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Autore: Camelia Jay    03/01/2012    4 recensioni
Sotto un'apparente gentilezza e generosità verso tutti, Nicole Hicks è riuscita a costruirsi una buona reputazione, e sa farsi adorare da tutti.
Poi arriva una persona a far vacillare la sua gloria, Luke, nonché il ragazzo apparentemente innocuo per lei che invece, a quanto pare, è l'unico che riesce a vedere davvero la superbia e la presunzione che si celano dietro la maschera di infinita bontà della ragazza.
Ma dietro quella vita vuota fatta di studio e orgoglio c'è posto per qualche sentimento? Dal Tre:
«Fermati!» gridava l’altra, senza che nessuno la sentisse o facesse caso a lei. «Mettimi giù istantaneamente! Aiuto! Sequestro di persona!» Agitava le gambe disperatamente, ma il fisico ben allenato di Luke gli permetteva di non cedere. [...] Poi, ringhiò, in maniera più simile a un chihuaua iracondo che a una ragazza: «Quanto ti odio!»
«Anch’io spero che possiamo andare d’accordo, Nicole.»

Rating giallo per i capitoli futuri... e non abbiate paura: non mordo ;D
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dieci




"Il dubbio affiorava nell'aula. La realtà si faceva largo, ma con fatica."
Giorgio Saviane



Quando la vide, Luke trasalì, in un sussulto di sorpresa mista tra quella di vedere una Nicole così diversa, truccata, vestita aggraziatamente, e bella, e tra quella di avvertire il cuore sobbalzare nel petto. Non si accorgeva di arrossire in un crescendo d’intensità mentre la ragazza avanzava verso di lui.
Di scatto, si alzò in piedi dal tavolo al quale era seduto. «N-nicole» la salutò con un tono quasi impercettibile. «Ciao» tentò con tutte le sue forze di mostrare quel sorriso affabile e spensierato che era riuscito a mantenere per tutto quel tempo.
Nicole, dal canto suo, si sentiva parecchio in imbarazzo. Il ristorante era provvisto di una vasta sala poco rumorosa, il loro tavolo era apparecchiato per due, e non appena si sedette si accorse del piccolo bicchiere con una rosa rossa infilata dentro che si frapponeva tra loro due. La scostò per poterlo guardare negli occhi. «Come ti è venuta in mente una cosa del genere?» mormorò digrignando i denti. «Perché hai fatto venire una perfetta sconosciuta in casa mia, con quei capelli tra l’altro, e le hai fatto mettere le zampe nel mio guardaroba?»
Lui, con tono calmo, le rispose: «Perché, così non ti piaci?»
Lei rimase zitta. Era così deprimente per la ragazza ammetterlo, ma mentre era insieme a Bethany non aveva potuto fare a meno di guardarsi per una decina di minuti allo specchio. Era talmente bella che non poteva crederci neanche lei, che aveva a che fare con il proprio corpo tutti i giorni. Si toccò il lobo in cerca di uno degli orecchini che aveva indossato. Iniziò a giocherellarci, a disagio per la domanda.
«Stai davvero benissimo, sai?» disse Luke poi improvvisamente.
Lo disse in una maniera così rapida che a stento Nicole riuscì a capire. Tuttavia, non appena il senso della frase le attraversò il cervello, avvampò e il cuore iniziò a tamburellarle freneticamente. «G-grazie» rispose piano. Poi s’infilò le dita tra i capelli, incredibilmente lisci. Questa piastra che mi ha fatto Bethany mi rovinerà i capelli, dannazione.
Seguì qualche istante di imbarazzante silenzio prima che un cameriere portasse loro i menù. Ci volle poco, prima che decidessero le ordinazioni.
«Che cosa prendi?» le domandò Luke.
Nicole alzò le sopracciglia. «Uhm…» sfogliò distrattamente il menù senza guardarlo quasi. «Credo che prenderò qualcosa di davvero molto semplice. Accompagnato da un’insalata, forse.»
L’altro rimase un po’ stupito. «Nicole, davvero, non preoccuparti.» Le sorrise. «Ordina pure quello che vuoi, senza farti scrupoli.»
«Oh no» lo rassicurò lei «non è mica per quello. Tutte le volte che vado a mangiare fuori cerco sempre di prendere gli stessi piatti; semplici, forse un po’ banali, ma mi vanno benissimo.»
Luke metabolizzò la frase e il suo senso. «Ma lo sai che sei davvero bizzarra?»
«Nel senso che stai lodando la mia originalità o vuole essere un insulto?»
«Non hai mai pensato che potresti tentare, rischiare e assaggiare qualcosa di completamente nuovo? Sul serio hai sempre preso gli stessi piatti?»
«Lo trovo perfettamente normale. Perché arrischiarmi e assaggiare qualcosa che potrebbe non piacermi, a cui potrei essere intollerante o peggio allergica, quando posso andare sul sicuro con qualcosa che so con certezza che è di mio gusto?»
Dopo un momento di riflessione, Luke le tolse il menù di mano. «Facciamo un gioco.»
Nicole, insospettita, divenne diffidente.
«Stasera non sarai tu a decidere cosa mangiare. Io decido per te e tu per me. Affidiamoci l’uno all’altra, molto semplicemente.»
Lei scosse la testa con decisione. «No, no e no. Potrebbe arrivarmi una pietanza che non conosco, magari mi dà la nausea solo l’odore e sono costretta a rimanere a digiuno.»
«Se non dovesse piacerti ti autorizzo a prendere in alternativa tutto quello che vuoi.»
Stava per replicare, ma si fermò. Invece disse: «Perché stai facendo tutto questo?» La domanda le venne spontanea, forse per ciò che le aveva appena detto Samantha – rendendo imperfetta quella giornata colma di imprevisti – o forse per qualche ragione a lei ignota.
«Come sarebbe?» Lui parve sorpreso. «Per la scommessa che abbiamo fatto, no?»
«No, qui la scommessa non c’entra. Perché ti sei intromesso nella mia vita, cercando tutti i modi possibili per sconvolgerla? Che cosa ne ricaverai, alla fine?»
Luke assunse l’espressione di qualcuno che davvero non si aspettava un’uscita del genere. Credeva che a Nicole fosse già tutto chiaro, ma evidentemente c’era qualcosa che ancora non tornava, un dubbio che non era ancora stato chiarito, una domanda che d’un tratto aveva incominciato a ronzarle per la testa. «In che senso, scusa? A cosa staresti cercando di arrivare?»
«Sto cercando di capire se stai facendo tutto questo solo perché sono incredibilmente buffa o perché, cosa molto più plausibile, ti faccio pena. Se dovesse essere la prima ipotesi, la prenderei come un insulto e come un affronto. Se fosse per la seconda, ancora di più.»
Luke era spiazzato, completamente. Incredulo dalle parole che erano appena uscite dalla bocca della ragazza, tentò di spiegarle come stavano realmente le cose: «Nicole, io volevo aiutarti solo perché mi stai simpatica, tutto qui. Che cosa mi abbia spinto a fare tutto questo al principio, non lo so, ma non credo assolutamente che sia una delle cose che hai affermato tu in questo momento. E di questo ne sono sicuro.»
«Non ne sono del tutto convinta.» Per il nervosismo, Nicole fece balzare in qua e in là lo sguardo, passando da un punto all’altro del locale. «E sentiamo, cosa avresti intenzione di farmi fare dopo questa cena? E nei prossimi giorni? Giusto, quanto ancora durerà questa cosa? Delle settimane, o dei mesi?»
«Calmati, Nicole…»
Più lei andava avanti con le accuse, e più le facevano eco nella mente le parole che le aveva rivolto Samantha. La stava solo usando, per divertirsi un po’ e perché gli faceva pena, e guarda caso erano sempre da soli, senza mai incontrare qualcuno che conoscevano. «Ti faccio così pena che ti vergogni di me, addirittura?»
«Che cosa?» sbottò lui, confuso e con pensieri caotici che gli affollavano la testa. «Ma sei impazzita, Nicole? Perché dovrei vergognarmi? E che cosa c’entra adesso?»
«C’entra… perché credo di aver finalmente aperto gli occhi…» Nicole si passò una mano tra i capelli, il respiro affannoso, il labbro inferiore dolorante e mordicchiato nervosamente dai denti. «Scusa, ma finché non mi avrai dimostrato che la tua non è una presa in giro, non posso più permettermi di perdere altro tempo.»
Perdere altro tempo. Potevo usare un’altra espressione, pensò Nicole, ma le venne in mente quella delicatezza solamente più tardi, quando il danno ormai era fatto. Si alzò dalla sedia, di scatto; girò i tacchi e se ne uscì dal ristorante.
Da sola.
Non avevano ancora ordinato niente, e si poteva già dire che la cena non fosse andata per nulla a buon fine.
 
Aveva imparato a non fidarsi di nessun ragazzo, nella sua breve vita da diciassettenne. I suoi genitori le avevano insegnato che non doveva mai svendersi, che doveva aspettare quello giusto che non le chiedesse solo una pomiciata, o magari qualcosa di più, e che poi la lasciasse perdere come un giocattolo vecchio.
Eppure, quella sera di un anno prima, era andata diversamente, secondo i suoi principi – nonché quelli dei suoi familiari.
Sua madre l’aveva quasi costretta ad andare alla festa di Jane. Lei si era opposta con tutte le sue forze, perché non sopportava quel genere di divertimento. Preferiva di gran lunga aprire un romanzo rosa con qualche sfumatura comica ed ironica ed immergervisi dentro facendosi qualche risata, ecco qual era, il suo concetto di divertimento.
Secondo la mamma e la sua parentela per intero, però, c’era qualcosa di sbagliato in tutto questo: va bene che fosse istruita, va bene che fosse la più intelligente, ma evidentemente c’era stata qualche sfumatura di esagerazione nell’educazione della bambina. Così era diventata una specie di mostro perennemente in contemplazione di qualche pagina da sfogliare.
Dunque alla fine era stata convinta a recarsi alla festa cui era stata invitata. Per la prima volta, Nicole non avrebbe declinato l’invito e si sarebbe presentata.
Era entrata ed era stata investita da un insieme confuso di luci e suoni indistinti. Poi era stato tutto molto veloce: alcool che le avevano rifilato le amiche per sentirsi un po’ più a suo agio, e lei che lo aveva accettato perché convinta di poterlo reggere – figuriamoci, Nicole era capace di qualunque cosa, figuriamoci se non poteva reggere un po’ di alcolici!
La sua mente poi si era fatta più sfuocata, e alcuni pensieri venivano concepiti non del tutto lucidamente. E allora, dopo gli spintoni e le battutine ironiche, era successo tutto piuttosto rapidamente, un ragazzo sconosciuto, che le aveva fatto un po’ di avances e subito era passato a ficcarle la lingua in mezzo alle labbra.
Nicole, stranamente, non si era opposta, attingendo ai romanzi che spesso leggeva e in cui si parlava di baci romantici e appassionati, dati col cuore, dati con tutti se stessi. Per qualche ragione, aveva associato quella pomiciata a qualcosa del genere. Per lei esistevano solamente quel tipo di baci, come in una favola idilliaca.
Forse era un po’ troppo sognatrice, un po’ troppo romantica. Be’, sì, ma d’altronde, che altro ci si poteva aspettare da una ragazza che come compagnia infantile aveva avuto quasi sempre le autrici romantiche dell’Ottocento, anzi che le ragazze cresciute troppo in fretta che ormai spopolavano, spuntando da ogni dove come funghi?
 


Jade’s place:
eccomi arrivata finalmente qui… scusatemi per la brevità del capitolo, ma era necessario, perché il prossimo, cioè l’ultimo, sarà lungo e avrà bisogno di molti spazi. Dovrò lavorarci su ;D in attesa del prossimo, allora, aspetto qualche vostro parere :3 bye bye! Vostra
Cam
PS: fate un salto qui se vi va Rebirthing Now :) c'è sempre il marchio di fabbrica Jade :D

   
 
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