 14.

 

Il giorno successivo la scuola avrebbe festeggiato S. Valentino e lui aveva pensato che quello sarebbe stato il momento adatto per rivelarle con onestà i suoi sentimenti. Sakuragi, dopo una lunga discussione, lo aveva convinto che la cosa migliore da fare era scriverle una lettera. Il rossino consigliava di nasconderla nell’armadietto o nella cartella, ma lui aveva deciso di consegnarla di persona.

 

Aveva già preso un piccolo bigliettino rosa, ma non aveva ancora deciso cosa scriverle.

 

L’ora di pranzo era vicina e la campanella non tardò a suonare. Miyagi raccolse la borsa e aspettò che la sua piccola Ayako fosse pronta. Poi, preso tutto il suo coraggio, la invitò a mangiare. “Scusami Aya-chan, io… io mi chiedevo se… per caso… ti andrebbe di pranzare con me… oggi… prima degli allenamenti…”, lei lo fissò, incapace di comprendere quanto gli fosse costata quella richiesta: “No. Oggi non posso, devo andare in segreteria a prendere i moduli da compilare per la gita.”

 

“Oh,…” il ragazzo era dispiaciuto, ma nemmeno troppo sorpreso, non si aspettava certo che accettasse. Ayako non sarebbe andata alla mensa quel giorno, ma nemmeno lui ci andò. Si diresse direttamente in palestra e rimase a giocare, da solo, aspettando che anche gli altri si unissero a lui.

 

I compagni non tardarono ad arrivare, e anche la sua Ayako li raggiunse. Gli allenamenti proseguirono per tutto il pomeriggio e la ragazza incominciava a sentire i segni della stanchezza, la testa le faceva un po’ male e avrebbe voluto andarsene a casa a dormire; si ricordò, però, che aveva promesso alle sue compagne di classe di andare al cinema con loro, e si rassegnò all’idea che anche quel giorno non avrebbe potuto riposarsi.

 

La sera era ormai calata e Ayako stava aspettando che i ragazzi lasciassero gli spogliatoi per tornare a casa. Miyagi, già pronto, si era seduto accanto a lei a farle compagnia.

 

“Ciao Ayako!!”

 

La ragazza si voltò: una delle sue compagne di classe era entrata, correndo, in palestra.

 

“Oh, ciao Yumi! C’è qualche problema?”

 

“Beh, …ecco… per questa sera … non si va più al cinema, alcune non possono venire e così abbiamo rimandato… mi dispiace di fartelo sapere così tardi!”, disse la ragazza ancora ansimante.

 

Ayako sorrise “Non preoccuparti, non mi crea nessun problema!”, era decisamente sollevata a quella notizia, quella sera avrebbe potuto riposarsi come sperava. Salutò l’amica e quando uscì dalla palestra tirò un sospiro di sollievo. Miyagi vedendola, interpretò quel sospiro come un segno di disapprovazione: “Senti Aya-chan, se ci tieni ad andare al cinema,… ”, deglutì, “p…potrei accompagnarti io… se vuoi…”

 

Lei lo fisso sorpresa e scoppiò a ridere: “Ma non dire cavolate! Non verrei mai al cinema con te! Non mi fido!”, lui ci rimase malissimo; lei continuava a trattarlo in quel modo senza accorgersi di ferirlo profondamente ma non si perse d’animo e ritentò: “Beh, allora potrei almeno accompagnarti a casa…”.

 

“La vuoi smettere con questa storia una volta per tutte Miyagi! Sono stanca e non ho alcuna voglia di scherzare ok?”

 

La ferita che il primo rifiuto aveva provocato era solletico in confronto al dolore che gli provocò quella frase. Si portò una mano allo stomaco e raccolse la sua borsa avviandosi, mortificato, verso l’uscita.

 

Ayako si era accorta di aver esagerato e di averlo trattato veramente male: in fondo si stava solo preoccupando per lei.

 

Domani mi scuserò.

 

* * *

14 FEBBRAIO

 

Miyagi non era riuscito a chiudere occhio tutta la notte ed era giunto a scuola con almeno mezz’ora d'anticipo sull’inizio delle lezioni. Era seduto al banco e rigirava fra le mani il bigliettino rosa che avrebbe dovuto consegnare ad Ayako. Alla fine aveva trovato qualcosa da scrivere.

 

Mi sento così idiota… come può pensare Sakuragi che sia la cosa migliore…le parole che la ragazza gli aveva detto il giorno prima continuavano a rimbombargli nella testa: devi smetterla con questa storia una volta per tutte. Devo smetterla, forse è meglio così, dovrei lasciar perdere e basta, tenere per me tutto quanto e conservare ancora quel poco di dignità che mi rimane. Lei non è il tipo di persona a cui fanno piacere queste cose…

 

Al diavolo Sakuragi…, pensò, stropicciando con decisione il bigliettino e rimettendolo in tasca.

 

Aveva deciso di non consegnarlo.

 

“Ah ha! Ti ho scoperto!”

 

Una voce lo fece sussultare.

 

“A…A.. Ayako!”, la guardò terrorizzato: doveva essersi alzata anche lei piuttosto presto quella mattina e chissà da quanto tempo era lì.

 

“Ti ho visto sai! Avevi un bigliettino rosa in mano e l’hai nascosto in tasca! Chi te l’ha mandato!!??” chiese lei agitata e curiosa. Lui si ritirò “n…nessuno!”

 

“Non mentire! L’ho visto! Di chi è?? Un’ammiratrice vero? Dai fammelo vedere!”

 

Lui si allontanò ancora di più con la sedia dalla ragazza, che continuava ad avvicinarsi pericolosamente.

 

“NO”, disse con decisione. Ma lei non lo stette a sentire lo aggredì cercando di mettergli una mano in tasca per prendere il biglietto: “Dai Miyagi! Di cosa ti vergogni!! Siamo amici no?”, “Ti prego Ayako, fermati” lei gli appoggiò una mano sul petto e infilò l’altra, senza ritegno, nella tasca dei pantaloni. Si era appoggiata completamente a lui e nascondeva la testa sulla sua spalla ridendo, mentre muoveva la mano dentro la tasca per cercare il pezzo di carta, lui sentì le guance prendere fuoco: sentirsi addosso le mani della ragazza gli diede alla testa, si ricordò per un attimo del biglietto e cercò debolmente di allontanarla da sé, ma non voleva: non avrebbe rinunciato a quella sensazione per nient’altro al mondo. Afferrò la ragazza per la manica e si abbandonò completamente a quel gioco. Si lasciò andare all’indietro mentre il cuore gli batteva a mille, ma la sedia, pericolosamente inclinata, non tardò ad obbedire alle leggi fisiche portando con sé i due ragazzi, che caddero a terra l’una sull’altro.

 

“Ahi!” Miyagi aveva battuto la testa.

 

Si portò una mano alla tempia, sofferente più per la brusca interruzione che per il dolore. Lei si sollevò spaventata “Oh, Miyagi! Scusa! Mi dispiace io…” lui la stava fissando sconvolto e lei si ricordò di cosa teneva in mano: aveva ottenuto il bigliettino tanto desiderato e la curiosità prese il sopravvento anche sulla preoccupazione per l’amico. Si alzò svelta prima che lui potesse afferrarla e aprì la busta estraendo il biglietto.

 

Me la sono cercata, il ragazzo chiuse gli occhi come se quello avesse potuto farlo scomparire.

 

Ayako gli sorrise maliziosamente e lesse il pezzo di carta:

 

Ti amo.

Ryota

 

Nient’altro.

 

Sul biglietto era stato capace di scrivere solo quello, ogni altra cosa gli era sembrata stupida, ma ora gli sembrava terribilmente stupida anche quella.

 

Lei rimase a bocca aperta: pensava che fosse qualche lettera d’amore di un’ammiratrice, non le era nemmeno passato per la testa che potesse essere un biglietto scritto da lui.

 

Ma per chi è??

 

Girò il biglietto per vedere a chi era destinato, ma non c’era scritto nulla. Ayako si sentiva le mani gelare, era imbarazzata per quello che aveva fatto e sapeva di aver esagerato. Ma voleva sapere di chi si era innamorato.

 

Forse dovrei fermarmi qui, la cosa non  mi riguarda, si disse, ma prese la busta e la girò:

 

Ayako

 

Sul retro della busta c’era scritto il suo nome.

 

Il mio nome. Non è possibile.

 

Si sentì trafiggere. Lei era la destinataria di quelle parole. Sentiva di aver fatto qualcosa di terribile, poteva percepire la vergogna che il compagno stava provando in quel momento e non ebbe nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo.

 

Lui si alzò in piedi, con la testa china e le passò accanto urtandole il braccio.

“R...Ryota, io…”

 

Lui non si fermò ad ascoltarla, uscì dall’aula con le mani in tasca. L’umiliazione che provava era enorme tanto da fargli desiderar di morire, di sparire per sempre, di non vederla mai più.  

 

“Ryota ti prego aspetta!” gridò la ragazza, ma lui era già andato. Lei corse fuori dall’aula e si guardò intorno ma non c’era più traccia del ragazzo.

 

Miyagi non tornò più in classe per tutta la mattinata, e lei continuò a fissare il suo banco vuoto, preoccupata e disperata. Non aveva mai pensato che lui fosse innamorato di lei in quel modo. Certo, spesso aveva tentato di farle la corte, ma aveva sempre creduto che scherzasse. Ora doveva affrontare la cosa: quello che aveva fatto era imperdonabile, sentì le guance avvampare al solo pensiero di come si era comportata quella mattina con lui. Quella che lei aveva sempre creduto un’amicizia era in realtà qualcosa di molto più grande e lei non lo aveva mai capito.

 

Sono davvero stupida.

 

Il pomeriggio si diresse in palestra, imbarazzata all’idea di incontrarlo: sapeva che la scuola non gli importava, ma non avrebbe mai saltato gli allenamenti. E infatti lui era là, già in campo a giocare con gli altri. Questa volta non la salutò come sempre e non le rivolse nemmeno la parola.

 

Mi odia, pensò la ragazza, e come posso biasimarlo, mi odio io stessa per quello che ho fatto. Rimase a guardarlo a lungo mentre si allenava in campo: era davvero bravo, era abile e veloce e quella era la sua forza.

 

E’ un playmaker straordinario. Lo vide andare a canestro aggressivo e arrabbiato, una rabbia che doveva sfogare e di cui lei era la fonte.

 

Gli allenamenti finirono presto quella sera e lui fu il primo, come al solito, ad uscire dallo spogliatoio, ma questa volta non si fermò con Ayako: le passò accanto senza nemmeno salutarla e uscì dalla palestra.

 

La ragazza sentì un groppo in gola, avrebbe voluto mettersi a piangere, ma a cosa sarebbe servito? Era disperata all’idea di perdere un amico e si detestava, si odiava terribilmente. Un dolore forte la colse e fu costretta a chinarsi a terra stringendosi una mano sullo stomaco. Gli altri ragazzi stavano uscendo dallo spogliatoio e la videro accasciarsi a terra.

 

“Ayako!! Ayako! Ti senti male ?”

 

“Ayako, come stai?”

 

“Va tutto bene, sono solo un po’ stanca” rispose la ragazza cercando di rialzarsi, ma non ci riuscì.

 

“Ti portiamo a casa noi, non ti sforzare”, Hanamichi la guardava preoccupato: “vieni, ti porto sulle spalle”, disse e la sollevò di peso. La ragazza venne accompagnata a casa: era grata ai ragazzi per quello che avevano fatto, ma avrebbe voluto che ci fosse Miyagi a starle vicino. 

 

Una volta in casa si distese sul letto, e scoppiò in lacrime, pianse a lungo, sola nella sua stanza, liberandosi di tutto quello che aveva trattenuto in quella orribile giornata.

 

* * *

15 FEBBRAIO

 

Ayako socchiuse gli occhi disturbata dalla luce che filtrava dalla finestra, guardò la sveglia e si decise ad alzarsi anche se era ancora presto. Si guardò allo specchio. Gli occhi erano ancora gonfi per il pianto della notte scorsa e per la stanchezza, ma lo sguardo era risoluto. Aveva riflettuto e aveva capito molte cose. Si pettinò i capelli ricci e li legò in una coda, come sempre. Rimase un po’ ad osservarsi e poi li sciolse. Così sono più carina, pensò, chissà se Miyagi verrà a scuola oggi? Devo assolutamente parlargli. Sono stata così cieca, se solo me ne fossi accorta prima, gli avrei evitato tutta questa sofferenza.

 

 

Fu felice di arrivare a scuola e vedere che Miyagi era già in classe. Si sedette al banco e rimase a pensarlo per tutta la mattina. Le fece tenerezza mentre cercava di difendersi dal professore d’inglese che lo sgridava per non aver fatto, ancora una volta, i compiti.

 

Non le fu facile rimanere concentrata nemmeno in palestra, dove il playmaker continuò a sfogare la sua rabbia che non sembrava placarsi.

 

Era più che decisa a parlargli, aveva pensato e ripensato più volte a quello che doveva fare e stava aspettando la fine degli allenamenti per poter rimanere da sola con lui.

 

I ragazzi erano nello spogliatoio. Miyagi, non si era affrettato a prepararsi; anzi era rimasto tra gli ultimi, insieme a Mitsui e Sakuragi. Lei tirò fuori dalla cartella i moduli compilati per la gita: quello era l’ultimo giorno disponibile per consegnarli. Li riordinò aspettando che i ragazzi finissero di cambiarsi. Finalmente i tre uscirono, ridendo, dallo spogliatoio dirigendosi insieme verso l’uscita.

 

“Miyagi, aspetta!”

 

Il ragazzo colto di sorpresa si fermò; Ayako lo stava chiamando, ma non ebbe il coraggio di voltarsi verso di lei. Gli altri due si bloccarono sorpresi dal tono serio della ragazza: il playmaker non aveva raccontato loro nulla di quello che era accaduto il giorno prima.

 

“Che c’è?” rispose, cercando di mantenere un tono indifferente, lei fece un respiro profondo per calmare il suo cuore che batteva spaventosamente forte, “Devo andare consegnare i moduli per la gita in segreteria… puoi accompagnarmi?”

 

Con la borsa legata sulla fronte, il ragazzo si mise le mani in tasca e fece per andarsene: “Non mi va”. Ayako fu sorpresa da quel rifiuto, ma voleva assolutamente parlargli: “Perché non vuoi venire?”

 

“E’ solo una perdita di tempo”, rispose il compagno di classe, seccato.

 

Lei non riuscì a trattenersi: “Beh, non mi sembra che tu abbia molte cose da fare!”

 

Il giocatore si voltò, offeso: “Cosa ne sai tu di quello che devo fare!? Non mi va di venire con te alla segreteria.”

 

Lei, testarda, non volle rassegnarsi e tentò un’ultima volta: “Miyagi, ti prego, ho bisogno di parlarti, … da sola…”

 

Il ragazzo si aspettava quella frase, ma non era ancora pronto a parlare di quello che era successo e ad accettare le sue scuse: “Che cosa devi dirmi che i miei amici non possono ascoltare?”, la provocò.

 

Ayako si sentì sconfitta.

 

Aveva distrutto la sua possibilità di spiegargli come stavano le cose.

 

Poi ebbe un’idea.

 

Posso fare ancora qualcosa, pensò. Lei lo aveva umiliato e ora poteva fare la stessa cosa con se stessa: gli avrebbe detto di fronte a tutti come stavano le cose, umiliandosi, e in questo modo, forse, avrebbe potuto dimostrare quanto teneva al suo perdono.

 

Il numero 7 la stava fissando e aspettava la sua risposta. Lei raccolse tutto il suo coraggio, molto di più di quello che credeva di avere, e avanzò, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. Si alzò lievemente in punta di piedi e lo baciò. Appoggiò appena le sue labbra su quelle del ragazzo, ma fu abbastanza per sconvolgerlo. Era arrossita fino alle orecchie; Mitsui e Sakuragi la stavano fissando attoniti a bocca aperta. Lei non poté più resistere e corse fuori dalla palestra.

 

Miyagi era rimasto lì, impalato e incredulo, con ancora la sensazione delle calde labbra di Ayako che premevano sulle sue.

 

La borsa era caduta in terra.

 

Mitsui gli passò una mano davanti agli occhi come per risvegliarlo, ma lui non si mosse “Hey Miyagi?? Pronto?? Sei ancora vivo??”, Hanamichi scosse il ragazzo: “MA DICO SEI SCEMO!! AYAKO TI HA APPENA BACIATO E TU TE NE STAI QUI IMPALATO COME UN PESCE LESSO!?? DEVI ASSOLUTAMENTE RAGGIUNGERLA!!”, lui si riscosse sentendolo urlare: l’amico aveva ragione, doveva raggiungerla. Fece qualche passo all’indietro, titubante, poi si decise e corse fuori. Si fermò sulla soglia della porta guardandosi intorno per cercare la sua Ayako.

 

Non c’è più! Dove può essere andata?

 

Ah, già! In segreteria!

 

Corse quasi disperato dentro la scuola, lungo i corridoi, verso la segreteria cercando la ragazza. La vide da lontano, mentre s’avvicinava all’ufficio con i moduli in mano, “Ayako! Ayako, fermati!…”, lei continuò imperterrita a camminare ma lui, ormai senza fiato, la raggiunse e le mise una mano sulla spalla costringendola a voltarsi. La ragazza lo aveva sentito, ma non aveva avuto il coraggio di fermarsi. Sapeva che l’avrebbe raggiunta, ma quel gesto brusco la colse di sorpresa: i fogli le scivolarono dalle mani e si sparsero in terra.

 

“Oh, scusami.. io…”, fece il ragazzo ancora ansimante per la corsa. Si chinò per raccogliere i fogli e per riparare al danno che aveva fatto con la sua irruenza. Ayako si inginocchiò accanto a lui, silenziosa, per aiutarlo nella raccolta.

 

Miyagi si fermò per riordinare il plico di fogli che teneva in mano e lei gli porse quelli che aveva raccolto per unirli ai suoi. La vide nascondere il viso fra i capelli: adorava i suoi capelli e il loro profumo e quando erano sciolti la rendevano ancora più bella. Appoggiò i fogli a terra pervaso da una emozione indescrivibile. Quando lo aveva baciato aveva visto realizzarsi il più impossibile dei suoi sogni, ora toccava a lui rendere quel sogno ancora più bello. Allungò una mano per sfiorarle la guancia, poi le prese il viso fra le mani e chinandosi su di lei, la baciò. Di nuovo sentì il calore delle sue labbra che ricambiavano il bacio. Assaporò la bocca morbida della ragazza perdendosi nella dolcezza dei suoi movimenti. Lei la socchiuse permettendo alle loro lingue di sfiorarsi e di incominciare a giocare lentamente; portò una mano ad accarezzargli timidamente i capelli dietro la nuca, dov’erano più corti; lui si abbandonò a sensazioni sempre più intense tanto da temere che il suo cuore potesse scoppiare.

 

Si scostò da lei, per riprendere fiato, sconvolto da quelle emozioni. Non riusciva ancora a credere che stesse accadendo tutto per davvero. Appoggiò la fronte a quella della ragazza. Desiderava dire mille cose, parlarle, raccontarle quello che provava. Rimase, così appoggiato a lei per un po’ cercando le parole, poi la baciò sulla fronte:

 

“sono felice”, disse.

 

Lei sorrise e gli mise le braccia al collo stringendo a sé il suo playmaker con l’aria da duro, ma con il cuore tenero.

 

“Anch’io sono felice”.

 

Rimasero legati l’uno all’altra finché il ragazzo si ricordò dei moduli che dovevano essere consegnati. Si separò da lei anche se controvoglia, raccolse i fogli e si rimise in piedi. Le allungò la mano per aiutarla, lei si alzò e scosse la gonna dalla polvere.

 

“Andiamo Aya, ti accompagno alla segreteria”, disse il ragazzo mettendole un braccio intorno al collo e stringendola a sé: “tanto non ho niente da fare!”.

 

“Lo sapevo”, disse lei sorridendo e abbracciandolo stretto, “ti voglio bene”.

 

 

 

- FINE -

 

 

   
 
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