Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Angorian    30/12/2011    11 recensioni
«Hermione?»
«Sono qui, Harry»
Sentì la mano di Harry cercare la sua.
«Resta» aveva mormorato, la voce impastata dal sonno.
Hermione aveva sentito un peso sullo stomaco mai provato prima.
Si era arresa al calore della sua mano, alla preghiera nella sua voce.
Ed era rimasta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NdA: Questa OS è dedicata alle splendide ragazze del gruppo Cercando chi dà la roba alla Rowling, che con il loro entusiasmo e le magnifiche storie mi hanno fatto amare questa coppia, e scoprire autrici di cui adesso non saprei fare a meno.
 
 
 

La brillanza

 
 
 
 
C’è una notte, la notte della brillanza, in cui i desideri si avverano.
C’è una notte, la notte della brillanza, in cui bisogna avere solo il coraggio di chiedere.
 
 
 
 
Laddove una volta c’era stata la Sala d’Ingresso, adesso non c’erano che cumuli di detriti e polvere e schegge di vetro ad ingombrare il vecchio atrio.
Hermione sentiva scricchiolare calcinacci e brandelli di pietra sotto i propri piedi stanchi, le dita intrecciate a quelle escoriate di Ron mentre la conduceva lontano dagli altri sopravvissuti, e dalla folla festante che circondava il Prescelto.
Ron l’aveva guardata di sottecchi, quasi timoroso di vederla cambiare idea su quel “noi” appena nato.
«A casa avranno bisogno di me. George, e la mamma…»
Hermione aveva annuito, mentre lanciava un’occhiata discreta verso l’entrata della Sala Grande, dove un Harry ancora malconcio raccoglieva con un sorriso sfinito i ringraziamenti e i complimenti dei presenti eccitati e commossi, troppo gentile per ammettere di aver bisogno di riposo. Aveva un labbro spaccato, notò; Hermione era sicura di avere ancora del dittamo nella borsetta di perline…
«Hermione?»
Ron le strinse le dita, richiamando la sua attenzione.
«Sì, Ron, naturalmente, tua madre avrà bisogno di tutto il conforto possibile…»
Il ragazzo si era umettato le labbra screpolate.
«Potresti venire con me. Stare per un po’ alla Tana, riposarci, e poi andare a cercare i tuoi genitori, insieme»
Hermione aveva abbassato lo sguardo, a disagio.
«Io voglio restare, Ron. C’è così tanto da fare, avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile»
Ancora una volta il suo sguardo corse ad Harry, questa volta seguito anche da quello corrucciato di Ron.
«Certo»
Il suo tono era inespressivo, e lei gli sorrise, cercando di rabbonirlo.
«Ci vedremo presto» promise, baciandolo piano sulla bocca.
Ron aveva annuito, mentre lei aveva già preso a frugare nella borsetta in cerca del dittamo.

 
 

I only dream
of you


 
 
La calura estiva aveva lasciato un velo di sudore sulla sua pelle scoperta, ed Hermione scostò con insofferenza il leggero lenzuolo che le copriva le gambe nude.
Un bianco chiarore filtrava dai vetri resi opachi dalla sporcizia, illuminando fiocamente la Torre di Grifondoro e anticipando l’alba che sarebbe sorta di lì a poco.
Hermione scese dal divano cercando di non incespicare sul materasso bitorzoluto steso sul pavimento; era lì che Harry dormiva, supino, le lenzuola appallottolate ai suoi piedi, un braccio scoperto a toccare la pietra del pavimento, forse per trovare refrigerio nel sonno.
Lo scavalcò con un balzo poco elegante, e si diresse verso la finestra, che si spalancò con un colpo di bacchetta. L’aria fresca del mattino le scompigliò i capelli arruffati dal sonno, ed Hermione si stiracchiò in una perfetta imitazione di Grattastinchi, il suo vecchio gatto fulvo. Sentì Harry muoversi nel sonno, e mormorare poche parole sconnesse; la ragazza sorrise tra sé tornando verso il divano, e guardando il viso disteso dell’amico, sereno come non lo vedeva da tanto, troppo tempo.
Si raggomitolò sul divano, nel suo nido di lenzuola gualcite e cuscini sformati, strofinandosi gli occhi.
Era iniziato un altro giorno della Ricostruzione.
 
 

I only dream of you,
and you never knew

 
 
Ricostruzione.
Era questo il nome che le avevano dato i giornali, elogiando i volontari – per la maggior parte studenti, professori e genitori – che avevano deciso di sacrificare sull’altare della collaborazione la loro estate, per ricostruire - da lì quel nome evocativo – la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, teatro degli scontri della Seconda Guerra.
Nonostante l’entusiasmo dei volontari e l’enorme quantità di incantesimi utilizzati, sembrava che il lavoro da svolgere fosse più del previsto; gran parte del castello era infatti ancora sepolta da ammassi informi di pietrisco, statue spezzate e drappi lacerati.
Le uniche stanze riportate all’antico ordine erano la Sala Grande e l’Infermeria; ed era proprio lì che buona parte dei volontari si erano accampati, tra sacchi a pelo e brandine improvvisate.
Anche Hermione ed Harry per un po’ avevano condiviso con gli altri l’Infermeria – Madama Chips aveva insistito perché l’Eroe del mondo magico avesse diritto almeno ad un vero letto – ma quella sistemazione era durata ben poco.
Sembrava che tutti avessero bisogno di Harry, della sua opinione o dei suoi consigli in merito ad un qualsiasi argomento, ma soprattutto a qualsiasi ora. Il risultato prevedibile era che l’Eroe non riuscisse a chiudere occhio per più di una manciata di ore a notte, incapace di sottrarsi al suo autodistruttivo senso del dovere.
Era stato a quel punto che Hermione aveva deciso di intervenire, frapponendosi tra Harry ed Ernie Macmillian, la bacchetta pericolosamente vicina al naso del pomposo interlocutore, mentre lo minacciava con una fattura.
Restio a sacrificare il proprio naso, Ernie aveva rivalutato l’effettiva urgenza della questione che voleva sottoporre all’opinione del Prescelto, allontanandosi di gran carriera dalla linea di tiro della Granger.
«Hai bisogno di dormire, Harry»
Hermione afferrò con pochi gesti impazienti la roba del suo migliore amico, spintonandolo con poca grazia verso l’uscita dell’Infermeria, sotto gli sguardi attoniti dei presenti.
Hermione serrò le labbra in quella che Ron avrebbe definito un’espressione alla McGranitt, ma scoprì che non le importava. Poteva anche sembrare la solita saccente e dispotica Granger; tutto, purché Harry dormisse un po’.
Il ragazzo l’aveva seguita senza protestare, docile. Sentiva la sua gratitudine accarezzarle le spalle mentre la seguiva per le scale, lasciandosi guidare da lei, con la stessa fiducia di un cieco che non riusciva più a ricordare la strada di casa.
La Signora Grassa li aveva lasciati entrare senza neppure chiedere la parola d’ordine, ed Harry ed Hermione avevano attraversato il buco del ritratto, entrando del caos che una volta era stata la loro Sala Comune.
«Almeno qui starai tranquillo» aveva commentato Hermione.
Harry si era passato una mano tra i capelli scuri, più spettinati che mai.
«Credevo che i dormitori fossero inagibili»
Hermione si era guardata intorno in quel disastro di tavoli rovesciati e sedie in frantumi e fogli sparsi.
«Puoi dormire sul divano» fece lei, lasciando cadere la roba di Harry fra i cuscini.
«E tu?»aveva chiesto lui, spaesato.
Hermione aveva scrollato le spalle.
«Io posso dormire in Infermeria. Sei tu quello che non ha un minuto di pace» aveva scherzato lei, ma Harry non aveva sorriso; evitava di guardarla in volto.
«Perché non resti qui? Possiamo trovare un sacco a pelo, ti cedo volentieri il divano» aveva proposto, per poi muoversi senza aspettare una risposta verso la scala a chiocciola che conduceva ai dormitori.
Hermione si era morsa le labbra.
«Harry, non credo che…»
Ma lui era già scomparso, inoltrandosi tra le macerie dei dormitori.
Hermione aveva sospirato, guardandosi intorno. Era già capitato che lei ed Harry dormissero insieme, soli,  come quando Ron li aveva lasciati. E in realtà non riusciva a capire cosa la turbasse tanto; era sempre Harry, quello che dal rumore sembrava aver spostato delle travi di legno, sempre Harry, il suo migliore amico.
Ma allora, cos’era cambiato?
Sospettava che c’entrasse con quanto era accaduto tra lei e Ron.
La loro amicizia era sempre stata un gioco di contrappesi, un perfetto sistema di equilibri che, con quel bacio dato nella furia della battaglia, era stato alterato. Adesso non era più solo la sua migliore amica, era anche la ragazza di Ron, e come tale avrebbe dovuto comportarsi: sospettava che dormire nella Torre con Harry avrebbe minato il fragile rapporto costruito con Ron, che sempre si era dimostrato geloso nei loro riguardi.
Che sciocchezza, aveva pensato scuotendo la testa.
Si era lasciata cadere stancamente sui cuscini sfondati del divano, attendendo paziente Harry, che dal fracasso sembrava trascinare qualcosa; riapparve pochi secondi dopo, completamente ricoperto di polvere, ma sorridente e con un grosso materasso al seguito.
  «Tu il divano, io il materasso» aveva negoziato.
«Oh, va bene» aveva ceduto lei, andandogli incontro e aiutandolo a sistemare il materasso tra il camino e il divano, sul vecchio tappeto liso. Una volta sistematolo con cura e aver fatto apparire delle lenzuola con uno svolazzo della bacchetta di Hermione, si erano  lasciati ricadere sul divano. Harry si stava ripulendo gli occhiali, ed Hermione si era concessa di guardarlo, accoccolandosi meglio fra i cuscini.
E’ incredibile quanto sia cambiato, si era detta.
Per quanto avesse sempre trovato Harry un bel ragazzo, mai come allora il suo viso aveva acquisito fascino; la sua mandibola dal tratto deciso, il naso dritto, gli occhi splendenti di chi aveva vinto. Il suo corpo magro di adolescente aveva lasciato il posto ad un fisico nervoso, più maturo. Ogni cosa in Harry ormai dimostrava la sua forza, il suo coraggio, ed Hermione non si era mai sentita tanto fiera di qualcuno.
Aveva ancora tante domande da fargli, ma non ne aveva avuto ancora il modo. Sebbene fosse chiaramente sollevato dal peso di un destino segnato, in Harry c’era ancora qualcosa che la invitava a trattenersi, ad assumere un atteggiamento di prudenza che doveva ancora mantenere, anche se non ne capiva il motivo. Semplicemente, aveva deciso di fidarsi del proprio istinto, e aveva taciuto.
Così si era limitata a guardarlo, e quando lui aveva inforcato gli occhiali e si era voltato verso di lei, si erano ritrovati a guardarsi, nel silenzio della Torre, con il loro respiro come unico sottofondo.
«Grazie, per avermi portato via dall’Infermeria»
Il suo tono era basso, sincero.
Hermione aveva sorriso in risposta.
Lui l’aveva guardata a lungo, come se avesse voluto dire qualcosa, ma le parole gli fossero rimaste impigliate nella gola; allora aveva reclinato la testa indietro, appoggiandola sulla spalliera del divano. Aveva chiuso gli occhi, capitolando sotto il peso della stanchezza.
Hermione era rimasta in silenzio, a guardare il profilo della sua gola, ad ascoltare il suo respiro farsi sempre più regolare, mentre con la mano aveva tolto delicatamente qualche granello di polvere dai suoi capelli scuri.
Quando aveva creduto che si fosse addormentato, Hermione aveva fatto per alzarsi, ma lui l’aveva chiamata, senza aprire gli occhi.
«Hermione?»
«Sono qui, Harry»
Sentì la mano di Harry cercare la sua.
«Resta» aveva mormorato, la voce impastata dal sonno.
Hermione aveva sentito un peso sullo stomaco mai provato prima.
Si era arresa al calore della sua mano, alla preghiera nella sua voce.
Ed era rimasta.
 
 

There’s nowhere left to hide,
in no one to confide

 
 
 
Sfogliava la Gazzetta del Profeta con un interesse vago, soffermandosi ogni tanto sulle foto che riempivano le pagine del giornale: una foto del Ragazzo Sopravvissuto in un’investitura ufficiale in cui gli avevano concesso l’Ordine di Merlino, Prima Classe, una foto del nuovo Ministro della Magia, e ancora Harry, che con sguardo distante dirigeva il lavoro dei volontari all’opera.
Hermione sbocconcellò un altro pezzo del suo pane tostato, portandolo svogliatamente alla bocca, senza distogliere lo sguardo dal giornale.
La Sala Grande era satura di un brusio incessante, allegro, mentre i volontari terminavano la colazione prima di rimettersi al lavoro; nell’aria si avvertiva il crepitante entusiasmo di chi non sentiva il peso di rimboccarsi le maniche, e l’ottimismo dei giovani maghi che sapevano di essere utili agli adulti, se non indispensabili.
Anche Hermione aveva provato quell’entusiasmo, i primi giorni. Eppure c’era qualcosa che la spazientiva, un indefinibile scontento che non riusciva a spiegarsi, e che l’aveva portata ad isolarsi dagli altri volontari. Anziché mettersi all’opera per ricostruire le Torri o le Serre, quindi, aveva preso a riordinare e catalogare i libri della biblioteca, in compagnia di Madama Pince.
«Buongiorno!»
Hermione alzò lo sguardo sui due ragazzi che le si erano avvicinati: Neville sorrideva, allegro, i capelli ancora sconvolti dal sonno, e al suo fianco Luna, dal viso placido e sognante.
«Hai visto Harry?» Chiese Neville, sedendosi di fronte a lei, seguito da Luna.
Hermione annuì.
«Dormiva ancora quando sono scesa»
Il sorriso di Neville scemò un poco, deluso.
«Oh. Avevamo bisogno di lui, giù alle Serre»
Hermione scrollò le spalle, richiudendo il giornale.
«Vedrai che vi raggiungerà presto»
«E’ molto stanco, Harry, vero?» chiese Luna, fissando con interesse il soffitto della Sala Grande. Hermione non fu sorpresa dal fatto che Luna se ne fosse accorta; spesso aveva dimostrato un’attenzione ai particolari che l’aveva sorpresa.
«Credo di sì»
Luna aveva annuito, sempre rivolta al soffitto.
«E’ bello che tu gli sia tanto vicina» aveva commentato, quasi casualmente.
Hermione borbottò un assenso.
Luna smise di fissare il cielo per posare i suoi grandi occhi azzurri su di lei, un vago sorriso sulle labbra chiare.
«Se io fossi stata Ron sarei stata molto gelosa» commentò, serena.
Neville l’aveva guardata storto.
«Hermione ed Harry sono solo amici»
Sembrò sorridere all’idea, come se fosse stata assurda, e per qualche ragione, l’irritazione di Hermione aumentò.
Luna non sembrò preoccuparsi del fatto che la sua teoria avesse riscontrato uno scarso appoggio, e si strinse nelle spalle.
«Può succedere di tutto nella notte della brillanza» rispose, come se questo avesse potuto mettere fine alla discussione.
Neville roteò gli occhi con un mezzo sorriso sulle labbra, ormai abituato alle stranezze di Luna, ed ebbe la presenza di spirito di non chiedere cosa diavolo fosse la brillanza.
«Cos’è la Brillanza?»
La voce di Harry li fece voltare verso di lui, che si avvicinava dalla loro parte.
Scavalcò la panca di legno per sedersi accanto ad Hermione, un’espressione di curiosità sul volto stropicciato dal sonno.
«La Brillanza» gorgogliò Luna, quasi accarezzando la parola con una nota di dolcezza nella voce, « è la notte dei desideri. Basta vedere una stella cadente, esprimere un desiderio, e questo si realizza»
Hermione emise un verso strozzato, incapace di contenere lo scetticismo, ma Luna non parve farci caso. Guardava Harry.
« E poi bisogna spegnere una candela, sai, come in un compleanno»
Hermione si voltò verso Harry, pronta a condividere con lui uno sguardo di esasperazione, ma lui sembrava incantato all’idea.
«E funziona davvero?» chiese, affascinato.
Hermione sbottò.
«Per l’amor del cielo, Harry, certo che no. La Professoressa Sinistra non ci ha mai parlato di un avvenimento simile»
Hermione evitò accuratamente di incrociare lo sguardo con quello di Luna, rivolgendosi ad Harry. Lui però non la guardò, limitandosi a scrollare le spalle e a servire il proprio piatto di uova strapazzate.
«Ora devo andare» disse Hermione, sempre rivolta ad Harry, «pranziamo insieme, oggi?»
Il ragazzo non aveva neppure avuto il tempo di inghiottire la sua forchettata di uova, che Neville aveva già risposto al posto suo.
«Harry deve venire con me ad Hogsmead, dobbiamo incontrare alcuni giornalisti. Ricordi, Harry?»
Harry rispose con un mugugno affermativo, senza tentare di nascondere lo scarso entusiasmo.
Hermione sorrise della sua espressione avvilita, ma non poté fare a meno di rabbuiarsi.
Erano riusciti a passare insieme solo quella prima sera nella Sala Comune; per tutto il resto del tempo, Harry era stato completamente assorbito dai suoi impegni, dai suoi doveri, e il risultato era che, nonostante ogni sera si rivedessero nella Torre, entrambi erano troppo stanchi per rivolgersi più di qualche parola sulle rispettive giornate.
Come una vecchia coppia di sposi, aveva pensato con tristezza.
Probabilmente avrebbe dovuto aspettarselo; una volta che la minaccia incombente dell’ascesa di Voldemort si era dileguata, era logico pensare che si sarebbero allontanati. Per quanto la loro amicizia fosse forte, non poteva più poggiarsi sulle medesime basi su cui si fondava in principio, quando erano solo tre ragazzini che andavano in giro di notte celati da un Mantello dell’Invisibilità.
L’amarezza di quel pensiero, e la consapevolezza di essere lei stessa una delle cause che avevano cambiato il loro rapporto, la costrinsero ad alzarsi dal tavolo, e a portarsi il più lontano possibile dal fianco di Harry, un posto che ormai non le spettava più.
 
 

The truth runs deep inside,
and will never die

 
 
«Erouc li amotlov li ottelfirnon»
Lesse quelle lettere sbiadite sull’antica cornice in ottone dello specchio, un’imponente lastra di vetro resa opaca dal tempo che la sovrastava, intimidatoria.
C’era qualcosa che avrebbe dovuto ricordare, su quello specchio; sentiva come un pizzicore alla nuca la sua natura infida, ma il motivo per cui avrebbe dovuto stare in guardia da quella superficie riflettente le sfuggiva.
Era un ricordo vecchio, sopito, sepolto da troppi altri.
Sentì dei passi dietro di lei e si voltò, incrociando lo sguardo azzurro e limpido di Ron, che le sorrideva con trasporto, in un modo che le faceva stringere il cuore.
«Sei bellissima»
Lo disse con la semplicità di cui talvolta si riveste la verità, ed Hermione non riuscì a ribattere, incapace di schernirsi. Accettò il complimento, come aveva deciso di accettare Ron.
Lui le sfiorò le braccia, ogni gesto intriso di tenerezza; Hermione lo lasciò fare, e chiuse gli occhi quando lui le catturò le labbra in un bacio morbido.

Così è giusto, pensò, e ad Hermione piacevano le cose giuste, e giusto era quanto ci si aspettava da lei. Tutti sapevano che Ron l’adorava, che ogni suo gesto impacciato era stato rivolto verso di lei, ed Hermione aveva accettato quel sentimento acerbo, sentendo di poterlo ricambiare. Avrebbe potuto amare Ron, perché era il suo migliore amico, e perché ogni cosa sarebbe andata a posto. Le braccia di Ron erano la giusta conclusione, il traguardo dopo troppe sofferenze, il lieto fine per tutti.
Quando Ron smise di baciarla, lei si strinse a lui, il capo contro il suo petto.
Lasciò scivolare lo sguardo sullo specchio, e sentì gli occhi inumidirsi.
Eccolo, il tranello dello specchio, adesso se lo rammentava.
Si lasciò cullare da quelle braccia forti, mentre guardava lo specchio, osservando se stessa cinta dall’abbraccio di Harry.

 

I only dream
of you

 
 
  Hermione riaprì gli occhi con uno sgradevole senso di oppressione.
La luce smorzata di una candela illuminava i fogli su cui si era addormentata, sui quali per l’intera giornata aveva segnato i titoli dei libri e la loro collocazione.
Con una breve occhiata alla finestra si accorse che doveva essere più tardi di quanto avesse creduto: il sole estivo era già tramontato, e qualche stella faceva già capolino, brillante nel cielo cobalto.
Riordinò in fretta i fogli con un colpo di bacchetta, raccolse le proprie piume e le ficcò in borsa senza troppe cerimonie.
Uscendo dalla Biblioteca non fu sorpresa nel notare che i corridoi fossero completamente vuoti: i volontari dovevano aver smesso di lavorare già da qualche ora.
Arrancò verso la Torre di Grifondoro ripensando al proprio sogno, ma più indugiava in quel pensiero più il sogno si faceva sfuggente, e trattenerlo era come cercare di catturare l’acqua con le dita.
Si chiese se Harry fosse ancora sveglio, e quando attraversò il buco nascosto dal ritratto della Signora Grassa la delusione la colpì come un pugno nello sterno.
La Sala Comune era completamente al buio, ed Hermione cercò di fare il minore rumore possibile per non svegliare l’amico. Avrebbe voluto parlare con lui, chiedergli della sua giornata e del suo incontro con i giornalisti.
Poco male, pensò con tristezza, domani lo scoprirò sul Profeta.
Lasciò cadere ai propri piedi la borsa, e fece per avvicinarsi al divano, quando una voce la fece sobbalzare come una ladra.
«Hermione?»
La voce di Harry proveniva dalla finestra, e fu lì che Hermione lo trovò: la sua sagoma si stagliava contro il bagliore leggero del cielo notturno.
«Credevo dormissi» disse lei, piano, e lo raggiunse a tentoni nel buio.
Harry sedeva sulla balaustra della finestra, e le fece un po’ di posto per lasciare che si sedesse accanto a lui, mentre sbirciava il cielo stellato oltre il vetro della finestra, stranamente ripulito.
«Cosa stai facendo?» chiese, accomodandosi accanto a lui.
Lui sorrise, come per scusarsi, e Hermione allora capì.
«No, non dirmelo. Stai davvero prendendo sul serio la teoria strampalata di Luna?»
Harry ridacchiò, continuando a guardare il cielo.
«Se per esprimere un desiderio devo solo trovare una stella cadente, tanto vale provare» commentò lui a bassa voce, quasi nel timore di svegliare qualcuno.
Ma c’erano solo loro nella Torre.
Hermione indugiò sul viso dell’amico, e vi trovò ombre scure sotto gli occhi quasi privi di colore nel buio della stanza, mentre le lenti degli occhiali riflettevano il chiarore delle stelle.
Hermione sentì uno sgradevole crampo allo stomaco, e si affrettò a volgere lo sguardo verso il cielo, per non farsi scoprire mentre lo fissava come un’allocca.
Era una sensazione strana; la vicinanza di Harry la confortava e la metteva in agitazione al tempo stesso, e una piccola parte di lei si sentiva in colpa per Ron. C’era qualcosa nell’avere Harry tanto vicino che la spaventava, come se si fosse trovata sul crinale di una montagna: si sentiva fragile, sull’orlo di una voragine.
«Se tu potessi scegliere un desiderio, cosa chiederesti?»
La domanda di Harry fu un mormorio nel buio.
«Non lo so. Prima avrei chiesto che Voldemort venisse sconfitto, ma adesso…»
Lasciò la frase in sospeso, certa che lui avrebbe capito.
Harry annuì.
«Sembra strano, non avere nulla da chiedere»
Hermione poggiò la fronte sul vetro fresco, guardando Harry.
«Se non hai nulla da chiedere, perché sei qui?»
Lui sembrò sorridere di quella domanda.
«Mi sono accorto di non aver mai avuto una possibilità. E’ questo, che vorrei chiedere»
Hermione aggrottò le sopracciglia.
«Una possibilità riguardo cosa?»
Vide il viso di Harry illuminarsi, gioioso.
«L’hai vista?»esclamò, voltandosi a guardarla con entusiasmo.
«Hai visto una stella cadente?» chiese Hermione, alzando lo sguardo verso il cielo, ma consapevole di non potervi trovare più nulla.
Harry fece comparire una candela e l’accese con la bacchetta.
«Tutto questo è assurdo» bisbigliò Hermione, ma lo lasciò fare quando pose la candela tra loro, all’altezza dei loro volti.
«Pronta? Al mio tre esprimi un desiderio…»
Hermione guardò la fiamma danzare a pochi centimetri dalle proprie labbra, poi annuì.
«Uno…» mormorò Harry.
Il bagliore della candela rendeva la sua pelle priva di imperfezioni, e le lunghe ciglia scure gettavano ombre indistinte sulle sue iridi verdi. Hermione si chiese come aveva fatto a non accorgersi prima che Harry avesse delle ciglia tanto lunghe.
«Due…»
Ed era strano, perché Hermione aveva passato davvero molto tempo a guardare Harry.
Più di chiunque altra.
«Tre»
Hermione soffiò, accorgendosi di non aver proprio pensato ad un desiderio da chiedere.
Poco male, pensò, perché quella faccenda era tutta una sciocchezza, e solo l’entusiasmo di Harry le aveva impedito di scrollare le spalle e andarsene a letto.
Poi però vide il sorriso di Harry, e allora si chiese se davvero non avesse avuto almeno un desiderio da affidare ad una stella.
Rimasero per qualche secondo in silenzio, al buio, ad ascoltare i loro fiati. Ricordò come, quando Ron li aveva lasciati soli nella tenda, durante la ricerca degli Horcrux, Hermione avesse ascoltato il respiro di Harry, prima di addormentarsi, e di come sentirlo vicino la rassicurasse, persino in quei momenti di dolore.
E anche in quel momento, il respiro di Harry sembrava l’unica cosa cui aggrapparsi, e non c’era suono più confortante. E seppe che conforto e strazio adesso avevano il medesimo sapore, e che adesso poteva dare un nome allo sgradevole crampo allo stomaco.
Brama.
«Cos’hai chiesto, Harry?»
Chiese, e la sua domanda fu un soffio, solo per poter pronunciare il suo nome, per renderlo ancora Harry, il suo migliore amico, e non il ragazzo, l’uomo, che la guardava in un modo che non era permesso.
Hermione conosceva tutti gli sguardi di Harry.
L’aveva visto corrucciato quando era preoccupato, perso nel vuoto quando Voldemort si infiltrava tra i suoi pensieri; l’aveva visto farsi confuso e imbarazzato per la sua cotta per Cho, e aveva visto il suo sguardo farsi pieno di desiderio per il bel corpo di Ginny. Hermione aveva visto lo sguardo di Harry durante la battaglia di Hogwarts, duro di determinazione come acciaio fuso mentre uccideva Voldemort, in quel misto di potere e passione che precede la vittoria.
Era quest’ultimo sguardo che le stava rivolgendo, ed Hermione si sentì vacillare.
Era quell’istante indefinito in cui tutto poteva accadere, che si sente sulla pelle, e che si attende come un miracolo.
Harry si chinò su di lei lentamente, lasciandole il tempo di scostarsi, se l’avesse voluto; ed Hermione non lo fece.
Si lasciò baciare da Harry con la consapevolezza di averlo perso prima ancora di averlo trovato, perché lo sentiva nella carezza della sua lingua, che era una notte speciale, diversa, e che non si sarebbe più ripetuta; sentiva lo strazio e la frenesia, e si aggrappò alla sua nuca per approfondire quel bacio, perché voleva conoscere il sapore di Harry e voleva ricordarlo per tutto il resto della sua vita.
Harry si scostò da lei, e la guardò in viso.
«Ho chiesto questo» mormorò.
Hermione sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Harry si alzò, poi, come incapace di guardarla, si allontanò da lei, verso il buco del ritratto.
«Perché?»chiese Hermione, la voce impastata, senza sapere a cosa si stava riferendo. Al bacio, alla sua lontananza, all’improvviso dolore che provava nel petto.
Ma Harry sembrò capire comunque.
«Lo sai, perchè»
E attraversò il buco del ritratto.
 
 

I won’t remain unrectified,
and our souls won’t be absolved

 
 
A volte mi illudevo che il nostro potesse essere un per sempre felici e contenti, come quello delle fiabe. Nell’ingenuità dei miei diciotto anni credevo che ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto, perché era l’amore che legava me, Harry e Ron, e l’amore non fallisce. L’avrei avuto per sempre, mi dicevo, e anche se non avrei avuto altro che la sua amicizia, mi sarebbe bastata. Ma il tempo spoglia delle vanità come delle false speranze, e a volte mi chiedo se il cieco altruismo di Harry in realtà non ci abbia condannati tutti. Abbiamo costruito una vita fondata sulla menzogna e sui rimpianti, e talvolta mi chiedo se questo sia davvero il meglio che avremmo potuto ottenere dalle nostre vite. Mi domando come sarebbe stato se anziché preferire la pace di tutti, Harry avesse scelto l’amore, con tutte le sue complicazioni. Ma non sono che congetture, sogni spezzati da tenere al sicuro, affinché non possano ferire nessuno. E una notte, la notte della brillanza, da ricordare nei miei sogni, dove io ed Harry possiamo ancora incontrarci alla luce sottile di una candela, a incrociare i nostri respiri.
 
 
Note:La notte della brillanza altro non è che la notte di San Lorenzo. Non credo che gli inglesi la festeggino, io comunque ho finto che i maghi non ne sappiano nulla!
I versi che dividono la shot fanno parte di Sing for Absolution, dei Muse.
 
 
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Angorian