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Autore: Fiery    03/01/2012    3 recensioni
Matt odiava soprattutto il silenzio. Quel silenzio opprimente che accompagnava l’attesa di un risveglio non gli era mai piaciuto molto. E il fatto che la persona a doversi svegliare fosse Elena gli provocava una fitta di dolore all’altezza del petto.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elena Gilbert, Matt Donovan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Stringimi ora, che il tempo non ci aiuterà'
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Timeline: Il primo pezzo è ambientato subito dopo l’incidente dei genitori di Elena e Jeremy. Il secondo pezzo – dopo gli asterischi – è tratto dalla 1x17, quando Matt scopre che Vicky è morta.

Challenge: tabella #6 – Relazioni @ vampiregeometry, col prompt #4 – Migliori amici.

Note: apparizione random di Bonnie e angst, a palate. Io vi ho avvertiti. Il titolo può sembrarvi non adatto, ma in realtà nella mia testa ha un senso considerato che nell’ottica della shot Matt ed Elena si sentono, appunto, dei pezzi di vetro (distrutti, aggiungerei). Ok, nella shot non lo dico, però si legge tra le righe… credo.

Disclaimer: I personaggi di “The vampire diaries” non mi appartengono (ma se lo fossero sarei taaaanto felice, sì :D).

 

 

Dedicata a Lizzie_Siddal, a cui la vita dovrebbe regalare un Matt

 

 

 

Anime di vetro

 

 

 

A Matt non erano mai piaciuti gli ospedali. Non possedeva alcun trauma infantile sulle spalle in merito e non c’entrava neanche il fatto che sua madre vi era stata ricoverata anni prima per un incidente poco fuori Mystic Falls – come avesse fatto a sbattere contro quel palo era un argomento che lui non aveva mai voluto approfondire. Si trovava semplicemente a disagio tra quelle mura e la sfilza di infermieri e dottori che facevano avanti e indietro per i corridoi blaterando qualcosa a proposito di medicinali e operazioni di routine.

Odiava soprattutto il silenzio. Quel silenzio opprimente che accompagnava l’attesa di un risveglio non gli era mai piaciuto molto. E il fatto che la persona a doversi svegliare fosse Elena gli provocava una fitta di dolore all’altezza del petto.

 

 

«Sei sicuro di voler essere tu a dirglielo?»

Matt sospirò, deviando lo sguardo da quello apprensivo di Bonnie, «Jeremy è abbastanza sconvolto di suo… per non parlare di Jenna. John è occupato con il funerale… chi altro potrebbe farlo?» disse a bassa voce, stritolando tra le mani un opuscolo informativo lasciato nella sala d’attesa dell’ospedale.

«Non sei costretto a farlo, Matt.»

Scosse la testa, «Non credo di avere una seconda scelta.»

Bonnie sospirò una seconda volta con stanchezza, prima di posargli una mano sulla schiena in segno di appoggio e conforto, «Posso venire con te.»

«No.» rispose Matt, dopo aver soppesato l’offerta per qualche interminabile secondo. Scosse la testa con energia, «No, tocca a me.»

 

 

Un mugolio di fastidio si alzò dal letto, ma non sollevò la testa dalle proprie mani intrecciate. Perso nei suoi pensieri non la sentì, intrappolato nelle mille parole giuste per spiegarle cos’era successo. Nelle mille parole sbagliate per spiegarle che davanti a quel letto avrebbe trovato lui e non qualcun altro.

Elena sollevò appena le dita di una mano, tamburellandole con calcolata stanchezza sulle lenzuola bianche, poi aprì piano le palpebre. In un primo momento aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare cosa avesse sognato, o come ci era arrivata a letto se era in macchina. La sconcertante verità le si posò davanti agli occhi quando inquadrò quella stanza anonima, totalmente differente dalla sua.

Piegò la testa da un lato, trovandolo seduto di fianco a lei, «Matt?» lo chiamò confusa.

Matt sollevò la testa di scatto, impreparato a trovarsi davanti gli occhi stanchi e disorientati della sua ragazza. A quello sguardo non si era preparato per niente.

«Elena… sei sveglia. Come ti senti?»

La ragazza si inumidì le labbra, annuendo appena con la gola secca. Matt capì che era un “sto bene” ancor prima che lei lo pronunciasse.

«Mi sento… stanca. Cos’è successo?» sussurrò mentre il ragazzo si premurava di riempirle un bicchiere d’acqua, «Dove sono?» domandò ancora prima di prendere il bicchiere con mani tremanti da quelle altrettanto incerte di Matt. Bevve un sorso d’acqua, fissandolo in attesa di spiegazioni.

«Sei… Elena, sei in ospedale.» ebbe il coraggio di dire. Matt si morse le labbra, indeciso se aspettare l’ovvia domanda che avrebbe conseguito quella frase o precederla. Le prese il bicchiere dalle mani, posandolo sul comodino, in modo da prendere tempo ed evitare il suo sguardo preoccupato.

«Che è successo?»

«C’è stato un incidente, la vostra macchina è andata fuori strada prima di finire in acqua. Al Wickery Bridge.» snocciolò, cercando di ricordare il discorso che voleva farle. Elena infatti sgranò gli occhi, prima di alzarsi a sedere velocemente e ignorando la benda che le fasciava una ferita sul collo, «Elena, ti prego. Rimani ferma.»

«Matt, dove sono loro

Inspirò profondamente, «I tuoi genitori… loro…» prese le dita di Elena tra le proprie, sfregandole appena nel sentirle fredde, «Loro non ce l’hanno fatta.» concluse in un sussurro. Non udì alcuna risposta, ma gli occhi della ragazza gli fecero capire che aveva sentito benissimo.

Scosse la testa, sconvolta, «No…» mormorò, «E’ impossibile! Ero in macchina con loro, devono essere per forza usciti.»

«Elena, per favore.»

Matt le posò entrambe le mani sulle guance, per fermare quel fiume di parole che la stava investendo per cercare una spiegazione razionale, una seconda opzione. Una seconda via d’uscita che purtroppo non esisteva.

«Mi dispiace.»

Le lasciò il viso cautamente, mentre la ragazza si portava le mani alla bocca per reprimere un singhiozzo improvviso. Elena si sentì mancare l’aria, la vista le si appannò così in fretta da costringerla a strizzare gli occhi talmente forte da cercare di dimenticare quello che Matt le aveva appena detto.

Matt non si era mosso di un centimetro dalla sedia su cui aveva aspettato che si svegliasse. Le mani di Elena corsero istintivamente a cercare nuovamente quelle del ragazzo, mentre riapriva gli occhi e lo fissava senza fiato: una nuova paura all’altezza del cuore che non sarebbe riuscita a cancellare con molto facilità.

«Non vado da nessuna parte, Elena.» confermò Matt.

Leggere nei suoi occhi ciò che Elena voleva sentirsi dire era una cosa che aveva imparato con il tempo. Si alzò dalla sedia e la ragazza subito gli fece posto sul letto, lasciando che si stendesse accanto a lei e l’abbracciasse.

«Non ti lascio da sola.» soffiò contro il suo orecchio, stringendola a sé e facendola rannicchiare contro il suo petto per accogliere le sue lacrime, «Andrà tutto bene, te lo prometto.» concluse, prima di posarle un bacio sui capelli scuri e lasciare che si sfogasse.

 

***

 

Quando Matt uscì dalla camera, il mondo a pezzi e una nausea terribile alla bocca dello stomaco, trovò lei ad aspettarlo. Ferma nel corridoio, lo sguardo fisso nel suo. Aveva creduto di voler rimanere da solo, aveva creduto con tutto sé stesso che così sarebbe stato più facile accogliere il dolore e sopportarlo.

Tuttavia quando Elena pronunciò il suo nome e lo raggiunse a grandi passi, non poté fare a meno di abbracciarla e scoppiare a piangere. Ignorando Caroline che sicuramente li fissava, ignorando gli amici nell’altra stanza, ignorando tutti.

«Elena…» mormorò Matt, immergendo il viso nei suoi capelli.

La ragazza annuì contro la sua spalla, «Non vado da nessuna parte.» sussurrò, chiudendo gli occhi.

Matt la strinse più forte: Elena era lì. E a lui sembrò un dannato déjà vu, di cui però aveva disperato bisogno in quel momento.

«Non ti lascio da solo.»

  
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