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Autore: ladyElric23    31/12/2011    10 recensioni
“Natale? Siamo già a Natale?” lo guarda, quasi smarrito.
“Si, Holmes. E questo è il suo regalo. Almeno smetterà di rubare il mio”
Gli lascia cadere un pacchetto infiocchettato con del nastro rosso sulle gambe.
“M-mi ha fatto un regalo?”
“Gli amici solitamente lo fanno…”
Continua a fissarlo, Holmes, ma poi è costretto ad abbassare la testa, vinto dai fatti, dall’usanza e dalla tradizione.
Lui un regalo non ce l’ha.
Figuriamoci, non sapeva neanche che giorno fosse; i giorni gli sembrano essere tutti uguali quando non è impegnato in un qualche caso che stuzzichi la sua attenzione.
“Io… temo di averlo dimenticato…”
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come al solito sono in ritardo. Sono in ritardo con le recensioni, sono in ritardo sui preparativi per stasera, sono in ritardo nel postare questa storia.

Si, perché avevo iniziato a scriverla prima di Natale, ma poi complice lo shopping pre-natalizio, le cene varie e tutto il resto è rimasta lì, nel mio quaderno, in attesa di essere finita. Beh, l’ho finita ieri sera, quindi eccola qui.

E vi avverto, è davvero una stupidata natalizia.

E ora ovviamente DISCLAIMER: i personaggi non mi appartengono, tutto questo è solo frutto della mia mente malata di fan girl. E’ fluff, probabilmente OOC, un po’ triste nella prima parte.

Bene, vi ho avvertite.

Buona lettura, nel caso vogliate tornare in piena atmosfera natalizia xD

 

 

 

A Christmas Present

 

 

Sbuffa nel vederlo ancora lì, steso per terra, con una coperta che lui stesso si è premurato di mettergli addosso ieri sera per ripararlo dal freddo pungente dell’inverno londinese. Non capirà mai questa sua ossessione del dormire sul pavimento, quando ha un comodo letto a sua disposizione, a pochi passi di distanza.

“Holmes” lo richiama per l’ennesima volta, ricevendo in risposta solo un fruscio.

Si è rintanato con la testa sotto la calda coperta di lana.

Watson alza gli occhi al cielo, innervosendosi, poi si piega su di lui.

“Holmes!” urla, strattonando via la coperta, facendolo sobbalzare. Ed è davvero difficile per lui trattenersi dal ridere di fronte alla sua espressione spaventata e disorientata.

“Watson, ma cosa…?” chiede, cercando di ripararsi con una mano dalla luce che entra dalla finestra, le tende ovviamente aperte dal suo collega.

“Buongiorno” sorride falsamente l’altro, rialzandosi in piedi. “Lei è in ritardo, suo fratello sarà qui tra poco più di un’ora”

“Perché mai mio fratello dovrebbe venire a trovarmi senza avvisarmi?”

“Perché oggi è Natale, Holmes, e ha mandato un telegramma mentre lei dormiva”

Riesce a zittirlo.

Ovviamente solo per un istante.

“Natale? Siamo già a Natale?” lo guarda, quasi smarrito.

“Si, Holmes. E questo è il suo regalo. Almeno smetterà di rubare il mio”

Gli lascia cadere un pacchetto infiocchettato con del nastro rosso sulle gambe.

“M-mi ha fatto un regalo?”

“Gli amici solitamente lo fanno…”

Continua a fissarlo, Holmes, ma poi è costretto ad abbassare la testa, vinto dai fatti, dall’usanza e dalla tradizione.

Lui un regalo non ce l’ha.

Figuriamoci, non sapeva neanche che giorno fosse; i giorni gli sembrano essere tutti uguali quando non è impegnato in un qualche caso che stuzzichi la sua attenzione.

“Io… temo di averlo dimenticato…” piega maggiormente la testa, le spalle curve mentre, seduto a gambe incrociate sul pavimento, si rigira tra le mani il suo regalo.

Non ha bisogno di aprirlo per sapere che è un gilet; lo capisce dalla sua consistenza, dalla carta, tipica di quella sartoria a Kensington, la sua preferita.  Per non parlare di quella frase: “Almeno smetterà di rubare il mio”.  Singolare. Maschile. Un gilet, ovvio.

“Si, l’ho notato” commenta il dottore, sarcastico. “Ora deve scusarmi, ma devo uscire. Sono a pranzo dai genitori di Mary. Certamente loro non l’hanno dimenticato”.

Prende il bastone ed il cappotto e senza degnarlo di un altro sguardo esce dalla sua camera, premurandosi come al solito di sbattere la porta.

Il continuo realizzare quanto poco Holmes sia umano, questa sua scarsa partecipazione, percezione, gli fa perdere le staffe.

E Holmes, dal canto suo, ne è pienamente consapevole.

È per questo che una volta rimasto solo, mentre sfila il nastro dal pacchetto, scartandolo con cura, sospira sconfortato, sussurrando un “Buon Natale”.

E non sorride neppure quando tra le mani ha davvero un bel gilet scuro.

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che Watson nota rientrando al 221B di Baker Street è, oltre all’assenza di Mrs. Hudson, che probabilmente ha passato questo giorno di festa con i suoi figli e nipoti, è l’odore.

È forte, acre. Odore di bruciato.

Pensa subito ad un tentativo mal riuscito di Holmes di far saltare in aria le loro stanze. Non sarebbe la prima volta.

Sale le scale tenendosi al corrimano ed entra nel loro salotto.

Appena lo vede Holmes, fino a quel momento poggiato scompostamente sul tavolo con un braccio, la mano a sorreggergli la testa, scatta sulla sedia. Il sorriso ben visibile alla luce del camino e della lampada ad olio.

“Watson!”

“Lei ha l’aria colpevole” lo guarda di sbieco il dottore, alzando un sopracciglio, “Ha tentato di dar fuoco ai nostri alloggi, vero?”.

Sembra pensarci un attimo il detective, corrucciandosi, poi però scuote la testa.

“Non questa volta, no”

“E allora cosa ha fatto?”

“Ho cercato in tutta Londra, sa?!” non lo ascolta neanche, “Ma con la scusa che è Natale nessun negozio era aperto. Nessuno! Ma si rende conto? Che fine hanno fatto i buon vecchi commercianti di una volta?!”

“Holmes, arrivi al dunque!”

“Oh, si, beh…” spinge un piatto verso di lui. “Buon Natale!”

Watson, ancora sospettoso, vaga con lo sguardo dal suo viso, quel sorriso sghembo così ingenuo che vuole solo trarre in inganno, al piatto; sopra di esso  c’è quello che assomiglia molto, o meglio, quello che dovrebbe assomigliare, ad un muffin.

È il suo dolce preferito.

Ovviamente il detective ha seguito perfettamente il filo dei suoi pensieri.

“Concordo che non ha un bell’aspetto, ma credo che sia buono. Non avevo la ricetta, ho scoperto che Mrs. Hudson le ha portate con se, quindi ho dovuto arrangiarmi, ma ipoteticamente le dosi dovrebbero essere esatte”

Ipoteticamente?

Alza le spalle con un’espressione innocente, guadagnandosi un sorriso.

Gli basta sempre poco per far tornare il buon umore al dottore. Qualche parola, un sorriso, a volte solo un’espressione particolare. Non riesce a resistergli.

 È sempre stato così.

 

 

 

“E cosa mi dice di questo odore di bruciato?”  gli chiede, ormai seduto accanto a lui, una forchetta in mano.

“Ho avuto un piccolo inconveniente col forno… niente di grave…”

In poche parole ha fatto scoppiare la cucina.

È questo quello che pensa mentre assaggia un boccone di quel dolce e…

Si immobilizza all’istante, chiudendo gli occhi e facendo una smorfia.

“Che c’è?” lo incalza il detective.

“Holmes, è…” si porta subito una tazza del tè che provvidenzialmente ha preparato alle labbra, cercando invano di rimuovere quello stucchevole sapore dovuto al davvero TROPPO zucchero. “Immangiabile” conclude poi la frase.

Certamente Holmes non avrà un futuro come pasticcere.

“Come al solito lei esagera!” se la prende, riappropriandosi del piatto. “Forza, mi faccia assaggiare”.

Pochi secondi e la sua espressione cambia.

Inizia a tossire, portandosi una mano davanti alla bocca mentre Watson se la ride.

“Glielo avevo detto che è immangiabile!”

 

 

“Non capisco… eppure… avevo calcolato tutte le dosi alla perfezione, matematicamente….” Dice Holmes per l’ennesima volta, in qualche modo scusandosi con lui.

È dispiaciuto, è palese. La sua unica possibilità di fare bella figura si è eclissata a causa di una volgare abbondanza di zucchero.

“A quanto pare la sua matematica ha bisogno di un ripasso completo…” lo prende prontamente in giro l’altro, guadagnandosi un’occhiataccia. “Comunque ho gradito molto il pensiero”.

“Davvero?” gli chiede con un’espressione da bambino, gli occhi grandi e un bel sorriso.

“Davvero”

Gli sorride ancora, di rimando, felice anche se non lo ammetterà  mai, ed è in quel momento che…

“HOLMES!”

Mrs. Hudson.

È tornata.

Ha visto la cucina.

Sta salendo le scale.

“Spranghi la porta, Watson” sussurra terrorizzato alla sola idea di cosa quella nonnina potrebbe fargli. Avvelenarlo con la colazione di domani, spostargli tutte le sue cose, mettendole fuori posto, e …

“Come, scusi?”

“Per l’amor di dio, spranghi la porta!”

Si precipita lui stesso su quest’ultima, facendo scattare la serratura, schiacciandosi poi su di essa, in silenzio, le orecchie tese a captare il rumore di quei passi.

“HOLMES!” urla la padrona di casa sul pianerottolo, cercando di entrare nella stanza. “Apra questa porta!”

“Madame, deve mantenere la calma”

“A quanto pare lei ci ha appena segregati qui…” constata Watson, davanti a lui.

“In mia difesa, dico che l’ho fatto a fin di bene”

“Oh, non si preoccupi, sono sicuro che troveremo un modo per passare il tempo…” posa una mano di lato alla sua testa, imprigionandolo tra il suo corpo ed il legno della porta mentre si lecca il labbro inferiore.

Come sempre Holmes capisce a cosa si sta riferendo.

Sorride malizioso, sporgendosi verso di lui, fino a sfiorare la sua bocca con la propria.

“Buon Natale, Watson”

E a John piacerebbe davvero molto poter affermare che il suo collega non avesse previsto tutto questo, che non l’avesse premeditato, ma in verità non ne è poi così sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

[NdA]:  non ho niente da dire in realtà, volevo soltanto ringraziarvi in anticipo per aver letto/recensito/preferito/seguito/ricordato. E ovviamente un BUON ANNO  a tutti voi! vorrei stringervi la mano, ma non posso, quindi ve lo scrivo qui. AUGURI!

Baci,

ladyElric

 

 

   
 
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