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Autore: MrBadCath    05/01/2012    3 recensioni
«Quindi? Dove è?»
«Sono andati a comprare il pane»
«A comprare il pane?»
*-*-*-*-*-*-*-*-*
«Sai qual'è il paradosso?»
«No»
«Che le prime due volte che ti ho vista eri quasi nuda e adesso stiamo facendo l'amore col cappotto.»
*-*-*-*-*-*-*-*-*
Storia di 4 amanti e tutto quello che ne consegue (quindi un gran casino).
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Crazy Little Thing Called «Another Girl».

Capitolo I - I got your meaning between the lines.


Cleo Turner sedeva in modo piuttosto scomposto, durante la sua lezione di Arte Medievale. Le sembrava che tutte quelle sedie ne sapessero una più del diavolo, per farla stare scomoda, ogni posizione era una spina nella schiena.
Finalmente l'ora di tornare a casa arrivò.
Non che la red head ne fosse rincuorata: Cassandra, una delle sue coinquiline era chiusa in camera da una settimana (si era lasciata con il suo fidanzato e da allora non era più uscita dalla sua stanza neanche per mangiare. Era ancora nella fase di accettazione e autocommiserazione, probabilmente stesa sul letto con i fazzolettini, rannicchiata contro il cuscino nella medesima posizione da giorni ormai) e ciò influiva sull'andazzo generale delle pulizie casalinghe. Lavare i piatti, pulire i sanitari... Cleo avrebbe dovuto occuparsi di tutto. Unica cosa positiva della serata: la rossa si era organizzata per uscire con una sua amica, Jade, da almeno una settimana. Sarebbero riuscite finalmente, dopo essersi giostrate attentamente fra impegni vari, ad andare al cinema assieme.
«Sono proprio forti!»
«...Già, grandiosi!» gli urletti eccitati delle sue compagne di corso quasi raggiungevano gli ultrasuoni. Infastidita, Cleo si diresse verso l'uscita, ma, presa da una botta di curiosità raggiunse il gruppetto di ragazze, in piedi dalla parte opposta dell'aula.
«I nuovi Beatles sono arrivati in città? O è una loro reunion?» chiese, mentre si infilava il giacchetto di pelle, accuratamente decorato con delle patch, fra cui alcune del gruppo appena citato.
«No, cara, stiamo parlando dei famosissimi, fantomatici Queen!»
«Queen? Non sapevo che la regina di Inghilterra avesse una band» sghignazzò, ma nessuna delle altre rise, quindi si ricompose «Ad ogni modo, dove suona, questa Regina?»
«Alla Rock House»
«Siccome voi non capite nulla di musica li esaminerò io. Grazie ragazze, alla prossima.»
Cleo diede le spalle con disinvoltura alle sue amiche, ormai abituate ai suoi sbalzi di umore repentini e alla sua autostima che toccava il cielo.
«Sono a caaaaasa!» gridò.
Nessuna risposta, se non quella dell'aggeggio adagiato sul tavolo davanti al divano. Cassie, nella condizione in cui era, non si sarebbe mai scrostata dal letto per parlare al telefono, quindi Cleo fu costretta a rispondere, seppur svogliatamente.
«Pronto?»


Ω



«Vaffanculo!» strillò Cleo al telefono, attaccando la cornetta con una certa violenza. Ci mancava soltanto che un'amica di Jade avesse “terribilmente bisogno di lei per tutta la serata”.
Amen.
La red head sarebbe riuscita a trovare un ripiego, anche se sarebbe rimasta di cattivo umore per la buca enorme che le aveva dato la sua amica. Si guardò intorno: l'appartamento era vuoto, le sue compagne erano evidentemente tutte fuori. Cleo si lanciò sul divano disperata, cercando di trovare una soluzione al dilemma di quella sera: uscire da sola era una cosa un po' triste, così decise di aspettare che le altre tornassero.
Non tornarono.


Ω



La rossina si preparò ad una lotta lunga ore.
Bussò alla porta ed entrò, guardando la figura dai lunghi capelli biondo cenere riversati sul cuscino non fare una piega.
«Cassie?» esordì «Ti disturbo?»
«Che c'è» asserì l'altra senza muoversi di un centimetro.
«Ti va di uscire con me, stasera?» azzardò.
«No.»
«Cassie ti prego!»
«No.»
«Ti scongiuro!»
«No.»
«Ora?»
La bionda sollevò la testa da sopra il cuscino mostrando il volto terribilmente appesantito dalle occhiaie causate dalla carenza di sonno, dal gonfiore degli occhi per il pianto e le guance rosse. I capelli ricordavano piuttosto un Mocio Vileda (sebbene negli anni '70 il Mocio Vileda probabilmente non fosse ancora stato brevettato: la leggenda dice che l'ispirazione venne proprio dai capelli di Cassie in questa occasione).
«Ti sembro nella condizione fisica e mentale di uscire?» tagliò Cassie.
«Per quella fisica possiamo fare qualcosa» tentò, con un sorriso a trentasei denti la rossina.


Ω



Cassie stringeva stretta la sua borsetta a tracolla, a cui aveva appoggiato il suo giacchetto.
Guardarono da fuori l'insegna luminosa del cocktail bar in cui sarebbero state quella sera.
Una raffica di vento quasi le fece volare via, silenziosamente decisero che sarebbe stato meglio entrare, più che farsi penetrare sino alle ossa dal freddo glaciale di dicembre.
«Si può sapere in che razza di posto mi hai portata?» domandò la neo single seccata.
«In un bar in cui fanno musica dal vivo, comunque certo meglio della penombra della tua stanza in cui stavi a deprimerti» rispose Cleo con una certa aria di sufficienza. Oramai aveva raggiunto il suo scopo e non aveva motivo di essere gentile.
«Non mi stavo deprimendo» puntualizzò Cassie.
«Autocommiserando... Come vuoi definirlo, insomma...»
«Vorrei vedere te, nella mia posizione» blaterò offesa.
Le amiche di Cleo avevano ragione, su questo la rossa e la bionda erano completamente d'accordo. La performance, era stata eseguita senza risparmi da parte degli artisti. Cleo era particolarmente incuriosita dal taglio degli occhi del cantante, e, diciamocelo, non solo da quello.
«Il cantante ci sta guardando!» esclamò esaltata.
«Sai com'è, siamo nel pubblico, darci le spalle non sarebbe troppo educato da parte sua...» replicò la bionda, ancora seccata.
«Ma non ti fanno venir voglia di lasciarti andare neanche un po'?»
«No.»
«Dai, al termine della canzone ci leviamo la maglietta e la tiriamo sul palco!»
«Ma anche no! Ho solo il reggiseno sotto.»
«Io neanche quello!»
Cleo disse e fece così, prima con la maglia dell'amica e anche con la sua. Ovviamente attorno a lei si alzò un brusio sorpreso. Tirò entrambe le magliette sul palco, il cantante dai capelli boccolosi e neri sorrise, mentre il resto della band guardava inebetito. Si percepì, per una frazione di secondo, un rallentamento del ritmo della canzone, evidentemente tutti i componenti del gruppo erano rimasti spiazzati alla vista di due ragazze in reggiseno, o meglio, solo una.


Ω



«Hei Blondie, Questa deve essere tua!» Freddie, tutto sorridente, si diresse verso una delle due amiche, ferma davanti al bancone del bar con indosso il cappotto. Cassie si voltò con terrore. Era rimasta lì, sperando di non attirare l'attenzione di nessuno, intanto che Cleo si sbrigava a concludere i suoi affari, ma così non era stato.
«Direi di no» rispose al cantante, dopo aver esaminato lo straccetto «è roba sua» indicò l'amica dall'altra parte del locale.
«Ah, bene, grazie!» il cantore dagli occhi pece si diresse allora verso la ragazza coi capelli rossi, che già attirava l'attenzione per la sua capigliatura. «Perso niente signorina?»
La ragazza sfoggiò un sorriso sfavillante:
«Sicuro che non appartenga a qualche altra ragazza che va fuori di testa per voi?»
«Non attacca con me, ragazzina. La tua amica ti ha sputtanata» Freddie indicò la bionda che tentava disperatamente di apparire invisibile, fissandosi le punte dei piedi per non incontrare lo sguardo di nessuno, isolata in un angolo del bar.
Le risate dei due si incrociarono nell'aria, aggiungendosi al fragore che già riempiva il locale.
«Complimenti, andate forte, comunque.»
«Sì, lo so, grazie. Insomma la prendi o devo tenerla io, questa maglietta?»
Cleo prese in mano la maglietta e poi guardò il cantante, chiedendo a sé stessa cosa le avesse mandato in pappa il cervello da quando l'aveva visto muoversi con strabiliante abilità sul palco. Probabilmente era la sua voce, o il suo carisma.
«Quanta fretta» la ragazza sorrise rigirando l'indumento tra le mani «devi scappare o bevi qualcosa con me?»
«A me pare che la tua amica abbia fretta di andare...» indicò l'amica, alle prese con una stanga alta perlomeno il doppio di lei che si destreggiava con nervosismo palese anche a metri di distanza.
«Se la caverà, dopotutto è appena uscita da una storia disastrosa, in qualche modo dovrà pur ricominciare...»
«Siete delle amiche piuttosto strane, lascia che te lo dica» l'orientale dagli occhi color pece diede un colpetto sul fianco a Cleo, che sobbalzò.
«Se mi fai prendere un altro colpo come questo non lo saremo più!» esclamò lei, mettendosi a posto la chioma «Suvvia, cantante, cosa mi offri?»
«Sbaglio o sei stata tu prima a chiedermi se volevo bere qualcosa? Dovresti offrire tu.»
Si guardarono compiaciuti del loro senso dell'umorismo pungente. Cleo inarcò un sopracciglio, arricciò le labbra, esaminando quelle rosee e vagamente truccate del ragazzo che le stava davanti, sbatté le ciglia e rimise gli occhi in quelli del suo nuovo amico:
«Infatti sin dal principio avresti dovuto dire “Ma figurati, signorina, offro io”» accompagnò la frase con un gesto teatrale.
Il ragazzo rise scompostamente, portandosi una mano sul petto e una sulla gamba destra, piegandosi leggermente in avanti:
«E chi sono io, la banca d'Inghilterra?» si ricompose «Se offrissi da bere a tutte quelle che mi lanciano la maglia sarei in bancarotta, mia cara. A ogni modo, che prendi?»
«Hai l'aria da riccone» decretò Cleo, giocando con il colletto della camicia da dandy che il cantante indossava, seminascosto dai capelli neri e boccolosi «Comunque prendo una Cola.»
«Dici? D'accordo, Coca sia!»
«Tu che prendi?»
«Lo stesso, cara. Posso bere alcolici, ma con i minorenni meglio non scherzare...»
Cleo si sentì offesa a quelle parole, perché sin da quando era piccola si era sentita più grande di quel che era, i genitori e gli amici le intimavano di non bruciare le tappe della sua vita. Eppure lei voleva conoscere, sapere e provare. Nonostante quella battuta le avesse dato un po' fastidio continuò a sorridere:
«Non sono minorenne, ho ventuno anni!»
«Matricola!» esclamò Freddie divertito.
«Vecchio!» replicò lei di tutto punto.
«Potrei essere più giovane di te ragazzina!»
«Da come parli non penso...»
Questo scambio di battute avvenne mentre i due, fra una risata e l'altra sorseggiavano Coca Cola ghiacciata.
Al povero batterista, un ragazzo biondo scuro a dir poco affascinante, toccava sempre il lavoro più tosto: smontare il proprio strumento senza l'aiuto degli altri componenti della band, impegnati con i fans. Roger, questo era il suo nome, non smetteva di lamentarsi:
«Quelli là si buttano le basi per una buona scopata mentre io, se continuo così, l'unica cosa che toccherò che abbia un nome di genere femminile sarà la batteria» da quando lui e Dorothy si erano lasciati, le cose non erano andate molto bene. Il povero bassista, troppo timido per affrontare i fan senza che qualcuno gli stesse spalla a spalla e pronto a subire l'ira della sua fidanzata (rimasta a casa per preparare un esame) nel caso qualcuna avesse fatto la gatta morta, sospirò:
«Ti aiuto io, basta che la smetti di dannarti!»


Ω



«Ti ringrazio di avermi accompagnato” la luce fioca del lampione che li osservava immobile alle loro spalle fece riflettere i capelli rossi di Cleo.
«Mia cara, è stato un piacere.»
Lei lo tirò a sé e premette le labbra su quelle del ragazzo, che con una punta di senso di colpa ricambiò il bacio.


Ω



Brian, armato del migliore dei sorrisi, con i canini luminosi ben in evidenza, si avvicinò alla chioma bionda che per tutta la durata dello spettacolo lo aveva accecato, per via delle luci.
«Scusami, signorina, questa è tua, non è vero?» ondeggiò tra il tu e il lei e parlò a bassa voce, temendo di potendo spaventare la ragazza, che imbarazzata si girò, stringendo fra le mani la borsetta.
«Hem, sì, grazie... proprio non so come ho fatto a perderla... Magari l'avevo legata in vita ed è scivolata» poi pensò -Oh, cavolo, Cassie, si capisce che è una scusa!-
Il chitarrista rise.
«Sì, forse le piaceva la musica e voleva sentirla più da vicino. Il fatto che ci siano arrivate due magliette sul palco è un buon segno?»
«No, guarda, c'è stato un fraintendimento... Io di solito non faccio certe cose, è stata la mia amica e... E comunque io non frequento spesso e volentieri questi posti, quindi non so quante magliette vi arrivino di solito» Cassandra si stava agitando più del dovuto, il ricciolo sorrise e cercò di calmarla.
«Tranquilla, non devi giustificarti...»
«E...Quindi grazie...» sollevò la maglia e la accartocciò vicino alla borsetta, visto che dentro non ci stava, tentando di nasconderla come poteva. Per quale ragione una damigella sarebbe dovuta andare in giro con una maglia sotto braccio?
I due si guardarono, il contatto visivo innervosì ulteriormente Cassie.
«Hem... Prego. Posso, posso fare qualcosa per te?» chiese lui.
«Che ti sei messo in testa? Ti ho già detto che io di solito non le faccio certe cose!»
Brian, con delle intenzioni più che pure, si sentì offeso:
«No, no, aspetta, hai frainteso! Ho semplicemente chiesto cosa potessi fare per te! Tipo offrirti qualcosa, o accompagnarti a casa... A piedi, perché la mia macchina è momentaneamente dal carrozziere. Roger» indicò il batterista «dice sempre che un musicista di successo ha una macchina impeccabile. Quindi mi ha costretto a riverniciare la mia.»
Nonostante Cassandra non morisse dalla voglia di fare conversazione si sentì costretta a continuarla, per l'educazione impartitale:
«E di che colore la staresti facendo riverniciare?»
«Rosso porpora, ovviamente...»
«Bella. Da vero figo!»
«Già, se vuoi te la mostro quando è finita. È una specie di ferro vecchio, ma almeno avrà un bel colore» il ricciolo sorrise.
Cassandra decise che farsi accompagnare a casa da quel ragazzo non sarebbe stato male, quindi uscirono dal locale assieme:
«O merd... La chitarra!» esclamò il ragazzo, tornando dentro in tutta fretta «Torno subito!» esclamò poi. -Ma in che situazione sono andata a cacciarmi-
Arrivarono all'angolo della via e, siccome a Cassie non andava molto che un perfetto sconosciuto sapesse dove abitava, tentò di congedarlo con un “Ciao” piuttosto imbarazzato, come spesso succede in queste situazioni, ma prima che potesse parlare il ricciolino si voltò: aveva appena notato qualcosa di davvero strano. Ridusse gli occhi a due fessure, cercando di scorgere meglio i due soggetti stretti l'uno all'altro, sotto il portone di legno:
«Ma... Ma quello è...»
«Chi è?» chiese Cassandra, che non aveva riconosciuto né la sua amica né il cantante.
«Come fai a non riconoscerlo? È Freddie!»
«Guarda che io non conosco nessun Freddie, non so neanche il tuo nome, a dire la verità...»
Si guardarono, rendendosi conto di quanto la cosa fosse ridicola, allora preferirono rivolgere lo sguardo ai due che continuavano a baciarsi.
«Il cantante della band... Io sono Brian... Ma... Questo non è importante, paragonato a quel che succederà quando Mary saprà di tutto questo!»
Cassandra iniziò a sentirsi a disagio.
«Chi è Mary?»
«Ci sta insieme da un pa...»
«Ma con che cuore?! Io l'ammazzo! Gli spacco la chitarra in testa, DAMMELA!» la voce della ragazza quasi raggiunse gli ultrasuoni. Brian rispose con un tono pacato:
«No, ascolta, ora si fermeranno, Freddie è un ragazzo più che re...» fu allora che i due amanti clandestini varcarono il portone con le labbra ancora incollate, presi dalla frenesia di possedersi.
«Cazzo!» terminò il chitarrista
«Oddio no.» Cassie entrò in iperventilazione «Casa mia non ospiterà un tradimento, ora tu sali e li fermi, ti do le chiavi.»
«Io non me la sento... Lui sa quel che fa... E... Se...»
«E se cosa? Hai presente come la prenderà la sua fidanzata quando scoprirà tutto ciò? Voglio dire... E poi non salgo in casa con quei due che... No, ascolta, ora tu sali e li fermi. Io sto qui e ti reggo la chitarra.»
«Ma...»
   
 
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