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Autore: _Li_    02/01/2012    2 recensioni
Una telefonata nel cuore della notte, una ragazza in lacrime ed una nottata trascorsa velocemente. E tutto questo per un solo momento di debolezza.
Un omaggio al cartone della mia infanzia e ai personaggi che ho sempre amato.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Taichi si svegliò di soprassalto, fissando con sguardo assonnato le pareti scure e spoglie della stanza da letto.
Il cellulare sul comodino continuava a vibrare.
Procedendo a tentoni riuscì finalmente a trovarlo e, senza riconoscere il numero sul display, si affrettò a rispondere.
“Pronto?”
“...”
All’altro capo del telefono si sentivano solo fruscii e rumori indefiniti.
“Pronto?” ripeté il ragazzo massaggiandosi stancamente gli occhi ed iniziando ad irritarsi “C’è nessuno?”
“...”
“D’accordo, bello scherzo. Addio.”
Fece per riattaccare quando un singhiozzo ruppe il silenzio. Avvicinando nuovamente l’orecchio al cellulare Taichi tentò di percepire cosa stesse succedendo.
“... Taichi ...”
Fu solo un sussurro, ma al ragazzo bastò per riconoscere la voce di Sora. Alzandosi a sedere di scatto fissò intensamente il buio della stanza, preoccupato.
“Sora! Che succede? Dove sei?”
“...”
“Sora, parlami! Dimmi dove ti trovi! Yamato é con te?”
Un altro singhiozzo, più forte degli altri, ruppe nuovamente il silenzio.
Districandosi con un calcio dalle coperte si fiondò sull’armadio, cercando un paio di pantaloni.
“Vengo a prenderti. Sei a casa?”
“...”
“Sora! Dimmi dove sei!”
“Parco... Sono al parco.”
Taichi si bloccò improvvisamente, il cellulare tenuto incollato all’orecchio dalla spalla, le mani che armeggiavano con il bottone dei jeans.
“D’accordo. Non muoverti. Sarò lì in un lampo.”
Prese una giacca e le chiavi della macchina e si fiondò fuori dall’appartamento.
 

Le luci dei lampioni illuminavano a giorno le strade della città.
Taichi guidava velocemente, ignorando i limiti di velocità e gli stop. Rischiò di fare un incidente, ignorando un segnale di precedenza, ma se la cavò soltanto con una strombazzata ed un vaffanculo urlato da un finestrino.
Svoltò improvvisamente a destra e si ritrovò di fronte al grande parco, lo stesso in cui lui e Sora, da bambini, passavano intere giornate a giocare a calcio.
Lo stesso in cui lui e Sora avevano conosciuto Yamato, un silenzioso bambino che aveva saputo incantarli col suono della sua armonica.
Lo stesso in cui lui e quello stesso bambino si erano picchiati violentemente per una sciocchezza, prima di fissarsi intensamente negli occhi e scoppiare poi a ridere.
Lo stesso in cui loro tre, ormai adolescenti inseparabili, si rintanavano per sfuggire ai compiti ed ai rimproveri dei genitori.
Lo stesso in cui lui, giorno dopo giorno, aveva notato gli sguardi accesi di Yamato e i frequenti rossori di Sora.
Lo stesso in cui tutti i suoi sogni erano andati in fumo alla vista di un semplice bacio tra i suoi due migliori amici.
 
Scacciando gli improvvisi ricordi Taichi mollò la macchina davanti all’ingresso e scese di corsa dal veicolo.
Scrutando nel buio si accorse di una figura rannicchiata su una panchina, una chioma di folti capelli rossi ed un volto nascosto tra le gambe.
Sora alzò rapidamente il capo non appena sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
Con gli occhi colmi di lacrime fissò il sorriso sghembo di Taichi, prima di gettarsi tra le sue braccia singhiozzando a più non posso.
 

Il viaggio fu lungo e silenzioso. Taichi aveva fatto qualche domanda ma, non ottenendo risposta, aveva deciso di attendere che l’amica fosse pronta a parlare.
Salirono lentamente le scale ed entrarono nell’appartamento buio. Tai fece sedere la ragazza sul divano, poi andò in cucina. Dieci minuti dopo era di ritorno con due tazze di cioccolata calda in mano.
Offrendone una a Sora si sedette accanto a lei.
La ragazza soffiò dolcemente sulla bevanda bollente, poi prese un sorso.
Un leggero sorriso le illuminò il volto.
“Grazie... Ne avevo proprio bisogno.”
Taichi sorrise apertamente, prendendo un lungo sorso di cioccolata. Poi poggiò la tazza sul tavolo e spostò lo sguardo sull’amica.
“Allora Sora... Vuoi spiegarmi che succede?”
Lei sorrise nuovamente, continuando a tenere gli occhi fissi sulle mani che reggevano la tazza.
“Sono incinta.”
Il ragazzo si irrigidì improvvisamente, ma poi un largo sorriso si aprì sul suo volto.
“È una notizia stupenda! Diventerò zio!” ridacchiò tra sé e sé.
“Quando l’hai scoperto?”
“Giusto oggi.”
Sora si voltò fissando in faccia l’amico.
“L’ho scoperto stamattina ed ho aspettato fino a stasera per dirlo a Yamato.”
“E lui come l’ha presa?”
Lacrime silenziose iniziarono a spuntarle agli angoli degli occhi.
“Diciamo non molto bene... Se n’è andato di casa.”
Taichi fissò sconvolto l’amica che ormai aveva iniziato a piangere copiosamente.
Poi, senza dire una parola, la prese tra le braccia, lasciandola sfogare.
 

Quando Sora aprì gli occhi si ritrovò distesa sul divano, sotto una pesante coperta di lana. Una luce calda avvolgeva il soggiorno ed un invitante profumo di caffè si espandeva per tutto l’appartamento.
Stropicciandosi gli occhi con una mano cercò di capire dove si trovasse. I ricordi della sera precedente le riaffiorarono velocemente e dolorosamente in testa e calde lacrime iniziarono a solleticarle gli angoli degli occhi.
“Buongiorno dormigliona. Una tazza di caffè?”
Taichi spuntò sorridente dalla cucina con indosso un meraviglioso grembiulino rosa, probabilmente un regalo di Hikari.
Asciugandosi le lacrime Sora si affrettò a rispondere al sorriso, sedendosi per lasciare spazio all’amico.
Prese la tazza dalle mani di Tai che si lasciò cadere pesantemente accanto a lei.
“Dormito bene?”
La ragazza annuì, bevendo un sorso di caffè.
“Sai...” continuò lui dopo un minuto di pausa “Credo che dovresti chiamarlo...”
Lo sguardo di Sora si fece improvvisamente duro. Gli occhi divennero lucidi, ma riuscì a trattenere le lacrime.
“È lui che se n’è andato via.”
“Se non sbaglio neanche tu ti trovi in casa tua, adesso.”
“Lui se n’è andato! È fuggito di fronte alla responsabilità, è stato un codardo.”
“Avrà avuto un attimo di debolezza. È normale, è successo tutto così in fretta: convivere da soli tre mesi e scoprire all’improvviso di star per diventare padre. Lui...”
“Anche per me è stato improvviso!”
Sora si ritrovò ad urlare a pieni polmoni, con le lacrime che ormai avevano preso possesso del suo volto.
“Anche io sono spaventata, ma avrei potuto farcela... Con lui.”
Si asciugò lentamente gli occhi con il dorso della mano, abbassando la testa sul petto.
“Invece lui è scappato...” sussurrò.
Taichi la fissò con un misto di dispiacere e preoccupazione. Avvicinò la mano ai suoi capelli, ma poi, lentamente, la ritirò, abbassando lo sguardo ed osservandosi i piedi.
“Taichi...”
Fu il leggero sussurro di Sora a rompere il silenzio, spingendolo ad alzare gli occhi per guardarla.
“Tu cos’avresti fatto?”
Il ragazzo si stupì della domanda, la stessa che lui si era posto la sera prima.
“Io... Ecco, non saprei cosa...”
“Taichi!” Sora lo stava fissando seriamente, con il volto rigato dalle lacrime.
Non gli era mai sembrata tanto indifesa e tanto bella come in quel momento.
“Cosa avresti fatto?”
 Taichi la fissò per un istante. Poi sospirò.
“Io mi sarei spaventato.”
Una sensazione indecifrabile passò sul volto di Sora.
Sollievo? Delusione? Rimorso?
Taichi sorrise leggermente e continuò a parlare, voltandosi col corpo verso di lei.
“Io mi sarei spaventato, è vero, ma non sarei fuggito di casa.”
Con una mano le toccò il volto, asciugandole le lacrime.
“Mi sarei spaventato, ma sarei rimasto al tuo fianco.”
La mano rimase posata sul suo volto, accarezzandole delicatamente la guancia.
“Probabilmente poi sarei scoppiato a ridere, prendendoti in braccio e facendoti volteggiare per la stanza.”
Le dita ora si erano spostate e sfioravano il contorno delle labbra di Sora. Il volto di Taichi, serio ma sempre con quel leggero sorriso stampato sopra, si trovava proprio di fronte a quello della ragazza, che non poteva far altro che osservarlo immobile.
“Ti avrei stretta a me...”
I loro volti distavano ora solo pochi centimetri.
“... E poi ti avrei baciata.”
Sora chiuse gli occhi sentendo il fiato di Taichi sulle labbra.
Il ragazzo alzò il mento, separando la distanza tra i loro volti, e la baciò delicatamente sulla fronte.
Le accarezzò nuovamente il volto fissando con amore i suoi occhi nocciola che tornavano ad aprirsi.
“Questo è quello che avrei fatto io.”
Sorrise.
“Ma io non sono Yamato. Lui è il ragazzo che ami. E anche lui ti ama, più della sua stessa vita, puoi starne sicura. Sono certo che tutto andrà per il meglio.”
E per la prima volta nel corso della giornata sul volto di Sora si aprì un tenero e sincero sorriso.
 

“Allora per pranzo ti va bene il sushi?”
“Certo, sei tu lo chef! Aspetta, spostati che ti do una mano.”
“Eh no, mia cara! Le donne incinte devono stare a riposo.”
“Hey, aspetto un bambino, non sono mica malata!”
Scoppiando a ridere Sora si avvicinò a lui, tentando di rubargli il coltello dalle mani. Fu però bloccata dal campanello della porta.
“Avanti, Sora, vai ad aprire.”
La ragazza lo fissò stupita.
“Perché dovrei andare io? Se non sbaglio è casa tua!”
Taichi la fissò sconvolto.
“Non crederai che io voglia lasciarti sola in cucina, vero?? Sono io lo chef, e tu sei l’ospite. Quindi fai quello che ti dico senza troppe storie!”
Sora scoppiò a ridere.
“Agli ordini, padrone!” esclamò, mimando un inchino ed uscendo dalla cucina.
Si avvicinò alla porta e la spalancò velocemente. Il sorriso le morì sulle labbra non appena riconobbe la persona che la fissava dalla soglia.
 
“Che diamine ci fai qui?”
Yamato la fissò disperato.
Indossava ancora i vestiti della sera prima. Due cerchi scuri gli incorniciavano gli occhi ed una barba rada spuntava sul volto stanco.
“Sora, io...”
“Vattene.”
Le parole della ragazza suonarono dure e un’ombra di dolore passò sul volto del biondo.
“Aspetta Sora! Lasciami spiegare! Io...”
“Non voglio sentire niente da te! Vattene!”
Fece per chiudere la porta, ma una presa ferrea sulla maniglia la bloccò.
Taichi era spuntato alle sue spalle. Indossava ancora il ridicolo grembiulino rosa, ma il suo sguardo appariva serio e determinato.
“Ascolta quello che vuole dirti, Sora.”
“Non voglio ascoltare nulla!” urlò in direzione dell’amico “È scappato! E non capisco cosa ci faccia qui, ora.”
“L’ho chiamato io.” spiegò tranquillamente il moro.
“Tu l’hai... Perché? Nessuno ti ha dato il diritto di...”
“L’ho fatto per il tuo bene!” esclamò il ragazzo “Fidati di me! Ascoltalo.”
Sora abbassò lo sguardo, infuriata.
Strinse più forte la maniglia della porta, ma poi lasciò la presa. Il braccio le ricadde molle lungo il corpo e i suoi occhi tornarono a fissare quelli azzurri di Yamato ancora in piedi sulla soglia, in silenzio.
Il ragazzo fece un leggero cenno del capo a Taichi che lo fissò serio prima di ritornare in cucina.
Yamato aprì la bocca per parlare. La richiuse subito dopo. Poi prese fiato e riprovò.
Un ‘Mi dispiace’ roco gli uscì dalla gola.
“Questo è tutto quello che sai dire?”
Sora lo fissò delusa. Grosse lacrime brillavano sulle sue lunghe ciglia.
Yamato abbassò lo sguardo.
La mano di Sora si mosse verso la porta, sospingendola dolcemente. Un singhiozzo uscì dalle sue labbra e forse fu proprio questo a dare coraggio a Yamato.
Bloccando la porta con il braccio il ragazzo fece un passo in avanti. Si ritrovò nuovamente di fronte al volto di Sora, ma questa volta la fissò con sguardo deciso.
“Sono un idiota.”
La ragazza non riuscì a fare a meno di trattenere il fiato.
“So di averti ferita” continuò il biondo “e so di essermi comportato da codardo. Ma la notizia mi ha preso alla sprovvista.”
Si interruppe un istante.
“Quando mi hai detto di essere incinta il mio primo pensiero è andato ai miei genitori, a quello che è successo... Non mi sono sentito pronto e così sono... Sono...”
“Scappato?” suggerì lei.
Yamato sospirò, abbassando lo sguardo.
“Si... Sono scappato.”
Prese fiato e ritornò a fissare Sora.
“Dieci minuti dopo ero già ritornato sui miei passi. Io non sono come i miei genitori e non lo diventerò. Mi sono comportato da idiota. Ma è stato solo un momento di debolezza... Quando sono tornato però tu non c’eri più.”
Sora sentì tutto il dolore di Yamato trasparire da quelle parole e una fitta di rimorso la colpì allo stomaco.
Il biondo sembrò non accorgersene e continuò a parlare.
“Sono subito corso fuori per cercarti. Sono venuto da Taichi, credendo di trovarti qui, ma non era in casa nessuno. Ho chiamato Hikari, Takeru, Mimi... Ma nessuno di loro ti aveva vista. Ho vagato per la città... Sono andato a casa dei tuoi genitori e sono passato per il parco. Ti ricordi? Quello in cui ti ho dato il primo bacio...”
Yamato sorrise a quel ricordo e Sora sorrise con lui.
“Alla fine sono tornato a casa, sperando che tu tornassi. E appena ho ricevuto il messaggio di Taichi mi sono precipitato qui.”
Il ragazzo si interruppe, riprendendo fiato dopo il lungo discorso.
“Sora, so di averti ferita. So di essermi comportato da vigliacco e da stupido. Ma ti giuro, io ti amo. Non potrei vivere senza di te e non potrei mai abbandonarti. Mai! Io...”
Yamato non poté continuare perché un paio di labbra si erano impadronite prepotentemente delle sue. Spalancò gli occhi, ma subito li richiuse, abbracciando l’esile vita di Sora e stringendo la ragazza a sé.
“Mi dispiace...” sussurrò, staccando le labbra dalle sue e avvicinandole al suo orecchio.
La ragazza scosse la testa appoggiandola sul suo petto, fregandosene delle lacrime che ora scendevano abbondanti.
“Yamato... Mi dispiace.”
 
Rimasero così, abbracciati sulla soglia dell’appartamento di Taichi.
Dalla cucina il ragazzo li osservava sorridendo.
Una leggera fitta di gelosia gli trafisse lo stomaco, ma fu solo per un istante. Guardandoli non poté fare a meno di essere felice per loro.
Incrociò lo sguardo di Yamato e percepì il suo ringraziamento silenzioso.
Strizzando un occhio in segno di complicità si affrettò a tornare in cucina per aggiungere un altro posto a tavola.

 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
Era da un bel po’ di tempo che non pubblicavo una nuova storia e ricominciare proprio da qui, Digimon, un anime che ho molto seguito da bambina ma su cui non ho mai scritto... Beh, sembra così strano!
Purtroppo per questo dovete prendervela con la mia ispirazione.
Era da giorni che mi girava in testa l’immagine di una ragazza in lacrime, da sola, e di un telefono che squilla nel cuore della notte svegliando l’eroe della situazione... e vagando per EFP, sul fandom dei Digimon, ho finalmente trovato i soggetti perfetti! E poi basta, la storia è uscita praticamente da sé (a parte il titolo... quello l'ho messo a caso)
Mi sono divertita ed emozionata da sola mentre la scrivevo, lo ammetto! Specialmente la parte di Taichi e Sora, anche se forse, per alcuni di voi, non tutto è andato secondo i piani.

Beh, spero che qualcuno abbia potuto apprezzare questa piccola storiella isolata. Anche se, chissà... Magari in futuro potrebbe spuntare qualche nuova idea!
Un bacio a chi spenderà un istante a recensire, ma anche a chi passerà di qua per caso, lanciando una veloce occhiata.
 
Linda 

  
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