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Autore: hibou    30/12/2011    5 recensioni
Sasuke Uchiha.
Il ragazzo più gettonato del campus, uno degli studenti più promettenti della sua facoltà e colui che, ogni giorno, alla pausa pranzo, lei spiava da sotto il suo ciuffo rosa o nascosta dietro qualche libro di medicina.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Attimi





Non ce la faceva più.
Il piede batteva rapidamente sul pavimento, il ginocchio piegato si sollevava a ritmo del suono attutito del tacco sul parquet scuro. Gli occhi volavano dall’orologio alla bocca del professore.
Fissava le labbra muoversi, creare parole di cui non sentiva il suono e le lancette scandire il tempo, girare, girare, girare.
Rallenta, rallenta, dai.
Sbuffò e un lieve gemito uscì dalle sue labbra, provava l’irrefrenabile impulso di staccare quelle maledette lancette e conficcargliele dritte negli occhi all’ometto calvo e barbuto seduto in cattedra.
Guardò nuovamente l’orologio, dentro di sé la speranza cominciò a fare i bagagli e sbaraccare per lasciar posto alla rassegnazione quando, finalmente, l’uomo si bloccò, si sistemò gli occhiali sopra il naso e chiuse il libro, affermando che per quel giorno le lezioni erano finite, scusandosi con gli allievi, decisamente annoiati, per averli trattenuti oltre l’orario consueto.
Si alzò di scatto dalla sedia, facendola stridere e sbattere contro il banco alle sue spalle. Alcune persone si girarono a guardarla, ma lei non ci fece caso.
Afferrò in fretta e furia i libri e la borsa e corse fuori dall’aula, attraversando il corridoio di corsa.
Le vecchie scarpe da tennis si trascinavano con fatica lungo il campus universitario e trovarono sollievo quando la ragazza bloccò il suo incedere nervoso ai piedi di una grande quercia del parco studentesco. Lasciò cadere i libri a terra e si sedette stendendo le gambe sopra il morbido manto erboso, sistemandosi la gonna in jeans. Sospirò, afferrò la mela nella borsa e cominciò ad addentare il suo pranzo.
Con fare disinvolto fece finta di guardarsi intorno, con una mano strappava i fili d’erba.
Coppiette, giocatori di football e ragazzi anonimi che, come lei, erano stesi, sparsi qua e là a chiacchierare o studiare.
Sbatté gli occhi e ripeté la perlustrazione un’altra volta, due, tre.
E lo vide.
La mano rimase incollata al terreno, stringeva spasmodicamente i fili d’erba che gridavano pietà.
Era seduto a terra, la schiena appoggiata allo zaino alle sue spalle; una gamba distesa e una piegata a reggere un libro.
Le lunghe dita affusolate girarono una pagina, sotto l’occhio vigile della ragazza che, completamente imbambolata, non riusciva a distogliere lo sguardo.
I capelli corvini ricadevano scompigliati lungo i lati del viso allungato, leggermente illuminato dal sole primaverile. Gli occhi neri e profondi, leggermente corrucciati dalla concentrazione, seguivano lo scorrere delle parole, sopra il naso perfetto.
E la bocca. Dio, che bocca.
Uno sbuffo uscì dalle serie labbra fini e gli occhi ruotarono sull’orologio da polso. Il ragazzo si alzò con flemma, si stiracchiò e pulì i pantaloni da invisibili fili d’erba; raccolse le sue cose e in silenzio se ne andò, lasciando la ragazza sola e a sconfortarsi nella sua inezia.
 
 
Era una ragazza semplice, Sakura.
Non era bella e non era brutta. Era carina. Era quel tipo di ragazza che se incroci per strada non ti volti a guardare ammirato e nemmeno a vomitare.
Si era sempre sentita piuttosto anonima, ma ciò le aveva sempre fatto piacere, essendo, inoltre, molto timida.
E questa timidezza l’aveva frenata in molte cose, in primis con i ragazzi.
In particolare con lui.
Sasuke Uchiha.
Il ragazzo più gettonato del campus, uno degli studenti più promettenti della sua facoltà e colui che, ogni giorno, alla pausa pranzo, lei spiava da sotto il suo ciuffo rosa o nascosta dietro qualche libro di medicina.
Non aveva mai parlato con lui, non aveva mai sentito il suono della sua voce, non sapeva nemmeno se lui la conoscesse.
Non c’era mai stato un contatto fisico tra loro, solo una lieve sfiorata di spalle in corridoio, uno dei momenti più emozionanti della sua vita.
Non sapeva spiegarsi il perché di quell’amore sconvolgente e irragionevole. Da quel che ne sapeva, poteva essere tanto perfetto fuori quanto orribile e noioso dentro; poteva essere pesante, avere l’alito che puzzava, non lavarsi o essere un secchione preso solo dallo studio e dai videogiochi. Sarebbe potuto essere persino gay! Cosa ne sapeva lei, alla fine?
Eppure era attratta da lui così profondamente che quasi la spaventava.
Le erano bastati quindici minuti; quindici minuti, ogni giorno, per studiarlo, ammirarlo, capirlo. E avere la sensazione di conoscerlo da una vita.
Con il suo sguardo serio e triste, l’aria misteriosa e severa, i modi di fare lenti ma studiati, tutto soppesato e nulla dato per scontato.
Ed eccola lì, Sakura Haruno, come ogni giorno seduta sotto quel muschiato e antico albero, con uno spesso libro in mano e gli occhi attenti e vigili.
Sasuke stava leggendo, sorseggiando di tanto in tanto un succo di frutta.
Si sentiva ancora più emozionata quel giorno, leggermente indecisa su ciò che la sua borsa nascondeva.
Gettò un’occhiata veloce al marchingegno, rimuginando sul da farsi. Trovato coraggio, afferrò la macchina fotografica e cominciò a guardarsi intorno.
Le era sempre piaciuto fotografare. Avere la capacità immobilizzare un attimo per l’eternità le faceva scorrere un brivido di eccitamento ogni qual volta scattava una fotografia.
E quell’anno era stato affidato a lei il compito di scattare le foto per l’annuario, e quale occasione migliore per ritrarlo? Chissà, magari avrebbe potuto scambiarci pure quattro chiacchiere.
Non essere sciocca Sakura.
Sospirò e impugnò la macchinetta, inquadrando i visi dei ragazzi e facendo qualche panoramica del parco e della scuola.
Continuò a vagare con l’inquadratura in giro, senza sapere cosa fare e senza trovare il coraggio di puntarla verso di lui. E se se ne fosse accorto? Magari non voleva essere fotografato. O peggio! Magari avrebbe riconosciuto la pazza che ogni giorno lo fissava per quindici minuti e avrebbe compromesso ulteriormente l’idea che si era fatto su di lei, sempre se ce l’aveva.
Lasciò cadere la macchinetta in grembo, frustata e indecisa, e lanciò un’occhiata verso di lui.
Aveva interrotto la sua lettura e ora reggeva in mano qualcosa, fissandolo attentamente.
Sakura aguzzò la vista, non riuscendo a distinguere cosa avesse catturato la sua attenzione, finché non riuscì a decifrare i contorni di un piccolo portachiavi a forma di ventaglio bianco e rosso.
Lo fissava perso nei suoi pensieri, custodendolo come fosse un antico cimelio e, senza accorgersene, si ritrovo a piegare leggermente gli angoli della bocca immerso in qualche ricordo.
Sakura trattenne il fiato: stava sorridendo.
Per la prima volta, Sakura vide sorridere l’uomo di cui si era innamorata e all’improvviso capì.
Capì perché ogni giorno, per quindici minuti, si sedeva all’ombra di quella vecchia quercia ad osservarlo; capì perché il suo cuore le si contorceva ogni volta che lo incrociava per un corridoio; capì perché la sua mente si rifiutava di cancellarlo e di metterlo da una parte.
Rinvigorita e leggermente accaldata, Sakura impugnò la macchina fotografica, centrò l’obbiettivo e scattò un’immagine del sorridente volto di Sasuke.
E il solito brivido le corse lungo la schiena.






***


Buona sera a tutti.
Ad essere sincera, sono un po' preoccupata per questa storia. Leggo molte storie sulla coppia SasuSaku, ma questa è la prima volta che mi cimento e scrivo qualcosa che li riguarda e ho paura di non averli resi IC e di aver fatto un lavoro noioso e orribile.
Spero di ricevere vostri giudizi, che mi aiutino a migliorare il mio rapporto con la scrittura e, soprattutto, con questa coppia, che amo molto.
Un grande abbraccio, grazie per l'attenzione. :)

gloom.

  
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