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Autore: Pioggiafredda    03/01/2012    1 recensioni
Infelicità di una donna considerata pazza.
Primo esperimento.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silenzio. Un enorme e assordante silenzio preme intorno a me, fra le pareti di questa stanza. Non un minimo suono disturba questa profonda quiete apparente. Rumore. Un continuo e insistente brusio tormenta i miei pensieri, il mio cervello, la mia testa, confondendomi e distogliendo me stessa dalla realtà e da questo concreto e sovrumano silenzio. Buio. Non un solo, piccolo, innocuo spiraglio di luce illumina questa stanza, questo luogo riparato da tutto e da tutti, il mio solo rifugio, la mia unica fonte di tranquillità e pace; pace nel senso di solitudine, di completo distacco dal resto del mondo, dalla realtà e dal tempo stesso , da tutto … tutto tranne che dai miei pensieri. Colori, immagini, sequenze ripetute all’infinito come scene sbiadite di un film, suoni, grida, lacrime, sorrisi, schiamazzi, volti, voci e persino profumi stordiscono e modificano le vere sembianze di ciò che mi circonda come se fossi sotto l’effetto di un potente allucinogeno. Mattina 06:00. Tutto sembra tranquillo, la normalità è tornata ad essere la sola sovrana della mia mente. Eppure, un costante peso continua a pugnalare il mio petto a colpi d’ascia ed i miei occhi arrossati e pesanti gridano e testimoniano la mia tempesta interna, il mio naufragio. Tutti credono che io sia pazza ma io so che non è così, tutto questo mi è stato sicuramente indotto. Da piccola non ho mai avuto un’infanzia felice e mio padre, per giustificare i suoi frequenti litigi con mia madre ripeteva sempre: _ Ci sono porte che non si posso aprire. Ci sono porte che non si vogliono aprire. Ci sono porte che sono state usate ed aperte per lungo tempo e che, con lo svolgersi degli avvenimenti , si sono chiuse. Ogni porta ha un significato. Ogni porta aperta o chiusa è il frutto di un evoluzione e di un maturasi, di una presa di coscienza personale, di un proprio essere ed un proprio io. Ogni porta è il risultato di quello che siamo e non di quello che potremmo o vorremmo essere. È inutile forzare una porta; uccideremmo noi stessi._ Anche se ho sempre odiato il suo eterno farneticare ora comprendo le sue parole. Non sono pazza, non ho perso la mia lucidità mentale ma non sono tagliata per tutto questo: un ragazzo, un lavoro stabile, una casa, dei bambini, un matrimonio forzato…non fanno per me. Ed io morirò soffocata in silenzio da tutto questo. Chiesa 10:30. Dovrebbe essere un momento felice. Dovrebbe essere un momento felice, questo è quello che continuo a ripetermi, quello che tutti cercano di mettermi in testa. Felicità. Cos’è? O per lo meno..cosa dovrebbe rappresentare?..si può essere felici in un giorno di pioggia e maledire il sole nascente; tutto è soggettivo, confuso e mutevole. La cerimonia è stata eseguita, gli invitati vagano come sciami di ipocrite mosche attorno ad una comune commedia. Al mio dramma. –Sorridi..- mi dice il fotografo – oggi, è il tuo giorno felice-.
  
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