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Autore: Sintesi    04/01/2012    0 recensioni
Alzate gli occhi al cielo, guardate lassù, tra le nuvole.
Perdete qualche attimo del vostro tempo e soffermatevi sui meravigliosi colori del Sole che scivola dietro una collina, dipingendo il cielo con quei colori caldi e magnifici.
Se avete un sogno, un desiderio, pensate ad esso, in questo momento. Così da non farlo morire, così da non farlo diventare un Uomo di Polvere.
Loro, le ombre di ognuno di noi.
Lei, l'unico sogno malvagio che il cielo non è riuscito a purificare.
Voi, che invito, con questo mio modesto scritto, a non perdere mai la speranza in un'alba che cambierà il corso della vostra esistenza.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Duster;

Quando sei solo un seme uguale a mille altri.

 

 

1; Nel cielo blu d'oltremare.

 

 

 

 

Nel cielo blu d'oltremare, sulle placide Nuvole Madri, soffiava un vento diverso dal solito quella sera. Esso portava con sé l'ennesimo sogno infranto di un uomo, destinato a diventare polvere fra le stelle del firmamento. Quando un uomo coltiva i suoi sogni, essi vivono, ma quando ne oblia il contenuto e non se ne cura più … il sogno diventa polvere, e crea un Uomo di Polvere.

Quel Vento di Sogno, però, era differente dal consueto presagio di nascita. Era un vento infuriato, che portava con sé sbuffi di fuliggine e lampi di temporale. Era un vento malefico, che spaventava le mansuete Nuvole, tanto che anch'esse si infuriarono, impennandosi le une sulle altre, come una mandria impazzita.

Il vento scese su una distesa di cielo limpida, e iniziò a formare dei turbini, prima due, poi quattro, poi dieci. I dieci spiriti vorticarono per alcuni istanti, dopodiché all'unisono si scontrarono fra di loro, fondendosi nuovamente insieme. L'impatto squarciò il cielo della notte con un lampo improvviso, seguito da un tuono mastodontico, che ripose le Nuvole Madri al loro posto, ammansendole.

Ci fu un attimo di silenzio, prima che il vento scomparisse e con lui gli spiriti malvagi che poi non erano altro che dieci parti di un solo demone più potente. Poi lentamente tutta la furia si acquietò, lasciando la polvere galleggiare nell'aria. Essa si adagiò pian piano al suolo, raggruppandosi in un piccolo fagotto grigio perla. I contorni della creatura erano ancora indefiniti ed evanescenti, ma ben presto il suo profilo divenne più nitido, finché si riuscì a scorgere ogni particolare del nuovo nascituro. Era una bambina, piccola e innocente, completamente grigia, fatta eccezione per una chiazza nera sul lato sinistro del petto, in corrispondenza del cuore, e per la mano sinistra, anch'essa completamente nera.

Rimase immobile, la piccola nata da un sogno malvagio, addormentata nella foschia della notte.

L'uomo che aveva deciso di gettare il suo sogno non era un uomo normale. Anche i sogni più meschini quando vengono uccisi perdono l'intensità di cattiveria che si portano dentro una volta saliti in cielo, ma quello no. Quel sogno era rimasto integro, per niente scalfito dal transito appena subito, e si era incarnato in quel gracile cucciolo appena nato, che tutto sembrava tranne che crudele. Eppure era proprio vero: per la prima volta, dall'inizio della nascita del cielo e della terra, l'odio era riuscito a varcare la soglie del regno di Gallathia. Il suo nome era Duster, flagello del cielo.

 

 

 Quando nel Mondo di Sotto si avvista un forte temporale, con tuoni, fulmini e saette, quando il cielo viene interamente coperte da nuvole nere e spietate, quando il loro ventre viene illuminato da potenti squarci di scariche elettriche, non ci si immagina nemmeno cosa accade al di sopra di tutto questo, nel Mondo di Gallathia.

Qui lo spettacolo è ancora più tremendo. Le Nuvole Madri ruggiscono al cielo, nella loro danza macabra, che segna la fine della stagione di mungitura. Le sovrane di Gallathia riversano la loro furia contro la terra, arrabbiate con tutti e gonfie di pioggia. Qui non esistono posti ove ripararsi, si subisce e basta, perché questo scontro è per gli Uomini di Polvere un evento che non si possono perdere per nulla al mondo.

O almeno, per quelli davvero temerari che affrontano le tempeste solo per il desiderio di assistere almeno una volta alla grande battaglie fra queste gigantesche nuvole.

Duster è lì, ora, appiattita contro il suolo soffice di una giovane nuvola che non produce ancora acqua a sufficienza per scatenare un temporale; aspetta, la piccola Donna di Polvere color di conchiglia, aspetta il momento più opportuno per saltar fuori e correre in mezzo alla guerra e partecipare anche lei a tutto quel putiferio. Vuole catturare una nuvola nera, una specie rarissima di nuvola, ancora acerba ma già proprietaria di quel colore tipico delle sue sorelle più grandi.

È' il momento, lo sa; si butta nella mischia dopo una breve corsa dalla sua postazione, e in un attimo è proprio in mezzo a loro e si sente viva in quel posto, con il forte vento che le scompiglia i capelli, e le Nuvole Madri che si schiantano le une sulle altre senza curarsi di lei. L'ha già vista questa scena. I temporali, da sempre, sono i protagonisti assidui dei suoi pensieri.

Corre fra le Nuvole, scansa qualche coda impertinente che vorrebbe buttarla giù, nel Mondo di Sotto, e poi finalmente la vede: la nuvola è davanti a lei, si sforza di far fuoriuscire acqua dal suo corpo ma non ci riesce, si accontenta di saper già scagliare piccole saette sulle compagne che nemmeno la considerano, ma lei continua, imperterrita, come se da un momento all'altro dal suo ventre uscisse un potente lampo che squarciasse il cielo; è tutta nera, fatta accezione per il muso ancora un po' grigio. Duster pensa che si assomiglino parecchio, lei e quella nuvola.

Le va incontro con calma, l'altra non la vede perché le da le spalle, ma è troppo tardi quando si accorge della sua presenza. La Donna di Polvere le è già saltata addosso e poco valgono i salti imbizzarriti o le scariche elettriche in quella scomoda posizione. In mezzo al trambusto del temporale, Duster cavalca la sua nuvola, che dopo alcuni tentativi di disarcionarla, si accascia al suolo, senza forza.

La piccola Donna di Polvere tira i lembi del dorso della sua preda in modo da farla impennare, dopodiché le mette le mani sul capo e chiude gli occhi. Le trasmette i suoi pensieri, scaccia via ogni residuo di ribellione che ancora cela quel piccolo e soffice corpo nero, poi riapre gli occhi e come per magia la nuvola resta immobile sotto di lei, attendendo un suo comando.

Duster sorride un po' provata dalla connessione mentale che ha dovuto compiere, però è soddisfatta e fiera di sé. Pensa di aver finito, ma non è così. La nuvola scatta di nuovo in piedi e stavolta riesce a buttarla a terra.  La avvolge, le stringe la vita con forza, cercando di farle mancare il respiro. Ma Duster lo sa, Duster non ha paura. Chiude gli occhi, si concentra. La sua pelle grigia inizia a tingersi di un viola scuro, mentre microscopici frammenti di Polvere di Sogno vorticano attorno a lei. La nuvola intensifica la stretta, ringhia sommessamente, il suo soffice corpo ondeggia, trasportato dal vento.

Il potere di Duster, però, riesce a calmarla. La Donna di Polvere le trasmette nuovamente i suoi pensieri, la culla, le sussurra di distendere le sue spire. La nuvola nera l'ascolta, scalcia ancora per qualche istante, poi molla la presa, questa volta definitivamente.

Duster si aggrappa ad un lembo del suo soffice corpo, ne saggia la consistenza tra le dita, l'accarezza piano, senza timore. Accanto a loro, le Nuvole Madri si sono ammansite, il temporale è cessato.

"Sei sola, vero?" mormora Duster, gli occhi fissi sulla distesa di tenebre all'orizzonte.

" … anch'io sono sola. Siamo uguali, io e te"

La nuvola trema e sbuffa sotto il suo peso, le fa capire che ha ragione. Anche lei è sola, sola in mezzo al nulla.

"Resta con me, piccola nuvola. È questo che ti ho chiesto prima, nei miei pensieri"

Duster sa che se lei ora è seduta su quella creatura, è perché essa l'ha accettata, le ha tacitamente detto di sì. Vuole restare con lei.

La Donna di Polvere le da una leggera pacca su un fianco: "Andiamo, cerchiamo un riparo per dormire".

Così partono, saettano verso l'orizzonte. Corrono nelle tenebre della notte, due figure nere che si nascondono nel buio, per vergogna, per pudore, per paura del resto del mondo di Gallathia.

 

Dormono sotto le stelle, coperte dal vento caldo dell'estate. Alcuni stormi di falchi gridano appena in lontananza. Qualche piuma bianca e soffice dondola a mezz'aria davanti ai loro occhi.

Duster ama il suo piccolo rifugio nelle terre dei Piumati. Il loro canto, unito al soffio della corrente, compone per lei una triste ninna nanna. Una cantilena remota, che le concilia il sonno.

La sua nuvola è lì, accanto a lei. Sonnecchia senza far rumore, il suo corpo si alza e si abbassa a ritmo del suo respiro. La Donna di Polvere le accarezza il dorso con un tocco delicato, non vuole svegliarla, vuole continuare a guardarla immersa nei suoi sogni.

Si ritrova a pensare ancora una volta di essere sola, grazie ad un destino crudele che l'ha resa diversa dagli altri. Alza lo sguardo verso il villaggio dei Focolari: laggiù c'è ancora qualche scintilla di fulmine acceso, c'è ancora qualcuno che passeggia per le bianche vie, sul dorso delle Nuvole Madri. Forse, in qualche capanna, c'è una mamma che rimbocca le coperte al figlio, destando il suo tutore e avvolgendolo in esso. Ci saranno due innamorati che si baciano sotto le stelle, nascosti dal resto degli abitanti, ci sarà un vecchio Uomo di Polvere che ricorda i tempi passati ad un tavolo di una taverna, assieme ai suoi amici color fuliggine.

Per Duster tutto questo non ha senso. L'amore, l'affetto, il calore di un abbraccio. I suoi occhi sono puntati sulle fiammelle tremule delle case, sono puntati verso le figure indistinte che vede passare ogni tanto da una finestra. Non invidia la loro vita, forse molto più semplicemente invidia chi, come loro, ha un tetto sopra la testa.

Poi però un brivido di freddo la fa tremare bruscamente, e ritorna con la mente in quel luogo desolato, assieme alla sua nuvola nera, che quasi scompare nel buoi della notte, e capisce che lì, con tutta quella luce, verrebbero immediatamente individuate, mentre a loro interessa restare nascoste, per poter tramare alle spalle di chi ha tutto, di chi è felice.

Duster non sa cosa sia la felicità.

Duster è sola, in mezzo al nulla, sola e senza un'anima che possa definire amica. La sua nuvola, forse, lo è.

Ma no, lei ha inglobato i pensieri della Donna di Polvere. Ora sono la stessa cosa, un spirito scisso in due corpi. Nient'altro che polvere che si mischia nell'aria.

Duster non ha altre forze se non se stessa.

Da un'ultima occhiata al dorso voluttuoso della sua compagna immersa nel sonno, poi si rannicchia al suolo in posizione fetale, chiude gli occhi, la macchia nera sul suo petto spicca sulla sua pelle madreperlata, e si addormenta.

La sua nuvola, dopo poco, vedendo che ha freddo, la copre col suo corpo, abbracciandola in un manto caldo e soporifero.

 

A Duster piace guardare l'alba. Da sempre, ogni mattina, osserva il cielo e capisce quanto ogni essere vivente sia paragonabile al sole, che ogni mattina sorge e sovrasta le Nuvole Madri, rischiarando il mondo di Gallathia e anche più giù, nel Mondo di Sotto. Infatti, tutti gli esseri viventi si destano ogni mattina, per vivere, per lottare, per raggiungere il loro obiettivo.

Anche lei, che questa mattina si è svegliata presto, ha aperto gli occhi verso il mondo e l'ha osservato a lungo, ancora immerso nel dolce torpore della notte.

L'alba tinge il cielo di mille caldi colori, che tendono al giallo, al rosa, al lilla chiaro e discendono sul mondo in un tenue verde acqua, cristallino, che rende ogni cosa più pura.

Chiude gli occhi per un attimo, e immagina che, oggi, quell'alba possa rendere più pura anche la sua vita. Che quella sia un'occasione che il destino le concede, per poter riscattare se stessa per essere nata dal sogno sbagliato.

Forse quella è l'opportunità che cercava, che voleva da tanto tempo, o forse è semplicemente l'inizio di un nuovo giorno, il risveglio abituale del mondo.

Non può saperlo, lei, che la speranza non sa nemmeno cosa sia, però attende lo stesso che la sua nuvola si desti dal sonno, incantata ad ammirare quel dipinto mozzafiato, in cui il sole s'innalza in una distesa bianca e quasi surreale, quasi incredibile. Si rende conto quanto quello che vede sia meraviglioso e sorride. Lei, l'odio in persona, frutto della mente crudele di un uomo senza scrupoli. Lei oggi imprime quei colori sciolti nel cielo nella sua mente, per non dimenticarseli. Per non dover ammettere che si è lasciata scappare un altro giorno senza avere avuto il coraggio di cambiare il decorso della sua esistenza.

Perché ormai Duster è conscia della sua codardia, sa che non prenderà le redini della situazione nemmeno oggi, lo sa senza nemmeno dover aspettare il tramonto, e tirare le somme del giorno appena vissuto.

 

Le nuvole si rincorrono tra di loro, lasciandosi trasportare dal vento. La piccola le guarda giocare spensierate, mansuete, come una placida mandria al pascolo.

Tocca la sua compagna che si risveglia dal sonno con una scrollata rapida del corpo color onice.

Sente qualcosa nell'aria, quella mattina. Qualcosa di diverso dal solito.

"Non siamo sole …" sussurra, con un brutto presentimento che le serra la gola.

Punta lo sguardo all'orizzonte, lontano da lei, e li vede.

Sono tanti, sono pericolosi. E sono affamati.

"Sono qui …" mormora, incapace di muoversi, "sono arrivati …"

Sovrappensiero stringe un lembo del corpo della sua nuvola, colta da un moto di stizza. Sono là, i loro peggior nemici, coloro che si schiantano sui loro magnifici villaggi, coloro che distruggono le loro placide vite, coloro che hanno fame delle loro anime.

I loro corpi corazzati luccicano al sole pallido di un tiepido giorno di primavera. I loro musi crudeli ghignano delle loro paure.

Duster lo sa, lo capisce, che presto i grandi giganti del cielo saranno vicini. Pericolosamente vicini.

Guarda distrattamente il suolo sui cui poggiano i suoi piedi nudi, opachi al riverbero del sole, e prova un senso di stordimento nell'immaginarsi quello che avverrà di lì a poco.

I mostri sono più vicini, adesso, ma nessuno se ne accorge ancora.

La Donna di Polvere sposta il suo sguardo altrove, verso il villaggio del Focolari.

Sa che quelle capanne sono le prede prescelte, il pasto prelibato che quei rapaci non si faranno di certo scappare.

Duster lo sa ancora prima di loro, ancora addormentati nel loro piacevole calore, che ancora non sentono il ringhio furioso di quelle creature, ancora non consci del loro destino.

La creatura non si pone nemmeno il dubbio di dover, forse, correre ad avvisare quella gente. Basterebbe saltare in groppa alla sua nuvola, e in pochi minuti, con l'aiuto del vento, potrebbe salvar loro la vita.

Ma lei, figlia dell'odio di un uomo crudele e senza scrupoli, resta ferma.

Si limita ad osservare, a guardare i mostri avvicinarsi ancora, mentre il loro ululato roco e profondo squarcia il silenzio.

La sua nuvola fissa le loro ali dai movimenti innaturali, che mai si piegano per guadagnare quel piccolo balzo di libertà a cui tanto aspirano i loro simili Piumati. Quei mostri non bramano la libertà, poiché sono loro stessi i carcerieri di tutte le altre creature. Loro decidono chi vive e chi muore.

La nuvola trema, la sua mente persa nelle immagini distruttive che vede.

I giganti corazzati spezzano i corpi delle Nuvole Madri, squarciano il loro mondo, planano sulle nuvole più piccole, sadici giochi di menti malsane, rapiscono quei bagliori di terrore che solo lei e Duster vedono.

I muggiti doloranti non sono altro che l'eco di un grido ancora più straziante. Il tacito grido di decine di vite che muoiono.

L'armatura di uno dei colossi riflette i raggi solari che abbagliano per un attimo la piccola Donna di Polvere.

Ed è come un flash, come scattare un immagine permanente nella sua memoria.

L'impatto che agli occhi di chi non vede può sembrare semplicemente un aereo che sorvola l'immensa distesa di montagne della Boemia, a Duster appare come il primo sterminio vero e proprio a cui assiste.

Le capanne vengono divelte dalle teste d'acciaio dei mostri, gli urli straziati delle madri che non trovano più i loro figli viene coperto dal furioso rumore dei loro corpi giganteschi e bollenti di rabbia e fame. Quella fame cieca che li spinge a distruggere ogni cosa che viva, che esista.

Le strade vengono investite da un forte vento che scoperchia i tetti e i cuori.

Corpi che scompaiono al brusco contatto con la lastra metallica della morte, si dissolvono con uno scoppio sordo, come una corda che si spezza.

Gli dei hanno deciso, non c'è scampo per i prescelti. Sono solo sacrifici, solo attimi di esistenza che verranno ben presto dimenticati.

Duster guarda tutto come se fosse estranea a quel paesaggio, come se non fosse una di loro. Come se non fosse vero che dei suoi simili stanno perendo con così poca giustizia.

Duster guarda, ma non si muove. Non prova paura, né rancore nei propri confronti. Non ha pena per quelle creature, nemmeno li invidia più per quelle invitanti fiammelle che caratterizzavano le loro case la sera prima.

Alza il capo con un gesto di sfida verso quel disegno di morte, distante, ma ben consapevole di essere lei la vera causa di quelle morti innocenti.

E' lei che non li ha avvisati, è lei che li osserva da lontano, in salvo, viva e senza emozioni. E' lei che ha distrutto tutto. Non quei mostri, ma lei. Lei, la grande distruttrice.

Il suo sguardo cala sul corpo tremante della sua nuvola che, al contrario di lei, ha veramente paura.

A lei dispiace, ma il suo mutismo le ha impedito di avvisare quegli Uomini. Lei era impotente, ma quello spettacolo inguardabile parla comunque prepotente al suo cuore soffice ed incorporeo.

E lentamente i mostri si allontanano, ancora ringhiando al cielo, ancora affamati, in cerca di altre prede da inghiottire. Le loro figure calano la quota, virano di poco verso il basso, al di sotto delle Nuvole Madri.

Solo il loro prepotente rumore echeggia nel deserto bianco di quel mondo.

Dietro di loro, c'è solo polvere. Polvere che galleggia nell'aria, ora leggera e senza vita che la mantenga insieme e le dia una forma.

Duster flette le ginocchia per avvicinarsi alla sua compagna. Le accarezza piano il dorso con il palmo della mano, cercando di farla calmare, di far cessare quel fastidioso tremore che dovrebbe caratterizzare anche il suo corpo, dato quello a cui ha appena assistito.

"Non c'era altra soluzione se non questa" mente, più a se stessa che alla creatura, "è il destino, piccola mia. E molti di loro non si sono nemmeno accorti di ciò che stava per succedere. Sono morti nel sonno, ancora ancorati ad un sogno, ancora incapaci di abbandonarlo …"

Ride di questa affermazione, scostandosi un ciuffo di capelli di un biondo pallido dalla fronte: "Nasciamo proprio da uno di essi, in fondo. Veniamo creati dai sogni infranti degli uomini, e moriamo per non doverli sbriciolare a nostra volta. Come un figlio che non vuole lasciare la propria madre, come uno sciocco amore che poi si rivela l'unica causa delle nostre disgrazie. Teniamo talmente tanto alla nostra esistenza, da dimenticare ogni altra cosa pur di non doverla lasciare. Fino a farci uccidere per difenderla, fino a farci strappare via ogni speranza. Solo per il gusto di poter affermare che siamo morti per una buona causa e farci onore. Ma per cosa, mi chiedo io, vale veramente la pena morire? Per la vita stessa, forse?"

Duster si rialza in piedi, continuando a fissare quel piccolo angolo di cielo in cui la polvere non si è ancora del tutto depositata al suolo.

La fame di quelle bestie echeggia ancora dall'altra parte del paesaggio che può vedere prima di perdersi nell'orizzonte.

Punta gli occhi grigi alla distesa azzurra che vede sopra di sé, perdendosi nell'infinito mondo di cui non conosce i segreti.

Smarrisce se stessa per alcuni attimi, chiedendosi invano che fine facciano gli Uomini di Polvere dopo la morte.

Tornano ad essere sogni completi, forse, oppure si perdono nell'etere del firmamento.

Un sospiro lungo e carico di stupida tensione esce dalle sue labbra diafane, mentre il dorso della mano scaccia dalla sua guancia una lacrima che non doveva far fuoriuscire dal suo corpo.

Monta in groppa alla sua nuvola senza proferire parola, con uno strattone leggero la incita a partire verso una meta che ancora non sa quale sia, senza un motivo apparente, se non quello di venir investita dall'aria frizzante del mattino, con la speranza che, insieme ai suoi molteplici dubbi, riesca a togliersi dalle spalle anche i frammenti di quelle vite che il vento ha portato fino al suo rifugio.

Non era l'alba giusta, piccola Duster, flagello del cielo.

Non lo è stata per colpa tua.

   
 
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