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Autore: thenightsonfire    30/12/2011    7 recensioni
48 milioni di miglia, la distanza media tra Terra e Marte, la distanza che Jared sentiva tra lui e Mary.
La mia, personale versione della storia tra Jared e la Mary di Buddha for Mary.
Dall'Epilogo:
«Come faccio?» chiese Jared. «Anche se andassi a Los Angeles stesso, come posso essere sicuro di riuscirci?»
Mary soppesò le parole prima di rispondere.
«La tua voce è una di quelle che fa stare bene le persone. Fa stare bene me, e nessuno può sapere quanto ho provato a stare bene in altri modi, prima» disse poi sinceramente, spiazzandolo. «Tieniti stretto il tuo sogno e punta verso l’alto, Jared, abbatti tutti i muri di cemento contro cui dovrai lottare. Credici. Io ci credo.»
[...]
Stettero in silenzio per qualche secondo, poi Jared esclamò, con un mezzo sorriso: «Allora scriverò una canzone su di te».
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Una delle canzoni che da sempre mi hanno più affascinato dei 30 Seconds to Mars è Buddha for Mary. Anche se Jared ha espressamente detto che non è una canzone riferita ad una persona specifica, ma ‘decisamente una metafora’, c’è qualcosa dentro di me che mi costringe a non credergli. Così ho pensato e ripensato a chi potesse essere Mary, e questo è ciò che ne è uscito fuori. Ex one-shot in quattro parti, tre fasi della storia di Jared e Mary più un piccolo epilogo.


 

Capitolo 1.

Settembre-Novembre.

 

«Tell me, did you see her face?

Tell me, did you smell her taste?

Tell me, don’t they all just look the same inside?

Buddha for Mary, here it comes.»


La Emerson Preparatory School di Washington D.C. offriva, tra gli altri, un interessante corso di Astronomia, ed era quello a cui Jared si era iscritto per primo. Considerando i sacrifici che aveva fatto sua madre per mandarlo in quella scuola privata, il minimo era che lui si impegnasse per prendere il diploma – poi, come aveva già deciso, non appena avesse compiuto diciotto anni sarebbe partito a Philadelphia per studiare Arte –, e partecipare ad almeno un corso che riuscisse ad entusiasmarlo era, tutto sommato, un buon modo per iniziare.

Così, il primo giorno di scuola, prese posto in una delle sedie (si sarebbe messo all’ultimo posto, normalmente, ma in quell’istituto i banchi erano disposti in semicerchio attorno alla cattedra dell’insegnante) e aspettò che i suoi nuovi compagni di corso facessero lo stesso. Prese ad osservare la cartina astronomica rappresentante il sistema solare attaccata ad una delle pareti, giocando distrattamente con la penna e sorridendo nel guardare Marte, il suo pianeta preferito.

La sua attenzione fu richiamata, però, da una ragazza che aveva appena preso posto di fronte a lui. Aveva i capelli biondi raccolti in una coda alta e due profonde occhiaie, ma Jared pensò che, pur con quella sua aria stanca, era comunque molto bella. Indossava una canotta bianca scollata che lasciava intravedere il reggiseno nero, e quando lei si accorse che lui la stava guardando si sporse leggermente in avanti, con un lieve sorriso, per fargli vedere meglio la scollatura. Jared si sentì arrossire e guardò altrove, sentendola ridacchiare mentre si rimetteva composta.

Mentre il professore cominciava ad illustrare il programma continuò a guardarla con la coda dell’occhio, cosciente che lei stava facendo lo stesso con un sorrisetto malizioso stampato in faccia.

«Lascia perdere» mormorò una ragazza occhialuta seduta accanto a lui.

«Scusa?» chiese, guardandola accigliato. Non erano nemmeno presentati.

«Sei nuovo» disse. Non era una domanda. «Lei, dico. Lascia perdere.»

«Perché?»

«È meglio non frequentarla. Viene dal peggiore quartiere della città – è qui per una borsa di studio. Dicono che vada con tutti (va davvero con tutti, in effetti), che si droghi... cose del genere.»

Jared avrebbe tanto voluto chiederle perché, esattamente, doveva sputare veleno in questo modo con uno che nemmeno conosceva, ma parlava in modo talmente veloce da non lasciargli il tempo di rispondere.

«... Dimmi, non hai visto il suo volto? Non le sei passato accanto, avendo il piacere di assaggiare l’odore di fumo che emanano i suoi vestiti?» sibilò, a denti stretti, per poi ghignare. «Fuori sono tutte belle in modo diverso, ma non sembrano solamente tutte uguali, dentro?»

La ragazza doveva aver sentito, perché li stava guardando con un’espressione strana, quasi ferita.

«Basta» sbottò Jared, con una smorfia. «Perché dovrebbe importarmi?»

«Leto! Vuole fare attenzione?» lo richiamò il professore, dalla lavagna.

«Sì, scusi» borbottò Jared, e rivolgendo l’attenzione al professore, alla sua sinistra, diede le spalle alla ragazza occhialuta come per chiudere la conversazione.

 

Alla fine della lezione, quando tutti gli altri erano già usciti dalla, Jared vide la ragazza inciampare e la sua borsa aperta cadere a terra, facendone rovesciare il contenuto sul pavimento.

Si avvicinò e mentre lei si inginocchiava per raccogliere tutto lui fece lo stesso senza dire niente. Ora che la vedeva da vicino, gli sembrò incredibilmente... fragile. Forse era lo sguardo vuoto, forse le gambe magre fasciate dai jeans stretti, forse le mani piccole e pallide che adesso stavano raccogliendo velocemente dei quaderni.

Tra le mani gli capitò un volume che gli fece aggrottare la fronte.

«Filosofie orientali?»

«Sì, buddhismo e cose del genere» rispose lei in modo brusco, e Jared rimase stupito dal cambio di atteggiamento rispetto all’inizio della lezione, così non disse niente.

Lei gli prese il volume dalle mani e lo rimise in borsa, andando via senza nemmeno salutarlo.

 

Non si sarebbero parlati di nuovo (o meglio, Jared non avrebbe più provato a rivolgerle la parola) fino a quando, qualche settimana dopo, il professore non li mise in coppia insieme per una relazione sul sistema solare. Era il mese di Novembre, e avrebbero dovuto scrivere, tra le altre cose, quali pianeti e costellazioni erano visibili nel cielo notturno durante quei giorni.

Nel tempo in cui Jared era rimasto ad osservarla in disparte la sua curiosità verso la ragazza – perché era solo quello, vero? Solo curiosità – non aveva fatto altro che crescere. Avevano ragione, l’aveva sempre vista con ragazzi diversi, sempre con abiti stretti e scollati, sempre con occhiaie profonde, sempre con un’aria più stanca di giorno in giorno. Eppure c’era qualcosa in lei che non lo convinceva, che si scontrava con ciò che dicevano di lei, il modo assorto in cui osservava il cielo fuori dalla finestra, il modo delicato in cui si stringeva nelle braccia quando aveva freddo, il modo in cui l’aveva guardato – quasi sollevata – quando il professore aveva nominato il suo nome accanto a quello di lui.  



Nota dell’autrice: Da brava stalker – ehm – quale sono mi sono documentata su Wikipedia sull’istruzione di Jared, che (ora so) ha frequentato la Emerson Preparatory School di Washington D.C., diplomandosi nel 1989. Sempre grazie a Wiki (onore e gloria nei secoli dei secoli) ho scoperto che sì, questo istituto, fra i tanti, offre un corso di Astronomia. Ho pensato, tra me e me, che sarebbe stato un ottimo modo per far incontrare lui e Mary, ed ecco qui.

   
 
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