Duster;
Quando
sei solo un
seme uguale a mille altri.
1;
Nel cielo blu d'oltremare.
Nel
cielo blu d'oltremare, sulle placide Nuvole
Madri, soffiava un vento diverso dal solito quella sera. Esso portava
con sé
l'ennesimo sogno infranto di un uomo, destinato a diventare polvere fra
le
stelle del firmamento. Quando un uomo coltiva i suoi sogni, essi
vivono, ma
quando ne oblia il contenuto e non se ne cura più
… il sogno diventa polvere, e
crea un Uomo di Polvere.
Quel
Vento di Sogno, però, era differente dal
consueto presagio di nascita. Era un vento infuriato, che portava con
sé sbuffi
di fuliggine e lampi di temporale. Era un vento malefico, che
spaventava le
mansuete Nuvole, tanto che anch'esse si infuriarono, impennandosi le
une sulle
altre, come una mandria impazzita.
Il
vento scese su una distesa di cielo limpida,
e iniziò a formare dei turbini, prima due, poi quattro, poi
dieci. I dieci
spiriti vorticarono per alcuni istanti, dopodiché
all'unisono si scontrarono
fra di loro, fondendosi nuovamente insieme. L'impatto
squarciò il cielo della
notte con un lampo improvviso, seguito da un tuono mastodontico, che
ripose le
Nuvole Madri al loro posto, ammansendole.
Ci
fu un attimo di silenzio, prima che il vento
scomparisse e con lui gli spiriti malvagi che poi non erano altro che
dieci
parti di un solo demone più potente. Poi lentamente tutta la
furia si acquietò,
lasciando la polvere galleggiare nell'aria. Essa si adagiò
pian piano al suolo,
raggruppandosi in un piccolo fagotto grigio perla. I contorni della
creatura
erano ancora indefiniti ed evanescenti, ma ben presto il suo profilo
divenne
più nitido, finché si riuscì a
scorgere ogni particolare del nuovo nascituro.
Era una bambina, piccola e innocente, completamente grigia, fatta
eccezione per
una chiazza nera sul lato sinistro del petto, in corrispondenza del
cuore, e
per la mano sinistra, anch'essa completamente nera.
Rimase
immobile, la piccola nata da un sogno
malvagio, addormentata nella foschia della notte.
L'uomo
che aveva deciso di gettare il suo sogno
non era un uomo normale. Anche i sogni più meschini quando
vengono uccisi
perdono l'intensità di cattiveria che si portano dentro una
volta saliti in
cielo, ma quello no. Quel sogno era rimasto integro, per niente
scalfito dal
transito appena subito, e si era incarnato in quel gracile cucciolo
appena
nato, che tutto sembrava tranne che crudele. Eppure era proprio vero:
per la
prima volta, dall'inizio della nascita del cielo e della terra, l'odio
era
riuscito a varcare la soglie del regno di Gallathia. Il suo nome era
Duster, flagello
del cielo.
Quando
nel Mondo di Sotto si avvista un forte temporale, con tuoni, fulmini e
saette,
quando il cielo viene interamente coperte da nuvole nere e spietate,
quando il
loro ventre viene illuminato da potenti squarci di scariche elettriche,
non ci
si immagina nemmeno cosa accade al di sopra di tutto questo, nel Mondo
di
Gallathia.
Qui
lo spettacolo è ancora più tremendo. Le
Nuvole Madri ruggiscono al cielo, nella loro danza macabra, che segna
la fine
della stagione di mungitura. Le sovrane di Gallathia riversano la loro
furia
contro la terra, arrabbiate con tutti e gonfie di pioggia. Qui non
esistono
posti ove ripararsi, si subisce e basta, perché questo
scontro è per gli Uomini
di Polvere un evento che non si possono perdere per nulla al mondo.
O
almeno, per quelli davvero temerari che
affrontano le tempeste solo per il desiderio di assistere almeno una
volta alla
grande battaglie fra queste gigantesche nuvole.
Duster
è lì, ora, appiattita contro il suolo
soffice di una giovane nuvola che non produce ancora acqua a
sufficienza per
scatenare un temporale; aspetta, la piccola Donna di Polvere color di
conchiglia, aspetta il momento più opportuno per saltar
fuori e correre in
mezzo alla guerra e partecipare anche lei a tutto quel putiferio. Vuole
catturare una nuvola nera, una specie rarissima di nuvola, ancora
acerba ma già
proprietaria di quel colore tipico delle sue sorelle più
grandi.
È'
il momento, lo sa; si butta nella mischia
dopo una breve corsa dalla sua postazione, e in un attimo è
proprio in mezzo a
loro e si sente viva in quel posto, con il forte vento che le
scompiglia i
capelli, e le Nuvole Madri che si schiantano le une sulle altre senza
curarsi
di lei. L'ha già vista questa scena. I temporali, da sempre,
sono i
protagonisti assidui dei suoi pensieri.
Corre
fra le Nuvole, scansa qualche coda
impertinente che vorrebbe buttarla giù, nel Mondo di Sotto,
e poi finalmente la
vede: la nuvola è davanti a lei, si sforza di far
fuoriuscire acqua dal suo
corpo ma non ci riesce, si accontenta di saper già scagliare
piccole saette
sulle compagne che nemmeno la considerano, ma lei continua,
imperterrita, come
se da un momento all'altro dal suo ventre uscisse un potente lampo che
squarciasse il cielo; è tutta nera, fatta accezione per il
muso ancora un po'
grigio. Duster pensa che si assomiglino parecchio, lei e quella nuvola.
Le
va incontro con calma, l'altra non la vede
perché le da le spalle, ma è troppo tardi quando
si accorge della sua presenza.
La Donna di Polvere le è già saltata addosso e
poco valgono i salti
imbizzarriti o le scariche elettriche in quella scomoda posizione. In
mezzo al
trambusto del temporale, Duster cavalca la sua nuvola, che dopo alcuni
tentativi di disarcionarla, si accascia al suolo, senza forza.
La
piccola Donna di Polvere tira i lembi del
dorso della sua preda in modo da farla impennare, dopodiché
le mette le mani
sul capo e chiude gli occhi. Le trasmette i suoi pensieri, scaccia via
ogni
residuo di ribellione che ancora cela quel piccolo e soffice corpo
nero, poi riapre
gli occhi e come per magia la nuvola resta immobile sotto di lei,
attendendo un
suo comando.
Duster
sorride un po' provata dalla connessione
mentale che ha dovuto compiere, però è
soddisfatta e fiera di sé. Pensa di aver
finito, ma non è così. La nuvola scatta di nuovo
in piedi e stavolta riesce a
buttarla a terra. La
avvolge, le stringe
la vita con forza, cercando di farle mancare il respiro. Ma Duster lo
sa,
Duster non ha paura. Chiude gli occhi, si concentra. La sua pelle
grigia inizia
a tingersi di un viola scuro, mentre microscopici frammenti di Polvere
di Sogno
vorticano attorno a lei. La nuvola intensifica la stretta, ringhia
sommessamente, il suo soffice corpo ondeggia, trasportato dal vento.
Il
potere di Duster, però, riesce a calmarla. La
Donna di Polvere le trasmette nuovamente i suoi pensieri, la culla, le
sussurra
di distendere le sue spire. La nuvola nera l'ascolta, scalcia ancora
per
qualche istante, poi molla la presa, questa volta definitivamente.
Duster
si aggrappa ad un lembo del suo soffice
corpo, ne saggia la consistenza tra le dita, l'accarezza piano, senza
timore.
Accanto a loro, le Nuvole Madri si sono ammansite, il temporale
è cessato.
"Sei
sola, vero?" mormora Duster, gli
occhi fissi sulla distesa di tenebre all'orizzonte.
"
… anch'io sono sola. Siamo uguali, io e
te"
La
nuvola trema e sbuffa sotto il suo peso, le
fa capire che ha ragione. Anche lei è sola, sola in mezzo al
nulla.
"Resta
con me, piccola nuvola. È questo che
ti ho chiesto prima, nei miei pensieri"
Duster
sa che se lei ora è seduta su quella
creatura, è perché essa l'ha accettata, le ha
tacitamente detto di sì. Vuole
restare con lei.
La
Donna di Polvere le da una leggera pacca su
un fianco: "Andiamo, cerchiamo un riparo per dormire".
Così
partono, saettano verso l'orizzonte.
Corrono nelle tenebre della notte, due figure nere che si nascondono
nel buio,
per vergogna, per pudore, per paura del resto del mondo di Gallathia.
Dormono
sotto le stelle, coperte dal vento caldo
dell'estate. Alcuni stormi di falchi gridano appena in lontananza.
Qualche
piuma bianca e soffice dondola a mezz'aria davanti ai loro occhi.
Duster
ama il suo piccolo rifugio nelle terre
dei Piumati. Il loro canto, unito al soffio della corrente, compone per
lei una
triste ninna nanna. Una cantilena remota, che le concilia il sonno.
La
sua nuvola è lì, accanto a lei. Sonnecchia
senza far rumore, il suo corpo si alza e si abbassa a ritmo del suo
respiro. La
Donna di Polvere le accarezza il dorso con un tocco delicato, non vuole
svegliarla, vuole continuare a guardarla immersa nei suoi sogni.
Si
ritrova a pensare ancora una volta di essere
sola, grazie ad un destino crudele che l'ha resa diversa dagli altri.
Alza lo
sguardo verso il villaggio dei Focolari: laggiù
c'è ancora qualche scintilla di
fulmine acceso, c'è ancora qualcuno che passeggia per le
bianche vie, sul dorso
delle Nuvole Madri. Forse, in qualche capanna, c'è una mamma
che rimbocca le
coperte al figlio, destando il suo tutore e avvolgendolo in esso. Ci
saranno
due innamorati che si baciano sotto le stelle, nascosti dal resto degli
abitanti, ci sarà un vecchio Uomo di Polvere che ricorda i
tempi passati ad un
tavolo di una taverna, assieme ai suoi amici color fuliggine.
Per
Duster tutto questo non ha senso. L'amore,
l'affetto, il calore di un abbraccio. I suoi occhi sono puntati sulle
fiammelle
tremule delle case, sono puntati verso le figure indistinte che vede
passare
ogni tanto da una finestra. Non invidia la loro vita, forse molto
più
semplicemente invidia chi, come loro, ha un tetto sopra la testa.
Poi
però un brivido di freddo la fa tremare
bruscamente, e ritorna con la mente in quel luogo desolato, assieme
alla sua
nuvola nera, che quasi scompare nel buoi della notte, e capisce che
lì, con
tutta quella luce, verrebbero immediatamente individuate, mentre a loro
interessa restare nascoste, per poter tramare alle spalle di chi ha
tutto, di
chi è felice.
Duster
non sa cosa sia la felicità.
Duster
è sola, in mezzo al nulla, sola e senza
un'anima che possa definire amica. La sua nuvola, forse, lo
è.
Ma
no, lei ha inglobato i pensieri della Donna
di Polvere. Ora sono la stessa cosa, un spirito scisso in due corpi.
Nient'altro che polvere che si mischia nell'aria.
Duster
non ha altre forze se non se stessa.
Da
un'ultima occhiata al dorso voluttuoso della
sua compagna immersa nel sonno, poi si rannicchia al suolo in posizione
fetale,
chiude gli occhi, la macchia nera sul suo petto spicca sulla sua pelle
madreperlata, e si addormenta.
La
sua nuvola, dopo poco, vedendo che ha freddo,
la copre col suo corpo, abbracciandola in un manto caldo e soporifero.
A
Duster piace guardare l'alba. Da sempre, ogni
mattina, osserva il cielo e capisce quanto ogni essere vivente sia
paragonabile
al sole, che ogni mattina sorge e sovrasta le Nuvole Madri,
rischiarando il
mondo di Gallathia e anche più giù, nel Mondo di
Sotto. Infatti, tutti gli
esseri viventi si destano ogni mattina, per vivere, per lottare, per
raggiungere il loro obiettivo.
Anche
lei, che questa mattina si è svegliata
presto, ha aperto gli occhi verso il mondo e l'ha osservato a lungo,
ancora
immerso nel dolce torpore della notte.
L'alba
tinge il cielo di mille caldi colori, che
tendono al giallo, al rosa, al lilla chiaro e discendono sul mondo in
un tenue
verde acqua, cristallino, che rende ogni cosa più pura.
Chiude
gli occhi per un attimo, e immagina che,
oggi, quell'alba possa rendere più pura anche la sua vita.
Che quella sia
un'occasione che il destino le concede, per poter riscattare se stessa
per
essere nata dal sogno sbagliato.
Forse
quella è l'opportunità che cercava, che voleva
da tanto tempo, o forse è semplicemente l'inizio di un nuovo
giorno, il
risveglio abituale del mondo.
Non
può saperlo, lei, che la speranza non sa
nemmeno cosa sia, però attende lo stesso che la sua nuvola
si desti dal sonno,
incantata ad ammirare quel dipinto mozzafiato, in cui il sole s'innalza
in una
distesa bianca e quasi surreale, quasi incredibile. Si rende conto
quanto
quello che vede sia meraviglioso e sorride. Lei, l'odio in persona,
frutto
della mente crudele di un uomo senza scrupoli. Lei oggi imprime quei
colori
sciolti nel cielo nella sua mente, per non dimenticarseli. Per non
dover
ammettere che si è lasciata scappare un altro giorno senza
avere avuto il
coraggio di cambiare il decorso della sua esistenza.
Perché
ormai Duster è conscia della sua
codardia, sa che non prenderà le redini della situazione
nemmeno oggi, lo sa
senza nemmeno dover aspettare il tramonto, e tirare le somme del giorno
appena
vissuto.
Le
nuvole si rincorrono tra di loro, lasciandosi
trasportare dal vento. La piccola le guarda giocare spensierate,
mansuete, come
una placida mandria al pascolo.
Tocca
la sua compagna che si risveglia dal sonno
con una scrollata rapida del corpo color onice.
Sente
qualcosa nell'aria, quella mattina.
Qualcosa di diverso dal solito.
"Non
siamo sole …" sussurra, con un
brutto presentimento che le serra la gola.
Punta
lo sguardo all'orizzonte, lontano da lei,
e li vede.
Sono
tanti, sono pericolosi. E sono affamati.
"Sono
qui …" mormora, incapace di
muoversi, "sono arrivati …"
Sovrappensiero
stringe un lembo del corpo della
sua nuvola, colta da un moto di stizza. Sono là, i loro
peggior nemici, coloro
che si schiantano sui loro magnifici villaggi, coloro che distruggono
le loro
placide vite, coloro che hanno fame delle loro anime.
I
loro corpi corazzati luccicano al sole pallido
di un tiepido giorno di primavera. I loro musi crudeli ghignano delle
loro
paure.
Duster
lo sa, lo capisce, che presto i grandi
giganti del cielo saranno vicini. Pericolosamente vicini.
Guarda
distrattamente il suolo sui cui poggiano
i suoi piedi nudi, opachi al riverbero del sole, e prova un senso di
stordimento nell'immaginarsi quello che avverrà di
lì a poco.
I
mostri sono più vicini, adesso, ma nessuno se
ne accorge ancora.
La
Donna di Polvere sposta il suo sguardo
altrove, verso il villaggio del Focolari.
Sa
che quelle capanne sono le prede prescelte,
il pasto prelibato che quei rapaci non si faranno di certo scappare.
Duster
lo sa ancora prima di loro, ancora
addormentati nel loro piacevole calore, che ancora non sentono il
ringhio
furioso di quelle creature, ancora non consci del loro destino.
La
creatura non si pone nemmeno il dubbio di
dover, forse, correre ad avvisare quella gente. Basterebbe saltare in
groppa
alla sua nuvola, e in pochi minuti, con l'aiuto del vento, potrebbe
salvar loro
la vita.
Ma
lei, figlia dell'odio di un uomo crudele e
senza scrupoli, resta ferma.
Si
limita ad osservare, a guardare i mostri
avvicinarsi ancora, mentre il loro ululato roco e profondo squarcia il
silenzio.
La
sua nuvola fissa le loro ali dai movimenti
innaturali, che mai si piegano per guadagnare quel piccolo balzo di
libertà a
cui tanto aspirano i loro simili Piumati. Quei mostri non bramano la
libertà,
poiché sono loro stessi i carcerieri di tutte le altre
creature. Loro decidono
chi vive e chi muore.
La
nuvola trema, la sua mente persa nelle
immagini distruttive che vede.
I
giganti corazzati spezzano i corpi delle
Nuvole Madri, squarciano il loro mondo, planano sulle nuvole
più piccole,
sadici giochi di menti malsane, rapiscono quei bagliori di terrore che
solo lei
e Duster vedono.
I
muggiti doloranti non sono altro che l'eco di
un grido ancora più straziante. Il tacito grido di decine di
vite che muoiono.
L'armatura
di uno dei colossi riflette i raggi
solari che abbagliano per un attimo la piccola Donna di Polvere.
Ed
è come un flash, come scattare un immagine
permanente nella sua memoria.
L'impatto
che agli occhi di chi non vede può
sembrare semplicemente un aereo che sorvola l'immensa distesa di
montagne della
Boemia, a Duster appare come il primo sterminio vero e proprio a cui
assiste.
Le
capanne vengono divelte dalle teste d'acciaio
dei mostri, gli urli straziati delle madri che non trovano
più i loro figli
viene coperto dal furioso rumore dei loro corpi giganteschi e bollenti
di
rabbia e fame. Quella fame cieca che li spinge a distruggere ogni cosa
che
viva, che esista.
Le
strade vengono investite da un forte vento
che scoperchia i tetti e i cuori.
Corpi
che scompaiono al brusco contatto con la
lastra metallica della morte, si dissolvono con uno scoppio sordo, come
una
corda che si spezza.
Gli
dei hanno deciso, non c'è scampo per i
prescelti. Sono solo sacrifici, solo attimi di esistenza che verranno
ben
presto dimenticati.
Duster
guarda tutto come se fosse estranea a
quel paesaggio, come se non fosse una di loro. Come se non fosse vero
che dei
suoi simili stanno perendo con così poca giustizia.
Duster
guarda, ma non si muove. Non prova paura,
né rancore nei propri confronti. Non ha pena per quelle
creature, nemmeno li
invidia più per quelle invitanti fiammelle che
caratterizzavano le loro case la
sera prima.
Alza
il capo con un gesto di sfida verso quel
disegno di morte, distante, ma ben consapevole di essere lei la vera
causa di
quelle morti innocenti.
E'
lei che non li ha avvisati, è lei che li
osserva da lontano, in salvo, viva e senza emozioni. E' lei che ha
distrutto
tutto. Non quei mostri, ma lei. Lei, la grande distruttrice.
Il
suo sguardo cala sul corpo tremante della sua
nuvola che, al contrario di lei, ha veramente paura.
A
lei dispiace, ma il suo mutismo le ha impedito
di avvisare quegli Uomini. Lei era impotente, ma quello spettacolo
inguardabile
parla comunque prepotente al suo cuore soffice ed incorporeo.
E
lentamente i mostri si allontanano, ancora
ringhiando al cielo, ancora affamati, in cerca di altre prede da
inghiottire.
Le loro figure calano la quota, virano di poco verso il basso, al di
sotto
delle Nuvole Madri.
Solo
il loro prepotente rumore echeggia nel
deserto bianco di quel mondo.
Dietro
di loro, c'è solo polvere. Polvere che
galleggia nell'aria, ora leggera e senza vita che la mantenga insieme e
le dia
una forma.
Duster
flette le ginocchia per avvicinarsi alla
sua compagna. Le accarezza piano il dorso con il palmo della mano,
cercando di
farla calmare, di far cessare quel fastidioso tremore che dovrebbe
caratterizzare anche il suo corpo, dato quello a cui ha appena
assistito.
"Non
c'era altra soluzione se non
questa" mente, più a se stessa che alla creatura,
"è il destino,
piccola mia. E molti di loro non si sono nemmeno accorti di
ciò che stava per
succedere. Sono morti nel sonno, ancora ancorati ad un sogno, ancora
incapaci
di abbandonarlo …"
Ride
di questa affermazione, scostandosi un
ciuffo di capelli di un biondo pallido dalla fronte: "Nasciamo proprio
da
uno di essi, in fondo. Veniamo creati dai sogni infranti degli uomini,
e
moriamo per non doverli sbriciolare a nostra volta. Come un figlio che
non
vuole lasciare la propria madre, come uno sciocco amore che poi si
rivela
l'unica causa delle nostre disgrazie. Teniamo talmente tanto alla
nostra
esistenza, da dimenticare ogni altra cosa pur di non doverla lasciare.
Fino a
farci uccidere per difenderla, fino a farci strappare via ogni
speranza. Solo
per il gusto di poter affermare che siamo morti per una buona causa e
farci
onore. Ma per cosa, mi chiedo io, vale veramente la pena morire? Per la
vita
stessa, forse?"
Duster
si rialza in piedi, continuando a fissare
quel piccolo angolo di cielo in cui la polvere non si è
ancora del tutto
depositata al suolo.
La
fame di quelle bestie echeggia ancora
dall'altra parte del paesaggio che può vedere prima di
perdersi nell'orizzonte.
Punta
gli occhi grigi alla distesa azzurra che
vede sopra di sé, perdendosi nell'infinito mondo di cui non
conosce i segreti.
Smarrisce
se stessa per alcuni attimi,
chiedendosi invano che fine facciano gli Uomini di Polvere dopo la
morte.
Tornano
ad essere sogni completi, forse, oppure
si perdono nell'etere del firmamento.
Un
sospiro lungo e carico di stupida tensione
esce dalle sue labbra diafane, mentre il dorso della mano scaccia dalla
sua
guancia una lacrima che non doveva far fuoriuscire dal suo corpo.
Monta
in groppa alla sua nuvola senza proferire
parola, con uno strattone leggero la incita a partire verso una meta
che ancora
non sa quale sia, senza un motivo apparente, se non quello di venir
investita
dall'aria frizzante del mattino, con la speranza che, insieme ai suoi
molteplici dubbi, riesca a togliersi dalle spalle anche i frammenti di
quelle
vite che il vento ha portato fino al suo rifugio.
Non
era l'alba giusta, piccola Duster, flagello
del cielo.
Non
lo è stata per colpa tua.