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Autore: _Cannella_    03/01/2012    2 recensioni
Chiaki Nakamura, una giovane geisha che sceglie di fuggire da quella vita di riti e cerimonie che i genitori avevano scelto per lei, senza però venire meno al volere della sua famiglia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di ciliegio

 
 

Cadono i fiori di ciliegio
sugli specchi d'acqua della risaia: stelle,
al chiarore di una notte senza luna.

(Yosa Buson)
 

 

Edo, 1633
 
Chiaki Nakamura era finalmente diventata una geisha; dopo i durissimi anni di apprendistato presso l’okiya1 a cui era stata affidata all’età di dodici anni, ora si apprestava a lasciare la sua “maestra” per muovere i primi passi nella sua nuova vita.
Mentre la sua onee-san2 l’aiutava, per l’ultima volta, ad indossare il kimono adatto alla suo primo rituale del tè, Chiaki, che, come voleva la tradizione, aveva cambiato il suo nome, ribattezzandosi Sakura, si perdeva nei ricordi degli ultimi anni passati in quell’abitazione. Ricordava ancora, con dolore, il giorno in cui i suoi genitori, membri di un’antica e celebre casata di samurai, l’avevano costretta ad iniziare quel faticoso addestramento che, secondo la loro opinione, l’avrebbe portata a diventare lei stessa una delle più perfette forme d’ arte. Il periodo della sua formazione si era diviso, poi, in diverse tappe, diventando, via via, sempre meno oneroso, almeno dal punto di vista fisico. All’inizio, infatti, mentre ancora era una shikomi3, era stata subito messa al lavoro come domestica, dovendo così sopportare il peso delle mansioni più dure, per poi, però, essere promossa al grado superiore ed iniziare il vero e proprio studio delle abilità, di cui, diventata geisha,  avrebbe dovuto essere maestra.
Più il tempo passava, più la sua libertà veniva compromessa da nuove regole da seguire, rituali da eseguire alla perfezione, imposizioni sugli argomenti di conversazione, finchè la sua personalità non venne completamente cancellata, per permettere la nascita di Sakura.
Non poteva certo dire di non provare una profonda nostalgia per la vecchia Chiaki, quella bambina forte e determinata, che mai si sarebbe piegata al volere degli altri. Eppure, continuava a ripetersi, non poteva rimanere così legata al passato, doveva guardare avanti, come avevano fatto tutte le altre ragazze prima di lei. Nonostante i buoni proprositi, però, Sakura non riusciva a non notare una grande differenza che c’era stata tra la sua sorte e quella di quelle che l’avevano preceduta. Loro, infatti, erano entrate nell’ okiya in tenera età e non avevano così avuto la possibilità di provare davvero le gioie delle vita, mentre lei, al contrario, aveva potuto gustare il dolce sapore della libertà, per poi esserne privata, come un bambino a cui viene concesso un morso della torta più squisita per poi venire mandato a letto senza cena.
« Ecco, sei pronta! », la voce vellutata della sua onee-san la liberò dalla ragnatela di pensieri che l’aveva intrappolata, spingendo la bella Sakura a rispondere con un delicato sorriso. La ragazza più grande condusse la sua protetta davanti ad un grande specchio, in modo da permetterle di ammirarsi in tutto il suo splendore. Non si poteva infatti negare che Sakura fosse davvero una fanciulla molto graziosa; i folti capelli neri erano stati raccolti in una complicata acconciatura, mentre i suoi occhi scuri venivano messi in risalto dalla pelle diafana che aveva ottenuto con il trucco, conferendole uno sguardo ammaliante e seducente. 
« È davvero stupendo... », sussurrò la più giovane, accarezzando il kimono rosa, finamente decorato con dei disegni dei fiori di ciliegio.
« Beh, si addice alla perfezione al nome che hai scelto! Sarai di sicuro la geisha più bella che quella casa possa ricordare! », la incoraggiò l’altra, avendo notato la ritrosia che Sakura stava cercando in tutti i modi di celare. « Forza, è ora di andare! », concluse poi, spingendo la giovane ragazza fuori dall’abitazione.
Un’altra geisha accompagnò Sakura fino alla casa dove molti ospiti la stavano attendendo, la casa nella quale lei aveva vissuto per dodici anni. Tra i pochi invitati, riconobbe subito l’alta figura di suo padre, affiancato dal fratello. Dopo aver dedicato ai familiari un timido sorriso, la geisha si ritirò nella saletta adiacente a quella dove si sarebbe tenuto il classico rituale del tè, in modo da poter riordinare gli utensili necessari.
Quando tutto fu pronto, Sakura iniziò a preparare la bevanda calda. Come voleva la cerimonia, il capofamiglia, ossia l’ospite più importante di quel giorno, venne servito per primo.
« Okashi o dōzo4», iniziò la ragazza, scandendo bene ogni sillaba.
Suo padre, dopo essersi scusato con il vicino, come voleva la tradizione, prese la tazza che gli era stata preparata ed eseguì meccanicamente tutti i gesti che il rituale prevedeva.
La cerimonia si svolse alla perfezione; tutti gli ospiti gradirono il tè che era stato preparato e, dopo che il capofamiglia ebbe finito di parlare, i presenti si inchinarono e l’uomo richiuse la porta scorrevole.
Rimasta momentaneamente sola per poter risistemare gli utensili usati durante il rito, Sakura non riuscì più a trattenere le lacrime che, per tutto il tempo, avevano minacciato di scendere a rigarle il viso.
Da piccola aveva aiutato spesso sua madre a servire il tè, ma quello che allora le era parso quasi un gioco, ora era diventato uno dei suoi doveri, qualcosa di spiacevole, che aveva contribuito a cancellare per sempre quella che lei era stata prima di entrare nell’ okiya.
In quel momento, la ragazza desiderava solo poter tornare se stessa, poter condurre una vita serena in quella stessa casa, che racchiudeva tra le sue pareti il ricordo di quell’infanzia gioiosa, che ora le sembrava troppo lontana. Sakura sapeva che c’era sempre la possibilità di ritirarsi dal ruolo di geisha, ma era anche consapevole che i suoi genitori non le avrebbero mai perdonato un gesto simile. Così era arrivata alla conclusione che non sarebbe mai riuscia a sopportare quella condizione di prigionia mentale che le era stata imposta, ma, allo stesso tempo, non voleva nemmeno prendere in considerazione l’idea di compiere un atto disdicevole, andando contro la volontà della sua famigla. Suo padre aveva scelto per lei una vita da passare tra rituali, cerimonie e Sakura, da brava figlia e  perfetta geisha, non aveva intenzione di dissobbedirgli; ormai aveva preso la sua decisione e vi si era aggrappata con tale forza e tenacia che nessuno sarebbe riuscito a smuoverla.
Presto la sua presenza venne richiesta dagli invitati, che desideravano conversare con la figlia del loro ospite. Sakura si dimostrò affabile e socievole con tutti, sebbene, tra di loro, vi fossero anche dei vecchi amici di famiglia che a lei non erano mai sembrati davvero simpatici. Verso la fine del ricevimento, suo padre la invitò ad accomodarsi in una saletta privata, in modo da poter parlare con la figlia in tranquillità.
« Sono davvero fiero di te, cara... sei bellissima! », le confidò, sfiorandole una spalla e rivolgendole un dolce sguardo carico di affetto.
« Grazie, padre... sono lieta di essere riuscita ad arrivare dove volevate che io andassi... », rispose pacatamente la fanciulla, accennando un piccolo sorriso, prontamente ricambiato dall’uomo.
« Si, bambina, oggi hai reso onore alla tua famiglia, continua così... ».
Rimasta nuovamente sola, Sakura lasciò che quelle poche parole la rinvigorissero e le dessero il coraggio per compiere il gesto che le avrebbe ridato la libertà, senza che lei recasse disonore alla sua nobile casata.
Con determinazione, raggiunse silenziosamente la stanzetta dove erano tenute alcune delle armi della famiglia Nakamura e, senza esitazione, nonostante la paura minacciasse di prendere il controllo del suo corpo, afferrò il coltello tantō5e lo nascose sotto la cintura del suo kimono.
Sempre assicurandosi di non essere notata, la ragazza si recò in giardino, sotto il grande ciliegio in fiore, rimanendo per qualche istante incantata da quel meraviglioso spettacolo.Raccolta l’ultima briciola di coraggio che le rimaneva, prese un lungo nastro di tessuto e si legò compostamente le ginocchia, come voleva il rito del jigai6, per poi estrarre il coltello e, con un ultimo sguardo ai deliziosi fiorellini rosa sopra di lei, recidersi la vena giugulare.
Così Sakura nella morte aveva trovato la sua rinascita; tornata ad essere la semplice Chiaki, aveva riconquistato la libertà, come la maestosa ed elegante fenice che risorge dalle sue ceneri.



 

  1.      Okiya: Casa in cui vengono istruite le geisha
  2. Onee-san: “sorella maggiore” (appellativo dato a delle geisha più grandi che si prendevano il compito di istruire le più giovani.)
  3. Shikomi: nome con cui ci si riferisce alle ragazze appena entrate nella okiya.

     4.  Okashi o dōzo: “servitevi del dolce, prego” (frase rituale con cui gli ospiti vengono invitati ad assaggiare il loro tè)
     5. Tantō: coltello con una lama di 15-30 cm 
     6. Jigai: suicidio rituale praticato dalle donne in Giappone ( equivalente femminile del seppuku)   

      
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
     
 
 
 
 
 
  

  
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