Oggi è un giorno diverso, più bello. Lo sento da stamattina, da quando la mamma mi ha svegliato.

Mi ha guardato con occhi diversi, c'era qualcos'altro oltre alla tenera compassione.

"Oplà" aveva detto con tono un po' strascicato mentre mi sollevava dal letto e mi accomodava sulla sedia a rotelle.

Non mi piace la sedia a rotelle.

E' dura, fredda.

Non mi ricordo la prima volta che mi ci sono seduto, credo di averla sempre avuta.

Una mattina ho visto dei bambini, stavano giocando a palla. Ho sentito una cosa strana nel petto, come se ci fosse un'onda che partiva dal cuore fino ai muscoli.

Avevo voglia di giocare anch'io, anch'io volevo tirare un calcio a quella sfera bianca e blu.

Ma non riuscivo a muovermi.

Non potevo, guardavo e basta.

Spesso ho visto la mamma che quando voleva qualcosa, metteva vicine le mani e parlava con Dio.

Dice che è il papà di tutti e che ci vuole bene.

Allora ho messo le dita vicine e gli ho parlato, gli ho chiesto di farmi funzionare le gambe, di farmi camminare.

Però non riesco neanche a piegare il pollicione.

Allora non mi vuole bene? Io sono un bambino cattivo? Forse è perché faccio lavorare tanto la mamma, perché è lei che mi prepara la merenda da portare a scuola la mattina, che mi immerge nella vasca da bagno e mi lava, che mi spinge su e giù per i marciapiedi.

Io la faccio diventare stanca stanca. 

Mi dispiace mamma. Mi dispiace tanto.

"Oggi c'è una sorpresa" mi dice la mamma con la sua voce calda e gentile.

Sorpresa? Sì,mi piace! Le sorprese sono cose belle!

"Guarda" mi dice e punta il dito avanti.

Faccio un respiro grandissimo, talmente grande che sento che potrei volare come i palloncini colorati dei clown, quelli che se molli il cordoncino bianco vanno su.

C'è un cane. E' di colore chiaro, ha gli occhi del colore del nesquick che la mamma mi mette nel latte la mattina.

E' un labba...labar...rabbradol. Sì si chiama così.

"Saluta King" mi dice la mamma, mentre mi avvicina al cagnone.

Sono felice, tanto, apro la bocca e provo a dire qualcosa, anche se ciò che esce fuori è un verso che non vuol dire nulla.

King mi annusa la mano. Uh! Ha tutto il nasino bagnato!

Che testa dura. Collo morbido. Pelo soffice, taaanto soffice.

Lo tocco piano piano. Faccio "caaaro, caaaro" al cagnone, come mi ha sempre insegnato la mamma.

Sembra contento.

Mi ha portato un pupazzetto. Ha fatto un suono quando l'ha preso in bocca.

Vuole giocare. Che bello, di solito i bambini non vogliono giocare con me, lui sì.

Adesso mette una zampa su una mia gamba. Com'è grande! E com'è calda!

Sento qualcuno singhiozzare. La mamma piange.

Perché piange?

E' colpa mia, vero?

Però vedo che piange e sorride. Mi da un bacio.

"Ti voglio bene" mi sussurra.

Le guance formicolano, come se qualcuno mi stesse facendo il solletico, poi tirano e vanno verso su.

E' una sensazione sconosciuta, piacevole, del tutto nuova, eppure vorrei restare così per sempre.

Quello che faccio è un sorriso.

Il primo della mia vita.

 

Note d'autrice:

Salve gente!!! Beh, direi che questa volta parlo di qualcosa di più leggero -oddio si fa per dire- rispetto alla mia ultima fanfiction, però comunque si tratta di un argomento di una certa delicatezza. Io, fortunatamente, non ho parenti che soffrono della sindrome di down o di un qualunque altro handicap, perciò cercare di entrare nella mente di un bambino che soffre di questa patologia è stato una novità, ma mi sono voluta cimentare ugualmente... 

Come sempre, il titolo mi ha uccisa. Davvero, non riesco mai a trovare qualcosa che valorizzi in modo soddisfacente il testo, poche volte rimango soddisfatta... ho bisogno di un titolista.

Beh, lascio i commenti a voi, alla prossima!!!