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Autore: ShunLi    28/12/2011    2 recensioni
Incontrarlo non era stato così male... Era una persona brava e affidabile, di parola e affascinante. Federico era fortunato ad avere un padre così... Doveva tenerselo stretto quell'impavido Auditore... Così avrebbe rivisto più spesso quello che era diventato la sua nuova (forse?) Figura Paterna.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Giovanni Auditore da Firenze
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vieri aspettava.
Erano le 5 ed era sul porticciolo che aspettava. Guardava con sospetto i passanti che non facevano altro che scambiarsi qualche battuta sottovoce. Temeva fossero i tanti pettegoli di Firenze, che  si mettevano a ciarlare di una qualche reciproca attenzione che Vieri aveva nei riguardi di Federico Auditore. Si sapeva bene che tra gli Auditore e i Pazzi non scorreva buon sangue. Sarebbero arrivati anche ad uccidersi, dicevano alcuni, il fatto che Ezio e Vieri si litigassero per le strade non faceva altro che alimentare le lingue di chi teneva il gazzettino dei pettegolezzi. Vieri sospirò.
Le 5 e un quarto.
Avrebbe aspettato un solo minuto e poi se ne sarebbe andato. Il piccolo fagotto che aveva in tasca gli pesava in modo orribile, era come se tutta Firenze l'avesse visto. L'ultima volta che Federico gli aveva fatto un regalo era una piuma d'argento, una spilla, così piccola che poteva portare appuntata alla blusa, senza che i suoi o qualcun'altro se ne accorgesse. La portava in modo fiero e altezzoso come al suo solito, ma Federico riusciva sempre a smontarlo con qualche sua battuta. Così Vieri lo mandava a quel paese, così, anche che se qualcuno sentiva, almeno non li avrebbero accusati di sodomia. Ma l'avrebbero fatto uguale, ogni volta che Federico gli teneva i fianchi. Li avrebbero accusati, se quando Vieri cercava di dargli uno schiaffo, Federico rispondeva con un bacio. E alla fine, quando Federico entrava dentro di lui, Vieri pensava che non gliene sarebbe importato di meno se qualcuno li avesse addittati come pervertiti.
Si era meravigliato tante volte, non trovava alcuna spiegazione logica. Sarebbe dovuto nascere femmina, forse puttana. Oppure Federico era estremamente bravo. E ciò lo riempiva di gelosia. Gelosia perchè, sapeva che suo padre Giovanni era stato un playboy, ai suoi tempi. E lo stesso Federico. Lo circondava sempre uno stuolo di ragazze vocianti e fastidiose, quando era nei paraggi. E Vieri si sentiva inferiore. Quindi aveva cercato di farlo suo, anche con i mezzi più sporchi, affinchè nessun altra ragazza potesse più toccarlo.
"Se credi che agendo così mi allontanerai da qualsiasi creatura vestita di crinolina, ti sbagli di grosso."
"Stai zitto bastardo."

Una volta aveva preferito invertire i ruoli. Federico aveva accettato perchè voleva vederlo sopra di lui, su di lui, verificare cosa sapesse fare. Non che ne avesse bisogno in realtà, si vedeva da lontano un miglio che il corpo di Vieri era magro ma longilineo, armonioso e morbido, proprio come quello di una ragazza, forse non adatto a spingere con il bacino, che sembrava piccolo e poco forte. La prima volta che Federico aveva posato le mani su di lui era stata un esperienza indescrivibile, si erano fatti male, ma avevano continuato. Era stato entusiasmante e quasi una sfida, ma la faccia di Vieri durante l'orgasmo era stata assolutamente impagabile. Così, mentre pensava alla loro prima volta, ecco che la spinta poderosa di Vieri lo aveva fatto gemere più del dovuto. Federico si tappò la bocca,  rimangiandosi tutto quello che aveva pensato. Vieri si leccò le labbra con fare soddisfatto.
Continuarono a farlo finchè il sedere di Federico non fu diventato rosso.

Vieri si era seduto, spostando la saccoccia in velluto nero sulle gambe. Non gli importava più se la gente lo vedeva. Federico non era arrivato e il ragazzo si era ripromesso che dopo un minuto si sarebbe incamminato verso casa. Ma aveva aspettato uguale, invano. Che illuso, pensò. Si tolse il cappello e con aria avvilita sbuffò. Poi una persona si sedette al suo fianco. Vieri non ci fece caso. Sospirando un altro pò si alzò e fece per andarsene, e gli cadde il fagotto dalle gambe. Si chinò per raccoglierlo, ma una mano più veloce della sua l'afferrò. "E' davvero pesante per un giovine come te. E poi, non credo sia periodo di regali, non siamo ancora a Natale." Vieri si girò verso quella voce profonda ma tanto rassicurante, che sembrava la versione adulta di Federico. Ma non era lui, era il padre!

"Gio-Giovanni Auditore?!"
"Buonasera Vieri. E' davvero una splendida serata non trovi?" Disse Giovanni, in modo cortese.
Vieri era spaventato, oltre che allibito. Giovanni Auditore? Ma, la loro rivalità tra famiglie? La gente? Federico? Perchè c'era lui al posto suo?
"Cosa, cosa ci fa lei qui?"
"Sono venuto solo a fare una passeggiata. E siccome questo è il mio luogo preferito, ho deciso di fermarmi un pò. Sai, su questa stessa panchina ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia futura moglie."
Vieri non riusciva a spiccicare una parola sensata, nemmeno una battuta saccente. Giovanni era diverso da suo padre, gentile ed autoritario allo stesso tempo. Pensò all'istante che Federico fosse fortunato ad avere un padre come Giovanni. Il suo umore peggiorò drasticamente.
"E poi ho visto un ragazzo fin troppo triste su questa panchina. Aspettavi qualcuno?"
"S-si." Non seppe mentire a quell'uomo. Sentiva le lacrime salirgli agli occhi. Si girò per dare mezza schiena all'Auditore, mentre quest'ultimo si rigirava tra le mani il piccolo fagotto.
"Sai pure oggi uno dei miei figli era triste. Era triste perchè non poteva uscire. Ultimamente i dottori ci mettono in guardia di stare coperti alla sera, ma quel testone di Federico preferisce saltare di tetto in tetto solo con la sua stupida giacchetta..."
Al nome di Federico, Vieri si allarmò "Sta bene?"
"Ha qualche decimo di febbre e ha un mal di gola così forte che non riesce a proferire parola. Ad un certo punto però la febbre è iniziata a salirgli sempre di più e ha cominciato a delirare a proposito di un appuntamento..."
A Vieri si bloccò il respiro. Non poteva credere che con una semplice febbre, avesse potuto dire di loro due. Non l'avrebbe mai fatto. Non poteva, era la prima regola, non scritta, non verbale, ma la prima in assoluto.

"Non parlare e non nominare il mio nome al di fuori delle nostre scappatelle."

"Diceva che doveva incontrarti, Vieri de Pazzi. Ora non so che tipo di rapporto intrattieni con mio figlio e sinceramente non mi importa. Le nostre due famiglie si odiano si, ma non credo ci sia motivo perchè anche le generazioni future debbano portare con loro anche l'odio dei genitori verso altri della loro età, che non c'entrano nulla, in una faida tra casati."
Vieri rimase a bocca aperta.
"Cosa le fa pensare che anche noi non dovremmo odiarci?"
"Perchè siete giovani e pieni d'inventiva. Le nuove generazioni hanno bisogno di unirsi e stabilire fondamenta sicure per la nostra Firenze, non distruggerla."
"Parlate come sapeste che prima o poi queste cose cesseranno, Signore."
"Infatti prima o poi cesseranno. Io ci credo, figlio di De Pazzi. E tu?"
Ancora una volta, Vieri si ritrovò senza una risposta da dare. Giovanni Auditore si alzò dalla panchina.
"Federico starà bene in due o tre giorni al massimo. Ma ci teneva davvero molto al vostro appuntamento. Quindi non essere triste giovanotto, altrimenti le belle ragazze non guarderanno i musoni come te." E sorrise. Vieri sorrise imbarazzato e si mise il suo cappello.
"Per favore, Signore..." Disse, prima che l'Auditore si allontanasse.
"Dimmi."
"Il fagotto. Potreste consegnarlo a Federico da parte mia? Come regalo di buona guarigione." Vieri sperava in una risposta positiva. Di quell'uomo, era sicuro che poteva anche fidarsi.
"Certo ragazzo. Ora torna a casa, si è fatto tardi."
Vieri annuì, più rinfrancato che mai.

Concentrato sui suoi passi, Vieri pensò allo strano incontro. Giovanni Auditore era un uomo davvero bravo e affidabile, di parola e affascinante. Non come suo padre. Da suo padre, un uomo abbastanza burbero, da cui cercava di ottenere tutte le attenzioni possibili, non ci riusciva in alcun modo. Era sempre messo da parte. Federico sapeva di quella sua sofferenza, ma non era bastato a confortarlo. Era sempre la stessa storia. Vieri tornava a casa, mangiava una fetta di pane imburrato, suo padre si presentava alla porta, chiedendo dove fosse stato per tutto il pomeriggio. Vieri scrollava le spalle, credendo che l'indifferenza della risposta non avrebbe influito sul padre e invece scatenava di più chissà cosa, sentendolo gridare così forte, che credeva che la cristalleria di sua madre si sarebbe frantumata in qualsiasi istante. "NON TI PERMETTERE DI AZZUFFARTI ANCORA CON QUEL LURIDO FEDERICO! LA FAMIGLIA AUDITORE E' LA NOSTRA DISGRAZIA, E' DA SCONFIGGERE, DA CACCIARE DALLA NSOTRA BELLA FIRENZE! DEVI COMBATTERE OGNI GIORNO PER LA CONQUISTA DEL TERRITORIO FIGLIO MIO..." E via ancora con altre espressioni più colorite.
Vieri si sdraiò nel suo letto, sentendo ancora, attraverso le pareti, la voce di suo padre. Ne aveva abbastanza, ma non poteva fare nulla per fermarlo.
Si tolse le scarpe, la giacca, i guanti, il cappello e tutto ciò che gli era d'impiccio, per ritrovarsi sotto le coperte a sonnecchiare.
E si ritrovò a pensare al papà di Federico. Lui si che era fortunato. Aveva un padre meraviglioso.
Avrebbe dovuto tenerselo più stretto quel ragazzo. Non voleva perderlo. E non voleva perdere altre lezioni di vita da quella che stava considerando il suo nuovo eroe.
E forse figura paterna. 
  
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