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Autore: AngelSword    30/12/2011    4 recensioni
“Se volessi andare in vacanza, dove ti piacerebbe andare?”
Basata sull'episodio dell'anime.
|| Quarta Classificata al "Scegli un Numero, Ottieni un Brano!" Contest indetto da Sweet96||
Partecipante alla Challenge "Vitii Et Virtutis" indetta da Starhunter
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: One By One, Gone
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Monkey D. Rufy, Bartholomew Kuma, Mugiwara
Genere: Drammatico, Angst (?), Introspettivo
Tipologia: One-Shot
Prompt: Prudenza > Verità

4° classificata ("Scegli un Numero, Ottieni un Brano!" Contest di Sweet96)


Lessico e grammatica: 8.5/10
Stile: 9/10
Originalità: 9/10
Caratterizzazione dei personaggi: 9.5/10
Utilizzo del brano: 5/5
Parere personale: 2/3
Totale: 43/48

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One By One, Gone

“Se volessi andare in vacanza, dove ti piacerebbe andare?”

Faticava a stare in piedi - il respiro pesante, la spalla che gli sanguinava - ma non si sarebbe mostrato debole di fronte a quell’uomo. Già una volta lo aveva messo alla prova. Non poteva fallire, non poteva cadere a terra solo per le ferite.

“O-oi, Zoro!!” La voce di Usopp dietro di lui tremava per il terrore.

Ma non gli diede retta. Tenne gli occhi fissi in quelli impassibili del suo avversario, deciso a non voltarsi, deciso a non cadere. Lo vide alzare una delle sue enormi mani. Lui era quello vero, non un automa. Il vero Bartholomew Kuma.

Usopp allungò una mano tremante verso il nakama. “Se non ti sbrighi a scappare--“

Un veloce movimento, un venticello leggero e Zoro sparì in una nuvola di polvere, lasciando il cecchino con gli occhi spalancati persi nel vuoto, il braccio proteso davanti a sé.

“Z-Zoro.... san?” balbettò incredulo Brook mentre Sanji, accanto a lui, cercava di rialzarsi con tutte le sue forze.

Nami fissava terrorizzata la scena mentre Franky, cercando di mantenere le sue emozioni sotto controllo, pronunciava scioccato “Cos’è successo...?”

Rimase paralizzato lì, seduto a terra, Usopp, tremante come una foglia scossa dal vento, cercando di capire cosa fosse successo. “Zoro...” disse in un soffio, “... è sparito...!”

Una delle bolle che incorniciavano il tramonto improvvisamente interruppe la sua pigra e lenta avanzata verso il cielo e scoppiò con un piccolo botto.

No, no, non poteva crederci. Zoro era lì, proprio davanti a lui.... che cosa gli aveva fatto quell’uomo? Posò gli occhi sul loro nemico. Il volto impassibile del membro degli Shichibukai, privo di qualsiasi emozione, tramutò la sua paura in un cieco odio. Il cecchino strinse la presa sulla sua arma. “BASTARDO!!” gli urlò con un misto di rabbia e disperazione. “CHE COSA HAI FATTO A ZORO??!!” L’uomo non cambiò espressione, non sapeva nemmeno se lo stesse ascoltando. “FINO AD UN MOMENTO FA...” Deglutì, ancora incapace di credere a quello che era appena accaduto. “FINO AD UN SECONDO FA ERA QUI!!!” Ma l’altro lo fissò con quei suoi freddi occhi, non pronunciò una parola.

Finalmente riuscì a mettersi in ginocchio. Prese un paio di lunghi respiri per riprendersi prima di alzare lo sguardo sullo Shichibukai. Spalancò gli occhi e subito sentì delle dita gelide risalirgli la schiena per andare a chiudersi attorno al suo cuore. “Zoro?...” sussurrò Rufy. Dov’era? “Z-Zoro?...” ripetè cominciando a sentire il panico chiudergli la bocca dello stomaco. Usopp stava urlando qualcosa a quel gigante, quest’ultimo non reagiva in alcun modo. Il suo vice-capitano, dov’era? Che gli era successo? Era lì, dannazione, lì insieme al cecchino!!! Questo voleva urlare ma la sua bocca continuava a ripetere il nome del compagno scomparso. “ZOROOOO!!!!” strillò infine disperato.

Poi un verso mostruoso alle sue spalle. Si sentì prendere per la vita e tirare di lato giusto in tempo per non essere schiacciato da un pugno gigante. Colpì duramente il terreno e rimase immobile per qualche secondo mentre Nico Robin, accanto a lui, urlava all’assalitore di smetterla, ma non la sentiva. “Zoro!!!... Dove sei andato??!!” riusciva solo ad urlare strizzando gli occhi più che poteva per non far scendere le lacrime. Al suo strillo rispose il ruggito della bestia che lanciò un secondo pugno alla cieca, obbligando uno dei nemici a saltare vicino a dove stavano. “Oi, che cosa ha fatto a Zoro??!” domandò Rufy all’uomo con l’ascia. Era un nemico, ma al momento l’importante era sapere cosa fosse successo al suo nakama. “Dov’è andato a finire?!”

“Non sono obbligato a risponderti,” replicò l’altro senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Dopo una breve pausa, disse, “Si dice che chi venga toccato dai suoi cuscinetti voli nel cielo per tre giorni e tre notti... anche se non so se questo sia vero o meno...” Il panico riprese a strisciare nella mente di Cappello di Paglia. “Nessuno eccetto la vittima e Kuma sa dove è diretto, ma sicuramente non è su quest’isola o da qualche parte abbastanza vicina da potervi riunire in un paio di giorni. Potrebbe anche finire su un’isola sconosciuta,  sperduta in mezzo al mare.”

***

Maledizione!!

Sbattè la testa una, due, tre volte a terra, disperato. Si dimenò come un matto, pressò la fronte contro l’erba umida e cercò di rialzarsi, ma le sue gambe tremavano e non fecero altro che scivolare sotto il suo peso, lasciandolo lì, in ginocchio.

Tutti.... Tutti, sono spariti TUTTI!!!

Quelle quattro parole continuavano a rimbombargli nel cervello quasi volessero accusarlo. Accusarlo di che?

Della sua debolezza, è ovvio.

E mentre loro gli rinfacciavano la sua colpa, i ricordi presero a scorrergli davanti agli occhi, accalcandosi l’uno sull’altro, furiosi, come un fiume in piena.

Ricordi di Zoro.

Ricordi di Nami.

Ricordi di Usopp.

Ricordi di Sanji.

Di Chopper.

Di Robin.

Di Franky.

Di Brook.

Ricordi di una realtà che si era dissolta davanti ai suoi occhi.

Di una famiglia che non aveva protetto.

Sono spariti tutti e tu non hai fatto niente.

È vero. Cazzo, è vero!

Ma semplicemente non poteva crederci, credere che uno dopo l’altro erano scomparsi nella nulla.

Sei solo.

Sbattè nuovamente la testa contro il duro terreno, intrecciò le dita tra i capelli corvini, sperando che quella maledettissima voce si zittisse una volta per tutte.

Sei debole.

Uno, due, tre, quattro cinque sei taci taci taci TACI!!

Non sentiva il dolore che ogni colpo gli provocava. Solo il vuoto battere del suo cuore impazzito e quella disperazione che gli congelava il petto rendendogli difficile anche solo il semplice atto del respirare.

Annaspando, sentì le lacrime scendergli dagl’occhi, scivolargli sulle guance e cadere in piccole macchie scure, solo per scomparire poco dopo assorbite dalla terra. Sì, scomparivano, come i suoi nakama.

“Oi, Rufy!! Quante volte ti ho detto di non rubare dal frigorifero??!!”

“N-non osare pensare che s-sono debole!! Ho ottomila uomini sotto il mio comando, chiaro?!”

“Rufy, dobbiamo virare a babordo!! C’è una tempesta in arrivo, presto!! Tutti alle loro posizioni!”

Dove siete? Vi sento, ma dove siete?!

“Possibile che tra te e Zoro io mi ritrovi sempre ad esaurire tutte le scorte di bende e disinfettanti? A letto per una settimana, ordine di medico!!”

“Che canzone vorresti ascoltare, mio Capitano? Yohohohoho!”

“Che ti aspettavi, ragazzino? Sono il migliore carpentiere sulla piazza, io! Ovvio che questa è una SUUUPEEER nave!!”

DOVE SIETE FINITI, MALEDIZIONE!!!

“Leggo perché voglio trovare la verità nascosta dietro quei cento anni di vuoto. È il mio sogno, Mr. Capitano.”

“Tu sei tutto matto, Captain. Ma se intralcerai il mio sogno di diventare il miglior spadaccino del mondo, allora giuro che ti farò fare harakiri!! Chiaro, Re dei Pirati??!”

Accuse, colpe, uno dopo l’altro i suoi nakama parlano, gli puntano il dito contro, attraverso i ricordi.

Dove siete...? La mia famiglia...

Uno dopo l’altro, andati.

“Perché...”

Così, in un batter d’occhio.

“Perché...?”

È davvero così facile distruggere la vita di una persona?

“Perché.... a me...?” La sua voce era rauca, le parole uscivano spezzate come schegge di vetro, ferendogli la gola.

“.... I miei....” Gli mancava il respiro, gli girava la testa ma ciononostante continuava a scuoterla debolmente a destra e sinistra, speranzoso di riuscire ad eliminare le voci dei suoi nakama.

Teneva gli occhi serrati, non voleva vedere. Poteva essere un sogno, un incubo, no? Ma aveva paura di aprirli e rendersi conto che non era quello il caso. Vedeva nero, ed in quel nero voleva affogarci pur di dimenticare quanto appena successo e svegliarsi alle urla di Zoro e Sanji, all’odore del caffè e della colazione. E le lacrime scendevano senza controllo, ognuna a segnare una memoria che si separava da lui, sparendo nella terra per sempre.

Ma quale Re dei Pirati?

E la sua stessa voce si fece prepotentemente strada tra la calca che si era formata nella sua mente. Fredda, chiara.

A quello sbattè l’ultima volta la testa a terra, e lì rimase, con le braccia che tremavano perché non voleva credere, la schiena molle ma tesa perché si sentiva corrodere l’animo, in ginocchio perché era in preda alla più cieca disperazione.

“Io.... non sono riuscito a proteggere nemmeno uno dei miei nakama....” ammise con voce flebile spalancando gli occhi.

Il sole tramontava colorando il cielo d’arancione, guardando con indifferenza la ferita che stava lentamente dissanguando quel piccolo essere umano.

Mentre questa realtà strisciava tra le immagini dei suoi nakama - velenosa realtà, un serpente - gli venne naturale chiedersi

Che cosa ho fatto io di male per meritarmi tutto questo...?

Una domanda posta in un soffio, a malapena comprensibile tra le lacrime. La domanda di un debole, di uno che ha appena visto la propria vita venirgli frantumata di fronte agli occhi. Fatta sparire così, in un banalissimo istante, con uno stupido tocco di mano.

Un tocco di mano. Quell’uomo, sì, il responsabile, era ancora lì. E che faceva, si godeva la scena con quella faccia impassibile, il bastardo.

Sentì il tormento tramutarsi in furia, percepì la rabbia scorrergli bollente nelle vene, dandogli alla testa.

Che diritto aveva, lui, di fargli questo? Che cazzo di diritto aveva di toccare i suoi nakama?!

“Noi non ci vedremo mai più.”

Quel tono pacato, rilassato, quasi dolce, ruppe l’ultimo margine. Alzò di scatto la testa e fissò il suo sguardo carico d’odio sullo Shichibukai.

Troneggiava su di lui in tutta la sua stazza sovrumana, con quella snervante indifferenza che l’avvolgeva.

Strinse i pugni, ma non si mosse. Voleva, sentiva il bisogno di pestare a sangue quell’uomo, ma non riusciva a muovere un singolo muscolo.

“Questo è un addio,” disse con distacco mentre alzava quella sua maledettissima mano colpevole di tutto.

Rufy non potè fare altro che guardarla avvicinarsi, stringendo i pugni fino a sanguinare, trattenendo le lacrime che spingevano per uscire.

Forse era stata davvero colpa sua. Forse era davvero stato lui a fare questo alla sua famiglia.

Per ultimo vide il ricordo dell’ultima festa che avevano avuto solo il giorno prima. Ridevano, felici di essere arrivati così lontano, di essere tutti insieme, di non essere mai stati separati, nemmeno una sola volta.

Poi un tocco leggero, il nero.

L’ultima bolla rimasta nel cielo cremisi scoppiò con un secco schiocco, quasi volesse anche lei gettare il suo ultimi grido disperato al mondo prima di sparire nel nulla.

Che cosa ho fatto?

  
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