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Autore: Acqua Efp    29/12/2011    5 recensioni
Gli occhi erano chiusi e sulle labbra era impresso un ultimo sorriso.
«Svegliati...» fu un primo sussurro.
«Svegliati...» la voce si alzò di un'ottava.
«Svegliati, dannazione, svegliati!» i pugni minuti battevano con poco vigore sul suo corpo, come se avessero saputo che dopotutto non c'era soluzione.
(...)
«Ancora una volta. Ti prego, Dio. Un solo saluto, un solo abbraccio. Ti prego».
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Slytherin the heart of a Gryffindor'
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One more time - pubblicata

Questa one-shot nasce per partecipare al contest "Casi&Destini" indetto sul gruppo facebook Blue Ladies.
Colgo l'occasione per ringraziare queste splendide ragazze che stanno facendo l'impossibile, e ci stanno riuscendo davvero bene, per riunire le amanti delle Dramioni!

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ONE MORE TIME

 

 

Dio, sono Brenda. Non lo voglio indietro... bè, sì che lo voglio, ma so che questo non lo puoi fare. Dammi solo la forza di resistere, d'accordo? E mi domandavo se magari... non so se è blasfemo o no, probabilmente sì, ma mi domandavo se Tu potessi farmici parlare ancora una volta. Permettergli magari di toccarmi ancora una volta, come ha fatto stamattina.

 So che Tu non tratti spiriti - eccetto naturalmente quello Santo - ma... in sogno, per esempio? So che ti chiedo molto, però... oh, Dio, c'è un vuoto così grande in me stasera. Non sapevo che potessero esserci vuoti così in una persona e ho paura di cascarci dentro. Se farai questo per me, io farò qualcosa per Te. Ti basta solo chiedere. Ti prego, Dio, solo un contatto. O una parola. Anche in sogno.

 Grazie. Sia fatta la Tua volontà, naturalmente. Che mi piaccia o no.

 Amen.

 

Mucchio d’ossa

 

 

          Hermione Granger camminava tra le macerie della sua scuola. La meastosa scuola di magie e stregoneria di Hogwarts era un cumulo di macerie. Studenti e insegnanti si muovevano faticosamente tra mucchi di pietre alla ricerca dei caduti. La battaglia era finita e aveva portato con sé parecchie anime.
          C'era sentore di morte in ogni angolo e lei zoppicava tra anneriture di incantesimi andati a vuoto e corpi irrigiditi dall'anatema che uccide. La speranza era un bagliore minuscolo nel suo cuore. Speranza di ritrovarlo, ferito ma vivo; speranza di vedere di nuovo il suo sorriso malizioso sbucare da dietro un angolo del castello; speranza di sentirsi di nuovo stringere dalle sue braccia.
          La realtà, sebbene nella sua mente quell'ipotesi fosse già stata considerata, la colpì con una sferzata gelida lasciandola senza fiato. Un ciuffo di capelli biondi faceva capolino vicino a uno degli archi caduti del cortile centrale. Mosse i passi velocemente, sempre più in fretta. C'era ancora un poco di quella speranza, era fievole eppure... eppure poteva essere solo svenuto, solo ferito, solo...
          Gridò il suo nome con tutto il fiato che aveva in gola mentre la camminata diveniva una corsa, un grido che si perse nel vento. Quando lo raggiunse le gambe cedettero e si trovò in ginocchio al suo fianco. Le sue ossa reagirono prima della sua mente. Lasciò cadere la faccia sul suo torace e le lacrime sgorgarono dai suoi occhi lente e liberatorie.
          Gli occhi erano chiusi e sulle labbra era impresso un ultimo sorriso.
          «Svegliati...» fu un primo sussurro.
          «Svegliati...» la voce si alzò di un'ottava.
       «Svegliati, dannazione, svegliati!» i pugni minuti battevano con poco vigore sul suo corpo, come se avessero saputo che dopotutto non c'era soluzione.
       «Avevi promesso che non ti saresti fatto ammazzare! Avevi promesso che dopo questa battaglia saremmo stati insieme! Hai mentito, come sempre, dannazione!» Una mano gentile si posò su una sua spalla facendo una leggere pressione per trasmetterle forza.
         «Hermione», la voce di Harry era chiara e, per quanto non avesse mai sopportato Malfoy, portava una leggera sfumatura di dolore.
          «Andiamo», le disse mettendole le mani sotto le ascelle e sollevandola di peso.
          «No».
           «Hermione, non c'è più nulla da fare. Chiameremo qualcuno che venga a portare via il cor...»
          «No!» l'urlo che le uscì dalla gola sorprese lei per prima. Si divincolò dalla sua presa e si ributtò sul corpo inerme di Draco.
        Una preghiera silenziosa. L'ultima volta che aveva pregato aveva undici anni e aveva chiesto di riuscire ad essere una strega brillante, in allora aveva temuto che Dio non volesse ascoltarla proprio per il fatto che fosse una strega, in quel momento, invece, aveva paura di chiedere l'impossibile.
          «Ancora una volta. Ti prego, Dio. Un solo saluto, un solo abbraccio. Ti prego».
          Sapeva che non avrebbe avuto risposta. Non una foglia si mosse permettendole di capire se qualcuno avesse ascoltato o meno la sua richiesta.
       Hermione rimase immobile, la testa appoggiata stancamente sul petto di lui fino all'arrivo di due maghi con una barella. Caricarono il corpo e lei si limitò a seguirli, le dita intrecciate alle sue.
 
       Coricarsi nella brandina in Sala Grande le era costato uno sforzo di energie maggiore di quanto avesse mai pensato, eppure, era bastato appoggiare la testa sul cuscino perché la stanchezza le permettesse di cadere nel mondo onirico.
          «Hermione...» la voce era un sussurro fioco e lontano. Si girò verso il suo possessore ma tutto ciò che vide fu buio. Voltò la testa più volte ma non riuscì a scorgere nient'altro che oscurità fitta e permeante.
        «Hermione, chiudi gli occhi». Sapeva a chi apparteneva quella voce e dovette combattere con il desiderio di cominciare a correre alla cieca nella speranza di trovarlo per poter seguire le sue istruzioni. Per potersi fidare di lui ancora una volta, come aveva fatto quel mattino.
          «Dove sei?», disse mentre abbassava le palpebre.
          «Dove sono sempre stato», l'intonazione aveva quel leggero tono di scherno che usava quando lei gli faceva una domanda ovvia e lui inarcava un angolo della bocca in un sorriso di bonaria derisione.
          Hermione aprì gli occhi e incontrò i suoi, limpidi e grigi come erano sempre stati. Argento liquido.
          «Sei qui».
          «Te lo avevo detto».
          «Perché te ne sei andato?»
          «Non l'ho scelto io».
         «Non scegli mai, tu. Lasci che siano gli altri a decidere per te, non combatti. Perché oggi non hai combattuto? Per salvarti, per restare con me. Non hai mai lottato per noi, era sempre un 'aspetta', un 'presto', un 'dopo', ma adesso non c'è più un dopo. Tu non ci sei più!» le lacrime sgorgarono dalle sue iridi facendola dubitare di star veramente sognando. Si poteva piangere in sogno?
          «Sono qui, Hermione». Lei scosse la testa.
       «Toccami», le disse ma lei continuò a muovere il capo e piangere. Alzò gli occhi solo quando un paio di mani si posarono sulle sue braccia attirandola contro un petto solido, troppo solido per essere quello di un fantasma.
         «Ho poco tempo», le disse poggiandole un bacio sul capo, «ho lottato oggi, Hermione, per restare vivo, per restare con te, ma non sono stato abbastanza bravo». Le prese il mento tra pollice e indice e la obbligò a far incontrare i loro sguardi, poi la baciò, dolcemente come mai aveva fatto prima di allora; tutti i loro baci fino a quel momento erano stati un po' rudi, un po' troppo passionali, a volte, un po' troppo violenti altre, in ogni modo mai così dolci, mai come quello.
          «Ti amo, Hermione, avrei voluto dirtelo da vincitore ma purtroppo le cose non sono andate come volevo. Non dimenticarlo». La sua consistenza diminuiva, sentiva le sua mani svanire e le afferrò con più decisione.
          «No! Per favore, non ancora». Più forte le lacrime presero a scendere. Se ne stava andando, per sempre. Aveva avuto ciò che aveva chiesto, un momento, uno solo ed era stato più reale di quanto avesse mai provato nessun altro, un sogno che era più che altro una realtà, ma era troppo presto. Non lo avrebbe più rivisto, mai più. Sarebbe stato solo un mucchio d'ossa e uno squarcio si stava aprendo in lei man mano che immaginava il futuro senza di lui.
          «Voglio venire con te». Draco scosse la testa scompigliando i capelli biondi sempre in perfetto ordine.
          «No, Hermione. Non oggi». Continuava a svanire, di lui non resta altro che una sagoma pallida e non riusciva più a sentire il suo tocco sulla pelle e lo squarcio dentro di lei si allargava maggiormente, diventando una voragine.
          «Arrivederci», le disse mentre con una mano faceva il gesto di scacciarle una lacrima dalla guancia senza realmente riuscirci.
          «Ti amo anche io». Un sorriso e poi fu di nuovo avvolta dall'oscurità.
           
Si svegliò di soprassalto e, sentendo una mano appoggiata al suo braccio, quasi sperò di trovarselo di fronte con il solito sorriso sfacciato e supponente di sempre invece furono due iridi chiare dietro un paio di lenti a incontrare le sue castane.
          «Stai bene?» lei annuì leggermente e si diede della sciocca. Solo un sogno, ecco cos'era stato, ma avrebbe dovuto accontentarsi, dopotutto in quanti potevano dire di aver visto esaudita una delle loro richieste a Dio?
        «Passerà, lo sai? Ci vuole un po', ma passa». Se solo avesse avuto ago e filo per ricucire lo squarcio dentro di sé le cose sarebbero state decisamente più facili ma l'unica cosa che poteva fare era credere nelle parole di Harry, in fondo, chi meglio di lui sapeva cosa voleva dire perdere qualcuno che ci sta a cuore prematuramente? Di nuovo, annuì.
          «Dimenticare...»
          «No, Hermione. Mai dimenticare ciò che ci ha fatto stare bene, altrimenti non avremmo più niente per cui combattere».
          «Se n'è andato, Harry, come posso combattere per i momenti belli con lui se non tornerà?»
          Harry Potter scosse la testa con un sorriso amaro in volto.
        «Combatti perché non ci sia bisogno di combattere più; combatti per dare un senso alla sua morte, Hermione. È morto per salvare te e altri come voi che non avrebbero possibilità se Voldemort vincesse». Hermione lo fissò per un attimo prima di abbracciarlo e lasciar scendere silenziosamente qualche lacrima.
          «Mi ha detto che non potevo andare con lui».
          «Infatti. Ti è stato concesso salutarlo ma sappiamo entrambi che non vinceremo questa guerra senza di te».
         Hermione si alzò e uscì nella sera tranquilla, lo sguardo fisso sulle stelle che brillavano nel cielo, mute. Prima o poi sarebbe riuscita a ricomporsi, pezzo per pezzo, come i puzzle che faceva da bambina quando ancora pregava; come le conoscenze che avrebbe unito per porre la parola fine a quella guerra, adesso che, di nuovo, pregava.
   
 
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