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Autore: thenightsonfire    03/01/2012    13 recensioni
48 milioni di miglia, la distanza media tra Terra e Marte, la distanza che Jared sentiva tra lui e Mary.
La mia, personale versione della storia tra Jared e la Mary di Buddha for Mary.
Dall'Epilogo:
«Come faccio?» chiese Jared. «Anche se andassi a Los Angeles stesso, come posso essere sicuro di riuscirci?»
Mary soppesò le parole prima di rispondere.
«La tua voce è una di quelle che fa stare bene le persone. Fa stare bene me, e nessuno può sapere quanto ho provato a stare bene in altri modi, prima» disse poi sinceramente, spiazzandolo. «Tieniti stretto il tuo sogno e punta verso l’alto, Jared, abbatti tutti i muri di cemento contro cui dovrai lottare. Credici. Io ci credo.»
[...]
Stettero in silenzio per qualche secondo, poi Jared esclamò, con un mezzo sorriso: «Allora scriverò una canzone su di te».
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

Novembre.

 

«A simple fear to wash you away

An open mind canceled it today.»

 

Negli anni seguenti Jared avrebbe ripensato a quello come ad uno dei pomeriggi più sereni di quell’autunno del 1988. Era uno dei primi incontri che lui e Mary avrebbero avuto per la relazione di Astronomia, uno di quelli tenuti quando ancora lui non la conosceva fino in fondo.

Quel pomeriggio la biblioteca era chiusa, e l’unica aula libera era quella di musica, che rimaneva aperta per le prove del coro della scuola.

Jared arrivò in netto anticipo rispetto all’ora accordata per l’appuntamento, così posò lo zaino in un angolo polveroso della stanza, prese una delle chitarre acustiche e di sedette su una sedia, iniziando a pizzicare le corde dello strumento. Chiuse gli occhi.

La musica era una sua passione, ma non l’amava come amava l’arte o la recitazione: era qualcosa di molto più profondo, qualcosa che aveva sempre voluto fare – qualcosa che avrebbe voluto fare come lavoro. Era il sogno che voleva realizzare. La musica lo nutriva da dentro, lo faceva sentire vivo come nient’altro.

Cominciò a canticchiare qualcosa che aveva composto (scriveva canzoni, quando poteva), accompagnando la voce con la chitarra. Era così preso che si accorse dell’arrivo di Mary solo quando la sentì esclamare: «Non credevo suonassi. Sei bravo».

Spalancò gli occhi e la vide prima appoggiata allo stipite della porta, poi avvicinarsi e lasciare scivolare via la borsa, che finì abbandonata sul pavimento. Fece per posare la chitarra, ma lei (che si era nel frattempo seduta alla sua sinistra) lo incitò a continuare.

«Non smettere» disse.

Jared ubbidì. Ricominciò a pizzicare le corde, a improvvisare qualche melodia, poi si convinse e decise di suonare qualcosa che aveva composto. Mary teneva gli occhi socchiusi, e, con espressione rilassata, dondolava la testa al ritmo della melodia.

«Jared» disse ad un certo punto, aprendo gli occhi, «è meravigliosa. Farai grandi cose con la tua voce.»

«È quello che voglio fare» rispose Jared, girandosi verso di lei, «ma ho paura di non riuscirci.»

«Se non ti convinci, sarà questa semplice paura a portare via il tuo sogno.»

«Come faccio?» chiese Jared. « Anche se andassi a Los Angeles stesso, come posso essere sicuro di riuscirci?»

Quella ragazza non lo conosceva. Come poteva essere così certa di quello che stava dicendo, delle sue potenzialità?

Mary soppesò le parole prima di rispondere.

«La tua voce è una di quelle che fa stare bene le persone. Fa stare bene me, e nessuno può sapere quanto ho provato a stare bene in altri modi, prima» disse poi sinceramente, spiazzandolo. «Tieniti stretto il tuo sogno e punta verso l’alto, Jared, abbatti tutti i muri di cemento contro cui dovrai lottare. Credici. Io ci credo.»

Ci fu qualcosa, nelle sue parole (forse il tono con cui le pronunciò) che lo convinse.

Stettero in silenzio per qualche secondo, poi Jared esclamò, con un mezzo sorriso: «Allora scriverò una canzone su di te».

«Cosa? Oh, Jared, non avresti niente da scrivere. Sono banale.»

«Una con una mente così aperta non può essere banale. Tieni un libro su Buddha nello zaino, quante altre ragazze lo fanno? No, non sei banale» disse Jared. «E poi io sono un tipo strambo con molta fantasia, troverò qualcosa da scrivere.»

Lei borbottò un divertito: «modesto!», poi lanciò un occhiata alla borsa, qualche metro più in là.

«Però devi promettermi una cosa, anche se ti sembrerà assurda» disse.

«Dimmi.»

«Non rivelare a nessuno di questa me.»


«Questa te? Non capisco» ammise Jared, inarcando le sopracciglia.

«Questa me sentimentale, intendo. Non fare cadere la mia facciata davanti agli altri, o non riuscirei più a ricostruirla» disse. «Non farmi crollare, Jared. Dev’essere il nostro segreto. Promesso?»

Gli occhi chiari erano puntati lontano da lui, le labbra dischiuse, il volto chino e pallido semicoperto dai lunghi capelli biondi, la sua fragilità finalmente venuta a galla. Ancora non lo sapeva, ma avrebbe cercato le sue labbra, i suoi occhi, i suoi capelli nelle altre donne per molti, molti anni.

E dopo qualche attimo disse: «Promesso».

 

Anni dopo, dopo che le parole di lei furono diventate realtà e migliaia di persone ebbero cominciato a ringraziarlo perché la musica della band di cui faceva parte le aveva salvate, quando quell’intervistatore gli chiese se Mary fosse una metafora o una persona specifica, Jared Leto ricordò la promessa che aveva fatto, e non ebbe dubbi nel rispondere.

«Definitivamente una metafora.»

 


Finita. Questa fanfiction può essere definita conclusa, in questo modo.
Ne approfitto per dire che questo finale – come possiamo definirlo? – “zuccheroso” o “ottimista” cozza con i tre capitoli precedenti, ma al contrario del mio solito volevo far finire questa storia con un mezzo happy ending (‘mezzo’ perché in ogni caso Jared e Mary non si sono mai più rivisti, almeno nella mia fantasia): Mary si è salvata, le sue parole si sono avverate e Jared – a cui finalmente ho dedicato un po’ di spazio, ché è stata Mary fino ad ora la vera protagonista – mantiene ancora la sua promessa.
Vorrei davvero sapere cosa ne pensate – sì, lettori silenziosi, anche voi. Mi farebbe davvero, davvero piacere.
Last but not least, ringrazio (un momento, mi rimbocco le maniche): in primo luogo Terry, la mia gemella separata alla nascita, che ha letto questa fanfiction per prima, apprezzandola e incoraggiandomi a pubblicarla; poi, senza alcun ordine, le adorabili twitteriane che hanno seguito la storia: Anto, Saya, Simona, Jade__Echelon, taccah, Fran, Marija, ElectraGaunt, desiiish; tutti i contatti (Echelon e non) di Facebook che hanno voluto leggerla (Roberta, Alexander, Lucia, Sabrina, Rosanna, Shelter Lùcinda L., Deborah, Ilaria, Giada, Serena, Milla, Laura, Sara, Maria, Debora, Jenny); infine, gli utenti che hanno seguito questa fanfiction, chi l’ha messa tra i preferiti e chi l’ha semplicemente letta in silenzio (ecco, voi: fatevi vivi, su, recensite!).
Ehm, potrei aver dimenticato qualcuno, in caso fatemelo notare!
Grazie a tutti, davvero.
Alla prossima.
thenightsonfire / lanuitestenfeu su Twitter, per chi volesse chiacchierare con me.

 

 

 

 

   
 
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