Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: DelilahThompson    03/01/2012    3 recensioni
- A me piaci molto cosí, - dissi.
Ed ero sincero.
La ragazza che sedeva di fronte a me emanava da tutto il corpo un'irresistibile freschezza e vitalità, come un animaletto appena nato all'inizio della primavera. I suoi occhi profondi e allegri sembravano avere una vita propria: ridevano, si arrabbiavano, si stupivano, si arrendevano. La guardavo a bocca aperta, non mi capitava spesso di vedere una gamma di espressioni cosí mutevole.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Entrai, senza sapere davvero cosa stessi facendo.

Sapevo che era vietato, ma Graham doveva sbrigare delle faccende burocratiche prima che potessi cominciare a girare,

e qualche arpeggio non aveva mai fatto del male a nessuno.

L'apparecchiatura non era molto complicata, a prima vista conclusi che non doveva essere altro che una versione di dimensioni notevoli di un normalissimo Garageband.

Piuttosto semplice.

Impostai la base e mi precipitai verso l'enorme pianoforte a coda, che non aspettava altro che essere suonato.

 

Rimisi l'iphone in tasca, stanco degli innumerevoli tweet.

Ero annoiato.

Avevo lasciato Liam con una scusa e mi ero incamminato senza un perché per i corridoi delle sale di registrazione.

Poi la sentì. Il suono era flebile, ma non avevo dubbi, era lo Yamaha della sala due. Apri la porta di soppiatto, ed entrai deciso.

Davanti a me una ragazza che, seduta al pianoforte, cantava con tutta l'anima che aveva in corpo.

I Coldplay riecchegiavano per la sala.

Non ci pensai due volte e mi unii a lei.

 

Sono fottuta. Ah, ah, ah.

Ma dentro di me sapevo che dovevo continuare a cantare, che nulla mi avrebbe fermato e che avrei dato a tempo debito delle spiegazioni.

Era una voce maschile, di questo ne ero certa, ma era cosí melodica.

Giovane, senza alcun dubbio.

Non riuscivo a vederlo però, si era nascosto dietro la coda del pianoforte.

Vigliacco.

 

Non mi ero mai divertito così tanto.

Il modo in cui giocava con quei tasti era spettacolare, inumano!

Ci accompagnavamo a vicenda, rincorrendoci tra le varie strofe, senza mai uno squilibrio.

Non aveva una voce potente, ma delicata, melodica, che però faceva trapelare un'anima forte e decisa.

Quest'ultima si fondeva alla mia, al contrario profonda e prepotente, che non riusciva mai a sovrastarla del tutto.

Sembrava quasi che fossimo fatti per cantare insieme.

 

Ultimi accordi, ultime note.

Violini, il pianoforte, due voci fuse in una.

Respiro profondo.

Le vibrazioni si disperdono nell'aria.

 

Mi sentivo piuttosto frastornato. Sarà stata la sua voce, quel modo di articolare le dita sui tasti, così elegante, ma così deciso. Dominava lo strumento, non ne aveva paura. Modellava le note a suo

piacimento e con un senso di superiorità le accompagnava con il suo canto.


Ero rimasto, colpito.

Cosi com'ero entrato me ne andai altrettanto silenziosamente.

 

 

 

Quel mercoledì, dopo quel fugace incontro in penombra, c'era stato il mio turno per la registrazioni, finito a mezzogiorno e mezzo. I ragazzi si erano dispersi per gli edifici della Sony felici di quella
breve pausa, io andai alla caffetteria del primo piano. Mi sentivo turbato. Potevano quel corpo, quelle mani, avermi colpito così?

Presi un'omelette e un'insalata.

Era un locale appartato rispetto alle sale più rumorose e affollate dei piani superiori, e anche se di solito venivamo spesso con il resto della band per svagarci un po', adesso che mi trovavo solo, era più tranquillo e silenzioso. Mentre stavo mangiando seduto al mio tavolo accanto alla finestra, due persone entrarono nel locale. Il primo era un volto noto; uomo sulla quarantina, alto, distinto e molto elegante. Mr. Graham Edwards, uno dei volti più rinomati della Sony. La seconda persona, e quando la guardai meglio quasi sputai tutta l'acqua che avevo in bocca, era lei.

 

Dal vivo era ancora più particolare.

Che fosse lui, ne ero certa.

Mi uscì una risatina soddisfatta, che fece sorridere Graham.

 

Nel frattempo mi ero reso conto che anche lei si era accorta di me, tanto da farla ridere. Ero così comico? O magari avevo una foglia di lattuga tra i denti? Immagino non fosse una cosa tanto piacevole da guardare, così smisi subito di sorridere, ma la situazione era così surreale che scoppiai in una risatina isterica.

 

E così la voce misteriosa apparteneva a Niall Horan.

Mi abbandonai sulla sedia vicino all'ingresso, con Graham di fronte.

Studiammo il menu e dopo varie consultazioni, raccolsi gli ordini e li riferì alla cameriera.

 

Aveva i più bei capelli che io avessi mai visto. Erano corti ed incredibilmente morbidi. Se non fosse stato per il fatto che mi avrebbe scambiato per un pazzo psicopatico, niente mi avrebbe impedito di sedermi accanto a lei di punto in bianco e cominciare ad accarezzarglieli, tanta era la voglia di avvicinarmi. Pieni di boccoli, le contornavano l'ovale perfetto che custodiva due occhi a mandorla, neri e profondi, e una bocca così rossa da togliere il fiato. Era una bellezza piuttosto singolare, mediterranea, che in qualche modo mi attirava sempre di più.

Dato che non mi sembrava educato continuare a fissarla così, continua a mangiare, concentrandomi sulle bollicine dell'acqua minerale, ma a un certo punto all'improvviso si alzò e venne verso di me. Appoggiò una mano sull'orlo del tavolo e mi chiamò per nome.

 

- Sei Niall, vero? - gli chiesi divertita, curiosa della sua reazione.

 

Alzai la testa e di nuovo la guardai bene in viso. Nelle pupille avevo percepito un guizzo? Era piccola, sicuramente non più alta di un metro e sessanta, ma con l'eleganza e l'agilità di un elfo. Quelle tre parole pronunciate con un inglese limpido, ma con un lieve accento straniero erano risuonate come dei campanelli d'argento, gli stessi della sala di registrazione.

Da quanti sei cosí terribilmente melenso, Horan?

Sorrisi.

Dio, quelle labbra.

 

Sorrideva, con un'espressione rapita. Un po' da pesce lesso, ecco.

Trattenendo le risate incombenti in un sorriso ancora più esteso, decisi di spingermi oltre, per vedere cosa sarebbe accaduto.

 

- Posso sedermi un attimo? O forse aspetti qualcuno?

Perspicace, la ragazza.

Incuriosito e totalmente ammaliato, scossi il capo:

- Non aspetto nessuno. Prego.

Tirò la sedia facendo un po' di rumore, si sedette di fronte a me, mi osservò per bene e spostò lo sguardo sul mio piatto.

- Sembra buono. Cos'è?

- È ottimo. Omelette al prosciutto e Ceasar salad senza salad, ormai.

Sembrava, divertita?

- Hmm, - fece lei, - La prossima volta la provo anch'io. Oggi ho già ordinato.

- Cos'hai preso?

- Una caprese.

- Anche la caprese non è male, - dissi. - Ma di', ci siamo già incontrati? Non riesco proprio a ricordarmi. - le chiesi in tono di sfida.

 

Il biondino vuole giocare?

- Coldplay - gli dissi sinteticamente. - "For some reason I can't explain, I know Saint Peter won't call my name". Sei andato via senza salutare, no?

 

La guardai fisso. Lei mi contemplava di rimando, con i gomiti sul tavolo, sostenendo il mio sguardo. Solo allora mi accorsi che le nostre teste erano davvero vicine.

- L'artista regala al pubblico l'anima, svanendo poi all'improvviso nel buio della notte, lasciando dietro di se soltanto la vibrazione del suo ultimo canto - le sussurrai, avvicinandomi ancor di più.

 

-Citare Shakespeare non ti estranea dal gesto poco galante di questa mattina - risposi, di rimando.

 

Risi, divertito. Diventava ogni secondo più intrigante.

- Mi voglia scusare, signorina. Le assicuro che la prossima volta non sarà così, se accetterà di cantare con me una seconda volta.

 

- Perché no? - conclusi, continuando ad osservarlo.

 

A quel punto, senza neanche pensarci, le presi una ciocca di capelli e cominciai a giocarci.

- Sono bellissimi, sai? Non ti stanno per niente male, voglio dire, non che prima stessi male, anche perchè non so come li avevi prima, ma, vuol dire che hai una bella forma di testa, e, anche le orecchie sono carine, ecco.

Sentivo il sangue ribollirmi per tutto il corpo. Che idiota.

Sentì nuovamente il trillo armonioso della sua risata, mentre si ravvivava la frangetta con la mano.

 

Mi ero completamente persa in quegli occhi azzurri.

La sua osservazione mi fece ridere di gusto e il fatto che continuava a giocare con una mia ciocca non mi dispiaceva affatto.

- Hai ragione, lo penso anch'io. Lo chiamo il mio disordine ordinato. Quando me li sono tagliati mi sono detta: così non dovresti stare troppo male. Però di ragazzi non ce n'è stato uno che mi abbia fatto un complimento. Sanno solo dire sembri una scolaretta o uno strano incrocio tra Mick Jagger e Jennifer Beals. Ma perché ai ragazzi piacciono tanto le ragazze coi capelli lunghi? È una cosa così retrò, così odiosa. Vorrei tanto capire perché gli uomini pensano che le ragazze coi capelli lunghi siano raffinate, gentili e femminili. Io di ragazze coi capelli lunghi che sono volgari ne conoscerò almeno duecentocinquanta, giuro.

 

- A me piaci molto così, - dissi.

Ed ero sincero.

La ragazza che sedeva di fronte a me emanava da tutto il corpo un'irresistibile freschezza e vitalità, come un animaletto appena nato all'inizio della primavera. I suoi occhi profondi e allegri sembravano avere una vita propria: ridevano, si arrabbiavano, si stupivano, si arrendevano. La guardavo a bocca aperta, non mi capitava spesso di vedere una gamma di espressioni così mutevole.

- Lo pensi sinceramente?

Feci di sí con la testa mentre le scostavo la ciocca dietro l'orecchio.

Incrociò le mani e si appoggiò con il mento su di esse, e da quella posizione mi guardò assorta.

- Di', tu non sei uno che racconta balle, vero?

- Mah, per quanto posso mi sforzo di essere una persona sincera. - risposi, - Ma non fa niente se non torni dal tuo amico?

 

Ma come, voleva che me ne andassi?

Lanciai un occhiata a Graham, poi tornai a guardarlo.

- Ah, no, non fa niente. Vado quando arrivano i piatti. Non ti preoccupare. Piuttosto, non è che ti disturbo, mentre stai mangiando?

 

Stava scherzando?!

Se fosse stato per me, sarei rimasto per anni attaccato a quel tavolino della caffetteria a guardarla da vicino.

- No, figurati. Poi guarda, ho già finito, - dissi.

Nel frattempo, arrivò la cameriera con il caffè che tolse il piatto e al suo posto mise zucchero e latte.

- Di' un po', come mai prima non hai voluto rivelarti? Sei Niall Horan, no? - mi chiese.

Sorrisi.

- Sono io.

- Allora perché non ti sei presentato?

- Oggi non avevo molta voglia di farmi vedere.

 

Così.

- "Oggi non avevo molta voglia di farmi vedere" - ripetei. - Sai che tu hai un modo di parlare un po' alla Danny Zucco? Cool and tough.

 

Risi.

- Sei fuori strada. Io sono una persona molto comune. 


- Certo. Una persona molto comune che ha l'intera vita programmata tra tour, concerti e feste varie – risposi con voce ironica.


- Una sorta - le risposi.

Ad un tratto si ricompose e accavallò le gambe sotto il tavolino.

- Io mi chiamo Candela. Sia chiaro, lo trovo osceno, quindi fammi il piacere di chiamarmi Iuta. Una scelta curiosa, non trovi?

Dissi di sì, davvero curiosa.

Era tosta, sicura di sé, ben diversa dai miei standard di ragazza ideale.

Completamente ammaliato.

- Senti in un po', Niall , tu domani sei qui?

- Sì, perché? - risposi.

- Allora ti andrebbe di farmi compagnia? Graham ne avrà per qualche giorno qui, e io non assolutamente nulla da fare.

Così ti invito a pranzo e mi racconti un'altro po' di te.

- Domani qui a mezzogiorno. Che magari dopo ti porto a fare una passeggiata.

Dall'altro tavolo gridò:

- Iuta, forza! Se non ti sbrighi si raffredda.

- Dì un po', ti ha mai detto nessuno che hai un sorriso adorabile? - mi chiese Iuta ignorandoli.

- Credo di no. - risposi.

Che il mio sorriso era adorabile, era la prima volta che qualcuno me lo diceva.

Per un istante lei sembrò pensare qualcosa, poi con un sorriso si alzò e ritornò al suo tavolo. Quando le passai accanto nell'uscire, Iuta mi salutò con la mano.

Mi resi conto che nel frattempo i ragazzi erano entrati e avevano notato quel nostro scambio di sguardi.

E come Graham, mi lanciarono solo una rapida occhiata.








NOTE: 'sera! E' la mia prima ff, cominciata a scrivere qualche giorno fa. 
Questo incipit è stato ispirato da un dialogo di un libro che mi ha molto colpito  
e che ha portato subito all'illuminazione divina.                                                        
Insomma, ho pubblicato il primo capitolo della mia prima fanfiction.                    
Mi sento figa.                                                                                                                
Spero vi piaccia!                                                                                                                
*scappa*    

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: DelilahThompson